AMBIENTE E TUTELA PAESAGGISTICA. La nozione di “dissenso costruttivo” in tema di diniego di autorizzazione paesaggistica. T.A.R. Catania n. 501/2022.

T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, sent. n. 501 del 17 febbraio 2022 (ud. del 26 gennaio 2022)

Pres. Savasta, Est. Dato

Ambiente e tutela paesaggistica. Permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica. Giudizio di incompatibilità paesaggistica. Diniego. Principio del “dissenso costruttivo”. Art. 146 d. lgs. n. 42/2004.

Il giudizio di incompatibilità paesaggistica (comportante il diniego di autorizzazione paesaggistica) deve essere il risultato del confronto tra le singole caratteristiche del progetto e quelle dell’area di riferimento, e non tra il progetto nel suo complesso e la norma di tutela astrattamente considerata, la quale si riferisce all’intero ambito territoriale vincolato; vige infatti il principio del dissenso costruttivo, secondo cui vi è l’obbligo delle Amministrazioni coinvolte di collaborare lealmente con la parte privata per consentirle di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori paesistici tutelati dal vincolo.

Il parere ex art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 è espressivo non d’una scelta discrezionale pura, ma di una valutazione tecnico-discrezionale, destinata a produrre effetti vincolanti rispetto sul successivo provvedimento (ad esempio, permesso di costruire) per interventi in aree vincolate. Il parere, appunto per tal sua natura e per evitare che il sotteso giudizio si traduca nell’esercizio di una valutazione insindacabile o arbitraria, occorre che sia sempre sorretto da un’ampia e circostanziata motivazione, dalla quale sia possibile ricostruire sia le premesse che l’iter logico seguito nel percorso valutativo che si conclude con il giudizio finale.

 

T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, sent. n. 501 del 17 febbraio 2022 (ud. del 26 gennaio 2022)

00501/2022 REG.PROV.COLL.

00966/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 966 del 2021, proposto da

-OMISSIS-S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e -OMISSIS- rappresentati e difesi dall’avvocato Giuliano Saitta, con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Lucia Tilotta in Catania, Via G. Leopardi n. 103;

contro

Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici domicilia in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

nei confronti

Comune -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento, previa sospensiva,

della nota n. 6943 del 29.3.2021 della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di -OMISSIS-, in una agli atti premessi, connessi e conseguenziali (ivi compresa la nota n. 3868 del 24.2.2021 della medesima Soprintendenza di -OMISSIS-).

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2022 il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso notificato in data 28 maggio 2021 e depositato in data 12 giugno 2021 la parte ricorrente ha rappresentato quanto segue.

-OMISSIS-S.r.l. e -OMISSIS- hanno acquistato dall’Agenzia del Demanio un compendio immobiliare denominato “-OMISSIS- -OMISSIS-”, ubicato in -OMISSIS-ed allibrato in catasto al fg. 8, part. 90, subb. 2, 3, 4, 5, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 18 e 20 e al fg. 9, partt. 519 e 520.

Con istanza presentata il 28 ottobre 2020, i deducenti hanno chiesto al Comune -OMISSIS- il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione – nel compendio acquistato – di un complesso immobiliare da destinare in parte a residenze ed in parte ad attività commerciali, a mezzo di ristrutturazione e di demolizione dei fabbricati esistenti; con successiva istanza del 28 dicembre 2020, sempre i deducenti hanno chiesto alla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di -OMISSIS- il rilascio di nulla osta ai sensi del d.lgs. n. 42 del 2004.

Con nota del 24 febbraio 2021, la Soprintendenza ha comunicato l’avvio del procedimento di diniego alla chiesta autorizzazione paesaggistica in forza delle seguenti considerazioni: l’intervento proposto contrasterebbe con i criteri di tutela previsti – per il centro storico -OMISSIS- e per le aree di espansione – dall’art. 32, punto 12.b, del piano paesaggistico dell’ambito 9 ricadente nella Provincia di -OMISSIS-; in ogni caso, l’intervento sarebbe “eccessivamente dimensionato in altezza, costituendo, se realizzato, un elemento dall’impatto eccessivo sul paesaggio tutelato”.

Con nota trasmessa a mezzo PEC il 3 marzo 2021, -OMISSIS-S.r.l. ha presentato alla Soprintendenza le seguenti osservazioni: l’art. 32, punto 12.b, del piano paesaggistico dell’ambito 9 ricadente nella Provincia di -OMISSIS- individua specificamente gli interventi non consentiti nella zona del centro storico -OMISSIS- e delle relative aree di espansione e l’intervento da essa proposto non è incluso tra quelli vietati; l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, con nota n. 30512 del 24 giugno 2013, ha dichiarato che il compendio immobiliare costituente oggetto del progetto in questione non possiede i requisiti di interesse culturale e, pertanto, non è sottoposto alle disposizioni di tutela previste dal d.lgs. n. 42 del 2004; per quel che riguarda l’asserito eccessivo dimensionamento in altezza del complesso progettato, nella medesima area (soggetta ai medesimi vincoli, alla medesima destinazione urbanistica e al medesimo livello di tutela paesaggistica, ma in zona ben più vicina al centro -OMISSIS-, è in corso di costruzione – a cura della -OMISSIS-S.r.l., in forza di titolo abilitativo rilasciato dal Comune -OMISSIS- – un fabbricato a nove elevazioni fuori terra, avente destinazione residenziale e commerciale.

Con il provvedimento in epigrafe, la Soprintendenza ha ritenuto di non poter accogliere le osservazioni presentate da -OMISSIS-S.r.l. e ha espresso parere contrario al rilascio del chiesto nulla osta paesaggistico sulla base dei seguenti rilievi: “l’art. 32 punto 12.b prescrive tra gli obiettivi specifici la salvaguardia dei nuclei insediativi e dei luoghi originari nonché il restauro conservativo dell’edilizia di pregio oltre alle opere non consentite elencate nelle controdeduzioni che ovviamente non hanno stretta attinenza al progetto”; “con nota prot. 30512 del 24.6.2013 si è dichiarato il compendio immobiliare non di interesse culturale ai sensi della Parte Seconda del d. l.vo 42/04 mentre il presente parere viene reso ai sensi della Parte Terza – Beni Paesaggistici dello stesso d. l.vo”; “il fatto che si sono autorizzate in passato opere simili a quelle oggi negate dipende sia dall’esame paesaggistico del contesto, che può variare anche per brevi distanze, sia da diverso orientamento nel tempo dei criteri di tutela”.

Con il medesimo provvedimento, la Soprintendenza ha confermato che “l’intervento proposto, che prevede la realizzazione di un complesso residenziale e commerciale tramite la demolizione della -OMISSIS- -OMISSIS-, contrasta con i criteri di tutela introdotti dal citato P.P. che dispone al Paesaggio locale 12.b (Centro storico -OMISSIS- ed aree di espansione): – individuazione e tutela dell’antica trama viaria storicamente consolidata nonché salvaguardia dei nuclei insediativi e dei borghi originari legati anche a particolari attività lavorative (-OMISSIS-), salvaguardandone gli aspetti, anche immateriali legati alla tradizione, che si sono stratificati sui siti e che caratterizzano il paesaggio urbano fino alla linea costiera; – individuazione, recupero e restauro conservativo del patrimonio edilizio di pregio; – mantenimento-recupero dei caratteri di qualità diffusa dell’edilizia storica, delle tipologie architettoniche tradizionali e degli elementi decorativi degli edifici; – tutela secondo quanto previsto dalle Norme per la competente “Centri e nuclei storici”; – salvaguardia delle strutture preesistenti di valore storico o costituenti elementi consolidati dei nuclei abitati periferici”; e che l’intervento è, comunque, eccessivamente dimensionato in altezza “costituendo, se realizzato, un elemento dall’impatto eccessivo sul paesaggio tutelato oltre che in contrasto con la normativa citata in premessa l.r. 78/76 e l.r. 6/10”.

Con istanza di accesso del 19 aprile 2021 -OMISSIS-S.r.l. ha chiesto alla Soprintendenza di poter prendere visione dell’atto con il quale è stato favorevolmente assentito il progetto presentato dalla -OMISSIS-S.r.l. “al fine di verificare la ragione per la quale un progetto è stato valutato positivamente e l’altro no, al fine di accertare eventuali disparità di trattamento e anche al fine di poter comparare il proprio progetto con quello proposto da -OMISSIS-onde eventualmente rimodularlo e renderlo conforme alle direttive che verosimilmente codesta Soprintendenza avrà impartito alla medesima -OMISSIS-”; in data 10 maggio 2021, la Soprintendenza ha rilasciato ad -OMISSIS-S.r.l. svariati documenti consistenti essenzialmente nella convocazione della conferenza di servizi indetta dall’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto per il rilascio di concessione di area demaniale marittima, richiesta dalla predetta -OMISSIS-S.r.l. per adibirla a parcheggio asservito “ad un locale commerciale ubicato in un realizzando complesso immobiliare di proprietà della stessa società” (in sostanza, l’unico atto che la Soprintendenza ha ritenuto sufficiente per la realizzazione del progetto della -OMISSIS-S.r.l. è costituito dall’assenso al rilascio di concessione demaniale).

1.1. Si è costituito in giudizio l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-.

1.2. Con ordinanza 12 luglio 2021, n. 421 è stata fissata l’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2022 per la trattazione di merito del ricorso e, al contempo, è stata disposta – a carico del Comune -OMISSIS-, e per esso, del segretario generale del predetto Ente – l’acquisizione di una relazione di documentati chiarimenti nella quale precisare se l’area costituente oggetto del proposto intervento, alla data di entrata in vigore della legge reg. Sic. 12 giugno 1976, n. 78, in base al previgente strumento urbanistico, ricadeva o meno in zona “B” e, comunque, nella perimetrazione del centro edificato e all’interno delle porzioni di territorio comunale edificate con continuità.

L’onerato Comune -OMISSIS- non ha dato esecuzione alla misura istruttoria.

1.3. In vista dell’udienza di trattazione di merito del ricorso la parte ricorrente ha depositato documenti, memoria e replica.

All’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2022, presente il difensore della parte ricorrente e l’Avvocatura erariale per l’Amministrazione resistente, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Pregiudizialmente deve essere estromesso dal giudizio il Comune -OMISSIS-.

Nel processo amministrativo, l’individuazione del soggetto titolare della legittimazione passiva risente del carattere impugnatorio del processo medesimo, ricavabile dall’art. 41, comma 2, cod. proc. amm. quale strumento per impugnare un atto e chiederne l’annullamento ed elidere i risultati prodotti dall’illegittima attività dell’Amministrazione; in aderenza a tali caratteri impugnatori del processo amministrativo, pertanto, la legittimazione passiva deve essere riferita all’Amministrazione che ha effettivamente emesso l’atto amministrativo e la notificazione del ricorso, in quanto volto all’ottenimento dell’annullamento di un atto amministrativo, deve essere effettuata presso l’Amministrazione che ha adottato il provvedimento impugnato ovvero all’Amministrazione cui è ex lege attribuito il potere di porre in essere i provvedimenti reclamati, alla stregua di quanto disposto dal citato art. 41, comma 2, cod. proc. amm. (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 25 febbraio 2021, n. 509).

Orbene, la proposta domanda demolitoria è rivolta a denunciare l’illegittimità dell’azione amministrativa della (sola) Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-.

Anche la domanda risarcitoria è stata articolata in relazione agli affermati pregiudizi “collegati all’illegittimo diniego al rilascio di nulla osta paesaggistico e alla conseguente impossibilità di realizzare il progetto in questione” e, dunque, sempre in relazione all’attività amministrativa della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di -OMISSIS-.

Il Comune -OMISSIS- va pertanto estromesso dal giudizio.

2. Deve essere dichiarata l’inutilizzabilità – ai fini della decisione – della memoria di replica depositata dalla parte ricorrente in data 4 gennaio 2022, non avendo l’Amministrazione resistente depositato memoria conclusionale.

Difatti, nel processo amministrativo la facoltà di replica discende in via diretta dall’esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare memoria difensiva nel termine di trenta giorni prima dell’udienza di merito, con la conseguenza che ove quest’ultima facoltà non sia stata esercitata, non può consentirsi la produzione di memoria definita di replica dilatando il relativo termine di produzione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 agosto 2021, n. 5988; Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 2021, n. 3010; Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2021, n. 434).

3. La parte ricorrente ha affidato il gravame ai seguenti motivi.

3.1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha dedotto i vizi di Violazione e falsa applicazione dell’art. 32, punto 12.b, del Poiano Paesaggistico dell’Ambito 9 ricadente nella Provincia di -OMISSIS- in relazione all’art. 20 del medesimo Piano. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e per irrazionalità manifesta.

Per i deducenti l’area di proprietà è disciplinata dall’art. 32, punto 12.b, del piano paesaggistico della Provincia di -OMISSIS- che, in particolare, detta le prescrizioni relative al “Centro storico -OMISSIS- ed aree di espansione”; detta disposizione, innanzi tutto, prevede un livello di tutela paesaggistica 1.

Dopo aver richiamato la disciplina dettata per i diversi livelli di tutela ex art. 20 del piano paesaggistico, l’art. 32, punto 12.b, del medesimo piano paesaggistico circa gli obiettivi specifici e le misure di tutela e di valorizzazione del patrimonio paesaggistico nonché gli interventi non consentiti,

la parte ricorrente ha argomentato che l’intervento proposto prevede la demolizione del fabbricato esistente e la ricostruzione di altro fabbricato ad uso residenziale e commerciale e, pertanto, non rientra nel novero degli interventi vietati dall’art. 32 del piano paesaggistico, sicché il diniego assoluto opposto è illegittimo, avendo la Soprintendenza individuato – arbitrariamente e in contrasto con la disposizione di piano in esame – un ulteriore intervento assertivamente non consentito.

Il parere negativo della Soprintendenza, hanno argomentato i deducenti, afferma il contrasto del progetto de quo con i criteri di tutela indicati dal predetto art. 32 e trascrive pedissequamente e integralmente alcuni di detti criteri; si tratta di una sorta di motivazione omnicomprensiva e generalizzata che, tuttavia, non spiega la specifica ragione per la quale il progetto in questione si porrebbe in contrasto con i suddetti criteri di tutela genericamente richiamati (all’uopo i deducenti hanno richiamato alcuni precedenti giurisprudenziali in punto di motivazione del parere paesaggistico reso dalla Soprintendenza ai sensi dell’art. 146 d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42).

Per i deducenti, la motivazione addotta dalla Soprintendenza risulta obiettivamente generica e tautologica posto che detta Amministrazione: non ha descritto in alcun modo la consistenza e le caratteristiche del fabbricato da costruire; non ha descritto in alcun modo le caratteristiche del compendio immobiliare da demolire, né del contesto paesaggistico-ambientale nel quale esso è ubicato; non ha effettuato alcuna specifica correlazione tra il fabbricato di progetto e il predetto contesto paesaggistico-ambientale, né ha spiegato le ragioni di contrasto tra tale fabbricato e il medesimo contesto paesaggistico-ambientale, né, ancora, ha fornito qualsivoglia suggerimento tecnico per consentire ai ricorrenti di rimodulare il progetto e di renderlo conforme ai valori paesaggistici da tutelare; ha richiamato genericamente, trascrivendoli pedissequamente, alcuni dei criteri di tutela previsti dall’art. 32, ma non ha svolto alcuna effettiva correlazione tra detti criteri astratti e le esigenze concrete di tutela degli immobili costituenti oggetto del progetto de quo, non avendo in alcun modo specificato né se il fabbricato da demolire appartenga al centro storico o al borgo del -OMISSIS-, né quale sia il suo pregio storico o edilizio e non avendo neppure individuato altri eventuali edifici o immobili di particolare pregio ubicati nelle vicinanze, tali da meritare una tutela “d’insieme”.

Per gli esponenti, inoltre, la carenza motivazionale e l’irrazionalità del divisamento adottato dalla Soprintendenza rilevano anche in riferimento al livello di tutela previsto dal piano paesaggistico in relazione all’area di che trattasi: invero, l’area di che trattasi è soggetta al livello di tutela 1 e il singolo “Paesaggio Locale” (quello di cui al centro storico -OMISSIS- e alle aree di espansione) non preclude la realizzazione di insediamenti residenziali e commerciali e si limita ad escludere l’esecuzione di specifici interventi ed attività (antenne, tralicci, cave, attività industriale etc.), mentre l’impugnato parere negativo non solo ha escluso aprioristicamente la compatibilità paesaggistica del progetto in questione, ma non ha neppure ritenuto di dover suggerire interventi di mitigazione (propri delle aree soggette al livello di tutela 2) che possano attenuare l’impatto delle opere da eseguire (in sostanza, la Soprintendenza ha applicato il livello di tutela 3 ad un’area soggetta al livello di tutela 1).

Dopo aver richiamato il contenuto della relazione allegata all’istanza di nulla osta paesaggistico e dopo aver precisato che l’area in questione è ubicata in zona industriale (zona D del piano regolatore) ed è più vicina alla raffineria -OMISSIS- (che dista appena 150 metri) che al centro storico della città ed inoltre che il fabbricato esistente consiste in un normale edificio a due elevazioni, diruto e in condizioni di abbandono, la parte ricorrente ha lamentato che la Soprintendenza non ha preso in considerazione le deduzioni racchiuse nella sopra richiamata relazione paesaggistica, né lo stato effettivo del complesso edilizio esistente o il contesto ambientale dell’intera area; secondo i deducenti, in conclusione, tali mancati approfondimenti e la mancata considerazione del miglioramento edilizio, urbanistico e sociale apportato dal progetto de quo si risolvono in una “statica salvaguardia” ed evidenziano ulteriormente la carenza motivazionale del provvedimento avversato.

Con il secondo motivo la parte ricorrente ha dedotto i vizi di Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti provvedimenti.

Evidenzia la parte ricorrente che l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, con nota n. 30512 del 24 giugno 2013, ha dichiarato che il compendio immobiliare costituente oggetto del progetto in questione non possiede i requisiti di interesse culturale e, pertanto, non è sottoposto alle disposizioni di tutela previste dal d. lgs. n. 42 del 2004.

Per i deducenti è contradittorio che l’Amministrazione dei Beni Culturali abbia denegato il nulla osta richiesto in considerazione della necessità di tutela del pregio edilizio e storico del compendio immobiliare esistente mentre, pochi anni addietro, aveva dichiarato che il medesimo compendio immobiliare era privo di qualsivoglia interesse culturale.

Inoltre, l’asserzione contenuta nell’impugnato provvedimento circa la differenza tra le forme di tutela previste dalla parte seconda e dalla parte terza del d.lgs. n. 42 del 2004 è fuorviante: invero, i criteri dell’art. 32, punto 12.b, del piano paesaggistico – richiamati nell’impugnato parere negativo, con i quali si porrebbe in contrasto il progetto in questione – fanno riferimento a valori storici e della tradizione, ossia a componenti di carattere culturale più che paesaggistico o ambientale, sicché l’affermazione del rilievo storico di un edificio, in precedenza dichiarato privo di interesse culturale, risulta palesemente contraddittoria.

Con il terzo motivo la parte ricorrente ha dedotto i vizi di Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 32, punto 12.b, del Piano Paesaggistico dell’Ambito 9 ricadente nella Provincia di -OMISSIS- in relazione all’art. 32 delle norme tecniche d’attuazione del piano regolatore del Comune -OMISSIS- e all’art. 3 della legge n. 241 del 1990.

Quanto all’asserzione collegata all’eccessivo dimensionamento in altezza del complesso progettato, la parte ricorrente osserva che né l’art. 32, punto 12.b, del piano paesaggistico, né l’art. 32 delle norme tecniche d’attuazione del piano regolatore -OMISSIS- (che disciplina, la zona urbanistica De2, nella quale ricade l’area di proprietà) impongono alcun limite di sviluppo verticale dei fabbricati da eseguire, sicché il diniego fondato sull’eccessivo dimensionamento in altezza del progetto in questione – non essendo assistito da alcuna disposizione pianificatoria – è illegittimo.

In ogni caso, argomentano i deducenti, il motivo di diniego in esame è illegittimo per carenza motivazionale perché la Soprintendenza non si è curata di individuare l’altezza massima consentita in generale nell’area e l’altezza media dei fabbricati circostanti (se esistenti), né, soprattutto, ha suggerito quale potrebbe essere lo sviluppo verticale assentibile del nuovo edificio al fine di consentire l’eventuale rimodulazione e, dunque, la realizzazione del progetto.

Con il quarto motivo la parte ricorrente ha dedotto i vizi di Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per disparità di trattamento e per carenza d’istruttoria.

Osservano ancora gli esponenti che il mancato rilascio di autorizzazione paesaggistica risulta illegittimo e discriminatorio posto che nella medesima area, soggetta ai medesimi vincoli e al medesimo livello di tutela paesaggistica, è in corso di costruzione – a cura della -OMISSIS-S.r.l., in forza di permesso di costruire n. 20 del 2019 del Comune -OMISSIS- – un fabbricato a nove elevazioni fuori terra, avente destinazione residenziale e commerciale.

Sussiste, secondo i deducenti, il denunciato vizio di disparità di trattamento, posto che: sia l’area di proprietà degli esponenti, sia quella di pertinenza di -OMISSIS-S.r.l. ricadono nella medesima area disciplinata dall’art. 32, punto 12.b, del piano paesaggistico; entrambe le aree, dunque, sono soggette al medesimo livello di tutela 1; entrambi i progetti prevedono la costruzione di un complesso immobiliare avente destinazione residenziale e commerciale; entrambi i progetti prevedono uno sviluppo verticale dei fabbricati da realizzare (quello di -OMISSIS-S.r.l. prevede nove elevazioni fuori terra); l’unica differenza è costituita dal fatto che l’area di proprietà dei deducenti è ubicata nelle vicinanze della zona industriale, mentre quella di pertinenza di -OMISSIS-S.r.l. è sita in prossimità del centro cittadino.

Si tratta, per i deducenti, di situazioni identiche (anzi, il progetto dei deducenti, riguardando area maggiormente distante dal Centro storico, dovrebbe essere sottoposto ad un regime di tutela meno rigoroso) in relazione alle quali la Soprintendenza ha, tuttavia, adottato un modus operandi diverso.

La dedotta disparità di trattamento è accentuata dalla spiegazione fornita dalla Soprintendenza di -OMISSIS- con il provvedimento impugnato posto che: il progetto di -OMISSIS-S.r.l. non è stato assentito “in passato”, ma poco tempo addietro (e, comunque, in epoca successiva all’approvazione del piano paesaggistico); la Soprintendenza non spiega in cosa consista l’“esame paesaggistico del contesto”, tale da giustificare le diverse soluzioni adottate né quale sia il “diverso orientamento nel tempo dei criteri di tutela”, tale che progetti sostanzialmente identici, aventi il medesimo regime paesaggistico, hanno avuto sorte totalmente differente; la Soprintendenza non chiarisce neppure il motivo per il quale il progetto di -OMISSIS-S.r.l. – pur prevedendo la realizzazione di nove elevazioni fuori terra – sarebbe adeguatamente dimensionato in altezza e non avrebbe l’impatto paesaggistico contestato all’analogo progetto per cui è causa.

Infine, con il quinto motivo la parte ricorrente ha dedotto i vizi di Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della l.r. n. 78 del 1976 e dell’art. 11 della l.r. n. 6 del 2010 anche in relazione all’art. 142 del d. lgs. n. 42 del 2004. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10 della legge n. 241 del 1990.

Nel provvedimento impugnato – evidenzia la parte ricorrente – è riferito che l’intervento si porrebbe “in contrasto con la normativa citata in premessa l.r. 78/76 e l.r. 6/10” (l’area sarebbe soggetta a “vincolo di inedificabilità assoluta dei 150 mt dalla battigia”).

Tale ragione di diniego non era stata allegata nel preavviso di diniego del 24 febbraio 2021, ma è stata esplicitata soltanto nel provvedimento finale del 29 marzo 2021, donde l’illegittimità per violazione dell’art. 10-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241 (posto che il contenuto sostanziale del provvedimento conclusivo di diniego deve inscriversi nello schema delineato dalla comunicazione ex art. 10-bis citato, esclusa ogni possibilità di fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove).

In ogni caso, l’asserito vincolo di inedificabilità assoluta e la conseguente asserita inapplicabilità delle disposizioni sul “Piano Casa” sono inconfigurabili nella specie posto che: ai sensi dell’art. 15, primo comma, della l.r. n. 78 del 1976, il predetto vincolo di inedificabilità all’interno della fascia di rispetto marittima non trova applicazione in relazione alle zone A e B del territorio comunale; la disposizione ha, peraltro, un referente normativo nell’art. 142, secondo comma, del d.lgs. n. 42 del 2004, in forza del quale il vincolo di inedificabilità collegato alla fascia di rispetto marittima non si applica alle aree che, alla data del 6 settembre 1985, erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone territoriali omogenee A e B, ovvero a quelle che, nei Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi dell’art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865; l’area costituente oggetto dell’intervento in oggetto, alla data di entrata in vigore della l.r. n. 78 del 1976, in base al previgente strumento urbanistico, ricadeva in zona “B” e, comunque, nella perimetrazione del centro edificato e all’interno delle porzioni di territorio comunale edificate con continuità; non può trovare applicazione il vincolo di inedificabilità affermato nel provvedimento impugnato; per giurisprudenza consolidata la l.r. n. 78 del 1976 ha operato una sorta di fotografia della situazione, di fatto e di diritto, esistente alla data della sua entrata in vigore, di modo che, ai fini della individuazione delle zone urbanistiche A e B del territorio, per le quali non trova applicazione il vincolo di inedificabilità assoluta, non rilevano le modifiche introdotte nei successivi strumenti urbanistici, con la conseguenza che l’art. 15 l.r. 78 del 1976 ha escluso dal vincolo di inedificabilità assoluta le zone A e B ossia le aree comunali che all’epoca dell’entrata in vigore della l.r. 78 del 1976 fossero già classificate dai vigenti strumenti urbanistici come zone A e B o che avessero già in fatto i connotati di zone A e B secondo indici univoci, quali le perimetrazioni fatte ai sensi dell’art. 18 l. n. 865/1971.

Concludono i deducenti che se la Soprintendenza avesse manifestato tale ragione ostativa nel preavviso di diniego si sarebbero potuto opporre le dedotte considerazioni e che anche il fabbricato in corso di costruzione da parte di -OMISSIS-S.r.l. si trova a distanza inferiore di 150 metri dalla battigia (ad accentuare la contestata disparità di trattamento).

3.2. Infine, la parte ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni – collegati all’illegittimo diniego al rilascio di nulla osta paesaggistico e alla conseguente impossibilità di realizzare il progetto in questione – da determinare, anche in via equitativa, nel corso del giudizio.

3.3. L’Amministrazione regionale resistente ha contrastato le argomentazioni e le domande proposte dalla parte ricorrente.

4. Il ricorso – nella parte riguardante la proposta domanda demolitoria – merita di essere accolto ai sensi e nei termini in appresso specificati; la domanda risarcitoria, invece, deve essere respinta.

4.1. Giova premettere che il parere della Soprintendenza, previsto dal sistema autorizzatorio paesaggistico, si configura nell’attuale assetto normativo come un atto a contenuto decisorio, attraverso il quale il Soprintendente deve esprimere, non più ex post, ma in via preventiva, un giudizio di natura tecnico discrezionale sulla conformità dell’intervento con le previsioni del piano paesaggistico; inoltre, richiedendo l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori specifici, come quelli della storia, dell’arte e dell’architettura, la stessa valutazione si connota in termini di ampia discrezionalità.

Proprio in ragione di questa ampia discrezionalità tecnico – specialistica, tale potere è sindacabile in sede giurisdizionale soltanto per difetto di motivazione, illogicità manifesta ovvero errore di fatto conclamato, per cui il giudice amministrativo non può sostituire la propria valutazione a quella dell’Amministrazione (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 6 dicembre 2021, n. 2629).

E’ stato osservato, altresì, che il giudizio paesaggistico consta di un apprezzamento comparativo che nasce dal confronto dei contenuti del vincolo con tutte le circostanze di fatto relative all’intervento e al suo inserimento nel contesto circostante, in modo che la conferma o l’esclusione della compatibilità delle opere con i valori tutelati costituisca il frutto di un giudizio condotto sulla base di rilievi puntuali; il diniego dell’assenso paesaggistico non può, pertanto, fondarsi sul generico richiamo all’esistenza del vincolo, né su valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve rispondere a un modello che contempli la descrizione dell’edificio e del suo contesto, e che sia volto a stabilire se il rapporto tra l’uno e l’altro possa considerarsi armonico, esplicitando, se del caso, le effettive ragioni del contrasto e delle disarmonie eventualmente ravvisati (cfr. T.A.R. Toscana, sez. III, 10 febbraio 2021, n. 229).

E’ stato precisato, inoltre, che il giudizio di incompatibilità paesaggistica (comportante il diniego di autorizzazione paesaggistica) deve essere il risultato del confronto tra le singole caratteristiche del progetto e quelle dell’area di riferimento, e non tra il progetto nel suo complesso e la norma di tutela astrattamente considerata, la quale si riferisce all’intero ambito territoriale vincolato; vige infatti il principio del dissenso costruttivo, secondo cui vi è l’obbligo delle Amministrazioni coinvolte di collaborare lealmente con la parte privata per consentirle di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori paesistici tutelati dal vincolo (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, II quater, 29 ottobre 2021, n. 11092; T.A.R. Toscana, sez. III, 16 dicembre 2020, n. 1657).

Invero, posto che qualsiasi nuova opera è suscettibile di generare un impatto visivo sul paesaggio circostante, ovvero una sua “alterazione”, il diniego dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle peculiari ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell’ambiente, attraverso l’esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II, 15 gennaio 2020, n. 42).

Inoltre, per consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale il parere ex art. 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 è espressivo non d’una scelta discrezionale pura, ma di una valutazione tecnico-discrezionale, destinata a produrre effetti vincolanti rispetto sul successivo provvedimento (ad esempio, permesso di costruire) per interventi in aree vincolate.

Il parere, appunto per tal sua natura e per evitare che il sotteso giudizio si traduca nell’esercizio di una valutazione insindacabile o arbitraria, occorre che sia sempre sorretto da un’ampia e circostanziata motivazione, dalla quale sia possibile ricostruire sia le premesse che l’iter logico seguito nel percorso valutativo che si conclude con il giudizio finale.

E, nel caso in cui esso sia negativo, deve esplicitare le effettive ragioni di contrasto tra l’intervento progettato ed i valori paesaggistici dei luoghi compendiati nel decreto di vincolo, tener conto delle ragioni indicate dal privato e, perciò, indicare qual tipo d’accorgimento tecnico o, se del caso, di modifica progettuale possa far conseguire all’interessato l’autorizzazione paesaggistica (cfr. Cons. Stato sez. VI, 20 aprile 2020, n. 2515; cfr. anche T.A.R. Liguria, sez. II, 9 marzo 2021, n. 189).

4.2. Nel caso in esame l’avversato parere contrario si è limitato ad elencare (cfr. pag. 2), come già avvenuto nel c.d. preavviso di diniego, i criteri di tutela introdotti dal piano paesaggistico (con specifico riferimento al paesaggio locale 12b centro storico -OMISSIS- ed aree di espansione), affermando senz’altro che l’intervento in questione si pone in contrasto con gli stessi in difetto di rilievi puntuali.

La valutazione espressa appare apodittica, spoglia della descrizione dell’edificio e del suo contesto e, in conclusione, priva delle effettive ragioni del contrasto e delle disarmonie ravvisate.

Inoltre, non emerge dall’espresso diniego di autorizzazione paesaggistica il concreto confronto tra le singole caratteristiche del progetto e quelle dell’area di riferimento.

L’Amministrazione resistente, inoltre, ha disatteso il principio del dissenso costruttivo: ciò non solo in termini generali, sottraendosi all’obbligo di collaborare lealmente con gli istanti per consentire agli stessi di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori paesistici tutelati dal vincolo, ma anche con riferimento alla specifica ragione del diniego secondo cui l’intervento sarebbe “eccessivamente dimensionato in altezza, costituendo, se realizzato, un elemento dall’impatto eccessivo sul paesaggio tutelato”, omettendo di indicare l’accorgimento tecnico o la modifica progettuale idonea a far conseguire agli interessati l’anelata l’autorizzazione paesaggistica.

4.3. Si rivela fondata, altresì, la censura con la quale la parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. l’art. 13 della legge reg. Sic. 21 maggio 2019, n. 7).

Deve evidenziarsi, invero, che il provvedimento avversato riferisce che l’area interessata dal progetto in questione rientra nel “vincolo di inedificabilità assoluta dei 150 mt dalla battigia” (pag. 1); detta ragione di diniego, tuttavia, non era stata rappresentata nel precedente c.d. preavviso di diniego (nota prot. n. 0003868 datata 24 febbraio 2021).

Orbene, deve ritenersi precluso alla Pubblica Amministrazione fondare il provvedimento conclusivo del procedimento su ragioni del tutto nuove rispetto a quelle rappresentate nella comunicazione ex art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, pena la violazione del diritto dell’interessato di effettiva partecipazione al procedimento, che si estrinseca nella possibilità di presentare le proprie controdeduzioni utili all’assunzione della determinazione conclusiva dell’ufficio; dall’inosservanza di tale divieto consegue, dunque, l’illegittimità del provvedimento la cui motivazione sia arricchita di ragioni giustificative diverse e ulteriori rispetto a quelle preventivamente sottoposte al contraddittorio procedimentale attraverso la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del privato.

In particolare, va evidenziato come, anche se non deve sussistere un rapporto di identità, tra il preavviso di rigetto e la determinazione conclusiva del procedimento, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto dei due atti, ben potendo l’Amministrazione ritenere, nel provvedimento finale, di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche, occorre però che il contenuto sostanziale del provvedimento conclusivo di diniego si inscriva nello schema delineato dalla comunicazione ex art. 10-bis citato, esclusa ogni possibilità di fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove (cfr., ex multis, T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 5 gennaio 2022, n. 17 ed ivi precedenti giurisprudenziali).

Va peraltro sottolineato che la parte ricorrente ha depositato in giudizio – in data 15 dicembre 2021 – un certificato di destinazione urbanistica (n. 131/2021 datato 8 luglio 2021) rilasciato dal Comune -OMISSIS- nel quale risulta che alla data di entrata in vigore della legge reg. Sic. 12 giugno 1976, n. 78, le aree di cui alla particella 90 del foglio di mappa n. 8 e alle particelle 519 e 520 del foglio di mappa n. 9 del catasto del Comune -OMISSIS- ricadevano […] all’interno della Perimetrazione dei centri abitati del Comune -OMISSIS-, definita ai sensi dell’art. 17 della L. 06.08.1967 n. 765 […].

La parte ricorrente ha altresì versato in atti una perizia di parte nella quale si evidenzia che “[…] All’entrata in vigore della legge 78/76 l’area oggetto di intervento ricadeva all’interno del perimetro delle aree di urbanizzato o urbanizzabili già dal 1967 […]” (cfr. pag. 10).

L’indicazione nel c.d. preavviso di diniego del motivo ostativo del “vincolo di inedificabilità assoluta dei 150 mt dalla battigia” avrebbe posto la parte ricorrente nelle condizioni – in relazione alla agitata questione dell’insussistenza dei presupposti applicativi dell’art. 15 della legge reg. Sic. 12 giugno 1976, n. 78 – di garantire un apporto collaborativo mediante l’introduzione di elementi istruttori o deduttivi suscettibile di apprezzamento da parte dell’organo procedente, consentendo allo stesso tempo a quest’ultimo di esaminare anticipatamente le deduzioni al fine di pervenire ad una motivata decisione idonea a statuire su tutti i profili controversi influenti sulla regolazione del rapporto amministrativo.

In conclusione, la questione della ricadenza dell’area interessata dal progetto de quo nel “vincolo di inedificabilità assoluta dei 150 mt dalla battigia” avrebbe dovuto formare oggetto di contraddittorio endoprocedimentale: invero, la finalità della comunicazione di cui all’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 è quella di sollecitare il leale contraddittorio fra l’Amministrazione pubblica ed il privato istante nella fase predecisionale del procedimento amministrativo, rappresentando un arricchimento delle garanzie partecipative degli interessati in chiave collaborativa e, per quanto possibile, deflattiva del contenzioso giurisdizionale e giustiziale (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 13 agosto 2021, n. 5500).

4.4. La domanda risarcitoria va invece respinta.

In primo luogo, va osservato che l’annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi tralatiziamente definiti formali o procedimentali, in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato, non consente di accogliere la domanda finalizzata al perseguimento della pretesa sostanziale, quale è il risarcimento del danno. Infatti mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’Amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio potere in merito all’Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 21 gennaio 2022, n. 725 ed ivi precedenti giurisprudenziali).

In secondo luogo, per ogni ipotesi di responsabilità della P.A. per i danni causati per l’illegittimo o ritardato esercizio dell’attività amministrativa, spetta alla parte ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non all’allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 cod. civ. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l’obbligo di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 cod. civ., perché tale norma presuppone l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del pregiudizio subito (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 settembre 2021, n. 6253).

L’applicazione di tali coordinate ermeneutiche al caso di specie consente di disattendere la pretesa risarcitoria, tenuto conto che la parte ricorrente non ha puntualmente dedotto le conseguenze dannose subite per effetto dell’illecito ascritto all’Amministrazione resistente, né a fortiori ha richiamato i mezzi di prova sulla base dei quali tali conseguenze avrebbero potuto essere dimostrate.

5. In conclusione, previa estromissione del Comune -OMISSIS-, ritenuta la fondatezza dei sopra esaminati motivi di ricorso e assorbite le ulteriori censure (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 5), la domanda demolitoria merita di essere accolta, ai sensi e nei limiti sopra specificati, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Gli effetti conformativi della presente sentenza implicano la rinnovazione – entro tempi il più possibile rapidi e nel rispetto delle norme e dei principi che regolano la materia – del giudizio da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di -OMISSIS- in ordine all’intervento progettato.

La domanda risarcitoria, invece, deve essere respinta.

6. La peculiarità della vicenda contenziosa giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti costituite; nulla va disposto, quanto alle spese di lite, in relazione al Comune -OMISSIS- non costituitosi in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

– estromette dal giudizio il Comune -OMISSIS-;

– accoglie la domanda demolitoria proposta con il ricorso in epigrafe, ai sensi e nei limiti in motivazione, e per l’effetto annulla gli atti avversati;

– respinge la domanda risarcitoria proposta con il ricorso in epigrafe.

Spese compensate fra le parti costituite; nulla spese in relazione al Comune -OMISSIS-.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente e tutte le persone menzionate.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Pancrazio Maria Savasta, Presidente

Agnese Anna Barone, Consigliere

Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Referendario, Estensore

Scarica in pdf il testo della sentenza: tar sicilia, catania, sez. 1, sent. n. 501-2022