BENI AMBIENTALI. Legittimazione ad agire in ragione della prossimità del sito oggetto di autorizzazione ambientale. Consiglio di Stato n. 935/2022.

Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 935 del 9 febbraio 2022 (ud. del 4 novembre 2021)

Pres. Maruotti, Est. D’Angelo

Beni ambientali. Azione avverso provvedimenti lesivi dell’ambiente. AUA. Criterio della “vicinitas”.

Ai fini della sussistenza delle condizioni dell’azione avverso provvedimenti lesivi dal punto di vista ambientale, il criterio della vicinitas – ovvero il fatto che i ricorrenti vivano abitualmente in prossimità del sito prescelto per la realizzazione dell’intervento o abbiano uno stabile e significativo collegamento con esso, tenuto conto della portata delle possibili esternalità negative – rappresenta un elemento di per sé qualificante dell’interesse a ricorrere, mentre pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all’ambiente o alla salute, ai fini della legittimazione e dell’interesse a ricorrere, costituirebbe una probatio diabolica, tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive. Né può essere d’ostacolo la circostanza che il bene ambiente risulta tutelato dal provvedimento di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto (cd. AUA), perché quest’ultima valutazione non riguarda gli interessi di cui si fanno portatori i ricorrenti (nella fattispecie, eliminazione della barriera costituita dal bosco che mitiga il rumore e lo smog di provenienza dalla strada, oltre che il danno estetico al paesaggio).

Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 935 del 9 febbraio 2022 (ud. del 4 novembre 2021)

00935/2022REG.PROV.COLL.

04008/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4008 del 2021, proposto dalla OMISSIS s.p.a.., in persona del legale rappresentate pro tempore, dalla OMISSIS società agricola s.s., in persona del legale rappresentate pro tempore, dall’azienda agricola OMISSIS società agricola a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Alberto Caretti e Riccardo Tagliaferri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

i signori OMISSIS, non costituiti in giudizio;

nei confronti

della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e per le Provincie di Pistoia e Prato, non costituita in giudizio;

del Comune di Lastra a Signa, in persona del Sindaco pro tempore, e della Città Metropolitana di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione terza, n. 251 del 15 marzo 2021, resa tra le parti, concernente il permesso di costruire relativo ad un impianto di distribuzione carburanti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori OMISSIS e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi per le parti gli avvocati Riccardo Tagliaferri e Leonardo Piochi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Alcuni proprietari di immobili limitrofi al realizzando impianto di distribuzione carburanti, comprensivo di un edificio, ubicato nel comune di Lastra a Signa lungo la strada di grande scorrimento Firenze Pisa Livorno (tra i quali i costituiti signori OMISSIS), hanno impugnato il relativo permesso di costruire n. 21 del 29 maggio 2020.

2. Nel ricorso, proposto dinanzi al Tar per la Toscana, essi hanno dedotto l’illegittimità del titolo edilizio in ragione dell’area boschiva nel quale veniva a realizzarsi l’intervento, nonché taluni profili relativi a vizi del procedimento, al contrasto con le norme di pianificazione (il progetto non avrebbe rispettato la fascia di rispetto di venti metri prevista per le strade vicinali, né le norme sulle distanze legali tra la parete finestrata dell’edificio adibito a bar e il muro di contenimento del dislivello) e con taluni vincoli idrogeologici.

3. Il Tar di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, dopo aver respinto le eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e interesse ad agire dei ricorrenti formulate dal Comune e da OMISSIS (in ragione del fatto che il mero criterio della vicinitas di un fondo o di una abitazione all’area oggetto dell’intervento non avrebbe potuto ritenersi idonea di per sé a radicarne la legittimazione in assenza di prova di un pregiudizio concreto), ha accolto il gravame, rilevando come sarebbe intervenuta una non consentita trasformazione dell’area a bosco (in sostanza la costruzione dell’impianto non poteva ritenersi circostanza idonea a derogare il regime di tutela previsto della legge regionale della Toscana n. 39/2000).

4. Contro la suddetta sentenza hanno quindi proposto appello la OMISSIS, nonché le aziende agricole OMISSIS e OMISSIS (rispettivamente proprietaria ed affittuaria di un fondo confinante con quello ceduto a OMISSIS dalla stessa OMISSIS e già intervenute ad opponendum nel corso del giudizio di primo grado).

4.1. Nei motivi di appello è stato innanzitutto ribadito il difetto di legittimazione ed interessa ad agire dei ricorrenti in primo grado ed è stata riproposta l’eccezione di inammissibilità del gravame in relazione alla mancata impugnazione dell’autorizzazione unica ambientale adottata con decreto regionale n. 8068 del 22 maggio 2019 e alla tardiva impugnazione della delibera del Consiglio comunale n. 11/2019, presupposta al rilascio del titolo abilitativo edilizio.

4.2. Secondo parte appellante, sarebbe poi erronea la conclusione del Tar in ordine alla fondatezza del motivo relativo all’esistenza di un bosco. Il giudice di primo grado ha ritenuto che l’area di cui trattasi dovesse ritenersi di per sé “bosco”, meritevole di ogni tutela e non suscettibile di trasformazione, solo in ragione del fatto che sarebbe stata oggetto di colture nei risalenti anni ottanta (sulla base quindi di una interpretazione a contrario dell’art. 3, comma 5, lett. c) della legge regionale n. 39/2000, secondo cui “non sono considerati bosco (…) le formazioni arbustive ed arboree insediatesi nei terreni già destinati a colture agrarie e a pascolo abbandonate per un periodo inferiore a quindici anni”).

4.2.1. In realtà, per gli appellanti non sarebbe sufficiente il dato temporale a qualificare un bosco come tale, ma sarebbe stato indispensabile verificare la sussistenza dei presupposti di cui al comma 1 dell’art. 3 della stessa legge regionale n. 39/2000, nonché delle caratteristiche desumibili dall’art. 12 dell’Elaborato 8B del PIT PRR della Regione Toscana (recante il Piano Paesaggistico Toscano), che conducono a ritenere l’essenza di un bosco nell’area in esame.

4.3. Il Tar avrebbe poi trascurato il fatto che gli impianti di distribuzione carburanti costituiscono opere di urbanizzazione secondaria e infrastrutture complementari al servizio della circolazione stradale che realizzano un pubblico servizio. Cosicché sarebbero state sussistenti le esigenze di pubblico interesse pubblico e di natura straordinaria sottese alla deroga ai limiti di superficie imposti dalle NTA del R.U. ai sensi e per gli effetti degli artt. 14 D.P.R. 380/2001 e 97 L.R.T. 65/2014.

5. Gli appellati si sono costituiti in giudizio il 27 maggio 2021, chiedendo il rigetto dell’appello, ed hanno depositato memorie il 5 giugno 2021 e documenti il 24 settembre 2021.

6. Il 21 giugno 2021 si è costituita in giudizio la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma (probabilmente con una indicazione errata dell’Avvocatura Generale dello Stato quanto alla Soprintendenza interessata, essendo invece corretto il riferimento alla sentenza impugnata).

7. Il 4 ottobre 2021 OMISSIS e gli appellati hanno depositato memorie. Il successivo 14 ottobre hanno entrambe depositato una replica.

8. Nella camera di consiglio dell’8 giugno 2021 l’istanza incidentale di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, è stata rinviata al merito.

9. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 4 novembre 2021, senza che le parti abbiano insistito per la trattazione della istanza di sospensione.

10. L’appello non è fondato.

11. Quanto al primo profilo evocato nell’atto di appello, in ordine alla carenza di legittimazione e di interesse dei ricorrenti in primo grado, va condivisa la conclusione del Tar che ha ritenuto che nella specie la sola vicinitas fosse sufficiente a consolidare la loro posizione in relazione all’interesse ambientale e alla salute connesso agli eventuali effetti dannosi, in punto di inquinamento e rumore, che la realizzazione dell’impianto e soprattutto il disboscamento dell’area avrebbero generato.

11.1. Nel caso di specie, i soggetti ricorrenti, radicati stabilmente nelle vicinanze (tra i 36 e gli 86 metri) di un intervento che può compromettere l’interesse ambientale, non dovevano dimostrare il sicuro pregiudizio all’ambiente o alla salute ai fini della legittimazione a ricorrere (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 9 novembre 2020, n. 6862).

11.2. Ai fini della sussistenza delle condizioni dell’azione avverso provvedimenti lesivi dal punto di vista ambientale, il criterio della vicinitas – ovvero il fatto che i ricorrenti vivano abitualmente in prossimità del sito prescelto per la realizzazione dell’intervento o abbiano uno stabile e significativo collegamento con esso, tenuto conto della portata delle possibili esternalità negative – rappresenta un elemento di per sé qualificante dell’interesse a ricorrere, mentre pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all’ambiente o alla salute, ai fini della legittimazione e dell’interesse a ricorrere, costituirebbe una probatio diabolica, tale da incidere sul diritto costituzionale di tutela in giudizio delle posizioni giuridiche soggettive (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 10 marzo 2021, n.2056).

11.3. Né può essere d’ostacolo la circostanza che il bene ambiente risulta tutelato dal provvedimento di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto (cd. AUA), perché quest’ultima valutazione non riguarda gli interessi di cui si sono fatti portatori i ricorrenti di primo grado (eliminazione della barriera costituita dal bosco che mitiga il rumore e lo smog di provenienza dalla strada, oltre che il danno estetico al paesaggio).

12. Quanto alla riproposizione delle altre eccezioni di inammissibilità, va rilevato che correttamente il Tar ha ritenuto che non vi fosse un onere di impugnazione dell’autorizzazione unica ambientale adottata con decreto regionale n. 8068 del 22 maggio 2019, presupposta al rilascio del titolo abilitativo edilizio, in quanto la stessa non aveva, per gli specifici interessi fatti valere, relazione con le censure formulate nel ricorso (in sostanza, non sono stati dedotti vizi propri di quella autorizzazione).

Inoltre, non può rilevarsi un’ipotesi di tardività conseguente alla mancata tempestiva impugnazione della delibera del Consiglio comunale di Lastra a Signa n. 19/2019. Tale delibera, che autorizzava il rilascio del provvedimento edilizio in deroga, era un atto endoprocedimentale privo di autonoma lesività in assenza del permesso di costruire (i suoi atti sono stati poi impugnati congiuntamente).

13. Non è fondato poi il profilo di appello che contesta la sentenza impugnata sul punto della rilevata incoerenza del titolo edilizio con la natura boschiva dell’area.

13.1. Innanzitutto, non può ritenersi che la realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti possa essere considerata nel novero di quegli interessi pubblici che possono giustificare il regime di deroga delle aree boschive. La trasformazione di quest’ultime è infatti ammessa dall’’art. 80 del D.P.G.R. 8 agosto 2003, n. 48/R (regolamento forestale della Toscana), solo eccezionalmente per motivi di ordine ambientale, idrogeologico od economico-produttivi ed è valutata in rapporto alla tutela idrogeologica del territorio, agli indirizzi ed alle prescrizioni del PTC, nonché alle previsioni degli strumenti urbanistici comunali.

13.2. In secondo luogo, l’area, ai sensi dell’art. 3 della legge regionale della Toscana n. 39/2000, va considerata effettivamente come un bosco.

Più nel dettaglio, la stessa, precedentemente destinata a seminativo, è stata abbandonata a partire dagli anni ottanta ed è stata poi occupata da vegetazione arborea (come evidenziato dal Tar con l’espresso riferimento alla documentazione fotografica depositata in primo grado dai ricorrenti). Di conseguenza, alla luce del comma 5 del citato art. 3 viene in rilievo la formazione boschiva che si è determinata in quanto insediata ormai da più di quindici anni dal suo abbandono.

13.3. In definitiva, l’area interessata di circa 8.500 mq, posta di fronte alle abitazioni dei ricorrenti tra gli stessi e il raccordo stradale Firenze Pisa Livorno, ha la caratteristica della formazione boschiva (circostanza, peraltro, non in contestazione e comunque riportata come tale anche dal RU e dal PS comunale). L’eventuale trasformazione della stessa, anche per espressa previsione legislativa (artt. 41 e 42 legge regionale n. 39/2000), riveste dunque carattere eccezionale e di conseguenza una eventuale deroga può sussistere solo per i motivi tassativi fissati dal regolamento regionale (D.P.G.R. 8 agosto 2003, n. 48/R).

13.4. D’altra parte, va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Sezione:

a) la nozione di “bosco” richiamata ai fini della tutela paesaggistica è un ‘elemento normativo’, perché fa espresso riferimento alla definizione dettata dall’art. 2 del d.lgs. n. 227/2001, postulante la presenza di un terreno di una certa estensione, coperto con una certa densità da vegetazione forestale arborea, arbusti, sottobosco ed erbe. Il vincolo paesaggistico per le aree boscate presuppone la sussistenza in natura del bosco;

b) la finalità di tutela del paesaggio, sottesa alla nozione di bosco, implica il rispetto della ragionevolezza e della proporzionalità in relazione a tale finalità, con la conseguenza che foreste e boschi sono presunti di notevole interesse e meritevoli di salvaguardia perché elementi originariamente caratteristici del paesaggio, cioè del “territorio espressivo di identità” ex art. 131 d.lgs. n. 42/04 (cfr. Cons. Stato, VI, 12 novembre 1990, n. 951);

c) elemento qualificante di tale fattispecie è la presenza di un sistema vivente complesso ovvero di “un ecosistema in grado di autorigenerarsi” (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 1462 del 4 marzo 2019).

13.5. Tali caratteristiche, anche alla luce delle disposizioni regionali richiamate (art. 3, 41 e 42 della legge regionale n. 39/2000) risultano sussistere nel caso in esame dove è evidente l’esistenza di un ecosistema composto dalla vegetazione arborea autoctona formatasi nel corso di molti anni.

14. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.

15. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo. Vanno invece compensate le spese con riferimento alla parte pubblica, solo formalmente ed in parte erroneamente costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. 4008/2021), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore degli appellati nella misura complessiva di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli altri oneri di legge.

Compensa le spese con riferimento alla parte pubblica costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2021 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Daniela Di Carlo, Consigliere

Nicola D’Angelo, Consigliere, Estensore

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Scarica in pdf il testo della sentenza: cass. pen., sez. 3, sent. n. 4344-2022