Diritto all’informazione ambientale, formulari rifiuti e verifica della correttezza dell’operato dell’impresa concorrente.

TAR Sicilia (CT), Sez. III, sentenza n. 2936 del 14 novembre 2016 (ud. del 2 novembre 2016)
Pres. Guzzardi, Est. Boscarino
Diritto all’informazione ambientale e formulari rifiuti. D. lgs. 19 agosto 2005 n. 195. Legge 7 agosto 1990 n. 241.

I formulari rientrano nella nozione di notizia di carattere ambientale ed una impresa del settore ben può difendere le proprie aspettative di stipula di futuri contratti di appalto anche mediante la verifica della correttezza dell’operato dell’impresa concorrente in atto esecutrice della fornitura.

 

TAR Sicilia (CT) Sez. III, sentenza n.2936 del 14 novembre 2016

N. 02936/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00550/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 550 del 2016, proposto da:
Commerciale Sicula S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Vinciprova C.F. VNCVCN70S14C342U, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Regina Bianca 121;

contro

Comune di Capo D’Orlando, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Mazzone C.F. MZZGNN75H14I199K, con domicilio eletto presso l’avv. Alessandro Alfio Santangelo in Catania, via Giuseppe Simili, 63;

nei confronti di

Milae Servizi di La Rosa Ferdinando & C. S.n.c. non costituita in giudizio;

per la declaratoria di illegittimità

del provvedimento di rigetto trasmesso l’8 marzo 2016, da parte del Responsabile dell’Area Economico-Finanziaria del Comune di Capo D’Orlando, confermativo del provvedimento di rigetto formalizzato a mezzo pec del 15 febbraio 2016, da parte del Responsabile dell’Area Economico-Finanziaria del Comune di Capo D’Orlando rispetto all’istanza avanzata con nota del 13 gennaio 2016, cosi come precisata con successive pec ;

per l’accertamento

del diritto di accesso documentale in favore della ricorrente

e per la conseguente condanna

dell’Amministrazione resistente al rilascio di tutta la predetta documentazione.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Capo D’Orlando;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 novembre 2016 la dott.ssa Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente espone di operare, da oltre vent’anni, nel settore della locazione, pulizia e spurgo di bagni mobili ecologici, ove vigono disposizioni normative particolarmente stringenti in materia di gestione dei rifiuti e tracciabilità degli stessi, e di avere, sovente, subito la concorrenza sleale di altri competitors che, pur praticando prezzi più bassi nelle procedure di gara, effettuavano poi delle indebite economie nella fase esecutiva degli appalti, tramite la difettosa esecuzione delle prestazioni e l’omessa o non corretta gestione e tracciatura dei rifiuti.

La ricorrente precisa che la scoperta di tali fatti ed il conseguente esercizio del diritto di difesa è stato possibile anche grazie all’esercizio del diritto di accesso documentale ai sensi degli artt. 22 e seguenti della L. 241/1990 e della L.r. Sicilia 10/1991 (c.d. trasparenza amministrativa), oltre che, in relazione ai formulari di identificazione dei rifiuti, ai sensi del D. Lgs. 195/2005 (c.d. trasparenza amministrativa in materia ambientale).

La ricorrente, dopo aver precisato che la concorrenza sleale viene altresì acuita dal (frequente) mancato invito alle gare, espone ancora che, per gli anni dal 2012 al 2015, non è mai stata interpellata in relazione ad una serie di procedure selettive volte all’individuazione del contraente dell’appalto di locazione e pulizia-spurgo di bagni mobili da collocare nella cittadina di Capo D’Orlando, procedure puntualmente indicate in ricorso, della cui esistenza ha appreso casualmente.

La società ricorrente, venuta a conoscenza di tali affidamenti, formulava motivata istanza di accesso ai sensi e per gli effetti della L. 241/1990 (trasparenza amministrativa) e del D.Lgs. 195/2005 (trasparenza amministrativa ambientale), chiedendo di acquisire, in relazione ai su menzionati affidamenti, la seguente documentazione:

1) documenti comprovanti la consegna e l’inizio dei servizi svolti dalla ditta appaltatrice;

2) formulari di identificazione dei rifiuti che, a norma dell’art. 193 D.Lgs. 152/2006 e del DM Ambiente 145/1998, avrebbero dovuto emessi ad ogni intervento di pulizia-spurgo;

3) fatture presentate da Milae Medical;

4) provvedimenti di liquidazione;

5) mandati di pagamento.

Ciò al fine di acquisire documentazione utile per tutelare le posizioni giuridicamente rilevanti della società ricorrente, mediante la raccolta di materiale probatorio utile per l’esperimento e/o la prosecuzione di azioni legali, in sede penale ed in sede civile.

Seguiva uno scambio di corrispondenza in esito al quale l’Amministrazione, in data 15 febbraio 2016, comunicava un primo diniego all’accesso, adducendo il difetto di interesse concreto, diretto ed attuale in capo alla ricorrente, quanto ai documenti richiesti afferenti la fase di esecuzione contrattuale; in relazione ai formulari di identificazione dei rifiuti, adduceva che gli stessi non costituirebbero informazione ambientale e quindi non rientrerebbero nel campo di applicazione della normativa sulla trasparenza ambientale (D. Lgs. 195/2005).

Tale orientamento veniva riaffermato con il provvedimento di rigetto trasmesso l’8 marzo 2016.

Da qui il ricorso in epigrafe, volto ad ottenere, previa declaratoria di illegittimità del rifiuto, la condanna all’ostensione dei documenti.

Il Comune, costituitosi in giudizio, si oppone alla richiesta, invocando alcuni precedenti sfavorevoli alla ricorrente su analoghi ricorsi.

La ricorrente replica con memoria richiamando altre decisioni alla stessa favorevoli .

Infine, nella camera di consiglio del giorno 2 novembre 2016 il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Questa Sezione ritiene opportuno premettere di aver avuto occasione di occuparsi di un precedente contenzioso, instaurato dalla ricorrente contro altro Comune; con ricorso numero 2130/2015 la ricorrente esponeva di essere operatore nel settore della locazione, pulizia e spurgo di bagni mobili ecologici, e di subire, sovente, la concorrenza sleale di altre imprese che, praticando prezzi più bassi nelle procedure di gara, effettuano poi indebite economie nella fase esecutiva degli appalti, tramite la difettosa esecuzione delle prestazioni e l’omessa o non corretta gestione e tracciatura dei rifiuti. A seguito di un (precedente) giudizio relativo all’accesso documentale, parte ricorrente, avendo individuato numerose irregolarità commesse dalle ditte controinteressate nel corso dell’esecuzione di alcuni appalti, con il ricorso numero 2130/2015 impugnava sia il silenzio inadempimento mantenuto dall’Amm.ne sulle proprie istanze di adozione di misure consequenziali alle irregolarità dell’appalto di locazione e pulizia-spurgo di bagni mobili, sia alcune determine con le quali l’Amministrazione aveva asseverato la regolarità dell’appalto di locazione e pulizia-spurgo di bagni mobili.

Su tale contenzioso questa Sezione – dopo aver premesso che la vigilanza sulla buona esecuzione dei servizi pubblici affidati in appalto nonché circa il rispetto della normativa ambientale costituisce attività doverosa per la stazione appaltante, essendo oltretutto connaturata agli appalti pubblici non una semplice vigilanza generica, ma una sorveglianza specifica e diretta nell’esecuzione del servizio, quale elementare dovere d’ufficio, e che un’impresa di settore vanta una posizione qualificata a chiedere che la pubblica amministrazione adotti tutti i provvedimenti consequenziali a carico degli appaltatori risultati inadempienti nel corso dell’esecuzione di un contratto pubblico- ha concluso per l’ammissibilità di un’azione avverso il silenzio e l’inerzia mantenuti su istanze, quali quelle inoltrate ripetutamente dalla società ricorrente, volte a compulsare l’esercizio doveroso dell’attività di vigilanza di cui si è detto, accogliendo in parte il ricorso (relativamente all’obbligo di conclusione del procedimento) e rimettendo la causa sul ruolo ordinario per l’esame della richiesta di annullamento delle determine.

Il contenzioso sopra descritto dimostra in concreto quale sia l’interesse perseguito dalla odierna ricorrente mediante istanze di accesso quale quella il cui rigetto ha originato il ricorso in epigrafe.

Ciò detto, va rilevato che su ricorsi analoghi a quello in epigrafe, proposti contro varie pubbliche amministrazioni per ottenere l’ostensione di documenti del tutto simili a quelli richiesti con l’istanza di cui in narrativa, si registra una differenza di orientamenti tra le varie Sezioni di questo Tribunale, oltre che la sussistenza di alcuni precedenti di altro T.A.R. e del Consiglio di Stato, con una (complessiva) prevalenza di orientamenti favorevoli all’accesso documentale.

Infatti, oltre ai precedenti citati dalla ricorrente e dal Comune, va dato atto della sussistenza delle seguenti decisioni:

sentenza numero 2489/2016 della I Sezione di questo Tribunale amministrativo, con la quale il ricorso è stato respinto avendo la Sezione ritenuto che l’eventuale illegittimità degli affidamenti diretti del servizio di pulizia e spurgo di bagni mobili ecologici avrebbe dovuto essere fatta valere dalla Commerciale Sicula mediante tempestiva impugnazione dei relativi provvedimenti, non potendosi supplire a tale inerzia mediante la richiesta di documenti inerenti la gestione del rapporto contrattuale in essere tra il comune la controinteressata.

La stessa I sez, con dec. n.298/2015, ha accolto in parte analogo ricorso, limitatamente all’ostensione dei formulari di identificazione dei rifiuti, in quanto rientranti nella nozione di informazione ambientale di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 195 del 2005; mentre, con dec. n.57/2015, dato atto che, nelle more del giudizio, erano stati rilasciati i documenti richiesti, ha, in parte, dichiarato la cessazione della materia del contendere, e, per il resto, respinto il ricorso per genericità della richiesta.

La II Sezione, con decisione numero 1095/2016, ha accolto il ricorso con riferimento ai formulari; anche con sentenza numero 2746/2014 ha accolto il ricorso, motivando sulle ragioni che hanno indotto la Sezione a discostarsi dal precedente (negativo) del 2009 (citato anche nelle difese del Comune di Capo D’Orlando).

Si è altresì espresso favorevolmente alla ricorrente (su ricorsi proposti avverso dinieghi della Pres. C.M.) il T.A.R. Lazio, Sezione I, con le sentenze n. 32365/2010 (con espressa motivazione sul fatto che i formulari rientrano nella nozione di notizia di carattere ambientale), n. 2190 del 3 marzo 2009 e n. 13808 del 29 dicembre 2009, confermata da Cons. Stato, IV, dec. n. 2091/2010, ove, tra l’altro, si afferma che la ricorrente, impresa del settore, ben può difendere le proprie aspettative di stipula di futuri contratti di appalto anche mediante la verifica della correttezza dell’operato dell’impresa concorrente in atto esecutrice della fornitura.

Una volta chiarito il quadro dei precedenti che interessano la Commerciale Sicula S.r.l., il Collegio ritiene di esprimersi favorevolmente alle istanze della ricorrente.

In primo luogo, come condivisibilmente affermato dal Cons. Stato, con la richiamata dec. n. 2091/2010, poiché la società ricorrente chiede di prendere visione di documenti puntualmente indicati nei loro estremi essenziali, va escluso che si sia in presenza di una fattispecie di accesso preordinato ad un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione ovvero di carattere emulativo, in quanto la ricorrente “è una impresa del settore che ben può difendere le proprie aspettative di stipula di futuri contratti di appalto anche mediante la verifica della correttezza dell’operato dell’impresa concorrente in atto esecutrice della fornitura”.

Va altresì condiviso quanto affermato dalla II Sezione di questo T.A.R., con la richiamata sentenza 1095/2016, con riferimento alla richiesta di visione ed estrazione di copia dei formulari di identificazione dei rifiuti emessi, ex art. 193 del D.Lg.s. 152/2006 e DM Ambiente, ad ogni intervento di pulizia o spurgo, <in quanto ipotesi speciale (c.d. informazione ambientale) per la quale non solo non è necessario dimostrare un interesse qualificato, ma è altresì ammessa una forma di controllo dell’agere amministrativo. In tal senso, infatti, il già citato art. 3 del D.Lgs. n. 195/2005 secondo cui “L’autorità pubblica rende disponibile, secondo le disposizioni del presente decreto, l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”>.

Ma il Collegio ritiene meritevole di tutela anche l’interesse ad ottenere copia della documentazione afferente la consegna e l’inizio dei servizi nonché i provvedimenti di liquidazione, in linea con l’orientamento espresso dal TAR Lazio (sent. n. 13808 del 29 dicembre 2009 citata), che, dopo aver ricordato, in punto di fatto, che l’impresa non era stata invitata (dall’Amm.ne intimata) ad alcuna procedura selettiva per l’affidamento del servizio afferente il settore nel quale la medesima opera (così come nel caso in questione), e dopo aver affermato che in capo all’interessata è individuabile un interesse, a carattere personale e concreto, alla conoscenza degli atti amministrativi che possano aver determinato, in ragione del mancato invito a pubbliche procedure di selezione, o comunque a procedure negoziate, un pregiudizio nei confronti della posizione giuridica soggettiva che l’interessata medesima vanta, ha ritenuto sussistente l’interesse di parte ricorrente a conoscere le modalità di esecuzione di una commessa alla quale pur essa aspirava.

Non appare, invece, condivisibile l’orientamento espresso dalla I Sez. di questo TAR con la sentenza numero 2489/2016, con la quale analogo ricorso è stato respinto sulla base di uno specifico percorso argomentativo (secondo il quale, la ricorrente, non avendo, in precedenza, impugnato gli affidamenti, non avrebbe potuto, in seguito, rimediare con l’accesso): ebbene, questa Sezione, come sopra esposto, ha diretta cognizione del fatto che l’impresa, allorquando, a seguito di accesso, ha potuto prendere contezza dei formulari e degli altri documenti, allo scopo di acquisire la prova di (eventuali) irregolarità commesse da altri imprese nel corso dell’esecuzione degli appalti, ha così avuto la possibilità di intimare alle Amm.ni interessate di provvedere a revocare gli affidamenti e, stante l’inerzia, agire in giudizio (con esito favorevole) davanti questo tribunale (cfr. sentenza parziale numero 574/2016 di questa Sezione III).

Ciò dimostra in concreto l’utilità della documentazione in questione al fine di tutela della posizione di operatore del settore a fronte di affidamenti diretti ai quali (peraltro) non risulta che l’impresa sia stata invitata.

Infine, l’orientamento favorevole all’accesso, oltre che conforme ai precedenti giurisprudenziali sopra richiamati, appare anche maggiormente in linea con il favor per forme diffuso di controllo da parte dei cittadini espresso dal Legislatore con la recente revisione delle disposizioni in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle PP.AA.

Il Collegio ritiene invece che la richiesta di accesso non possa essere accolta con riferimento alle fatture presentate da Milae Medical ed ai mandati di pagamento, poiché, a fronte della possibilità che tali documenti contengano informazioni personali (ad esempio gli estremi dei conti bancari della ditta appaltatrice), non risulta dimostrato a quali fini tale documentazione sia necessaria per tutelare l’interesse di parte ricorrente per come sopra delineato e comunque la parte non ha compiutamente esplicitato perché non sia sufficiente l’acquisizione delle informazioni contenute nei provvedimenti di liquidazione.

Per tutto quanto argomentato il ricorso merita accoglimento nei limiti di cui sopra indicato e, per l’effetto, va ordinato all’Amministrazione intimata di esibire i documenti richiesti entro trenta giorni dalla comunicazione e/o notificazione, se anteriore, della presente sentenza.

Le spese, come per legge, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, così provvede:

1) annulla il provvedimento di rigetto impugnato;

2) accerta e dichiara il diritto della s.r.l. Commerciale Sicula all’accesso ai documenti indicati nell’istanza di cui in premesse numeri 1, 2 e 4;

3) ordina al Comune di Capo D’Orlando, in persona del legale rappresentante p.t., di esibire (anche mediante estrazione di copia) gli atti richiesti da parte ricorrente con l’istanza predetta (con le eccezioni di cui in parte motiva) nel termine di trenta giorni dalla comunicazione e/o notificazione, se anteriore, della presente sentenza.

Condanna il Comune di Capo D’Orlando a rifondere alla ricorrente spese ed onorari di giudizio, liquidati nella complessiva somma di euro 1.500,00, oltre accessori e rimborso del C.U.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 2 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Gabriella Guzzardi, Presidente

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Giuseppa Leggio, Consigliere