Ambiente. Inosservanza delle prescrizione dell’AIA, norma penale in bianco, differenza tra illecito amministrativo e reato. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 1947 del 17 gennaio 2017 (ud. 27 aprile 2016)

Pres. Fiale, Est. Gentili

Ambiente. Procedure amministrative. Inosservanza alle prescrizioni dell’AIA.

In materia di reati ambientali – a seguito delle modifiche apportate all’art. 29-quattuordecies del d. lgs. n. 152 del 2006, dal d. lgs. n. 46 del 2014 – la condotta di chi, essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), non ne osserva le prescrizioni, è depenalizzata e costituisce illecito amministrativo, solo quando attiene a violazioni diverse da quelle previste dai commi 3 e 4 della medesima disposizione. Vi è, tuttavia, da osservare che la disposizione che si assume violata, ben potendo in tale senso essere definita norma penale in bianco, contiene un precetto, cioè osservare le prescrizioni contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA), il cui concreto contenuto può essere ricavato esclusivamente attraverso il riferimento a detta AIA.

 

 

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 1947 del 17 gennaio 2017 (ud. 27 aprile 2016)

(omissis)
RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 22 settembre 2015 il Tribunale di Lucca, in composizione monocratica, ha dichiarato Cardella Mario colpevole del reato di cui all’art. 29-quaterdecies, commi 1 e 2, del dlgs n. 152 del 2006, in quanto, nella qualità di legale rappresentante della Cartiere Modesto Cardella Spa, il cui stabilimento è ubicato in Lucca, frazione San Pietro a Vico, via Acquacalda, traversa II, n. 20, non osservava le prescrizioni generali, in materia di emissioni sonore derivanti dallo svolgimento della attività imprenditoriale, impartite con la autorizzazione integrata ambientale a lui rilasciata dalla Provincia di Lucca in data 24 ottobre 2007, in particolare non osservando il limite notturno di emissioni sonore, pari a 50 dB, previsto dal Piano comunale di classificazione acustica del Comune di Lucca, rilevato in prossimità delle abitazioni situate nelle vicinanze dell’opificio in questione; in ragione della predetta violazione il Tribunale di Lucca ha condannato il Cardella, concesse le attenuanti generiche, alla pena di euro 6.000,00 di ammenda, con la sospensione condizionale ma senza il beneficio della non menzione.

Il Tribunale, dopo avere dato atto della ampia risalenza nel tempo del contenzioso esistente fra la predetta impresa e taluni degli abitanti delle case ubicate in zona prossima allo stabilimento del Cardella, ha infatti rilevato, all’esito di un’ampia motivazione, che, alla luce della istruttoria dibattimentale svolta, era effettivamente emerso che le rilevazioni fonometriche eseguite nei pressi delle abitazioni di soggetti che si erano lamentati delle immissioni acustiche provenienti dal detto stabilimento, superavano il limite previsto per tale tipo di immissioni, in ragione della tipologia della zona ove dette abitazioni si trovavano, come individuata dal Piano Comunale di Classificazione Acustica (di seguito PCCA) vigente nel Comune di Lucca.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, il Cardella, affidando le proprie doglianze a ben 11 motivi di impugnazione.

Col primo motivo il ricorrente si è doluto, sotto il profilo del vizio di motivazione e della violazione di legge, del fatto che, nel rilevare l’avvenuto superamento del limite della tollerabilità della immissioni sonore il Tribunale abbia fatto riferimento a misurazioni eseguite in prossimità della abitazione dei soggetti che sarebbero vittime delle immissioni, sebbene il Regolamento delle attività rumorose vigente nel Comune di Lucca, cui rinvia il PCCA, che è, a sua volta richiamato dall’AIA che si assume violata nel capo di imputazione, preveda che la misurazione della intensità del livello di emissione sonora vada 2 eseguito in prossimità della fonte di essa e non dove la stessa viene, in ipotesi, avvertita; la questione avrebbe rilievo in quanto, stante la diversa qualificazione urbanistica delle aree ove le rilevazioni sono state, ovvero avrebbero dovute essere, eseguite, nel caso in cui queste fossero state eseguite nei pressi della fonte, il livello massimo di immissioni tollerabili non sarebbe stato superato.

Col secondo motivo di impugnazione il ricorrente ha lamentato, sempre con riferimento al vizio di motivazione ed alla violazione di legge, il fatto che il Tribunale abbia ritenuto di dovere applicare, quale norma incriminatrice, il comma 3 dell’art. 29-quaterdecies del dlgs n. 152 del 2006, disposizione sopravvenuta alla commissione dei fatti per cui è processo e non il comma 2 della medesima disposizione legislativa, nella versione vigente all’epoca dei fatti.

Il terzo motivo di censura ha ad oggetto la ritenuta mancata corrispondenza fra la imputazione contestata, la quale prevedeva quale epoca dei fatti il maggio 2011, e il fatto accertato in sentenza, riferito sino al periodo del novembre 2011, senza che sia stata modificata dal Pm la originaria contestazione.
Il ricorrente ha quindi lamentato, come quarto motivo di ricorso, il fatto che il Tribunale abbia fondato la propria decisione in base a taluni documenti, costituiti da un’annotazione redatta dalla Agenzia territoriale toscana per la tutela ambientale che, svolgendo quest’ultima compiti di polizia giudiziaria, non era acquisibile agli atti in assenza del consenso dell’imputato.

Con il quinto motivo di ricorso, anch’esso argomentato in relazione alla illogicità, mancanza o contraddittorietà della motivazione della sentenza ed in relazione al vizio di violazione di legge, è stata dedotta la illegittimità della decisione del Tribunale di Lucca nella parte in cui ha ritenuto integrati gli estremi della contravvenzione contestata, sebbene le prescrizioni imposte attraverso la AIA al Cardella prevedevano, in realtà, la presentazioni di un piano di bonifica acustica al fine di garantire, all’esito della esecuzione del piano stesso, il rispetto dei parametri del PCCA del Comune di Lucca; si sarebbe trattato, pertanto, di un obbligo di carattere programmatico il cui fine, ancora non raggiunto, si sarebbe dovuto realizzare all’esito della realizzazione del piano di bonifica, il cui progetto è stato regolarmente presentato dal Cardella.

Il sesto motivi di ricorso ha riguardato, sempre con riferimento al vizio di motivazione e alla violazione di legge, le metodiche seguite nella rilevazione della intensità delle immissioni sonore, metodiche che, ad avviso del ricorrente e del suo consulente tecnico, non rispetterebbero né la lettera né lo spirito della normativa vigente in materia.

Col settimo motivo di ricorso è stata censurata la sentenza impugnata in quanto il Tribunale di Lucca non avrebbe provveduto alla disapplicazione, in quanto illegittimo, del PCCA emanato dal Comune di Lucca; in particolare il ricorrente lamenta i criteri adottati in esso per la delimitazione delle zone cui attribuire le diverse classi di tolleranza alle immissioni sonore, ciò in specie per la attribuzione della classe IV alle zona limitrofe a quella ove è ubicato l’opificio del Cardella ed alla attribuzione, invece, della classe V a detta ultima zona.

L’ottavo motivo di impugnazione ha ad oggetto la inosservanza da parte del Comune di Lucca delle previsioni contenute della direttiva eurounitaria 2010/75/UE, la quel prevede che la AIA possa prescrivere il rispetto, in materia di emissioni, di valori limite tramite il richiamo di disposizioni generali vincolanti solo a determinate condizioni che, ad avviso della difesa del ricorrente, non sarebbero riscontrabili nel caso in esame.

Col nono motivo di impugnazione il ricorrente ha lamentato il fatto che il Tribunale di Lucca non abbia applicato il principio di specialità contenuto nell’art. 9 della legge n. 689 del 1981, posto che, il medesimo fatto a lui contestato è tale da integrare anche un illecito amministrativo ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, della legge n. 447 del 1995.

Il decimo motivo di ricorso ha riguardato, sempre sotto il profilo del vizio di motivazione e di quello di violazione di legge, la concessione della sospensione condizionale della pena, pur a fronte di una modesta sanzione pecuniaria ed in assenza di una richiesta in tal senso del prevenuto, mentre con l’undicesimo motivo è, infine, segnalata la contraddittorietà e la carenza di motivazione in ordine alla mancata, parallela, concessione del beneficio della non menzione della sentenza di condanna.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Procedendo secondo l’ordine di presentazione delle doglianze formulata da parte ricorrente, rileva il Collegio che con la prima di esse è lamentata, sotto plurimi profili, la metodica seguita per accertare l’avvenuto superamento, o meno, della soglia di immissioni sonore penalmente rilevante.
In particolare si sottolinea da parte del ricorrente che il Tribunale di Lucca, nel valutare il superamento del livello massimo di emissioni sonore provenienti dalla cartiera da lui gestita, avrebbe tenuto conto del loro livello non in relazione alla stazione emittente ma alla sede ricevente.
Va a tale proposito – preliminarmente rilevato, conformemente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, come, ai fini della eventuale integrazione del reato contestato al ricorrente non ha rilievo la parziale depenalizzazione di cui è stata oggetto la fattispecie di cui alla disposizione la cui violazione è stata ascritta al Cardella; infatti, premesso che all’imputato, per come chiaramente emerge dalla descrizione del fatto a lui addebitato, si imputa la violazione del comma 3 dell’art. 29-quattuordecies del dlgs n. 152 del 2006, e non il comma 2, come erroneamente indicato nell’epigrafe della sentenza impugnata (in relazione alla maggiore valenza determinativa – ai fini della individuazione dell’oggetto della contestazione – della descrizione del fatto riportata nella rubrica rispetto alla indicazione, pur contenuta nella epigrafe della medesima, delle norme violate, si veda, fra le tante: Corte di cassazione, Sezione III penale, 4 febbraio 2014, n. 5469) – va ricordato che, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, in materia di reati ambientali – a seguito delle modifiche apportate all’art. 29-quattuordecies del dlgs n. 152 del 2006, dal dlgs. n. 46 del 2014 – la condotta di chi, essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), non ne osserva le prescrizioni, è depenalizzata e costituisce illecito amministrativo, solo quando attiene a violazioni diverse da quelle previste dai commi 3 e 4 della medesima disposizione (Corte di cassazione Sezione III penale, 11 aprile 2016, n. 14741).
Vi è, tuttavia, da osservare che la disposizione che si assume violata, ben potendo in tale senso essere definita norma penale in bianco, contiene un precetto, cioè osservare le prescrizioni contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), il cui concreto contenuto può essere ricavato esclusivamente attraverso il riferimento a detta Aia.
Nel caso ora in esame, per ciò che attiene al livello di immissioni sonore, la Aia rinvia al PCCA adottato dal Comune di Lucca, il quale, a sua volta (quanto alla sua disciplina attuativa e pertanto anche ai fini della specificazione dei metodi da seguire per la verifica della intensità delle immissione e, pertanto, della loro liceità penale siccome giustificate laddove rientranti nei limiti di cui alla Aia) richiama il Regolamento comunale delle attività rumorose.
Ciò posto rileva il Collegio come espressamente il giudicante riferisca che, secondo il citato regolamento comunale adottato in territorio del Comune di Lucca, il valore limite di emissione deve essere misurato in prossimità della “sorgente” sonora e non del ricettore.
Ciononostante, il Tribunale di Lucca ha ritenuto che nella fattispecie dovesse essere adottato il diverso criterio, seguito dall’Arpat territoriale, secondo il quale la misurazione del livello delle immissioni sonore dovesse essere operata con riferimento alle prossimità spaziali del ricettore.
Tale affermazione, che risulta essere decisiva ai fini della dichiarazione della penale responsabilità del ricorrente, è stata dal Tribunale motivata in relazione all’esistenza di un precedente giurisprudenziale costituito da una decisione del Consiglio di Stato che, in un’altra occasione, definita dal Tribunale di Lucca “analoga alla presente”, ha stabilito la legittimità delle rilevazioni acustiche eseguite non con riferimento alla stazione emittente ma a quella ricevente.
A tale proposito osserva però la Corte la assoluta inadeguatezza della motivazione in tal modo esposta dal giudice di primo grado.
Questi, infatti, ha inteso argomentare la propria decisione, con la quale, giova ricordare, ha tratto un elemento normativa della fattispecie penale contestata non dalla fonte desumibile dalla contestazione elevata a carico del prevenuto ma da altra fonte, ricavata da un precedente giudiziario, senza avere puntualmente dato atto della effettiva sovrapponibilità fra le due fattispecie ora in esame.
Egli, infatti, si è limitato a rilevare l’esistenza del dato giurisprudenziale sulla base del quale ha ritenuto di potere in sostanza disapplicare, peraltro in pejus, una disposizione contenuta in fonte normativa comunale, rilevando che lo stesso era costituito da un “caso relativo ad altre cartiera della Lucchesia”, senza, però, precisare in che termini siffatto caso potesse essere preso ad esemplare anche per la decisione del presente.
Ciò tanto più sarebbe stato necessario, in particolare, ove si rifletta sulla circostanza che – nel caso in cui, come parrebbe, l’opificio riguardato dalla decisione assunta in sede di giurisdizione amministrativa fosse stato ubicato in territorio di un Comune di verso da quello di Lucca, dove, invece, insiste la cartiera gestita dal Cardella – la eventuale diversità di contenuto delle fonti regolamentari comunali avrebbe reso evidentemente inconferente il richiamo all’indirizzo giurisprudenziale formatosi sulla base di un contesto normativo diverso rispetto a quello applicabile al caso ora in esame.
Siffatti rilievi, palesando la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, la quale, dapprima descrive un determinato assetto normativo relativo alla fattispecie, salvo poi di fatto disattenderne una non irrilevante parte, nonché la sua manifesta illogicità, laddove in essa il Tribunale richiama, come significativo ai fini del decidere, un certo indirizzo giurisprudenziale, senza che poi ne prenda in esame la effettiva pertinenza rispetto al diverso caso ora in questione, impongono l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Lucca affinché, in diversa composizione personale, precisi i termini della vicenda, chiarendo, sulla base delle corrette modalità di rilevazione della intensità delle immissioni sonore, la eventuale effettiva esuberanza di queste rispetto ai limiti desumibili dalle prescrizioni contenute nella Aia rilasciata in favore della impresa gestita dall’odierno ricorrente.
L’accoglimento del ricorso in relazione al primo motivo di censura, potenzialmente incidendo sulla stessa complessiva rilevanza penale della condotta contestata, determina l’assorbimento delle residue lagnanze del ricorrente.

PQM

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Lucca.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2016