ECOREATI. Il conseguimento successivo dell’AIA non fa automaticamente venir meno il sequestro preventivo e non estingue i reati. Cassazione Penale n. 398/2023.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 398 del 10 gennaio 2023 (ud. del 1° dicembre 2022)

Pres. Ramacci, Est. Semeraro

Ecoreati. AIA. Conseguimento e rapporti con estinzione del reato e revoca del sequestro preventivo. Art. 29-bis d. lgs. n. 152/2006. Artt. 452-decies e 452-undecies c.p. .

La mera effettuazione del programma necessario all’ottenimento dell’autorizzazione integrata ambientale ex art. 29-bis d.lgs. n.152 del 2006 non determina l’estinzione dei reati e la sopravvenuta insussistenza del fumus boni iuris con conseguente necessità di revoca del sequestro preventivo. Il rilascio della citata autorizzazione non produce ex lege alcun effetto sui reati già commessi (in motivazione si è precisato che per il delitto è, infatti, previsto esclusivamente il ravvedimento operoso ex art. 452-decies cod. pen. e l’impossibilità di procedere alla confisca ex art. 452-undecies cod. pen. ove siano state realizzate la messa in sicurezza e, ove necessario, effettuate la bonifica ed il ripristino dello stato dei luoghi).

 

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 398 del 10 gennaio 2023 (ud. del 1° dicembre 2022)

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 12 luglio 2022 il Tribunale del Riesame di Vibo Valentia ha rigettato l’appello proposto da OMISSIS, quale legale rappresentante della OMISSIS s.r.l., avverso l’ordinanza del 8 giugno 2022 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vibo Valentia con la quale è stata rigettata l’istanza di revoca del sequestro preventivo dell’area industriale della società, disposto con decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vibo Valentia del 28 febbraio 2022.

All’indagato, nella qualità, sono contestati i reati ex artt. 452-bis cod. pen. e 256-bis, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato OMISSIS, nella qualità di legale rappresentante.

Con l’unico motivo si deduce il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 322-bis cod. proc. pen., 452-bis cod. pen. e 256-bis d.lgs. n. 152 del 2006.

Come evidenziato nell’istanza di dissequestro, in ragione dell’effettuazione del programma necessario ad ottenere l’Autorizzazione Integrata Ambientale ex art. 29 d.lgs. n. 152 del 2006, sarebbe venuto meno il fumus boni iuris del reato per la riduzione, al di sotto dei limiti previsti dal T.U. dell’ambiente degli agenti inquinanti. Sarebbe stato documentato che, a seguito di incarico conferito alla OMISSIS, unitamente alla nomina del tecnico responsabile per la normativa ambientale, la ditta OMISSIS avesse ottenuto le relazioni tecniche per l’Autorizzazione Integrata Ambientale con riferimento alle emissioni in atmosfera e allo scarico delle acque.

Il Giudice per le indagini preliminari avrebbe rigettato l’istanza in base alla relazione della Capitaneria di Porto. Il Tribunale del riesame avrebbe richiamato tale relazione senza valutare la documentazione depositata; avrebbe rigettato l’appello con una motivazione apparente fondata sull’assenza di Autorizzazione Integrata Ambientale, senza valutare le istanze, la memoria difensiva e la documentazione prodotta da cui emergerebbe l’eliminazione di ogni attività inquinante.
Sarebbe erronea la motivazione nella parte in cui, confermando l’annotazione della Polizia Giudiziaria, avrebbe ritenuto l’assenza di confronto tra i dati esistenti al momento del sequestro e quelli più recenti; non sarebbe stata valutata la realizzazione del programma per l’ottenimento della AIA e l’eliminazione delle condotte inquinanti.

Erronea sarebbe la valutazione contenuta nella relazione della Capitaneria di Porto sull’assenza di dati empirici recenti perché lo stabilimento era sotto sequestro ed inoperante da tempo.
Il Tribunale del riesame avrebbe omesso di confrontarsi anche con la richiesta finalizzata a consentire al ricorrente la ripresa dell’attività sotto il controllo della Procura della Repubblica, anche al fine di verificare la bontà delle osservazioni tecniche redatte su incarico della ditta OMISSIS.
Omessa sarebbe la motivazione anche con riferimento ai motivi di appello sugli errori metodologici commessi dalla Capitaneria di Porto sulla valutazione delle relazioni allegate alla richiesta di Autorizzazione Integrata Ambientale.

Il Tribunale del riesame, facendo riferimento al procedimento amministrativo diretto ad ottenere il titolo autorizzatorio, non avrebbe tenuto conto dell’autonomia tra i procedimenti e della circostanza che i presupposti per il mantenimento del sequestro possono essere totalmente differenti rispetto a quelli che deve valutare l’autorità amministrativa.

La motivazione sarebbe, altresì, in contrasto con la relazione tecnica depositata la quale, nella descrizione del processo produttivo, escluderebbe espressamente le attività di verniciatura e di zincatura, annoverate tra le lavorazioni esterne.

Sarebbe illogica la motivazione nella parte in cui avrebbe ritenuto che, anche laddove l’impianto fosse restituito, una parte delle attività inquinanti potrebbe essere svolta all’esterno degli stabilimenti, non emergendo elementi in senso contrario dal procedimento amministrativo ancora in corso.
Il Tribunale del riesame non avrebbe valutato che l’obiettivo del ricorrente è solo quello di ottenere un’autorizzazione per continuare ad esercitare la propria attività, non per inquinare.
Il motivo relativo all’assenza del titolo legittimante sotto il profilo urbanistico/edilizio non sarebbe stato valutato con il provvedimento impugnato.

L’assenza della motivazione riguarderebbe anche il motivo di appello sugli scarichi: sarebbe stato evidenziato che la legge distinguerebbe le acque di prima pioggia in acque di scarico di processo, che sono inquinanti, e le acque di scarico di dilavamento per le quali non sarebbe previsto alcun trattamento.
Dalle analisi allegate all’AUA ed al Corap emergerebbe che gli scarichi della OMISSIS non richiederebbero alcun trattamento; la polizia giudiziaria avrebbe intrepretato erroneamente il dato normativo avendo assimilato le acque di piazzale alle acque reflue scaricate da edifici od impianti.
Infine, in base alla nota del 13 maggio 2022, il vincolo avrebbe potuto essere rimosso per l’argine ed il letto del vicino torrente S. Anna; il Tribunale del riesame, pur dando atto delle indicazioni della Capitaneria di Porto, non avrebbe provveduto di conseguenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

1.1. Il sequestro preventivo è stato eseguito sull’area ove insiste lo stabilimento industriale della OMISSIS s.r.l., ritenendo sussistente il fumus dei reati ex art. 452-bis cod. pen. (inquinamento ambientale) e 256-bis, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, per avere bruciato i rifiuti (accertato in Porto Salvo il 24 febbraio 2022).

1.2. L’appello, e di conseguenza il ricorso per cassazione, nel richiedere la revoca del sequestro preventivo, partono da un presupposto del tutto errato in diritto (cfr. anche pag. 3 del ricorso): quello per cui la mera effettuazione del programma necessario all’ottenimento dell’autorizzazione integrata ambientale ex art. 29-bis d.lgs. n.152 del 2006 determinerebbe l’estinzione dei reati e la sopravvenuta insussistenza del fumus boni iuris (cfr. pag. 4 dell’appello), con conseguente necessità di revoca del sequestro preventivo.

Il rilascio della citata autorizzazione non produce ex lege alcun effetto sui reati già commessi ed oggetto della contestazione; per il delitto è, infatti, previsto esclusivamente il ravvedimento operoso ex art. 452-decies cod. pen. e l’impossibilità di procedere alla confisca ex art. 452-undecies cod. pen. ove siano state realizzate la messa in sicurezza e, ove necessario, effettuate la bonifica ed il ripristino dello stato dei luoghi.

1.3. Il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, per altro non ottenuta al momento della decisione dell’appello, è solo la condizione necessaria per poter operare legittimamente e per non commettere il reato ex art. 29-quattuordecies del d.lgs. n. 152 del 2006.

1.4. L’articolata motivazione del Tribunale del riesame non è apparente, come sostenuto nel ricorso per cassazione, perché fondata su un atto di Polizia giudiziaria, ed ha un chiaro percorso logico.
La motivazione è apparente solo quando è tale da rendere l’apparato argomentativo privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidonei a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.

Il ricorso deduce il vizio della motivazione per il travisamento della prova, quanto alla eliminazione delle condotte inquinanti, che non è deducibile ex art. 325 cod. proc. pen. che è limitato alla sola proposizione del vizio di violazione di legge.

1.5. Del tutto generico è, poi, il motivo laddove deduce l’omessa valutazione dei motivi di appello sugli errori metodologici che sarebbero stati commessi dalla Capitaneria di porto: non sono stati indicati i motivi di cui si sarebbe omessa la valutazione né l’incidenza dell’omissione sulla decisione.

1.6. Al di fuori dei limiti ex art. 325 cod. proc. pen. il ricorrente chiede alla Corte di effettuare l’analisi dei documenti prodotti dalla difesa.

1.7. Quanto, poi, alla prosecuzione dell’attività, il motivo è manifestamente infondato posto che non era stata rilasciata l’autorizzazione integrata ambientale al momento della pronuncia del provvedimento impugnato, necessaria ai fini dell’esercizio dell’attività.

1.8. Del tutto irrilevanti sono i profili urbanistico-edilizi, attesa la natura dei reati contestati, e le argomentazioni relative alla natura delle acque, posto che l’imputazione concerne esplicitamente le acque reflue industriali e non quelle di dilavamento.

1.9. Manifestamente infondato è il motivo laddove deduce che il Tribunale del riesame non avrebbe dissequestrato l’argine ed il letto del fiume, posto che l’istanza di dissequestro aveva ad oggetto l’area industriale.

2. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 01/12/2022.

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