DEPENALIZZAZIONE REATI – IL D. LGS. 15 GENNAIO 2016 N. 7

Con la pubblicazione del d. lgs. 15 gennaio 2016 n. 7 (in G.U. Serie Generale n.17 del 22 gennaio 2016, in vigore dal 6 febbraio 2016) sono state introdotte alcune novità che comportano la depenalizzazione di alcune tipologie di reati precedentemente inseriti nel codice penale.

L’abrogazione riguarda i seguenti delitti:

– 485 c.p.: falsità in scrittura privata;

– 486 c.p.: falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato;

– 489, comma 2 c.p.: uso di atto falso;

– 490, comma 2 c.p.: soppressione, distruzione e occultamento di atti veri;

– 594 c.p.: ingiuria;

– 627 c.p.: sottrazione di cose comuni;

– 647 c.p.: appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito.

Il testo del decreto legislativo de quo riguarda anche ulteriori articoli del codice penale che vengono sostituiti dalle nuove disposizioni, e nella specie

– art. 488 c.p.

– art. 490, comma 1 c.p.;

– art. 491 c.p.;

– art. 491-bis c.p.;

– art. 493-bis c.p.;

– art. 596 c.p.;

– art. 635 c.p.;

– art. 635-bis c.p., comma 2 c.p.;

– art. 635-ter, comma 3 c.p.;

– art. 635-quater c.p.;

– art. 635-quinquies, comma 3 c.p. .

A seguito della depenalizzazione delle tipologie di reati sopra descritti, la tutela assicurata dall’ordinamento diviene esclusivamente di matrice civilistica: sarà pertanto necessario rivolgersi ad un giudice al fine di ottenere il risarcimento dei danni invocati per la condotta illecita civilmente. I fatti -ex tipologie di reati- di riferimento, se dolosi, obbligano, oltre che alle restituzioni ed al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile di importo proporzionale da 100 euro a 8.000 euro. La locuzione “se dolosi” implica il riferimento alla disciplina civilistica del dolo extracontrattuale, che si verifica quando un soggetto compie un’azione ovvero un’omissione allo scopo di danneggiare un altro soggetto e a cui ocnsegue l’obbligo di risarcimento del danno ingiusto provocato ex art. 2043 c.c.

Il termine di prescrizione per la richiesta di risarcimento del danno è determinato ex art. 2947 c.c. in 5 anni dal giorno della verificazione del fatto illecito.

L’importo della sanzione pecuniaria sarà determinato dal giudice tenendo conto di alcuni criteri:

a) gravità della violazione;

b) reiterazione dell’illecito;

c) arricchimento del soggetto responsabile;

d) opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze dell’illecito;

e) personalità dell’agente;

f) condizioni economiche dell’agente.

Si parla di reiterazione in caso di nuova commissione di illecito civile entro 4 anni dalla precedente commissione, di altra violazione della stessa indole ed accertata con provvedimento esecutivo.

E’ previsto anche il concorso di persone nell’illecito civile: ognuno soggiace alla pena prevista dalla sanzione pecuniaria di riferimento.

Le sanzioni sono applicate dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno, il quale decide sull’applicazione della sanzione civile pecuniaria in caso di accoglimento della domanda risarcitoria della persona offesa. non è però possibile applicare la sanzione pecuniaria civile qualora l’atto introduttivo della causa di risarcimento sia stato notificato ex art. 143 c.p.c. (notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti), a meno che il convenuto non si sia costituito in giudizio o risulti con certezza che abbia avuto comunque notizia del processo.

I termini e le modalità di pagamento delle sanzioni pecuniarie civili, devoluto alla CAssa delle Ammende, saranno definiti entro 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo de quo dal Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Sarà inoltre possibile la rateizzazione della somma in questione da parte del condannato in rate mensili da 2 a 8, con ciascuna rata non inferiore a 50 euro; il mancato pagamento di una sola rata determinerà la decadenza rateale con la riscossione per l’intero. Il condannato in ogni caso potrà estinguere in ogni momento la somma prescritta in un’unica soluzione. L’obbligo di pagamento della sanzione pecuniaria civile inoltre ha carattere strettamente personale in quanto non si trasmette agli eredi e non può essere oggetto di copertura assicurativa.

Importante considerare che le disposizioni in tema di sanzioni pecuniarie civili si applicanoanche ai fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, salvo che nel procedimento penale di riferimento sia già stato definito con sentenza o decreto divenuti irrevocabili. Qualora invece i procedimenti penali siano stati già definiti, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza o il decreto dichiarando che i fatti non costituiscono più reato e adotta i provvedimenti conseguenti, con l’sservanza delle disposizioni dell’art. 667 comma 4 c.p.p. .

Ma chi viene attribuita la competenza per la causa di risarcimento danni derivante da illecito civile? La nuova normativa non ne fa menzione, non avendo previsto alcuna modifica delle competenze attribuite agli organi giurisdizionali. Pertanto, di fatto, è lasciato margine di scelta da parte dell’attore alla devoluzione della controversia al giudice di pace piuttosto che al tribunale civile, e ciò in particolar riferimento alla competenza per valore. L’art. 7 del c.p.c. in tema di competenza del giudice di pace indica il limite di valore per cause riguardanti beni mobili (come definiti dall’art. 812, comma 2 c.c.) in euro 5.000,00= (escluso il risarcimento del danno prodotto da natanti e veicoli sino a euro 20.000,00=), con competenza da parte del tribunale per ogni valore superiore. L’art. 14 c.p.c. inoltre precisa, in relazione alle cause relative a somme di danaro e a beni mobili, che il valore sia determinato in base alla somma indicata o al valore dichiarato dall’attore, e che in mancanza di tali indicazioni o dichiarazioni, la causa si presuma di competenza del giudice adito. E’ possibile però contestare, nel primo atto difensivo, tale attribuzione di valore, nel qual caso il giudice decide in via sommaria sulla propria competenza alla luce di quanto risultante dagli atti di causa e senza un’istruzione probatoria, quindi basandosi sugli atti depositati (atto di citazione e comparsa di costituzione e risposta); se il convenuto invece non contesta il valore dichiarato o presunto, esso rimane fissato anche agli effetti del merito nella competenza del giudice adito. Va da sè che, non essendo stati indicati criteri predefiniti per attribuzione di valore ad un risarcimento del danno, se non per quanto strettamente inerente le sanzioni pecuniarie civili da devolvere alla Cassa delle Ammende, sarà lasciato all’interpretazione del giudice adito la quantificazione dell’ammontare della somma risarcitoria. Il relativo margine di discrezionalità premenzionato si riverbera anche nella sfera squisitamente processuale allorquando si consideri che, in caso di scelta del giudice di pace, non sarà chiaramente possibile richiedere una somma maggiore della competenza del valore di riferimento (sino a euro 5.000,00=); inoltre, vi è da considerare che, in caso di citazione avanti il giudice di pace, sarà competente in appello il Tribunale Civile in funzione monocratica, mentre in caso di proposizione di causa avanti il Tribunale Civile, sarà competente in sede di appello la Corte d’Appello civile, con tutte le conseguenze del caso in tema di durata dei procedimenti civili di riferimento, che, ovviamente, andranno tenuti debitamente in conto sia per quanto riguarda la durata degli stessi, sia per quanto riguarda i costi da sostenere da parte del cittadino.

Una menzione particolare merita la tristissima decisione di depenalizzare, oltre ai reati in tema di falsità sopra descritti nonchè di ingiuria, la modifica del testo del reato di danneggiamento ex art. 635 c.p., il quale, nella sua attuale formulazione, viene profondamente modificato con conseguenze a nostro avviso aberranti che di seguito spieghiamo.

La precedente formulazione dell’art. 635 c.p. così prevedeva:

“Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a trecentonove euro.
La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso:
1) con violenza alla persona o con minaccia;
2) da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di sciopero, ovvero in occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e 333;
3) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto, o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici ovvero su immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati, o su altre delle cose indicate nel numero 7 dell’articolo 625;
4) sopra opere destinate all’irrigazione;
5) sopra piante di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento;
5-bis) sopra attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive.
Peri reati di cui al secondo comma, la sospensione condizionale della pena è subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna“.

L’odierno testo di legge invece è il seguente:

“Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall’articolo 331, e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Alla stessa pena soggiace chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili le seguenti cose altrui: 1. edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto o cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o immobili compresi nel perimetro dei centri storici, ovvero immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati o altre delle cose indicate nel numero 7) dell’articolo 625; 2. opere destinate all’irrigazione; 3. piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o boschi, selve o foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento; 4. attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive. Per i reati di cui al primo e al secondo comma, la sospensione condizionale della pena e’ subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attivita’ non retribuita a favore della collettivita’ per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalita’ indicate dal giudice nella sentenza di condanna”.

Leggi il testo integrale del provvedimento: D. lgs. 15 gennaio 2016 n. 7

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