Acque. Inquinamento idrico, scarico non autorizzato in area in parte protetta, depenalizzazione. Cassazione Penale n. 42572/2017.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 42572 del 19 settembre 2017 (ud. del 7 aprile 2017)

Pres. Ramacci, Est. Renoldi

Acque. Inquinamento idrico. Scarico non autorizzato in area in parte protetta. Art. 29-quattuordecies d. lgs. n. 152/2006. Depenalizzazione.

A seguito delle modifiche apportate all’art. 29-quattuordecies del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156, ad opera del digs. 4 marzo 2014, n. 46 (recante Attuazione 2 della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali), la condotta di chi, essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), non ne osserva le prescrizioni, è depenalizzata e costituisce illecito amministrativo, quando attiene a violazioni diverse da quelle previste dai commi 3 e 4 della medesima disposizione, le quali conservano, invece, rilevanza penale.

La previsione incriminate, tuttora vigente, contemplata dalla lett. c) del comma 3 del citato art. 29-quattuordecies reprime attraverso la sanzione penale le sole condotte di scarico non autorizzato che recapitino, direttamente, in un corpo idrico situato all’interno di un’area protetta.

COMMENTO:

La previsione incriminatrice non depenalizzata di cui all’art. 29-quattuordecies, comma 3, lett. c) del d. lgs. n. 152/2006 sanziona penalmente le sole condotte di scarico non autorizzato che recapitino, direttamente in un corpo idrico situato in area protetta. Nel caso in esame, invece, lo scarico era collocato non nell’area protetta, quanto in un corpo idrico sito in una zona ad essa contigua, il quale, nel suo percorso a valle, attraversava, una zona protetta sita in un Comune. Non potendo pertanto estendersi a livello penale condotte che comportino una dilatazione abnorme del principio sanzionatorio, la condotta in esame non può costituire fondamento per una responsabilità penale. Siccome la condotta punibile riguarda solo l’ipotesi di uno sversamento “diretto”, a meno di modifiche normative che introducano anche la locuzione “o indirettamente” la condotta in questione non è penalmente punibile.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 42572 del 19 settembre 2017 (ud. del 7 aprile 2017)

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 22/03/2016, il Tribunale di Ferrara aveva assolto Cristiano Bertelli, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, in relazione alla contravvenzione di cui all’art. 29-quattuordecies, comma 2 del d.lgs. n. 152 del 2006, per non avere osservato, nella sua qualità di legale rappresentante della società CADF S.p.A. di Ferrara, le prescrizioni imposte alla società con il punto D 2.5 lett. b) e c) dell’Autorizzazione integrata ambientale n. 82759 ad essa rilasciata il 19/10/2010 dalla Provincia di Ferrara in relazione all’impianto di depurazione e all’eliminazione di rifiuti non pericolosi sito in Comacchio.

2. Avverso il provvedimento di condanna hanno proposto ricorso per cassazione dapprima il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara e, quindi, l’odierno imputato, a mezzo del difensore di fiducia.

2.1. Con il primo ricorso, il Pubblico ministero deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 29-quattuordecies del d.lgs. n. 152 del 2006, 42, comma 4 e 43 del codice penale, 190, comma 1 e 493, comma 1 del codice di rito.
In particolare il primo giudice avrebbe assolto l’imputato sull’erroneo presupposto che incombesse sul pubblico ministero provare, pur a fronte della accertata violazione delle prescrizioni imposte dalla autorizzazione integrata ambientale, che il riscontrato superamento del limite fissato per lo sversamento di sostanze inquinanti, costituisse un evento prevedibile ed evitabile.

2.2. Quanto al secondo ricorso, l’imputato affida la sua impugnazione a distinti motivi.

2.2.1. Con il primo di essi, Bertelli lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. B) ed E) cod. proc. pen., l’errata applicazione della legge e il vizio di motivazione in relazione alla fattispecie prevista dall’art. 29-quattuordecies del d.lgs. n. 152 del 2006, laddove il Tribunale di Ferrara avrebbe escluso l’avvenuta depenalizzazione del fatto ascritto all’imputato, nonostante che lo scarico fosse collocato non già in un’area protetta quanto piuttosto in una zona ad essa contigua, ma comunque idonea a recapitare in un corpo idrico recettore collocato in area protetta.

2.2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. B) ed E) cod. proc. pen., l’errata applicazione della legge e il vizio di motivazione in relazione all’irregolarità della procedura di campionamento e controllo, eseguita secondo le forme del prelievo di un campione singolo e istantaneo e non con quelle del prelievo medio composito, realizzato attraverso una media dei valori rilevati nelle ultime 24 ore. La sentenza non avrebbe indicato per quali motivi la prima metodica sia stata ritenuta adeguata; e inoltre l’analisi del campione sarebbe stata eseguita oltre i tempi massimi indicati dalle linee guida Apat-irsa-Cnr, ovvero circa 23 ore dopo il prelevamento e non nel lasso di tempo compreso tra le 12 e le 18 ore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per intervenuta depenalizzazione.

2. A seguito delle modifiche apportate all’art. 29-quattuordecies del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156, ad opera del digs. 4 marzo 2014, n. 46 (recante Attuazione 2 della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali), la condotta di chi, essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), non ne osserva le prescrizioni, è depenalizzata e costituisce illecito amministrativo, quando attiene a violazioni diverse da quelle previste dai commi 3 e 4 della medesima disposizione, le quali conservano, invece, rilevanza penale (Sez. 3, n. 14741 del 11/02/2016, dep. 11/04/2016, Gavioli, Rv. 266397; v. anche Sez. 7, n. 30398 del 10/0372017, dep. 16/06/2017, Donini, non rnassirnata).
Per converso, mantengono intatta l’originaria natura contravvenzionale le ipotesi in cui l’inosservanza “a) sia costituita da violazione dei valori limite di emissione, rilevata durante i controlli previsti nell’autorizzazione o nel corso di ispezioni di cui all’articolo 29-decies, commi 4 e 7, a meno che tale violazione non sia contenuta in margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa; b) sia relativa alla gestione di rifiuti; c) sia relativa a scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all’articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa; ovvero, per quanto invece attiene al comma 4, i casi in cui l’inosservanza sia riferibile “a) alla gestione di rifiuti pericolosi non autorizzati; b) allo scarico di sostanze pericolose di cui alle tabelle 5 e 3/A dell’Allegato 5 alla Parte Terza; c) a casi in cui il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell’aria previsti dalla vigente normativa; d) all’utilizzo di combustibili non autorizzati”.

2.1. Nel caso di specie, la violazione contestata concerneva la mancata osservanza delle prescrizioni imposte dall’Autorizzazione integrata ambientale n. 82759 rilasciata dalla Provincia di Ferrara in relazione ad un impianto di depurazione e all’eliminazione di rifiuti non pericolosi, il quale aveva scaricato delle acque reflue urbane senza rispettare il limite fissato dalla tabella 3, allegato 5, parte III del d.lgs. n. 152/2006 in relazione al parametro dell’Esterichia coli. Inoltre, lo scarico era stato realizzato nel canale Adige, che pur non essendo un “corpo idrico posto in area protetta”, a sua volta attraversava il centro storico del comune di Comacchio, rientrante nell’area protetta del Delta del Parco del Po. Benché la condotta descritta sembrasse riconducibile alla previsione dell’art. 29-quattuordecies, comma 3, lett. a) e lett. c) del d.lgs. n. 152 del 2006, la sentenza impugnata si è essenzialmente diffusa sulla seconda ipotesi, verosimilmente sul presupposto la violazione dei limiti di emissione relativi al parametro dell’Esterichia coli non fosse contenuta nei “margini di tolleranza, in termini di frequenza ed entità, fissati nell’autorizzazione stessa”, atteso che, diversamente opinando, l’articolata analisi svolta in relazione alla citata lett. c) sarebbe stata sostanzialmente irrilevante. 3 E tuttavia il percorso esegetico posto a fondamento del ragionamento svolto dal primo giudice non può essere condiviso, dovendo ritenersi che la previsione incriminatrice, tuttora vigente, contemplata dalla lett. c) del comma 3 del citato art. 29-quattuordecies reprima attraverso la sanzione penale le sole condotte di scarico non autorizzato che recapitino, direttamente, in un corpo idrico situato all’interno di un’area protetta.

Orienta verso tale soluzione interpretativa innanzitutto il dato testuale, atteso che nelle ipotesi contemplate dalla menzionata disposizione e in particolare nell’unico caso astrattamente rilevante nel caso di specie, la violazione deve concernere gli scarichi recapitanti nei “corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa”: e, dunque, le immissioni realizzate direttamente in un corpo idrico esistente nell’area tutelata.

Non appare, infatti, concludente l’affermazione secondo cui se il legislatore avesse inteso affermare la rilevanza penale soltanto degli scarichi realizzati direttamente nell’area protetta avrebbe omesso qualunque riferimento al corpo idrico, atteso che detto riferimento corrisponde a una specifica modalità di sversamento, normativamente distinta rispetto allo scarico sul suolo, sicché la specificazione compiuta dalla norma non appare, in realtà, una mera superfetazione. In secondo luogo, deve rilevarsi che accedendo all’interpretazione accolta dalla sentenza impugnata, che espressamente sottolinea le esigenze di ampliamento della tutela penale in ragione della capacità espansiva del fluido, si produrrebbe una incontrollabile dilatazione dell’area della rilevanza penale, giungendo a punire finanche condotte che, agite a notevolissima distanza dall’area protetta, dovessero produrre effetti anche all’interno di essa in conseguenza di meccanismi eziologici sottratti alla possibilità di controllo dell’agente e difficilmente ricostruibili nella loro sequenza causale.

Pertanto, anche in considerazione della necessità di privilegiare, in una materia come quella penale, soluzioni interpretative volte a evitare abnormi estensioni della portata precettiva della norma incriminatrice, deve conclusivamente ritenersi che conservino rilievo penale soltanto le condotte di scarico realizzate direttamente sulle parti dei corpi idrici insistenti nell’ambito di un’area protetta. Nel caso di specie, secondo quanto riportato in sentenza, lo scarico era collocato non nell’area protetta, quanto in un corpo idrico sito in una zona ad essa contigua, il quale, nel suo percorso a valle, attraversava, tra l’altro, una zona protetta sita nel comune di Comacchio; sicché sulla base delle precedenti osservazioni deve ritenersi che non ricorressero le condizioni per l’integrazione della predetta fattispecie contravvenzionale.

3. Alla ritenuta depenalizzazione del fatto contestato consegue l’irrilevanza, restando le stesse assorbite dalla questione principale, sia delle censure svolte dal Pubblico ministero nel suo ricorso, in quanto essenzialmente incentrate sulle questioni concernenti la prova dell’elemento soggettivo, sia le doglianze dedotte dall’imputato con il secondo motivo di impugnazione in relazione alle modalità del campionamento.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. In assenza, nella legge di depenalizzazione, di norme transitorie analoghe a quelle di cui agli artt. 40 e 41 legge 24 novembre 1981, n. 689, la cui operatività è limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di depenalizzazione, non deve farsi luogo alla trasmissione degli atti all’autorità amministrativa competente a sanzionare il residuo illecito amministrativo (Sez. U, n. 25457 del 29/03/2012, dep. 28/06/2012, Campagne Rudie, Rv. 252694).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.

Scarica in pdf il testo della sentenza: cass. pen. sez. 3 sent. n. 42752-2017