D. LGS. 205/2010: LA RIFORMA DEL SISTEMA DI GESTIONE DEI RIFIUTI IN RELAZIONE ALLA DIRETTIVA 2008/98/CE

In data 10 dicembre 2010 è stato pubblicato il d. lgs. 3 dicembre 2010 n. 205 (in G.U. n.288 del 10 dicembre 2010 – Suppl. Ord. n. 269. Entrata in vigore: 25 dicembre 2010), recante “Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”.

Tale decreto apporta una serie di modifiche al Testo Unico Ambientale di cui al d. lgs. 152/2006 in relazione alla Parte Quarta del decreto citato riguardante la gestione dei rifiuti, con esclusione della parte riguardante le bonifiche dei siti inquinati.

Viene ribadito che “La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse“.

Di seguito elenchiamo i punti salienti della riforma.

GERARCHIA DEI RIFIUTI

L’art. 179 stabilisce i “criteri di priorità nella gestione dei rifiuti” secondo la seguente gerarchia:

  1. prevenzione
  2. preparazione per il riutilizzo
  3. riciclaggio
  4. recupero di altro tipo
  5. smaltimento

La gerarchia stabilisce quindi un ordine di priorità diretto a costituire la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

RESPONSABILITA’ ESTESA DEL PRODUTTORE

L’art. 178 bis introduce la responsabilità estesa del produttore:

Il sistema di gestione dei rifiuti rende astrattamente corresponsabili sia il produttore sia il detentore della gestione in modo da garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana. In termini più generali, viene introdotto un principio di corresponsabilità di tutti
i soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti, dal momento della produzione a quello del loro definitivo smaltimento/recupero.Tale principio comporta un dovere di controllo e di verifica di ogni soggetto sugli altri soggetti coinvolti, con un vero e proprio obbligo di vigilanza sulla corretta gestione dei rifiuti in capo ad ogni soggetto interessato dalla catena gestionale.

L‘art. 188 prescrive  che il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti debbano provvedere direttamente al loro trattamento, oppure li consegnano ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti,nel rispetto delle disposizioni generali in tema di gestione dei rifiuti (cfr. art. 177 e 179). Il produttore iniziale o altro detentore conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento, restando inteso che qualora il produttore iniziale o il detentore trasferisca i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari di cui al presente comma, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste.

Inoltre, al di fuori dei casi di concorso di persone nel fatto illecito e di quanto previsto dal Reg. CE n. 1013/2006 in tema di spedizioni transfrontaliere, la responsabilità è limitata alla rispettiva sfera di competenza qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore
siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui ex art. 188-bis, comma 2, lettera a), nonchè la responsabilità è esclusa, per i soggetti non iscritti al SISTRI che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, in 2 casi:
a) a seguito del conferimento di rifiuti al servizio pubblico di raccolta previa convenzione;
b) a seguito del conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il produttore sia in possesso del formulario di cui all’articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla Provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla Regione.

LE NUOVE DEFINIZIONI

L’art. 183 introduce nuove definizioni giuridiche:

a) “rifiuto“: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi;
b) “rifiuto pericoloso“: rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato I della Parte quarta del presente decreto;
c) “oli usati“: qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici;
d) “rifiuto organico” rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato;
e) “autocompostaggio“: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto;
f) “produttore di rifiuti“: il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti;
g): “produttore del prodotto“: qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti;
h) “detentore“: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso;
i) “commerciante“: qualsiasi impresa che agisce in qualità di committente, al fine di acquistare e successivamente vendere rifiuti, compresi i commercianti che non prendono materialmente possesso dei rifiuti;
l) “intermediario” qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti;
m) “prevenzione“: misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventi rifiuto che riducono:

1) la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei prodotti o l’estensione del loro ciclo di vita;

2) gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la salute umana;

3) il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti;
n) “gestione“: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediario;
o) “raccolta“: il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera “mm”, ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento;
p) “raccolta differenziata“: la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico;
q) “preparazione per il riutilizzo“: le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;
r) “riutilizzo“: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
s) “trattamento“: operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento;
t) “recupero“: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato C della Parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;
u) “riciclaggio“: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento;
v) “rigenerazione degli oli usati” qualsiasi operazione di riciclaggio che permetta di produrre oli di base mediante una raffinazione degli oli usati, che comporti in particolare la separazione dei contaminanti, dei prodotti di ossidazione e degli additivi contenuti in tali oli;
z) “smaltimento“: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla Parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento;
aa) “stoccaggio“: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell’allegato B alla Parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell’allegato C alla medesima Parte quarta;
bb) “deposito temporaneo“: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:

1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (Ce) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;

5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo;

cc) “combustibile solido secondario (Css)“: il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CeN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l’applicazione dell’articolo 184-ter, il combustibile solido secondario, è classificato come rifiuto speciale;
dd) “rifiuto biostabilizzato“: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico dei rifiuti indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e,
in particolare, a definirne i gradi di qualità;
ee) “compost di qualità“: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni;
ff) “digestato di qualità“: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
gg) “emissioni“: le emissioni in atmosfera di cui all’articolo 268, comma 1, lettera b);
hh) “scarichi idrici“: le immissioni di acque reflue di cui all’articolo 74, comma 1, lettera ff);
ii) “inquinamento atmosferico“: ogni modifica atmosferica di cui all’articolo 268, comma 1, lettera a);
ll) “gestione integrata dei rifiuti“: il complesso delle attività, ivi compresa quella di spazzamento delle strade come definita alla lettera oo), volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti;
mm) “centro di raccolta“: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di
recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata , di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
nn) “migliori tecniche disponibili“: le migliori tecniche disponibili quali definite all’articolo 5, comma 1, lettera l-ter) del presente decreto;
oo) “spazzamento delle strade“: modalità di raccolta dei rifiuti mediante operazione di pulizia delle strade, aree pubbliche e aree private ad uso pubblico escluse le operazioni di sgombero della neve dalla sede stradale e sue pertinenze, effettuate al solo scopo di garantire la loro
fruibilità e la sicurezza del transito;
pp) “circuito organizzato di raccolta“: sistema di raccolta di specifiche tipologie di rifiuti organizzato dai Consorzi di cui ai titoli II e III della Parte quarta del presente decreto e alla normativa settoriale, o organizzato sulla base di un accordo di programma stipulato tra la pubblica amministrazione ed associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, o loro articolazioni territoriali, oppure sulla base di una convenzione-quadro stipulata tra le medesime associazioni ed i responsabili della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, dalla quale risulti la destinazione definitiva dei rifiuti. All’accordo di programma o alla convenzione-quadro deve seguire la stipula di un contratto di servizio tra il singolo produttore ed il gestore della piattaforma di conferimento, o dell’impresa di trasporto dei rifiuti, in attuazione del predetto accordo o della predetta convenzione;
qq) “sottoprodotto“: qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184— bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2.

 LA NOZIONE DI SOTTOPRODOTTO

L’art. 184 bis stabilisce 4 criteri per i quali un materiale sia da considerarsi sottoprodotto e non rifiuti:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

L’END OF WASTE – CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO

L’art. 184 ter introduce la nozione di “end of waste”, che determina la cessazione dalla qualifica del rifiuto quando lo stesso, sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, soddisfi i criteri specifici *, da adottare nel rispetto di 4 condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

* Tali criteri sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

In ogni caso, la disciplina in materia di gestione dei rifiuti resta da applicarsi fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

LE ESCLUSIONI ALLA PARTE QUARTA DEL D. LGS. 152/2006.

L’art. 185 riformulato esclude dall’applicazione della Parte Quarta del d. lgs. 152/2006 i seguenti campi:

a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell’atmosfera;
b) il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto in tema di bonifica di siti contaminati (cfr. artt. 239 e ss.);
c) il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato;
d) i rifiuti radioattivi;
e) i materiali esplosivi in disuso;
f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana.

Inoltre sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte quarta del d. lgs. 152/2006, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento, le seguenti materie:
a) le acque di scarico;
b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (Ce) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio;
c) le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (Ce) n. 1774/2002;
d) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al d. lgs. 30 maggio 2008, n. 117.

Inoltre, fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall’ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all’interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque e dei corsi d’acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccità o ripristino dei suoli se è provato che i sedimenti non sono pericolosi ai sensi della decisione 2000/532/Ce della Commissione del 3 maggio 2000, e successive modificazioni.

Infine, il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184-bis e 184-ter.

IL DIVIETO DI MISCELAZIONE DEI RIFIUTI

L’art. 187 prescrive il divieto generico di miscelazione dei rifiuti, nonchè l’ulteriore divieto di miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. Come concetto, l’attività di miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

In deroga, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a 3 condizioni:
a) che siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 177, comma 4, e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;
b) che l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;
c) che l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’articoli 183, comma 1, lettera nn).

Inoltre, chiunque violi i divieti di miscelazione è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 177, comma 4 del d. lgs. 152/2006.

IL SISTEMA DI TRACCIABILITA’ DEI RIFIUTI (SISTRI)

E’ stato introdotto l’art. 188 bis, il quale stabilisce in primo luogo che la tracciabilità dei rifiuti deve essere garantita dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale.

Tale gestione deve avvenire secondo 2 criteri:

1) applicazione del sistema SISTRI (‘art. 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009);

2) rispetto degli obblighi sulla tenuta dei registri di carico e scarico (art. 190) e formulari di identificazione dei rifiuti (art. 193).

Chi aderisce al SISTRI non è tenuto ad adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all’articolo 193. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati
dalla copia cartacea della scheda di movimentazione prevista dal SISTRI. Il registro cronologico e le schede di movimentazione sono
resi disponibili all’autorità di controllo in qualsiasi momento ne faccia richiesta e sono conservate in formato elettronico da Parte del soggetto obbligato per almeno tre anni dalla rispettiva data di registrazione o di movimentazione dei rifiuti, ad eccezione dei quelli relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell’attività devono essere consegnati all’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione. Per gli impianti di discarica, fermo restando quanto disposto dal d. lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, il registro cronologico deve essere conservato fino al termine della fase di gestione post operativa della discarica.

Chi non aderisce al SISTRI deve invece adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all’articolo 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti nella misura stabilita dall’articolo 193.

 I SOGGETTI TENUTI ALL’ADESIONE AL SISTRI

L’art. 188 ter individua due categorie di soggetti:

I soggetti obbligati ad aderire al sistema SISTRI

a) gli enti e le imprese produttori di rifiuti speciali pericolosi — ivi compresi quelli di cui all’articolo 212, comma 8;
b) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) con più di dieci dipendenti, nonché le imprese e gli enti che effettuano operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti e che producano per effetto di tale attività rifiuti non pericolosi, indipendentemente dal numero di dipendenti;
c) i commercianti e gli intermediari di rifiuti;
d) i consorzi istituiti per il recupero o il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti che organizzano la gestione di tali rifiuti per conto dei consorziati;
e) le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero o smaltimento di rifiuti;
f) gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali a titolo professionale. Nel caso di trasporto navale, l’armatore o il noleggiatore che effettuano il trasporto o il raccomandatario marittimo di cui alla legge 4 aprile 1977, n. 135, delegato per gli adempimenti relativi al Sistri dall’armatore o noleggiatore medesimi;
g) in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da Parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto;

Son inoltre tenuti ad aderire i Comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della Regione Campania.

I soggetti che possono aderire al sistema SISTRI su base volontaria
a) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g) che non hanno più di dieci dipendenti;
b) gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti speciali non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8;
c) gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del Codice civile che producono rifiuti speciali non pericolosi;
d) le imprese e gli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività diverse da quelle di cui all’articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g);
e) i Comuni, i centri di raccolta e le imprese di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel territorio di Regioni diverse dalla Regione Campania.

I REGISTRI DI CARICO E SCARICO

L’art. 190 prescrive che i soggetti non aderenti su base volontaria al SISTRI hanno l’obbligo di tenere un registro di carico e scarico su cui devono annotare le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti. Le annotazioni devono essere effettuate almeno entro 10 giorni lavorativi dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo.

I registri di carico e scarico sono numerati, vidimati (dalle Camere di Commercio territorialmente competenti) e gestiti con le procedure e le modalità fissate dalla normativa sui registri Iva, e sono tenuti presso ogni impianto di produzione o, se ciò sia troppo oneroso, nel sito di produzione, e integrati con i formulari di identificazione  relativi al trasporto dei rifiuti, o con la copia della scheda SISTRI, trasmessa dall’impianto di destinazione dei rifiuti stessi, e vanno conservati per 5 anni dalla data dell’ultima registrazione.

Le informazioni sui registri vanno esibite immediatamente all’autorità richiedente.

I FORMULARI DI IDENTIFICAZIONE DEI RIFIUTI (FIR)

L’art. 193 prescrive che gli enti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, e che non aderiscono su base volontaria al SISTRI, devono accompagnare i rifiuti con il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR).

Esso deve almeno contenere:
a) nome ed indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore;
b) origine, tipologia e quantità del rifiuto;
c) impianto di destinazione;
d) data e percorso dell’istradamento;
e) nome ed indirizzo del destinatario.

Il FIR devono essere numerati e vidimati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti e devono essere annotati sul registro Iva acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria. Il FIR va redatto in 4 esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore dei rifiuti e controfirmate dal trasportatore che in tal modo dà atto di aver ricevuto i rifiuti. 1 copia del formulario deve rimanere presso il produttore e le altre 3, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite 1 dal destinatario e 2 dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al predetto produttore dei rifiuti. Le copie del formulario devono essere conservate per 5 anni.

Il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nella Scheda Sistri – Area movimentazione o nel FIR dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.

Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia di imballaggio e etichettatura delle sostanze pericolose.

Le disposizioni in tema di tenuta del FIR non si applicano:

– al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico;

– ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario **, che non eccedano la quantità di 30 kg o 30 Lt;

– al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri di raccolta di cui all’articolo
183, comma 1, lettera mm).

* Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l’anno non  eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l’anno.

Per quanto inerente il contenuto del FIR, si applica il d.m. ambiente 1° aprile 1998 n. 145 – CONTENUTO FIR.

Per le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi che non aderiscono su base volontaria SISTRI, il FIR è validamente
sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all’articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa su territorio nazionale.

Per chi utilizza fanghi di depurazione in agricoltura, la scheda di accompagnamento del d. lgs. 27 gennaio 1992 n. 99:

– se non aderisce al SISTRI su base volontaria, è sostituita dal FIR

– se aderisce al SISTRI, è sostituita dalla Scheda Sistri – Area movimentazione di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009.

Le specifiche informazioni di cui all’allegato IIIA del d. lgs. n. 99/92 devono essere indicate nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda Sistri – Area movimentazione o nel formulario di identificazione.

La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto ai fini della Parte quarta del presente decreto.

La microraccolta dei rifiuti, intesa come la raccolta di rifiuti da Parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori svolta con lo stesso automezzo, deve essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile. Nelle schede SISTRI, relative alla movimentazione dei rifiuti, e nei FIR devono essere indicate, nello spazio relativo al percorso, tutte le tappe intermedie previste. Nel caso in cui il percorso dovesse subire delle variazioni, nello spazio relativo alle annotazioni deve essere indicato a cura del trasportatore il percorso realmente effettuato.

Gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo, ivi compreso quelle effettuate con cassoni e dispositivi scarrabili non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera v), purché le stesse siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, escludendo dal computo i giorni interdetti alla circolazione.

Nel caso di trasporto intermodale di rifiuti, le attività di carico e scarico, di trasbordo, nonché le soste tecniche all’interno dei porti e degli scali ferroviari, degli interporti, impianti di terminalizzazione e scali merci non rientrano nelle attività di stoccaggio di cui all’articolo 183, comma 1, lettera aa) purché siano effettuate nel più breve tempo possibile e non superino comunque, salvo impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore, il termine massimo di 6 giorni a decorrere dalla data in cui hanno avuto inizio predette attività. Ove si prospetti l’impossibilità del rispetto del predetto termine per caso fortuito o per forza maggiore, il detentore del rifiuto ha l’obbligo di darne indicazione nello spazio relativo alle annotazioni della medesima Scheda Sistri – Area movimentazione e informare, senza indugio e comunque prima della scadenza del predetto termine, il comune e la Provincia territorialmente competente indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione. Ferme restando le competenze degli organi di controllo, il detentore del rifiuto dovrà adottare, senza indugio e a propri costi e spese, tutte le iniziative opportune per prevenire eventuali pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana. La decorrenza del termine massimo di sei giorni resta sospesa durante il periodo in cui perduri l’impossibilità per caso fortuito o per forza maggiore. In caso di persistente impossibilità per caso fortuito o per forza
maggiore per un periodo superiore a 30 giorni a decorrere dalla data in cui ha avuto inizio l’attività di cui al primo periodo del presente comma, il detentore del rifiuto sarà obbligato a conferire, a propri costi e spese, i rifiuti ad un intermediario, ad un commerciante, ad un ente o impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti, o ad un soggetto pubblico o privato addetto alla raccolta dei rifiuti, in conformità alle regole generali (ex art. 177 e 179).

La copia cartacea della scheda SISTRI e il FIR costituisce documentazione equipollente alla scheda di trasporto di cui all’articolo 7-bis del d. lgs. 21 novembre 2005, n. 286 e al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 30 giugno 2009.

 

Scarica il testo del provvedimento: d. lgs. 3 dicembre 2010 n. 205

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