NUOVE LINEE GUIDA PER LO STOCCAGGIO NEGLI IMPIANTI DI GESTIONE DEI RIFIUTI: LA CIRCOLARE N. 1121 DEL 21 GENNAIO 2019 DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE.

In data 21 gennaio 2019 è stata emanata dal Minisero dell’Ambiente la circolare prot n. 1121 recante “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negi impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi“.
Come noto, l’urgente esigenza di tamponare la diffusione del fenomeno del proliferarsi di episodi di incendi negli impianti di trattamento dei rifiuti aveva reso necessario l’elaborazione di un vademecum dedicato alle aziende che individuasse i punti salienti per la prevenzione del rischio, i criteri applicativi, la gestione delle aree interne, le responsabilità gestionali, le tempistiche di stoccaggio e le modalità dei controlli (cfr. http://www.studiolegalezuco.it/le-linee-guida-la-gestione-operativa-dello-stoccaggio-negli-impianti-gestione-dei-rifiuti-la-prevenzione-dei-rischi-la-circolare-del-ministero-dellambiente/).
A meno di un anno dal precedente provvedimento, la nuova circolare abroga la n. 4064 del 15 marzo 2018 proponendone una revisione «alla luce di alcune pertinenti osservazioni presentate (…) coinvolgendo opportunamente anche le amministrazioni regionali e le agenzie ambientali già interessate nella fase preliminare, al fine di addivenire ad un’ottimizzazione ed aggiornamento dei relativi contenuti».
Il documento in oggetto ha la finalità di individuare, nelle more dell’emanazione delle Linee guida sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ex artt. 208 e 216 del d. lgs. n. 152/2006 (nel quale verranno uniformate le indicazioni nazionali per le modalità autorizzative degli impianti di stoccaggio), le buone pratiche di gestione degli stoccaggi.
Vale la pena evidenziare che nella circolare in questione, nonostante al punto n. 7 si indichi che occorra definire una scheda esemplificativa per agevolare le attività di controllo e che si indichi che la stessa scheda sia allegata alla circolare n. 1121/2019, tale scheda non risulta poi allegata al documento!
Attendiamo quindi un addendum.
Di seguito il testo integrale della circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019:
Risulta noto che tutto il territorio nazionale è stato recentemente interessato da diffusi e frequenti episodi di incendi in impianti di trattamento di rifiuti, di maggiore o minore gravità. Tale fenomeno, nel destare forte preoccupazione in tutta la popolazione direttamente ed indirettamente interessata dai predetti episodi, ha reso necessario un confronto tra questo Dicastero unitamente al Dipartimento dei vigili del fuoco, alle amministrazioni regionali ed alle agenzie ambientali maggiormente interessate, per individuare in sinergia le più opportune iniziative atte a prevenire, o quanto meno a ridurre, i rischi connessi allo sviluppo di incendi presso impianti che gestiscono rifiuti.

In particolare le presenti linee guida indicano criteri operativi e gestionali riferiti in particolare a:

–   stoccaggi di rifiuti ai sensi dell’articolo 183, lett. aa) del d.lgs. n. 152 del 2006, effettuati presso impianti che effettuano esclusivamente operazioni R13 (Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 dell’allegato C alla parte quarta del d.lgs. n. 152 del 2006) e D15 (Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 dell’allegato B alla parte quarta del d.lgs. n. 152 del 2006), e che quindi inviano i rifiuti ivi depositati ad altri impianti di destinazione finale (recupero o smaltimento);

–   stoccaggi di rifiuti ai sensi dell’articolo 183, lett. aa) del d.lgs. n. 152 del 2006, in ingresso presso impianti che li sottopongono ad ulteriori operazioni di gestione riconducibili ai punti da R1 a R12 dell’allegato C alla parte quarta del d.lgs. n. 152 del 2006, ovvero ai punti da D1 a D14 dell’allegato B alla parte quarta del d.lgs. n. 152 del 2006;

–  stoccaggi o raggruppamenti di rifiuti comunque denominati, intermedi tra due o più fasi di trattamento, svolte nell’ambito del medesimo impianto di gestione dei rifiuti;

– stoccaggi di rifiuti prodotti all’esito del trattamento, in attesa o già sottoposti all’eventuale caratterizzazione, per il successivo avvio verso le opportune destinazioni finali.

Come per altro rilevato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, nei lavori di approfondimento delle tematiche inerenti il fenomeno degli incendi negli impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti, l’elevato impegno di risorse richiesto da un incendio presso impianti di gestione e trattamento di rifiuti, in termini di operazioni di spegnimento da parte dei vigili del fuoco, di interventi di tutela della popolazione, di monitoraggi ambientali e di investigazioni, “è tale da suggerire o imporre un investimento adeguato nella prevenzione, che sicuramente corrisponde a un interesse non solo di tutela ambientale ma anche di migliore gestione delle risorse pubbliche” (pag. 96 della Relazione sul fenomeno degli incendi negli impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti).

In questo senso è stato definito il documento prot. 4064 del 15/03/18, già trasmesso a codeste Amministrazioni.

Tuttavia, alla luce di alcune pertinenti osservazioni presentate, questo Dicastero ha dato seguito al procedimento di revisione del suddetto documento, coinvolgendo opportunamente anche le amministrazioni regionali e le agenzie ambientali già interessate nella fase preliminare, al fine di addivenire ad un’ottimizzazione ed aggiornamento dei relativi contenuti.

La presente nota circolare, di carattere non cogente, annulla e sostituisce pertanto il documento prot. 4064 del 15/03/18.

1. Premessa

A seguito dei numerosi incendi che nell’ultimo periodo hanno interessato diversi impianti di gestione dei rifiuti, con conseguenti ripercussioni sulla gestione dell’intero sistema paese, è stato convenuto, in accordo con le Autorità territoriali e con gli Enti di controllo preposti, di individuare alcuni ambiti di approfondimento per la definizione di criteri operativi utili per una gestione ottimale degli stoccaggi negli impianti che gestiscono rifiuti. Occorre preliminarmente evidenziare che la valutazione del rischio nei luoghi di lavoro, compreso il rischio di incendio, è un obbligo che discende innanzi tutto dall’articolo 2087 del Codice Civile, che impone al datore di lavoro il dovere di adottare, anche dove manchi una specifica regola di prevenzione, le misure generiche di prudenza e diligenza, nonché tutte le cautele necessarie, secondo le norme tecniche e l’esperienza, a tutelare l’integrità fisica dei propri lavoratori.

Il legislatore nazionale ha poi delineato nel tempo l’apparato prescrittivo rivolto a specificare sotto il piano tecnico il criterio posto dall’art. 2087 sopra citato, per poi realizzare con il d.lgs. n. 81 del2008 il riassetto ed il coordinamento in un unico testo, armonizzato anche in attuazione delle numerose direttive comunitarie, delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Con specifico riferimento al rischio di incendio, il D.M. 10.03.1998 stabilisce, in attuazione al disposto dell’articolo 13, comma 1, del d.lgs. n. 626 del 1994, ora abrogato e sostituito dal d.lgs. n. 81 del 2008, i criteri per la valutazione dei rischi di incendio nei luoghi di lavoro e le misure di prevenzione e di protezione antincendio da adottare, al fine di ridurre l’insorgenza di un incendio e di limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi.

Posto il quadro normativo sopra indicato, e con specifico riferimento alle attività di gestione dei rifiuti, sono richiamati nel presente documento alcuni importanti concetti già ampliamente definiti nell’ambito delle linee-guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti in vigore, relative allo stoccaggio ed alla movimentazione dei rifiuti di cui al D.M. 29 gennaio 2007.

Pertanto, di seguito si elencano percorsi utili per la gestione delle situazioni critiche, da implementare a cura delle Autorità preposte, rimanendo comunque le norme vigenti in materia il primo riferimento anche ai fini del controllo.

2. Contesto autorizzativo degli stoccaggi dei rifiuti

Lo stoccaggio di rifiuti ai sensi dell’art. 183, lett. aa) del d.lgs. n. 152 del 2006, inteso sia come operazione di smaltimento (D15) sia come operazione di recupero (R13), può essere eseguito da un impianto autorizzato attraverso l’autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Titolo III – bis, Parte Seconda, del d.lgs. n. 152 del 2006, attraverso la procedura ordinaria ai sensi dell’art. 208 del medesimo decreto, ovvero, per la sola operazione di recupero, attraverso la procedura semplificata di cui all’art. 216 del d.lgs. n. 152 del 2006. La pluralità delle procedure amministrative previste dal legislatore nazionale, cui conseguono provvedimenti amministrativi espressi o taciti da parte delle differenti autorità competenti, può comportare una disomogenea applicazione delle modalità operative e delle buone pratiche comportamentali per una gestione ottimale e in sicurezza degli impianti ove vengono effettuati stoccaggi di rifiuti.

Ne consegue l’importanza della individuazione puntuale del contesto autorizzativo ed operativo di tali attività, ad utilizzo dei gestori, delle autorità competenti al rilascio degli atti autorizzativi, e delle autorità preposte ai controlli.

Per quanto sopra, e nelle more dell’emanazione delle linee guida sui contenuti minimi delle autorizzazioni rilasciate ai sensi degli artt. 208 e 216, prevista dall’art. 195, comma 1, lettera b-bis) del d.lgs. n. 152 del 2006, in cui potranno essere forniti gli ulteriori elementi necessari affinché lo stoccaggio dei rifiuti, inteso quale operazione principale svolta nell’ambito di un impianto di gestione rifiuti ovvero quale operazione intermedia della lavorazione dello stesso, possa risultare autorizzato su tutto il territorio nazionale con le stesse modalità, il presente documento individua alcuni elementi per la buona pratica di gestione degli stoccaggi.

Resta inteso che, qualora lo stoccaggio di rifiuti annoveri un’attività di cui all’allegato I al D.P.R. 151/2011, si dovrà dare corso agli obblighi previsti dal predetto decreto.

Nell’intero complesso devono, altresì, essere rispettate le disposizioni in materia di prevenzione incendi previste dal d.lgs. 81/08 e dalle regole tecniche di prevenzione incendi pertinenti.

3. Prestazione delle garanzie finanziarie

Con riferimento alle garanzie finanziarie di cui all’art. 208, comma 11, lett. g), del d.lgs. n. 152 del 2006, è necessario osservare quanto segue.

È noto come la Corte costituzionale, da ultimo con sent. n. 67 del 2014, abbia ricondotto il tema delle garanzie finanziarie alla competenza esclusiva statale in tema di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (art. 117, comma secondo, lett. s), cui è possibile affiancare anche quella in materia di «ordinamento civile» (art. 117, comma secondo, lett. l). Non è dunque possibile, per le Regioni, esercitare le proprie funzioni normative sul tema.

Nonostante ciò – nelle more della definizione del decreto ministeriale ex art. 195, comma 2, lett. g), del d.lgs. n. 152 del 2006 – è opportuno che le autorità competenti con riferimento alla funzione autorizzatoria esercitino la propria discrezionalità amministrativa tenendo conto dei rischi significativi per la salute e per l’ambiente connessi all’ipotesi di incendi in impianti di gestione rifiuti In particolare, risulta dunque opportuno che le autorità competenti ex art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 includano tra le «misure precauzionali e di sicurezza» che l’autorizzazione deve contenere in base al comma 11, lett. c), dell’articolo da ultimo citato, quelle concernenti il rischio di incendio correlato alle tipologie e quantitativi di rifiuti autorizzati. Ove effettivamente si proceda in tal senso consegue che – poiché ai sensi dell’art. 208, comma 11, il contenuto dell’autorizzazionedeve garantire l’attuazione dei principi «di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti» di cui all’art. 178 del d.lgs. n. 152 del 2006 – le garanzie finanziarie devono essere adeguate rispetto agli effettivi rischi di gestione individuate dall’autorità competente, e dunque nella definizione delle stesse quest’ultima, in base all’art. 208, comma 11, lett. g), del d.lgs. n. 152 del 2006, dovrà considerare anche le prescrizioni precauzionali riguardanti il rischio di incendi. Per quel che concerne specificamente gli impianti di discarica, inoltre, rileva l’art. 14 del d.lgs. n. 36 del 2003, ai sensi del quale «la garanzia per l’attivazione e la gestione operativa della discarica (…) assicura l’adempimento delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione»: tale disposizione avvalora ulteriormente, con specifico riferimento al tipo di impianti cui la stessa si applica, che la definizione delle garanzie finanziarie richieste operata dall’autorità competente in base all’art. 208, comma 11, lett. g), del d.lgs. n. 152 del 2006, deve considerare anche le prescrizioni precauzionali riguardanti il rischio di incendi individuate nell’autorizzazione.

Alla luce di quanto sopra osservato risulta dunque caldamente consigliato che le autorità competenti indichino le misure precauzionali e di sicurezza volte a prevenire il rischio di incendi nell’ambito dell’autorizzazione adottata exart. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006, e che la connessa garanzia finanziaria prestata dal richiedente sia commisurata, oltre che alla capacità autorizzata e alle tipologie dei rifiuti stoccati (pericolosi e non pericolosi), anche allo specifico rischio di incendio correlato alle tipologie di rifiuti autorizzati.

4. La prevenzione del rischio negli impianti di gestione dei rifiuti

L’attività svolta negli impianti di gestione dei rifiuti deve rispondere alla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché alle norme generali e specifiche di prevenzione degli incendi, che impongono al datore di lavoro di valutare tutti i rischi connessi all’esercizio dell’impianto, adottando le conseguenti misure di prevenzione e protezione.

In tale contesto, all’innesco di un incendio nell’ambito di un impianto, come al verificarsi di una qualunque emergenza, devono seguire tutte le opportune azioni previste nel piano di gestione dell’emergenza, anche in conseguenza dei possibili rischi di natura chimico-biologica.

Tuttavia, prioritariamente alla corretta gestione della fase operativa dell’emergenza, occorre limitare il rischio di incendio riducendo sia la probabilità che l’incendio si verifichi sia le conseguenze che si avrebbero nel caso in cui non fosse possibile evitarne l’innesco; per questo assume grande importanza l’attività della prevenzione del rischio, attraverso:

– l’ottimizzazione delle misure organizzative e tecniche nell’ambito di ciascun impianto in cui vengono effettuati stoccaggi di rifiuti;

– l’adeguata informazione e formazione del personale che opera negli impianti;

– il controllo e il monitoraggio delle sorgenti di innesco e delle fonti di calore;

– l’adeguata manutenzione delle aree, dei mezzi d’opera e degli impianti tecnologici, nonché degli eventuali impianti di protezione antincendi.

Ovviamente la natura del rischio, e le conseguenti azioni di prevenzione da adottare, dipendono dalla tipologia di rifiuto e di attività che si svolgono all’interno di un determinato impianto. Analizzare le diverse casistiche esula dalle finalità del presente documento, che invece ha come scopo quello di definire in via generale le buone pratiche per una gestione ottimale degli impianti adibiti alla gestione dei rifiuti, e di fornire a tutte le autorità in grado di eseguire attività di controllo, adeguati strumenti anche per verifiche di tipo più speditivo.

Con riferimento all’ottimizzazione dell’organizzazione interna di un impianto, assume un ruolo determinante nella prevenzione dei rischi la predisposizione di una adeguata sistemazione della viabilità interna e degli spazi, di modo da differenziare le aree di accettazione in ingresso, le aree di stoccaggio e di lavoro; in tal modo, oltre a limitare l’incidenza dei rischi infortunistici, è possibile contribuire a mitigare altre tipologie di rischio o, quantomeno, a contenere i danni in caso di incendio, soprattutto se è prevista una vera e propria compartimentazione di tali aree.

In questo senso, differenziare in modo chiaro, con apposita segnaletica e cartellonistica, le aree destinate allo stoccaggio dei rifiuti per categorie omogenee, rappresenta un’azione di prevenzione fondamentale. La differenziazione delle aree destinate allo stoccaggio è necessaria anche per prevenire incidenti dovuti ad eventuali contatti tra sostanze tra loro incompatibili, e pertanto deve tenere conto anche della natura e della pericolosità dei rifiuti.

Inoltre, sempre in tema di un’organizzazione ottimale di un impianto, giova ricordare l’importanza di mantenere in ordine le suddette aree, rispettando le capacità massime di stoccaggio autorizzate, ed avendo cura di assicurare che la viabilità e gli accessi alle stesse siano sempre mantenuti sgomberi.

Con riferimento all’ottimizzazione delle tecniche comunemente adottate nella movimentazione e nello stoccaggio dei rifiuti, si evidenzia che occorre in primo luogo assicurare che i rifiuti vengano stoccati in sicurezza, prima di essere avviati ad una successiva fare di trattamento nell’ambito dello stesso impianto o in altri impianti terzi. In proposito, anche differenziare i rifiuti in base alla loro natura solida o liquida, si inserisce nel quadro generale dell’azione di prevenzione del rischio.

Mentre i rifiuti liquidi devono essere stoccati in serbatoi ovvero contenitori a norma, in possesso di adeguati requisiti di resistenza, in relazione alle proprietà chimico-fisiche ed alle caratteristiche di pericolosità dei rifiuti stessi, opportunamente etichettati e dotati dei sistemi di sicurezza, con particolare riferimento al posizionamento in bacini a tenuta per contenimento di eventuali sversamenti in fase di movimentazione dei contenitori o di rottura dei medesimi, i rifiuti di natura solida possono essere stoccati anche in cumuli di altezza variabile o in fosse.

Per quanto attiene agli stoccaggi di rifiuti in fossa, sebbene gli incendi in questi casi siano generalmente ritenuti poco frequenti, è comunque importante da parte dei gestori individuare procedure di intervento adeguate alla gravità dei singoli eventi, nonché le tecnologie più opportune alla prevenzione degli incendi che possono originarsi dalla eventuale combustione dei rifiuti.

Con riferimento all’adeguata informazione e formazione del personale che opera negli impianti di gestione dei rifiuti, si evidenzia che il personale di ogni livello nell’impianto di gestione dei rifiuti deve essere adeguatamente informato e formato, in ottemperanza agli artt. 36 e 37 del d.lgs. 81 del 2008. In particolare, in relazione al contrasto del rischio di incendio, deve essere posta particolare attenzione all’individuazione di un numero adeguato di lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza, che dovranno ricevere un’adeguata formazione e un aggiornamento periodico, secondo le indicazioni dell’art. 36 comma 9 del d.lgs. 81 del 2008.

Con riferimento al controllo ed al monitoraggio delle sorgenti di innesco (dirette, indirette ovvero attrito e autocombustione) e delle fonti di calore, è necessario che nella valutazione del rischio, il gestore dell’impianto individui le possibili cause e le condizioni che possono favorirne l’innesco, al fine di adottare idonee precauzioni allo sviluppo e propagazione dell’incendio.

Per evitare in particolare eventuali fenomeni di autocombustione, ovvero ridurre i rischi e gli eventuali danni conseguenti a possibili incendi o crolli, è opportuno garantire un’adeguata ventilazione degli ambienti laddove possibile, nonché limitare le altezze dei cumuli, ed assicurare che i quantitativi di rifiuti in ingresso all’impianto siano limitati a quelli autorizzati, ed effettivamente gestibili.

Risulta, infatti che, se i rifiuti vengono mantenuti entro livelli di temperatura e umidità appropriati per il relativo processo, i rischi di combustione spontanea possono essere limitati al minimo, in particolare laddove il trattamento avvenga all’aperto.

In relazione alle misure di protezione attiva, in aggiunta agli estintori portatili di adeguata capacità estinguente, che comunque devono essere sempre presenti, sarà valutato il posizionamento di estintori carrellati e la realizzazione di un impianto idrico antincendio e di altri impianti di spegnimento manuali e/o automatici.

Infine, con riferimento all’adeguata manutenzione delle aree, dei mezzi d’opera e degli impianti tecnologici, nonché degli eventuali impianti di protezione antincendi, è fondamentale che il gestore assicuri la regolare manutenzione delle aree, sia adibite agli stoccaggi sia all’eventuale trattamento dei rifiuti, nonché degli impianti tecnologici in base alle cadenze stabilite dal costruttore ovvero dalla legge, dei mezzi d’opera e degli eventuali impianti di protezione antincendi.

In particolare il gestore è tenuto ad effettuare regolari ispezioni e manutenzioni alle aree di stoccaggio dei rifiuti, compresi fusti, serbatoi e bacini di contenimento, prestando attenzione ad ogni segno di danneggiamento, deterioramento o perdita.

Tutte queste attività che caratterizzano nel loro insieme l’azione di prevenzione, possono essere inserite sotto forma di prescrizioni gestionali da richiamare negli atti autorizzativi o nelle autocertificazioni per l’inizio di attività, meglio analizzate nel successivo capitolo.

5. Prescrizioni generali da richiamare negli atti autorizzativi

Devono essere individuati i requisiti tecnici generali ed organizzativi obbligatori per tutti gli impianti che effettuano gestione dei rifiuti, nonché gli accorgimenti operativi cui i gestori devono attenersi per assicurare lo svolgimento delle attività in sicurezza.

Resta inteso che tali requisiti e accorgimenti possono anche differenziarsi in base alla tipologia di rifiuti e di trattamento eventualmente effettuato da ciascun impianto.

Spetta conseguentemente all’autorità competente la valutazione delle prescrizioni più appropriate da inserire negli atti autorizzativi di competenza. Laddove, invece, l’operatività di un impianto non sia subordinata ad un procedimento autorizzativo espresso, spetta comunque all’autorità competente l’adeguamento della modulistica di autocertificazione che il gestore dovrà presentare congiuntamente all’istanza di inizio attività.

5.1  Ubicazione degli impianti

In via generale, e fatti salvi gli eventuali impianti già esistenti e regolarmente autorizzati, gli impianti che effettuano gestione di rifiuti non devono essere ubicati in aree esondabili, instabili e alluvionabili, comprese nelle fasce A e B, corrispondenti alle classi di rischio molto elevato ed elevato, individuate nei piani di assetto idrogeologico, adottati ai sensi degli artt. 67 e 68 del d.lgs.n. 152 del 2006. E’ opportuno localizzare gli impianti secondo criteri che privilegiano zone per insediamenti industriali ed artigianali, aree industriali o di servizi dismesse, in accordo ai requisiti di compatibilità ambientale e in base alla disponibilità di un’adeguata rete viaria di collegamento, nel rispetto dei vincoli d’uso del territorio previsti dalle specifiche norme di settore.

5.2 Organizzazione e requisiti generali degli impianti in cui vengono effettuati stoccaggi di rifiuti

Gli impianti di gestione dei rifiuti devono possedere specifici requisiti di tipo tecnico-organizzativo, atti a garantire che le operazioni, con particolare riferimento a quelle di stoccaggio, avvengano nel rispetto delle misure di sicurezza.

La gestione dei rifiuti deve essere effettuata da personale edotto del rischio rappresentato dalla loro movimentazione e informato della pericolosità dei rifiuti; durante le operazioni gli addetti devono disporre di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI) in base al rischio valutato.

In via generale, le aree distinte da prevedere all’interno di tutti gli impianti che gestiscono rifiuti sono le seguenti:

– area dotata di una struttura ad uso ufficio per gli addetti alla gestione, in cui sono situati i servizi igienici per il personale;

– area di ricezione dei rifiuti, destinata alle operazioni di identificazione del soggetto conferitore ed alle operazioni obbligatorie di pesatura/misura per verifica dei quantitativi di rifiuti effettivamente conferiti;

– area destinata allo stoccaggio dei rifiuti per categorie omogenee, adeguata per i quantitativi di rifiuti gestiti, e dotata di superficie pavimentata, ovvero impermeabile laddove le caratteristiche del rifiuto lo richiedano, con una pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi in apposite canalette e in pozzetti di raccolta a tenuta, laddove l’area risulti dotata di copertura; in caso di stoccaggi all’aperto, le pendenze delle relative superfici convogliano ad apposita rete di raccolta delle acque meteoriche, con separazione delle acque di prima pioggia, da avviare all’impianto di trattamento e successivo scarico;

– area per il deposito dei rifiuti fermentescibili adeguatamente attrezzata al controllo della temperatura degli stessi (ad esempio ambiente ombreggiato evitando l’uso dei teli, umidificazione e rivoltamenti della massa dei rifiuti);

– adeguata separazione delle aree adibite allo stoccaggio delle diverse tipologie di rifiuti infiammabili;

– locale chiuso attrezzato e con idonei requisiti antincendio, ovvero area coperta dotata di una pavimentazione di adeguata resistenza ed impermeabile, da destinarsi alla raccolta e stoccaggio dei rifiuti pericolosi, dei rifiuti non pericolosi allo stato liquido, e in generale di tutti quei rifiuti il cui processo di recupero può risultare inficiato dall’azione degli agenti atmosferici o che possono rilasciare sostanze dannose per la salute dell’uomo o dell’ambiente;

– locale chiuso attrezzato, ovvero area destinata al trattamento dei rifiuti (laddove l’impianto non effettui solo raccolta e stoccaggio) adeguata allo svolgimento delle operazioni da effettuarvi e dotata di adeguata copertura, di superfici impermeabili di adeguata pendenza, di apposita rete di drenaggio e di raccolta dei reflui, nonché di opportuni sistemi di aspirazione e trattamento dell’aria e di monitoraggio; in casi specifici (come ad esempio per i rifiuti inerti da costruzione edemolizione) le autorità competenti possono autorizzare il trattamento dei rifiuti anche su aree prive di copertura, purché ciò non infici il trattamento stesso e siano adottate le più opportune prescrizioni di mitigazione degli impatti;

– area per il deposito delle sostanze da utilizzare per l’assorbimento dei liquidi in caso di sversamenti accidentali;

– adeguata viabilità interna per un’agevole movimentazione, anche in caso di emergenza;

– idonea recinzione lungo tutto il perimetro, opportunamente provvista di barriera esterna di protezione ambientale, realizzata in genere con siepi, alberature o schermi mobili etc. atti a limitare l’impatto anche visivo.

In tutte le aree, a seguito di valutazione del rischio di incendio, dovranno essere adottate le misure di prevenzione e di protezione necessarie, individuate dal datore di lavoro in conformità alle disposizioni vigenti.

È inoltre opportuno che in ogni impianto sia presente anche un’area d’emergenza, di dimensioni contenute e dotata degli opportuni presidi di sicurezza, destinata all’eventuale stoccaggio di rifiuti non conformi all’omologa di accettazione, risultati presenti in maniera accidentale e non verificabile all’atto del prelievo o dell’accettazione in impianto.

Le aree interessate dallo scarico, dalla movimentazione, dallo stoccaggio e dalle soste operative dei mezzi che intervengono a qualsiasi titolo sul rifiuto, devono essere impermeabilizzate e realizzate in modo tale da garantire la salvaguardia delle acque di falda e da facilitare la ripresa di possibili sversamenti. Le stesse devono altresì essere realizzate di modo da poter sopportare i carichi statici e dinamici derivanti all’esercizio, nonché resistere ad aggressioni chimiche e meccaniche particolari laddove opportuno, ed essere sottoposte a periodico controllo e ad eventuale manutenzione al fine di garantire nel tempo l’impermeabilità o l’integrità delle relative superfici. Nella pratica industriale le sopra citate prestazioni possono essere raggiunte trattando la superficie di calcestruzzo, nuova o esistente, con resine epossidiche o altri specifici rivestimenti in grado di conferire caratteristiche desiderate quali effetto antipolvere, impermeabilità ai liquidi, resistenza chimica, resistenza all’attrito e agli urti.

Per le aree che non necessitano, invece, del requisito di impermeabilizzazione, le autorità competenti possono consentire l’utilizzo di altri tipi di pavimentazione, come ad esempio il conglomerato bituminoso.

Le eventuali operazioni di lavaggio di autocisterne e container devono essere effettuate in apposita sezione attrezzata e le relative acque reflue devono essere gestite come rifiuto speciale.

Le aree utilizzate per lo stoccaggio dei rifiuti devono essere adeguatamente contrassegnate al fine di rendere nota la natura e la pericolosità dei rifiuti, devono inoltre essere apposte tabelle che riportino le norme di comportamento del personale addetto alle operazioni di stoccaggio; inoltre tali aree devono essere di norma opportunamente protette, mediante apposito sistema di canalizzazione, dall’azione delle acque meteoriche esterne; qualora, invece, i rifiuti siano soggetti a dilavamento da parte delle acque piovane, deve essere previsto un idoneo sistema di raccolta delle acque di percolamento, che vanno successivamente trattate nel caso siano contaminate o gestite come rifiuti.

Il lay-out dell’impianto deve essere ben visibile e riportato in più punti del sito.

Le operazioni di messa in riserva (R13) devono essere fisicamente separate dalle operazioni di deposito preliminare (D15).

I contenitori di rifiuti devono essere opportunamente contrassegnati con etichette o targhe riportanti la sigla di identificazione che deve essere utilizzata per la compilazione dei registri di carico e scarico.

I recipienti fissi e mobili devono essere provvisti di:

a) idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;

b) accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento;

c) mezzi di presa per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione.

I serbatoi per i rifiuti liquidi:

a) devono riportare una sigla di identificazione;

b) devono possedere sistemi di captazione degli eventuali sfiati, che devono essere inviati ad apposito sistema di abbattimento;

c) possono contenere un quantitativo massimo di rifiuti non superiore al 90% della capacità geometrica del singolo serbatoio;

d) devono essere provvisti di segnalatori di livello ed opportuni dispositivi anti- traboccamento; se dotati di tubazioni di troppo pieno, ammesse solo per gli stoccaggi di rifiuti non pericolosi, lo scarico deve essere convogliato in apposito bacino di contenimento;

e) non devono essere utilizzati serbatoi che abbiano superato il tempo massimo di utilizzo previsto in progetto, a meno che gli stessi non siano ispezionati ad intervalli regolari e che di tali ispezioni, sia mantenuta traccia scritta, la quale dimostri che essi continuano ad essere idonei all’utilizzo e che la loro struttura si mantiene integra;

f) le strutture di supporto dei serbatoi, le tubazioni, le manichette flessibili e le guarnizioni siano resistenti alle sostanze (e alle miscele di sostanze) che devono essere stoccate.

I serbatoi per rifiuti liquidi devono inoltre essere provvisti di un bacino di contenimento con un volume almeno pari al 100% del volume del singolo serbatoio che vi insiste o, nel caso di più serbatoi, almeno al 110% del volume del serbatoio avente volume maggiore.

Per i serbatoi di sostanze liquide infiammabili e/o combustibili eventualmente presenti si dovrà fare riferimento alle specifiche regole tecniche di prevenzione incendi.

In generale i recipienti, fissi e mobili, comprese le vasche ed i bacini, destinati a contenere rifiuti pericolosi devono possedere adeguati sistemi di resistenza, anche meccanica, in relazione alle caratteristiche di pericolosità dei rifiuti contenuti. I rifiuti incompatibili, suscettibili cioè di reagire pericolosamente tra di loro, dando luogo alla formazione di prodotti esplosivi, infiammabili e/o pericolosi, ovvero allo sviluppo di notevoli quantità di calore, devono essere stoccati in modo da non interagire tra di loro.

5.3 Impianti tecnologici e sistemi di protezione e sicurezza ambientale

In fase di progettazione, e di successivo esercizio, in tutti gli impianti che gestiscono rifiuti devono essere previsti:

–   impianto di videosorveglianza, preferibilmente con presidio h24, salvo casi particolari da valutare caso per caso;

–  impianti e dispositivi di protezione attiva antincendio, tra cui si annoverano anche i sistemi di rivelazione e allarme incendio, da realizzare in esito alla valutazione del rischio di incendio;

–   impianto di aspirazione e trattamento dell’aria afferente ai locali in cui si effettuano specifiche operazioni di trattamento sui rifiuti;

–   impianto per l’approvvigionamento e la distribuzione interna di acqua per serviziigienici, lavaggio piazzali, mezzi e contenitori;

–   impianto elettrico idoneo per ambienti ATEX (laddove necessario, in seguito alla valutazione del rischio) per l’alimentazione delle varie attrezzature presenti (quali ad esempio sistemi informatici, sistema di illuminazione, sistemi di videosorveglianza e di monitoraggio e controllo, sistemi di pesatura, contenitori auto compattanti, ….), realizzato in conformità alle norme vigenti;

–   sistemi di convogliamento delle acque meteoriche dotati di pozzetti per il drenaggio, vasche di raccolta e di decantazione, muniti di separatori per oli, e di separazione delle acque di prima pioggia adeguatamente dimensionati;

–  adeguato sistema di raccolta e di trattamento dei reflui, conformemente a quanto previsto dalla normativa vigente in materia ambientale e sanitaria;

–   impianto di illuminazione, anche di sicurezza, interna ed esterna, realizzato in conformità alle norme vigenti;

–   riscaldamento del locale ad uso ufficio realizzato in conformità alle normative vigenti;

–   allacciamento alla rete telefonica o altra modalità di comunicazione del personale in servizio

presso l’impianto con l’esterno (es. sistemi di telefonia mobile…);

–   impianto di produzione di acqua calda per i servizi igienici.

6. Modalità di gestione

In fase di esercizio, la responsabilità della gestione operativa dell’impianto è affidata ad un direttore tecnico, opportunamente formato ed in possesso dei necessari requisiti quali la laurea o il diploma in discipline tecnico-scientifiche, cui spettano i compiti di controllo a partire dalla fase di accettazione dei carichi nell’impianto, fino alla fase di trasporto all’eventuale successivo impianto di destinazione.

Si raccomanda che il direttore tecnico sia sempre presente in impianto durante l’orario di operatività dello stesso, assicurando, ovvero collaborando con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (laddove tali figure non siano coincidenti) affinché nella gestione operativa delle attività presso l’impianto sia data attuazione a tutte le disposizioni di sicurezza previste dalla norma specifica di settore.

In caso di motivati impedimenti alla presenza continua, come anche nel caso di impianti dotati di organizzazioni complesse, il direttore tecnico può avvalersi, per lo svolgimento delle proprie funzioni, anche di singoli responsabili, purché gli stessi siano in possesso delle conoscenze e dei requisiti allo svolgimento dell’incarico e ne sia garantito comunque il controllo.

6.1 Modalità e accorgimenti operativi e gestionali

In particolare, deve essere assicurata la verifica di quanto segue:

– prima della ricezione dei rifiuti all’impianto sia verificata l’accettabilità degli stessi mediantele

seguenti procedure:

a) sia acquisito il relativo formulario di identificazione e di idonea certificazione analitica riportante le caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti;

b) qualora si tratti di rifiuti non pericolosi per cui l’Allegato D alla Parte Quarta del d.lgs. n. 152/06 preveda un CER “voce a specchio” di analogo rifiuto pericoloso, lo stesso potrà essere accettato solo previa verifica della “non pericolosità”.

Qualora la verifica di accettabilità sia effettuata anche mediante analisi, la stessa deve essere eseguita per ogni conferimento di partite di rifiuti ad eccezione di quelle che provengono continuativamente da un ciclo tecnologico ben definito e conosciuto (singolo produttore); nel qual caso la verifica deve essere eseguita ad ogni variazione significativa del ciclo di origine o comunque con cadenza almeno annuale, salvo che nell’atto autorizzativo non sia specificata una cadenza superiore.

– in ingresso all’impianto siano accettati solo i carichi compatibili con la capacità autorizzata in termini di trattamento e stoccaggio;

– laddove la gestione dei rifiuti avvenga secondo le procedure semplificate di cui all’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006, le quantità massime dei rifiuti non pericolosi e pericolosi sottoposti ad operazioni di messa in riserva presso produttori, recuperatori e centri di stoccaggio intermedi, nelle more della adozione dei decreti di cui all’art. 214, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, rispettino quanto indicato rispettivamente all’art. 6 del D.M. 5 febbraio 1998 e dall’art. 4 del D.M.  n. 161 del 12 giugno 2002;

– sia comunicato, nei casi previsti, alla Provincia competente per territorio l’eventuale respingimento del carico di rifiuti entro e non oltre 24 ore, trasmettendo fotocopia del formulario di identificazione;

– le operazioni di scarico e di stoccaggio dei rifiuti siano condotte in modo da evitare emissioni diffuse. I rifiuti liquidi devono essere stoccati nei serbatoi ad essi dedicati, movimentati in circuito chiuso; non sono ammessi travasi da tubazioni “mobili”, salvo nei casi specifici espressamente autorizzati;

– la movimentazione e lo stoccaggio dei rifiuti, siano effettuate in condizioni di sicurezza, evitando:

a) la dispersione di materiale pulverulento nonché gli sversamenti al suolo diliquidi;

b) l’inquinamento di aria, acqua, suolo e sottosuolo, ed ogni danno a flora e fauna;

c) per quanto possibile, rumori e molestie olfattive;

d) di produrre degrado ambientale e paesaggistico;

e) il mancato rispetto delle norme igienico-sanitarie;

f) ogni danno o pericolo per la salute, l’incolumità, il benessere e la sicurezza della collettività;

– la movimentazione dei rifiuti all’interno dell’impianto avvenga nel rispetto degli opportuni accorgimenti atti a evitare dispersione di rifiuti e materiali vari, nonché lo sviluppo di polverie, in particolare:

a) i sistemi di trasporto di rifiuti soggetti a dispersione eolica devono essere carterizzati o provvisti di nebulizzazione;

b) i sistemi di trasporto di rifiuti liquidi devono essere provvisti di sistemi di pompaggio o mezzi idonei per fusti e cisternette;

c) i sistemi di trasporto di rifiuti fangosi devono essere scelti in base alla concentrazione di sostanza secca del fango stesso.

– siano adottate tutte le cautele per impedire il rilascio di fluidi pericolosi e non pericolosi, la formazione degli odori e la dispersione di aerosol e di polveri; al riguardo i contenitori in deposito (rifiuti) in attesa di trattamento, devono essere mantenuti chiusi;

– in caso di sversamenti accidentali la pulizia delle superfici interessate sia eseguita immediatamente, per quanto possibile a secco o con idonei materiali inerti assorbenti, qualora si tratti rispettivamente di materiali solidi o polverulenti o liquidi. I materiali derivanti dalle operazioni di pulizia devono essere adeguatamente smaltiti nel rispetto delle disposizioni di legge;

– i registri di carico e scarico siano tenuti in conformità a quanto stabilito dall’art. 190 del d.lgs. n. 152 del 2006 e nel rispetto delle indicazioni del competente Ente gestore del catasto;

– i rifiuti da sottoporre a eventuale trattamento all’interno dell’impianto, ovvero da avviare a impianti terzi, siano contraddistinti da un codice C.E.R., in base alla provenienza ed alle caratteristiche del rifiuto stesso e siano stoccati per categorie omogenee nelle rispettive aree dedicate dell’impianto, nel rispetto delle prescrizioni di legge e alle modalità indicate negli atti autorizzativi, per evitare incidenti dovuti alla possibile reazione di sostanze tra loro incompatibili e come misura per prevenire l’aggravarsi di eventuali eventi accidentali;

– nella fase di abbancamento dei rifiuti nelle aree dedicate dell’impianto, non vengano effettuate miscelazioni se non quelle consentite dalla legge, ai sensi dell’art. 187 del d.lgs. n. 152 del 2006, ed autorizzate. In tal caso, è necessario che le operazioni di miscelazione siano effettuate nel rispetto delle norme relative alla sicurezza dei lavoratori, evitando rischi dovuti ad eventuali incompatibilità delle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti, ovvero alla formazione di gas tossici e reazioni esotermiche; le stesse non dovranno altresì pregiudicare l’efficacia del successivo trattamento, né tanto meno la sicurezza di tale trattamento;

– qualora lo stoccaggio dei rifiuti avvenga in cumuli, le altezze di abbancamento siano commisurate alla tipologia di rifiuto per garantirne la stabilità; ai fini della sicurezza, è opportuno limitare le altezze di abbancamento a 3 metri; le autorità competenti potranno comunque autorizzare altezze superiori, entro gli eventuali limiti previsti dalle eventuali specifiche norme di riferimento, purchè ciò sia compatibile con la sicurezza e la stabilità dei cumuli, nonché con la capacità gestionale del singolo impianto;

– i fusti e le cisternette contenenti i rifiuti non devono essere sovrapposti per più di 3 piani ed il loro stoccaggio deve essere ordinato, prevedendo appositi corridoi d’ispezione per consentire il passaggio di personale e mezzi anche al fine di evitare la propagazione di eventuali incendi e facilitare le operazioni di spegnimento;

– i rifiuti infiammabili siano stoccati in conformità con quanto previsto dalla normativa vigente in materia;

– le superfici scolanti siano mantenute in idonee condizioni di pulizia, tali da limitare l’inquinamento delle acque meteoriche e delle acque di lavaggio delle aree esterne;

– sia effettuata, almeno semestralmente, la periodica pulizia/manutenzione dei manufatti di sedimentazione e di disoleazione e della rete di raccolta delle acque meteoriche;

– la viabilità e la relativa segnaletica all’interno dell’impianto sia adeguatamente mantenuta, e la circolazione opportunamente regolamentata;

– gli accessi a tutte le aree di stoccaggio siano sempre mantenuti sgomberi, in modo tale da agevolare le movimentazioni;

– la recinzione e la barriera esterna di protezione ambientale siano adeguatamente mantenute, avendo cura di tagliare le erbe infestanti e di rimuovere eventuali rifiuti accumulati per effetto eolico o anche altre cause;

– i macchinari, gli impianti e mezzi d’opera siano in possesso delle certificazioni di legge e oggetto di periodica manutenzione secondo le cadenze prescritte;

– ove presenti, gli impianti di spegnimento fissi dell’incendio siano manutenuti a regola d’arte;

– il personale operativo nell’impianto sia formato e dotato delle attrezzature e dei sistemi di protezione specifici in base alle lavorazioni svolte;

– tutti gli impianti siano oggetto di verifica e controllo periodico, per assicurarne la piena efficienza.

Si evidenzia, infine, che le operazioni di stoccaggio sono in generale finalizzate alla costituzione di idonee partite sia per tipologia che, soprattutto, per quantità destinate al trasporto presso impianti che effettuano le successive operazioni di recupero/smaltimento.
Lasciare che lo stoccaggio sia procrastinabile all’infinito non può che ingenerare rischi di:
a)  abbandono del cumulo di rifiuti per aumento nel tempo dei costi di gestione non adeguatamente coperti dagli introiti;
b)  aumento della possibilità che si inneschino reazioni che modifichino la natura del rifiuto, del suo pericolo intrinseco o che intacchino l’integrità del contenitore.
Si rappresenta pertanto l’opportunità che le autorizzazioni individuino, ai sensi dell’art. 208, comma 11, lett. c), del d.lgs. n. 152 del 2006, termini temporali massimi ragionevoli per le operazioni di stoccaggio nonché che le stesse rechino indicazioni sulla capacità massima di stoccaggio istantanea.
Peraltro la mera operazione di stoccaggio non può dare origine a rifiuti di natura e/o CER diversi e pertanto i tempi di sosta sono facilmente verificabili attraverso i registri di carico e scarico.
A tal riguardo, con riferimento alle tempistiche di stoccaggio dei rifiuti ed alla loro successiva destinazione, si precisa che:
–  i rifiuti non pericolosi sui quali viene operata la messa in riserva (R13) vanno destinati ad impianti di recupero di terzi preferibilmente entro sei (6) mesi dalla data di accettazione degli stessi nell’impianto. In ogni caso, per gli impianti in procedura semplificata ai sensi del D.M.  5 febbraio 1998 la messa in riserva di rifiuti non deve mai superare il termine massimo di dodici (12) mesi dalla data di accettazione nell’impianto; detto termine massimo può essere applicato in sede autorizzativa da parte delle autorità competenti anche agli impianti in procedura ordinaria o AIA;
–  i rifiuti pericolosi sui quali viene operata la messa in riserva (R13), secondo le procedure semplificate di cui al D.M. n. 161/2002, devono essere avviati a recupero entro il termine massimo di sei (6) mesi dalla data di accettazione degli stessi nell’impianto; detto termine massimo può essere applicato in sede autorizzativa da parte delle autorità competenti anche agli impianti in procedura ordinaria o AIA;
–  i rifiuti sui quali viene operato il deposito preliminare (D15) devono essere avviati alle successive operazioni di smaltimento entro massimo dodici (12) mesi dalla data di  accettazione degli stessi nell’impianto, in virtù di quanto indicato all’art. 2, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 36 del 2003;
–  i rifiuti in uscita dall’impianto, accompagnati dal formulario  di identificazione,  devono  essere conferiti a soggetti autorizzati per il recupero o lo smaltimento finale, escludendoulteriori passaggi ad impianti di stoccaggio, se non strettamente collegati agli impianti di recupero di cui ai punti da R1 a R12 dell’allegato C relativo alla Parte Quarta del d.lgs. n. 152 del 2006 o agli impianti di smaltimento di cui ai punti da D1 a D14 dell’allegato B relativo alla Parte Quarta del d.lgs. n. 152 del 2006. Per impianto strettamente collegato si intende un impianto dal quale, per motivi tecnico/commerciali, devono necessariamente transitare i rifiuti perché gli stessi possano accedere all’impianto di recupero/smaltimento finale.

6.2 Gestione delle emergenze

Qualora si verifichi un incidente, ovvero un incendio, devono essere avviate con la massima tempestività tutte le attività previste nel piano di emergenza appositamente redatto.
In particolare si evidenzia che l’art. 26-bis del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, come convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2018, n. 132, ha introdotto l’obbligo per i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti,  esistenti  o  di  nuova costruzione,  di  predisporre uno specifico piano di emergenza interna, da riesaminare e se necessario aggiornare secondo le cadenze ivi specificate, allo scopo di:
a)   controllare e  circoscrivere  gli   incidenti    in    modo    da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l’ambiente e per ibeni;
b)  mettere in  atto  le misure  necessarieper    proteggere    la    salute umana e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti;
c)  informare adeguatamente i lavoratori e i servizi di emergenza e le autorità localicompetenti;
d)  provvedere al ripristino e al disinquinamento dell’ambiente dopo un incidente rilevante.
A tal riguardo si evidenzia che il piano di emergenza è già uno strumento obbligatorio per i luoghi di lavoro in cui sono impiegati più di 10 lavoratori, ai sensi dell’art. 5 del DM 10/3/1998. La legge n. 132 del 2018 ne prevede la predisposizione per tutti gli impianti esistenti, ovvero l’adeguamento con il recepimento dei contenuti indicati dall’art. 26 bis, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 1 dicembre 2018, n. 132.
Si raccomanda inoltre a tutti i gestori di trasmettere al prefetto competente per territorio le necessarie informazioni per l’elaborazione del piano di emergenza esterna agli impianti.

7. Controlli ambientali

L’attività di controllo riveste necessariamente il ruolo fondamentale di assicurare che la gestione dei rifiuti avvenga nel rispetto dei criteri di protezione ambientale stabiliti dal legislatore.
Come rilevato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, la natura degli impianti e la tipologia di attività in essi svolte, richiederebbero un’azione di prevenzione coordinata sia nella fase autorizzativa a monte, sia nella fase di esercizio, attraverso controlli documentali e fisici presso gli impianti (pag. 96 della Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli incendi negli impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti).
L’esecuzione dei controlli presso gli impianti deve essere effettuata da personale adeguatamente formato ed auspicabilmente effettuata da squadre in grado di adempiere al maggior numero di attività richieste nel caso specifico, in maniera da realizzare un processo virtuoso che sviluppi la collaborazione tra tutte le strutture dell’Agenzia regionale/provinciale, finalizzata all’effettivo coordinamento tra tutte le forze ispettive con competenze sui controlli ambientali.
Come noto, ISPRA e le Agenzie ambientali del sistema regionale svolgono attività di controllo nell’ambito degli impianti sottoposti ad Autorizzazione Integrata Ambientale nazionale e regionale, mentre le Province svolgono i controlli sugli impianti autorizzati ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Tuttavia, come rilevato dalla stessa Commissione parlamentare d’inchiesta (pag. 95 della Relazione) le possibili cause dell’aumento dei fenomeni di incendio negli impianti che gestiscono rifiuti possono essere riconducibili anche a:
–  una fragilità degli impianti, spesso non dotati di sistemi adeguati di sorveglianza e controllo;
– la rarefazione dei controlli sulla gestione che portano a situazioni di sovraccarico degli impianti e quindi di incrementato pericolo diincendio;
– la possibilità, determinata da congiunture nazionali e internazionali, di sovraccarico di materia non gestibile, che quindi dà luogo a incendi dolosi “liberatori”.
Ed è per tale motivo che si rende quanto mai opportuna una “adeguata programmazione di controlli, anche con gli strumenti pianificatori riservati al Sistema nazionale di protezione ambientale ai sensi della legge n. 132 del 2016 che tenga in debito conto la complessa realtà dell’impiantistica allargando lo sguardo agli impianti apparentemente minori ma potenzialmente a rischio.”(pag. 97 della Relazione)
Per quanto concerne gli impianti al di fuori dell’A.I.A., è pertanto essenziale definire una strategia che assicuri una maglia di controlli sinergici e non ridondanti.
In tal senso, è fondamentale agire in stretto coordinamento con altri organismi deputati al controllo, quali il Comando dei Vigili del fuoco, per gli aspetti di propria competenza, i Dipartimenti di prevenzione delle ASL, il Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, la Polizia di Stato, il Corpo della Guardia di Finanza, i Corpi di Polizia municipale e provinciale ecc…
Anche al fine di agevolare le attività di controllo che qualunque autorità di polizia giudiziaria può svolgere sul territorio, occorre definire una scheda esemplificativa, ove comprendere anche tutte quelle verifiche di tipo visivo e speditivo che consentono già ad un primo esame di valutare la regolarità di un impianto ed in particolare quantomeno: la verifica dei quantitativi in deposito rispetto a quelli autorizzati ed a quelli riportati sul registro di carico e scarico, il rispetto delle aree di stoccaggio e la coerenza dei rifiuti ivi previsti, la eventuale presenza di tracce di sversamento, la presenza dei presidi antincendio (vedi scheda allegata).
Qualora nel corso dei controlli svolti a qualsiasi titolo e da qualsiasi organo di Polizia Giudiziaria si verifichi la presenza di quantitativi di rifiuti in stoccaggio superiori a quelli autorizzati, ovvero modalità di gestione dei rifiuti non conformi alle norme di sicurezza antincendio, alle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro, ed alle disposizioni indicate nei provvedimenti autorizzativi, ne sarà data tempestiva notizia all’Autorità competente che procederà con le opportune conseguenti azioni.
E’ infine importante evidenziare che, oltre agli stoccaggi non conformi agli standard delle procedure semplificate o alle prescrizioni indicate negli atti autorizzativi, esistono sul territorio anche depositi temporanei cd. irregolari, condotti nell’inosservanza delle previsioni di cui all’art. 183, lett. bb), del d.lgs. n. 152 del 2006, piuttosto che depositi incontrollati o abbandoni di rifiuti presso strutture anche dismesse o all’aperto, esposti a rischio di sviluppo di incendi.
In tali casi, proprio per prevenire possibili conseguenze per l’ambiente e la popolazione, è opportuno che l’azione di controllo venga estesa, ai sensi dell’art. 255 e 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, anche agli abbandoni di rifiuti ed alle attività di gestione di rifiuti non autorizzate.
In questo senso è fondamentale il ruolo che rivestono anche Province e Comuni nell’ambito del controllo del proprio territorio e patrimonio, con lo scopo di prevenire l’insorgere di fenomeni illeciti, o quanto meno di non aggravare le eventuali situazioni di criticità già esistenti, allo scopo di scongiurare l’eventuale sviluppo di incendi o di altre criticitàambientali.
Per consentire all’autorità giudiziaria di eseguire tutte le opportune indagini investigative atte ad accertare l’eventuale natura dolosa o colposa dell’evento, al verificarsi di un eventuale incendio presso impianti o siti di stoccaggio di rifiuti, a seguito di tutte le necessarie attività di spegnimento e di gestione dell’emergenza, è necessario che le notizie di reato pervengano alle procure territorialmente competenti tempestivamente ed in forma utile, in conformità alle disposizioni dell’art. 347 del C.P.P.

Scarica il pdf il testo del provvedimento: circolare Min. Amb. n. 1121-2019