VIA e conferenza dei servizi: i privati possono partecipare? C.G.A.R.S. n. 15/2022.

C.G.A.R.S, Sez. Giur., sent. n. 15 del 5 gennaio 2022 (ud. del  6 luglio 2021)
Pres. De Nictolis, Est. Modica de Mohac

VIA e conferenza dei servizi. Soggetti legittimati a partecipare. Art. 29 quater d. lgs. n. 152/2006.

L’art. 29 quater d.lgs. n. 152/2006 individua specificamente – infatti – i soggetti chiamati (ed aventi titolo) a partecipare alla conferenza di servizi. Essi sono “le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell’interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto richiedente l’autorizzazione, nonché, per le installazioni di competenza regionale, le altre amministrazioni competenti per il rilascio dei titoli abilitativi richiesti contestualmente al rilascio dell’AIA”; essendo dunque esclusa la partecipazione di soggetti privati. Nel sistema delineato dall’art. 29 quater, del resto, gli altri soggetti eventualmente interessati alla procedura sono comunque messi nella condizione di consultare le istanze e la documentazione e di presentare le proprie osservazioni; ma senza che tale facoltà partecipativa si traduca nel diritto a prendere parte alla conferenza di cui al comma 5 della norma, espressamente riservata ai soggetti pubblici in essa individuati.

C.G.A.R.S, Sez. Giur., sent. n. 15 del 5 gennaio 2022 (ud. del  6 luglio 2021)

00015/2022 REG.PROV.COLL.

00916/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 916 del 2018, proposto dalla società OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Consoli, con domicilio digitale come da p.e.c. da Registri di Giustizia;

contro

Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente ed Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità, nelle persone dei rispettivi Assessori pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, presso la cui sede distrettuale, in Palermo, via Valerio Villareale n. 6, sono ex lege domiciliati;

nei confronti

OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Sciangula, con domicilio digitale come da p.e.c da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza n.675 del 30 marzo 2018, resa dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (sezione I^);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società OMISSIS s.r.l. e dell’Amministrazione regionale;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore nell’udienza di smaltimento del giorno 6 luglio 2021 il cons. Carlo Modica de Mohac; uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Consoli e Giovanni Sciangula mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137/2020 e vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall’Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2/02/2021;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso innanzi al Tar di Catania, la società OMISSIS s.r.l. (d’ora innanzi denominata “OMISSIS”) impugnava la v.i.a., accordata (con provvedimento prot. n.36864 del 5 agosto 2015) alla società OMISSIS s.r.l. per l’esecuzione di una “Piattaforma polifunzionale per la gestione e il trattamento di rifiuti liquidi pericolosi e non, sita in Contrada Cusunano nel Comune di Augusta”, riferendo di esserne venuta casualmente a conoscenza il 16 novembre 2017, tramite accesso al sito web dell’Assessorato resistente.

Nel rappresentare che la realizzazione di tale impianto le avrebbe arrecato un grave pregiudizio economico, trattandosi di un intervento di notevoli dimensioni, qualitativamente similare al proprio, vieppiù localizzato nella medesima zona a soli centoquaranta metri lineari di distanza, la ricorrente chiedeva l’annullamento di tale provvedimento.

Lamentava, al riguardo:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, deducendo che l’Amministrazione aveva omesso di comunicarle, non ostante rivestisse la qualità “controinteressata”, l’avvio del relativo procedimento;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del decreto ministeriale n. 52 del 30 marzo 2015 e difetto di motivazione, deducendo che l’Amministrazione ha omesso ogni valutazione in relazione all’ambito territoriale, alle distanze con aree oggetto di preesistenti interventi appartenenti alla stessa categoria progettuale ed alle possibili interazioni tra gli stessi.

In pendenza del giudizio la ricorrente chiedeva al competente Assessorato regionale di riesaminare il provvedimento impugnato, ma con nota prot. n.3178 del 23 gennaio 2016 la predetta Amministrazione respingeva l’istanza.

Con ricorso per motivi aggiunti, la società OMISSIS s.r.l. impugnava anche tale provvedimento lamentandone la illegittimità e riproponendo le doglianze di cui al ricorso principale.

Ancora in pendenza del giudizio, l’Amministrazione adottava il d.d.g. n.446 del 31 marzo 2017, avente ad oggetto l’autorizzazione integrata ambientale (a.i.a.); autorizzazione con la quale il procedimento giungeva a definitiva conclusione.

Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti, la società ricorrente impugnava anche tale ultimo e conclusivo provvedimento.

2. Con la sentenza n.675 del 30 marzo 2018 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (sez. I^), respingeva il ricorso.

3. Con l’appello in esame la società OMISSIS s.r.l. ha impugnato la predetta sentenza e ne chiede la riforma per i motivi indicati nella successiva parte della presente decisione, dedicata alle questioni di diritto.

Ritualmente costituitesi, sia l’Amministrazione regionale che la società OMISSIS s.r.l. hanno eccepito l’infondatezza del gravame chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

Nel corso del giudizio di appello le parti hanno insistito nelle rispettive domande, eccezioni e controdeduzioni.

Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

4. L’appello è infondato.

4.1. Con il primo mezzo di gravame l’appellante società OMISSIS s.r.l. lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza per violazione dell’art.24 del d.lgs. n. 152/2006 deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nell’aver escluso – nella fattispecie – la violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento autorizzatorio.

La doglianza non merita accoglimento.

La società proponente e la stessa Amministrazione regionale hanno correttamente applicato le norme che, nell’ambito del procedimento di valutazione d’impatto ambientale, escludono l’obbligatorietà della comunicazione dell’avvio del procedimento, sostituendo l’obbligo in questione con alcune forme di pubblicità alternativa.

La società appellante insiste nella tesi secondo cui dalla sua qualifica di controinteressata derivava (e deriva) l’obbligo a carico dell’Amministrazione di darle avviso dell’avvio del procedimento, in quanto “… l’art. 24 del d.lgs. 152/2006 … fa espresso riferimento all’art. 7 ed ai soli commi 3 e 4 dell’art. 8 della L. 241/1990, ma non anche al comma 1 dell’art.8, il quale prevede la necessaria comunicazione personale nei confronti dei soggetti interessati …”.

Per quanto accattivante, l’argomentazione non può essere condivisa.

Con l’art.24 del d.lgs. n.152 del 2006, il Legislatore ha statuito espressamente che le speciali forme alternative di comunicazione mediante “pubblicità collettiva” ivi richiamate (consistenti nella pubblicazione su un quotidiano a diffusione regionale o provinciale e sul sito web dell’autorità competente), “… tengono luogo delle comunicazioni di cui all’articolo 7 ed ai commi 3 e 4 dell’articolo 8 della legge 7 agosto 1990 n.241”; e cioè:

sia di quelle effettuabili mediante la c.d. “comunicazione personale”;

sia di quelle effettuabili mediante altre “idonee forme di pubblicità di volta in volta stabilite dall’amministrazione”.

Appare pertanto evidente che nell’elencare le forme di comunicazione sostituibili dalla indicata forma ‘alternativa’ di pubblicità, l’art.24 del d.lgs. n.152 del 2006 non ha richiamato anche il primo comma dell’art.8 della l. n.241 del 1990:

– non già al fine di escludere dall’elenco (delle forme di comunicazione sostituibili con quella alternativa) la c.d. “comunicazione personale” (costituente la forma ordinaria di comunicazione dell’avvio del procedimento);

– ma perché il richiamo sarebbe stato inutilmente pleonastico, posto che il rinvio alle comunicazioni di cui all’art.7 della l. n.241 del 1990 era (ed è) di per sé esaustivo, essendo comprensivo anche delle ordinarie “comunicazioni personali”.

Se così non fosse, del resto – se, cioè, con l’art.24 del d.lgs. n.152 del 2006 il Legislatore avesse inteso salvaguardare ad oltranza la ordinaria forma di “comunicazione personale” dell’avvio del procedimento (stigmatizzandone la insostituibilità con la forma alternativa di pubblicità ivi prevista) – non si vede la ragione per la quale avrebbe optato per il “doppio rinvio” (che a quel punto si sarebbe rivelato farraginoso, contraddittorio e comunque inutile) sia all’art.7 che all’art.8 della l. n.241 del 1990.

Ed invero sarebbe stato molto più semplice ed efficace – come mezzo al fine – statuire, con una disposizione espressa e tassativa (o comunque puntuale), la sostituibilità (mediante la forma alternativa di pubblicità) delle sole forme di comunicazione previste dal terzo comma dell’art.8 della legge in ultimo richiamata (anziché richiamare l’art.7 per poi escluderne farraginosamente e contraddittoriamente la piena applicabilità); ovvero – viceversa (ed ancor più semplicemente) – statuire la inderogabilità (ed insostituibilità) della ordinaria forma di “comunicazione personale” dell’avvio del procedimento.

Non appare revocabile in dubbio – dunque – che con l’art.24 del d.lgs. n.152 del 2006, il Legislatore abbia inteso introdurre un regime speciale di comunicazione dell’avvio del procedimento in forza del quale nel procedimento di valutazione di impatto ambientale sia la comunicazione personale che quelle effettuabili mediante strumenti di pubblicità, sono tutte sostituite dal sistema informativo alternativo ivi indicato.

4.2. Con il secondo mezzo di gravame l’appellante lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza per violazione del decreto ministeriale n.52 del 30 marzo 2015 (recante le linee guida per la verifica di assoggettabilità a v.i.a.), deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nel ritenere che la normativa in questione non sia applicabile al procedimento per cui è causa (essendo applicabile esclusivamente al diverso procedimento di ‘verifica di assoggettabilità’ a v.i.a.).

La doglianza non merita accoglimento.

Il d.lgs. n. 152/2006 – applicabile alla fattispecie, nella parte II^, ratione temporis – distingue tra progetti “obbligatoriamente soggetti a v.i.a.” e “progetti sottoposti a preventiva verifica di assoggettabilità” (nota come “v.a.” o “screening”) al fine di valutarne l’eventuale sottoposizione a v.i.a.

Si tratta di due procedimenti autonomi e basati su differenti presupposti.

In particolare, la v.i.a. deve essere effettuata obbligatoriamente per i progetti di cui all’allegato II («Progetti di competenza statale») e all’allegato III («Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano»); mentre per i progetti di cui all’allegato IV («Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano») solamente quando siano relativi a opere di nuova realizzazione che ricadono, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette.

Fra i progetti rientranti nel campo di applicazione dell’allegato III rientrano quelli concernenti impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all’allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all’allegato C, lettera R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; e quelli concernenti impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all’Allegato B, lettere D9, D10 e D11, ed all’allegato C, lettere R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

E poiché non appare controverso in atti che il progetto della società OMISSIS s.r.l. concerne impianti che rientrano nelle categorie indicate dall’Allegato III, correttamente il Giudice di primo grado ha tratto la conclusione che la normativa applicabile alla fattispecie è quella relativa alla v.i.a. e non quella relativa alla c.d. procedura di screening.

4.3. Con il terzo motivo di gravame la società appellante lamenta eccesso di potere per carenza istruttoria deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nell’aver ritenuto che l’Amministrazione abbia sufficientemente valutato che nel territorio erano già presenti analoghi impianti a rilevante impatto ambientale.

La doglianza non merita accoglimento.

4.3.1. Dall’analitico preambolo motivazionale del d.d.g. n.446 del 31 marzo 2017 emerge che l’Amministrazione procedente era perfettamente a conoscenza delle preoccupazioni e delle doglianze espresse dalla società ricorrente (OMISSIS s.r.l.), nonché della richiesta di riesame (finalizzata ad ottenere l’annullamento in autotutela del provvedimento autorizzatorio) da quest’ultima avanzata; e che, a fronte della mole di prescrizioni comunque imposte alla società OMISSIS s.r.l. (dalle varie Autorità competenti che avevano preso parte al procedimento), aveva ritenuto inconsistente – e comunque superabile – la questione della vicinanza degli impianti delle due società.

A ciò si aggiunga che nel formulare parere favorevole al rilascio dell’a.i.a. (autorizzazione integrata ambientale), l’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque ha imposto numerose prescrizioni/condizioni.

In particolare ha richiesto che:

– l’attività non costituisca un pericolo per la salute dell’uomo e non rechi pregiudizi all’ambiente né rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la fauna e la flora e non causi inconvenienti da rumore ed odori;

– siano adottati, in fase di realizzazione dell’opera, tutti gli accorgimenti per la mitigazione degli impatti sull’ambiente, quali la distribuzione del cantiere in modo da limitare il percorso e la manovra dei mezzi ivi operanti e conseguentemente la dispersione di materiale sfuso e l’emissione di gas di scarico e/o polveri;

– la scelta di percorsi dei mezzi di trasporto sia effettuata con modalità tali da evitare ambienti sensibili e centri abitati;

– le acque piovane siano convogliate in luoghi di deflusso abituale mediante la realizzazione di sistemi dì canalizzazione che le allontanino rapidamente dal sito;

– i percorsi dei mezzi adibiti al trasporto su gomma dei rifiuti in entrata ed in uscita dall’impianto siano scelti in modo da evitare di interferire con i centri abitati, con zone sensibili ed aree protette;

– lo stoccaggio di rifiuti liquidi avvenga in serbatoi fuori terra, dotati di bacino di contenimento di capacità uguale alla terza parte di quella complessiva effettiva dei serbatoi stessi;

– i serbatoi contenenti rifiuti liquidi siano provvisti di opportuni sistemi anti/traboccamento.

Sicché non si può ritenere che l’Amministrazione non si sia posta il problema della sicurezza per la pubblica incolumità e non abbia valutato con la dovuta attenzione la circostanza che nelle vicinanze era già in funzione l’impianto, di ben più limitate dimensioni, della società OMISSIS; dovendosi invece dedurre – dalla mole e dal contenuto qualitativo della documentazione analizzata e richiamata nel preambolo motivazionale del provvedimento impugnato – che essa abbia inteso approntare (rectius: disporre l’approntamento) un sistema integrato di misure di sicurezza tale da scongiurare effettivi pericoli.

A ciò si aggiunga, come correttamente rilevato dalla decisione di primo grado, che “ …in merito alla pretesa omissione di ogni valutazione relativa al circostante contesto ambientale e territoriale, l’Assessorato ha evidenziato in sede di diniego di revoca e/o annullamento in autotutela della V.I.A. di aver comunque debitamente considerato, in sede di rilascio della stessa, la presenza nel territorio di analoghi impianti in grado di produrre notevoli quantità di rifiuti da avviare a smaltimento, tutti di dimensioni ben più rilevanti rispetto a quello di parte ricorrente, invece verosimilmente non preso in considerazione in ragione dell’esigua incidenza dello stesso, attesa l’assai limitata capacità di trattamento dei rifiuti rispetto a quello della controinteressata (una capacità massima di trattamento rifiuti di soli 100 metri cubi al giorno a fronte di una capacità di trattamento rifiuti dell’impianto della OMISSIS s.r.l. di ben 700 tonnellate…”.

E poiché tali valutazioni costituiscono tipica espressione di discrezionalità tecnica, esse – in assenza di vizi di illogicità o di errori obiettivamente riscontrabili, che nella fattispecie non emergono – non appaiono sindacabili in sede di giudizio di legittimità (cfr., fra le tante, Cons. Stato, II^, 7 settembre 2020, n. 5380).

4.3.2. Parimenti ineccepibili risultano, infine, le statuizioni di primo grado relative alla insussistenza di qualsiasi vizio procedimentale riconducibile alla mancata partecipazione dell’appellante alla conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.

L’art. 29 quater d.lgs. n. 152/2006 individua specificamente – infatti – i soggetti chiamati (ed aventi titolo) a partecipare alla conferenza di servizi.

Essi sono “le amministrazioni competenti in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell’interno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto richiedente l’autorizzazione, nonché, per le installazioni di competenza regionale, le altre amministrazioni competenti per il rilascio dei titoli abilitativi richiesti contestualmente al rilascio dell’AIA”; essendo dunque esclusa la partecipazione di soggetti privati.

Nel sistema delineato dall’art. 29 quater, del resto, gli altri soggetti eventualmente interessati alla procedura sono comunque messi nella condizione di consultare le istanze e la documentazione e di presentare le proprie osservazioni; ma senza che tale facoltà partecipativa si traduca nel diritto a prendere parte alla conferenza di cui al comma 5 della norma, espressamente riservata ai soggetti pubblici in essa individuati.

4.4. Con il quarto mezzo di gravame l’appellante società OMISSIS s.r.l. lamenta l’ingiustizia della impugnata sentenza per violazione, sotto altro profilo, dell’art.29 quater del d. lgs. n.152/2006, deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nell’aver ritenuto che non occorresse darle avviso della convocazione della conferenza di servizi indetta per il rilascio dell’a.i.a. (autorizzazione integrata ambientale).

La doglianza è inammissibile e comunque infondata.

Inammissibile in quanto sostanzialmente reiterativa – quantomeno in parte qua – della precedente doglianza.

Ed infondata per le ragioni precedentemente esposte: in base all’art.29 quater del d.lgs. n.152 del 2006, la società OMISSIS s.r.l. non aveva alcun titolo per partecipare alla conferenza di servizi in questione.

4.5. Con il quinto mezzo di gravame la società appellante lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nel ritenere che l’a.i.a. fosse (e sia) sufficientemente motivata.

La doglianza non può essere condivisa.

Dal contenuto del provvedimento autorizzatorio in questione si evincono, con sufficiente chiarezza, le ragioni per le quali non sono stati ravvisati impedimenti alla realizzazione dell’impianto ed i presupposti sui quali si fonda la determinazione.

Quanto alla lamentata sinteticità del giudizio ed alla sindacabilità della scelta amministrativa, la giurisprudenza ha avuto modo di puntualizzare che “…la valutazione di impatto ambientale – ma le considerazioni valgono anche per l’a.i.a. (NdR) – non è un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei contrapposti interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo socio-economico) e privati). A prescindere dall’elemento relativo alla funzione di indirizzo politico-amministrativa, il giudizio di compatibilità ambientale, reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione, è connotato da discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera. Tale apprezzamento è sindacabile dal giudice amministrativo, soltanto in ipotesi di manifesta illogicità, travisamento dei fatti e nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione. Pertanto non può essere ritenuto illegittimo il giudizio positivo di compatibilità ambientale subordinato all’ottemperanza di prescrizioni o condizioni, poiché una valutazione condizionata di impatto costituisce un giudizio allo stato degli atti integrato dall’indicazione preventiva degli elementi capaci di superare le ragioni del possibile dissenso, in ossequio al principio di economicità dell’azione amministrativa e di collaborazione tra i soggetti del procedimento…” (Cons. Stato, II^, 27 marzo 2017, n. 1392).

Per il resto, appare evidente la sussistenza dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera per cui è causa, cosi come indicato nell’articolo 17 dell’a.i.a. oggi impugnata, secondo cui tale provvedimento “…comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori …”.

Come precisato negli atti difensivi della società appellata, l’attività che verrà svolta da quest’ultima è diretta a consentire alle industrie e discariche ubicate nel polo industriale della Provincia di Siracusa lo smaltimento in loco dei rifiuti, in conveniente alternativa al loro trasporto via terra e/o mare in altri siti distanti molti con ciò evitandosi i rischi dei frequenti e noti incidenti ambientali che spesso si verificano.

5. In considerazione delle superiori osservazioni, l’appello va respinto.

Considerata la novità della questione si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2021, svoltasi mediante collegamento da remoto, con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Giovanni Ardizzone, Consigliere

Antonino Caleca, Consigliere

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