Rifiuti. Abbandono o deposito di rifiuti da parte di terzi, proprietario del terreno, esclusione di responsabilità di posizione. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 14503 del 24 marzo 2017 (ud. 7 dicembre 2016)

Pres. Amoresano, Est. Di Nicola

Rifiuti. Abbandono o deposito di rifiuti da parte di terzi. Proprietario del terreno. Mancata partecipazione al reato. Assenza di contributo materiale o morale nell’illecita gestione dei rifiuti. Responsabilità di posizione. Esclusione. Natura di reati permanenti e condotta concorsuale mediante condotta omissiva. Art. 256 d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152.

 Il proprietario del terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato non possa andare incontro a una responsabilità di posizione, in difetto di elementi di diretta partecipazione al reato o di un contributo materiale o morale nell’illecita gestione dei rifiuti. I reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata e stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi senza autorizzazione hanno natura di reati permanenti, che possono realizzarsi soltanto in forma commissiva; ne consegue che essi non possono consistere nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio da altri realizzati, pur in assenza di qualsiasi partecipazione attiva e in base alla sola consapevolezza della loro esistenza (SS. UU., n. 12753 del 05/10/1994, Zaccarelli), salvo che risulti integrata una condotta concorsuale mediante condotta omissiva, nei casi in cui il soggetto aveva l’obbligo giuridico di impedire la realizzazione od il mantenimento dell’evento lesivo (Sez. F, n. 44274 del 13/08/2004, Preziosi).
In materia di rifiuti, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, d. lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (Sez. III, n. 50997 del 07/10/2015, Cucinella).
In sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale è chiamato a verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il “fumus commissi delicti” in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria (Sez. III, n. 15254 del 10/03/2015, Previtero) sicché, in materia di riesame del vincolo probatorio, il sindacato del giudice non può investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma è circoscritto alla verifica dell’astratta possibilità dì sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato e al controllo circa la qualificazione dell’oggetto sequestrato come corpus delicti e, quindi, all’esistenza di una relazione di immediatezza tra il bene stesso e l’illecito penale.
 
 
Cass. Pen., Se. III, sent. n. 14503 del 24 marzo 2017 (ud. 7 dicembre 2016)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Carpenzano Giovanni, nato a Vittoria il 11-04-1967
Carpenzano Vincenzo, nato a Vittoria il 26-02-1957
avverso la ordinanza del 17-06-2016 del tribunale della libertà di Ragusa;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del procuratore Generale che ha chiesto l’annullamento il rigetto dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. Giovanni e Vincenzo Carpenzano ricorrono per cassazione impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe con il quale il tribunale del riesame ha confermato il decreto di convalida del sequestro di polizia giudiziaria emesso dal pubblico ministero con riferimento al reato previsto dall’articolo 256, comma 3, decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
2. Per l’annullamento dell’impugnata ordinanza i ricorrenti articolano un unico complesso motivo di impugnazione, qui enunciato ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Con esso i ricorrenti deducono la violazione di legge in relazione all’articolo 256, comma 3, decreto legislativo 152 del 2006 (articolo 606, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale) sul rilievo che il vincolo sarebbe illegittimo in quanto la loro posizione di meri proprietari del terreno non avrebbe potuto dare adito a una contestazione nei loro confronti in ragione di omessa vigilanza o omessa custodia dei terreni utilizzati, a loro insaputa, da terzi estranei per il deposito incontrollato di rifiuti.
3. Il procuratore Generale ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
2. Come ha correttamente argomentato il procuratore Generale non vi è dubbio che il proprietario del terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato non possa andare incontro a una responsabilità di posizione, in difetto di elementi di diretta partecipazione al reato o di un contributo materiale o morale nell’illecita gestione dei rifiuti. I reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata e stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi senza autorizzazione hanno natura di reati permanenti, che possono realizzarsi soltanto in forma commissiva; ne consegue che essi non possono consistere nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio da altri realizzati, pur in assenza di qualsiasi partecipazione attiva e in base alla sola consapevolezza della loro esistenza (Sez. U, n. 12753 del 05/10/1994, Zaccarelli, Rv. 199385), salvo che risulti integrata una condotta concorsuale mediante condotta omissiva, nei casi in cui il soggetto aveva l’obbligo giuridico di impedire la realizzazione od il mantenimento dell’evento lesivo (Sez. F, n. 44274 del 13/08/2004, Preziosi, Rv. 230173).
Sul punto, come ricorda lo stesso ricorrente, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che, in materia di rifiuti, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, D.Lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (Sez. 3, n. 50997 del 07/10/2015, Cucinella, Rv. 266030).
Nel caso in esame, tuttavia, l’accusa ipotizza che gli indagati abbiano realizzato o comunque gestito una discarica non autorizzata sul proprio terreno.
Va ricordato che, in sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale è chiamato a verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il “fumus commissi delicti” in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria (Sez. 3, n. 15254 del 10/03/2015, Previtero, Rv. 263053) sicché, in materia di riesame del vincolo probatorio, il sindacato del giudice non può investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma è circoscritto alla verifica dell’astratta possibilità dì sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato e al controllo circa la qualificazione dell’oggetto sequestrato come corpus delicti e, quindi, all’esistenza di una relazione di immediatezza tra il bene stesso e l’illecito penale.
Ciò posto, il tribunale ha osservato i suddetti principi ed ha anche dato atto tanto delle finalità probatorie perseguite dal pubblico ministero quanto della serietà del progetto investigativo finalizzato ad eseguire ulteriori accertamenti già delegati alla polizia giudiziaria con atto del 18 dicembre 2015, con la conseguenza che la doglianza formulata non ha alcun fondamento né sotto il profilo del fumus e neppure riguardo alle perseguite finalità probatorie.
3. I ricorsi vanno pertanto rigettati.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 07/12/2016