GIURISPRUDENZA IN PILLOLE – RASSEGNA MAGGIO-GIUGNO 2017

FAMIGLIA E MINORI

Cass. civ., 5 giugno 2017 n. 13912

Il giudice italiano non è competente sulla richiesta di affido in via esclusiva proposta dal padre nei confronti della figlia minore, con doppia cittadinanza, che vive da anni con la mamma negli Stati Uniti.

Cass. civ., 1 giugno 2017 n. 13880

Non vi è disparità di trattamento tra la facoltà concessa alla donna di abortire o comunque di restare anonima dopo il parto e l’assenza per l’uomo che non voglia essere riconosciuto padre di un diritto a non sottoporsi al test del Dna.

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11536

I figli non sono legittimati ad impugnare il matrimonio del padre ultra ottantenne e destinatario di un provvedimento di amministratore di sostegno con la badante di 40 anni più giovane se non nel caso in cui il giudice tutelare abbia adottato uno specifico provvedimento che vieti le nozze e comunque soltanto se l’invalidazione è nell’interesse dell’amministrato.

SUCCESSIONI E DONAZIONI

Cass. civ., 30 maggio 2017 n. 13660

È soggetta a riduzione, secondo i criteri indicati negli articoli 555 e 559 del Cc, la donazione fatta a un legittimario dal defunto a valere in conto di legittima e per l’eventuale esubero sulla disponibile, con dispensa da collazione, non implicando tale clausola una volontà del de cuius diretta ad attribuire alla stessa liberalità un effetto preminente rispetto alle altre in caso di esercizio dell’azione di reintegrazione da parte degli altri legittimari lesi, secondo quanto invece stabilito per le disposizioni testamentarie dall’articolo 558, comma 2, del Cc, e rimanendo, pertanto, il medesimo donatario esposto alla riduzione per l’eccedenza rispetto alla sua porzione legittima.

Cass. civ., 30 maggio 2017 n. 13619

All’atto di scioglimento della comunione il possessore del cespite ereditario ha l’obbligo di rendere il conto in relazione ai frutti maturati prima della divisione, giacché il coerede che abbia goduto in via esclusiva dei beni ereditari è obbligato, per il fatto oggettivo della gestione, sia al rendiconto che a corrispondere i frutti agli altri eredi  a decorrere dalla data di apertura della successione (o dalla data posteriore in cui abbia acquisito il possesso dei beni stessi), senza che abbia rilievo la sua buona o mala fede. Il presupposto della resa dei conti è la gestione di affari altrui condotta da uno dei partecipanti, restando irrilevante, quanto al relativo obbligo, la condotta disinteressata del coerede escluso dal possesso.

LA PROPRIETA’ E I DIRITTI REALI

Cass. civ., 30 giugno 2017 n. 16268

La ristrutturazione radicale, consistente nell’aumento di volumetria dell’edificio o nello spostamento dell’immobile, soggiace alla disciplina delle distanze legali prevista per le nuove costruzioni.

Cass. civ., 8 giugno 2017 n. 14292

L’apparenza della servitù, senza la quale non è possibile la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, si identifica nell’oggettiva e permanente sussistenza di opere suscettibili di essere viste (anche se in concreto ignorate) che, per la loro struttura e consistenza, inequivocabilmente denuncino il peso imposto su un  fondo a favore dell’altro. Non è necessario che l’apparenza si estenda all’opera nel suo complesso, non essendo l’entità dell’opera che assume rilievo ma le opere stesse in quanto segno obiettivo e inequivoco della loro destinazione a una certa determinata servitù. Anche le tubature sotto il pavimento, dunque non immediatamente visibili e non conosciute dal proprietario dell’appartamento, possono integrare una «servitù apparente» costituita dall’originario proprietario («per destinazione del padre di famiglia»). Per cui non sono rimuovibili dal successivo acquirente dell’immobile.

Cass. civ., 10 maggio 2017 n. 11445

A norma dell’articolo 121, lettera c), del regio decreto n. 1775 del 1933, la costituzione di una servitù di elettrodotto conferisce al titolare di essa, utente della linea elettrica, la facoltà di tagliare i rami degli alberi che, trovandosi in prossimità dei conduttori aerei, possano, col movimento, con la caduta o altrimenti, causare corti circuiti o arrecare inconvenienti al servizio o danni alle condutture e agli impianti. Tale norma, che è posta anche a tutela dell’incolumità pubblica, intesa come incolumità degli addetti al servizio dell’elettrodotto e di tutte le persone le quali possano, per qualsiasi causa e in qualsiasi momento, entrare in contatto con l’elettrodotto, trova, pertanto, applicazione non soltanto con riguardo agli alberi del fondo servente bensì per tutti gli alberi che, ovunque piantati e a chiunque appartenenti, vengano in contatto con l’elettrodotto e determinino una situazione di pericolo.

COMUNIONE, CONDOMINIO E LOCAZIONI

Cass. civ., 22 giugno 2017 n. 15348

E’ pienamente legittima nel contratto di locazione la predeterminazione di un canone c.d. a scaletta.

Cass. civ., 13 giugno 2017 n. 14625

In tema di sfratto per morosità alla cui convalida l’intimato si sia opposto, qualora il giudice erroneamente – anziché adottare i provvedimenti di cui agli artt. 665 e 667 c.p.c. -, emetta senz’altro ordinanza di convalida, questa assume natura decisoria e contenuto sostanziale di sentenza e l’impugnazione deve essere proposta con l’appello.

Cass. civ., 9 giugno 2017 n. 14530

L’amministratore del condominio è l’unico referente dei pagamenti relativi agli obblighi assunti verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, di tal che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non sarebbe comunque idoneo a estinguere il debito pro quota dello stesso relativo ai contributi ex articolo 1123 del codice civile.

Cass. civ., 16 maggio 2017 n. 12018

All’atto della cessazione del rapporto di locazione non abitativa, in relazione alla quale il conduttore abbia diritto  alla corresponsione dell’indennità per perdita dell’avviamento commerciale, permangono a carico delle parti reciproci obblighi di natura contrattuale, quello di restituzione dell’immobile gravante sul conduttore e quello di versamento dell’indennità a carico del locatore, che si caratterizzano per la loro reciproca inesigibilità in difetto del contemporaneo adempimento a opera della controparte, con conseguente esclusione della mora del conduttore ex articolo 1591 del Cc e di quella del locatore ex articolo 1224 dello stesso codice, in quanto entrambi i rifiuti ad adempiere trovano titolo giustificativo nella legge. Pertanto, non può essere riconosciuto al locatore il risarcimento del danno da ritardo nella restituzione dell’immobile, qualora questo sia giustificato dal mancato pagamento dell’indennità o dalla mancata seria offerta (almeno non formale) della prestazione.

Cass. civ., 12 maggio 2017 n. 11783

La sospensione totale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore di pagare i canoni convenuti è legittima solo qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Atteso, infatti, che il principio inadimplenti non est adimplendum non può prescindere dall’osservanza di canoni di correttezza e buona fede (che permeano l’intera vicenda contrattuale), deve ribadirsi che qualora un conduttore abbia continuato a godere dell’immobile, pure in presenza di vizi, non è legittima la sospensione del pagamento del canone, perché tale comportamento non è proporzionale all’inadempimento del locatore ed è contrario a correttezza e buona fede.

Cass. civ., 12 maggio 2017 n. 11782

Qualora le opere di completamento dell’immobile locato costituiscono adempimento di un obbligo assunto dalla parte locatrice con il contratto di locazione, correttamente il giudice del merito esclude che l’anticipata risoluzione del rapporto per fatto imputabile allo stesso conduttore possa comportare la caducazione del titolo giustificativo  delle prestazione già eseguite (e legittimare, quindi, il conduttore a pretendere il corrispettivo delle opere eseguite).  Il contratto di locazione – quale contratto a esecuzione continuata – non è, infatti, venuto meno ab origine ma si è risolto con effetti ex nunc e, quindi, con salvezza delle prestazioni già eseguite, compresa quella afferente all’esecuzione delle opere.

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11484

I due terzi della spesa delle riparazioni o ricostruzioni del lastrico solare di uso esclusivo sono a carico non di tutti i condomini, in relazione alla proprietà delle parti comuni esistenti nella colonna d’aria sottostante, ma di coloro che siano proprietari individuali delle singole unità immobiliari comprese nella proiezione verticale del lastrico, alle quali pertanto, esso funge da copertura.

Cass. civ., 9 maggio 2017 n. 11235

In materia di locazione di immobili dell’edilizia residenziale pubblica l’unico titolo che abilita alla locazione è l’assegnazione. La morte dell’assegnatario di un alloggio, pertanto, non determina una successione nel rapporto locatizio, bensì la cessazione dell’assegnazione e il ritorno dell’alloggio nella disponibilità dell’ente assegnante.  Agli eredi dell’assegnatario non viene attribuito dalla legge un diritto di subentro automatico, ma è data facoltà di chiedere una nuova assegnazione in loro favore del medesimo bene, a titolo preferenziale – ai sensi dell’articolo 12 del Dpr n. 1035 del 1972 – sempre che sussistano le condizioni di carattere generale richieste dalla legge.

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Cass. civ., 28 giugno 2017 n. 16214

Il legale è tenuto a concordare il palmario con il proprio assistito in maniera scritta. Deve emergere cioè la presenza di un preciso accordo che preveda per l’appunto uno speciale compenso che il cliente corrisponde al proprio avvocato in aggiunta all’onorario per l’esito favorevole di una vertenza. In caso contrario il professionista che avanza una pretesa senza averne titolo ricade nella figura illecita del patto di quota lite.

Cass. civ., 14 giugno 2017 n. 14801

L’onorario dell’avvocato si computa sul valore della causa senza che possano essere eccepiti rapporti di amicizia tra il professionista (ormai deceduto) e il cliente in forza dei quali erano state concordate somme differenti.

Cass. civ., 8 giugno 2017 n. 14276

L’avvocato che indirizzi un proprio assistito presso un collega non autorizza quest’ultimo a pretendere la  liquidazione delle proprie competenze per l’assistenza giudiziale.

Cass. civ., 6 giugno 2017 n. 14004

In un contratto a prestazioni corrispettive, l’acquirente ha diritto di pagare il prezzo della merce acquistata senza l’interferenza di fattori aleatori estranei alla causa del negozio. Così, nella vendita di carburante, si dovrà tener conto dell’«aumento volumetrico degli idrocarburi, cui corrisponde una riduzione del peso specifico del prodotto,  procurato dalle variazioni delle temperatura esterna in dipendenza di eventi meteorologici.

Cass. civ., 31 maggio 2017 n. 13796

È legittimo il patto di non concorrenza che non preveda un corrispettivo, ove sia stato stipulato prima dell’entrata in vigore dell’articolo 1751-bis del Cc e anche se il contratto di agenzia cui si riferisce sia cessato successivamente; in mancanza di una disciplina transitoria, infatti, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo. Anche nel vigore della nuova disciplina, la naturale onerosità del patto di non concorrenza non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale.

Cass. civ., 31 maggio 2017 n. 13782

In tema di compravendita, i vizi redibitori e la mancanza di qualità, le cui azioni sono soggette ai termini di prescrizione e decadenza ex articolo 1495 del Cc, si distinguono dall’ipotesi di consegna di aliud pro alio, che dà luogo a un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale svincolata dai termini predetti e che ricorre quando il bene consegnato sia completamente diverso da quello venduto, perché appartenente a un genere differente da quello posto a base della decisione del compratore di effettuare l’acquisto, oppure presenti difetti che gli impediscono  di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti, facendola degradare in una sottospecie del tutto dissimile da quella dedotta in contratto.

Cass. civ., 12 maggio 2017 n. 11771

Al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie e urgenti, anche se comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabilità, da parte del comodatario stesso – che non è né possessore né terzo – dei principi di cui agli articoli 1150 e 936 del Cc.

Cass. civ., 9 maggio 2017 n. 11211

Per potersi configurare la violazione degli articoli 1362, 1363 e 1371 del Cc, non è sufficiente limitarsi a indicare le norme asseritamente violate, né una critica del risultato raggiunto dal giudice, mediante la contrapposizione di una diversa interpretazione. È obbligo per il ricorrente, infatti, richiamare e specificare per quale ragione giuridica la decisione impugnata sia in contrasto con la legge, precisando in qual modo e con quali considerazioni il giudice se  ne sia discostato. Il vizio della sentenza previsto dall’articolo 360, n. 3, del Cpc – in particolare – deve essere  dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’articolo 366, n. 4, del Cpc – non solo con l’indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche – e soprattutto – mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o  con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere il suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione. Deriva  da quanto precede, pertanto, che risulta inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle situazioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.

Cass. civ., 5 maggio 2017 n. 10910

Ha natura presuntivamente vessatoria la clausola contrattuale (nella specie contenuta nell’iscrizione a una scuola materna privata) che sanziona indiscriminatamente il recesso dell’allievo, assistito o meno da un giustificato motivo, per di più quando – come nel caso in esame – la somma dovuta dall’allievo nel caso di recesso, che viene sostanzialmente a integrare una penale – non trovi riscontro in analoga sanzione a carico del professionista. Una simile clausola, infatti, riserva implicitamente al professionista – che, in applicazione dei principi generali in materia contrattuale, risponde solo nel caso di recesso colpevole – un trattamento differenziato e migliore, in contrasto tra l’altro con l’articolo 1469-bis, n. 7, oggi corrispondente alla lettera g) dell’articolo 33 del Codice del consumo.

Cass. civ., 3 maggio 2017 n. 10722

l collegamento negoziale è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per messo di un singolo negozio, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti. Questi conservano una loro causa autonoma, ancorché ciascuno sia finalizzato a un’unica  regolamentazione dei reciproci interessi, sicché il vincolo di reciproca dipendenza non esclude che ciascuno di essi  si caratterizzi in funzione di una propria causa e mantenga una distinta individualità giuridica. Netta, peraltro, è la distinzione tra il collegamento funzionale e il collegamento solo occasionale. Il collegamento deve ritenersi meramente occasionale, quando le singole dichiarazioni – per quanto finanche casualmente riunite – siano poi strutturalmente e funzionalmente autonome e mantengano l’individualità propria di ciascun tipo negoziale  in cui esse si inquadrano, sicché la loro messa in relazione non influenza la disciplina dei singoli negozi in cui si sostanziano. Il collegamento è, invece, funzionale, quando i diversi e distinti negozi, cui le parti danno vita nell’esercizio della loro autonomia negoziale, pur conservando l’individualità propria di ciascun tipo, vengono concepiti e voluti come avvinti teleologicamente da un nesso di reciproca interdipendenza, per cui le vicende dell’uno debbano ripercuotersi sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia. Ai fini della qualificazione giuridica della situazione negoziale, per accertare l’esistenza, l’entità, la natura, le modalità e le conseguenze di un collegamento funzionale tra negozi realizzato dalle parti – comunque – occorre un accertamento del giudice di merito che passi attraverso l’interpretazione della volontà contrattuale e che, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità.

Cass. civ., 3 maggio 2017 n. 10708

Il contratto my way (che prevede l’acquisto di prodotti finanziari mediante un mutuo erogato dalla stessa banca che gestisce o emette quegli strumenti, poi costituiti in pegno a garanzia dell’eventuale mancato rimborso del finanziamento) non è meritevole di tutela ai sensi dell’articolo 1322, comma 2, del Cc, pur se caratterizzato dalla connessione di operazioni di finanziamento, investimento, mandato, deposito titoli, conto corrente bancario e assicurazione a garanzia del rimborso del finanziamento. Esso, infatti, pone l’alea dell’operazione in capo al solo risparmiatore, il quale, a fronte dell’obbligo di restituire le somme mutuate a un saggio d’interesse non tenue, non ha una certa prospettiva di lucro, al contrario della controparte bancaria. Deriva da quanto precede, pertanto, che la conseguente nullità deve essere dichiarata d’ufficio.

RESPONSABILITA’ CIVILE, DANNI E RISARCIMENTI

Cass. civ., 21 giugno 2017 n. 15349

Il consumatore non può pretendere il risarcimento per non aver potuto utilizzare la linea ad alta velocità internet, meglio conosciuta come Adsl.

Cass. civ., 13 giugno 2017 n. 14685

La banca non può segnalare un proprio cliente come cattivo pagatore quando non abbia inviato apposito preavviso.

Cass. civ., 31 maggio 2017 n. 13718

A seguito di un incidente stradale, l’eventuale danno da «fermo tecnico» del veicolo, per il tempo necessario alla riparazione, non può essere considerato in re ipsa, ma deve sempre essere dimostrato da colui che ne invoca il risarcimento.

Cass. civ., 29 maggio 2017 n. 13454

Il comune che annulla, in autotutela, l’aggiudicazione di un appalto per mancanza di risorse economiche, deve poi risarcire il danno subito dall’impresa aggiudicataria che, facendo affidamento sull’esito della gara e su richiesta della amministrazione stessa, ne abbia iniziato l’esecuzione, prima dunque della stipula del contratto.

Cass. civ., 24 maggio 2017 n. 13096

È legittima la richiesta di risarcimento del danno per le lesioni subite da chi, dopo essere stato tirato per la camicia e trascinato fuori da un locale, cada inciampando su di un gradino.

Cass. civ., 18 maggio 2017 n. 12467

Il professionista che a seguito di un incidente stradale abbia riportato una invalidità permanente di non modesta entità, non può chiedere, oltre alla personalizzazione del danno biologico, anche il risarcimento per il lucro cessante, se non prova nello specifico il nesso causale tra il calo dei redditi e le lesioni fisiche patite.

Cass. civ., 12 maggio 2017 n. 11785

La responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia, ex articolo 2051 del Cc, ha carattere oggettivo e  trova fondamento nella particolare relazione intercorrente tra la cosa e il custode, la presunzione di responsabilità di quest’ultimo può essere vinta solo dalla sussistenza di un fattore esterno, il caso fortuito, attinente alle modalità di causazione del danno, sicché al danneggiato è sufficiente provare il nesso causale tra la cosa in custodia ed evento dannoso, mentre il custode, per liberarsi, dovrà offrire la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, idoneo a interrompere quel nesso causale, in quanto avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità.

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11573

Legittima la sanzione inflitta alla società che abbia effettuato transazioni finanziarie in contanti per importi superiori a 12500 euro servendosi di soggetti intermediari che non avevano le caratteristiche per procedere a tali operazioni.

Cass. civ., 9 maggio 2017 n. 11221

Il furto dell’auto parcheggiata in garage costringe il titolare al risarcimento anche in presenza di custode e di applicazione della diligenza del buon padre di famiglia.

DIRITTO DEL LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE

Cass. civ., 27 giugno 2017 n. 15966

È legittimo il licenziamento del dipendente qualora i resi consegnati e riportati in fattura non corrispondano per difetto ai dati contenuti nel palmare di servizio.

Cass. civ., 15 giugno 2017 n. 14862

E’ licenziabile il dipendente che abbia navigato eccessivamente con il pc ricevuto in dotazione dalla propria azienda.

Cass. civ., 14 giugno 2017 n. 14759

Non integra giusta causa di recesso, con conseguente applicabilità della sola tutela indennitaria cosiddetta forte di cui al comma 5 dell’articolo 18 della legge 300/1970, la condotta di una lavoratrice, gerente di un punto vendita, che abbia tenuto condotte non conformi alle istruzioni della datrice di lavoro e contabilmente non corrette, in quanto idonee a esporre la società al rischio di sanzioni fiscali in caso di verifiche, pur considerando che tali condotte erano scevre da qualsiasi tornaconto personale per la lavoratrice o per persone sue amiche ed essendo finalizzate unicamente a realizzare un maggior fatturato nell’interesse aziendale.

Cass. civ., 14 giugno 2017 n. 14758

Con riferimento al periodo precedente la riforma introdotta dal Dlgs 124/1993, i versamenti effettuati dal datore di lavoro ai fondi di previdenza complementare hanno, a prescindere dalla natura del soggetto destinatario della contribuzione e, pertanto, sia nel caso in cui il fondo abbia una personalità giuridica autonoma, sia quello in cui esso consista in una gestione separata nell’ambito dello stesso soggetto datore di lavoro, natura previdenziale e non retributiva e non sussistono pertanto i presupposti per l’inserimento dei suddetti versamenti nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro.

Cass. civ., 14 giugno 2017 n. 14756

L’articolo 25-ter del Dlgs 29/1993, inserito dal Dlgs 59/1998 e trasfuso nel comma 11 dell’articolo 25 del Dlgs 165/2001, nel consentire la partecipazione ai corsi di formazione dei capi di istituto collocati fuori ruolo, si riferisce all’istituto del collocamento fuori ruolo, disciplinato dagli articoli 58 e 59 del Dpr 3/1957, e non è applicabile ai capi di istituto dichiarati inidonei per motivi di salute e utilizzati dall’amministrazione scolastica in altri compiti.

Cass. civ., 9 giugno 2017 n. 14457

In caso di previsione tra le parti del rapporto di lavoro di una clausola di durata minima garantita nell’interesse del datore di lavoro, il corrispettivo della clausola è sì necessario, tuttavia, nell’equilibrio delle posizioni contrattuali, esso può essere liberamente stabilito dalle parti e può consistere nella reciprocità dell’impegno di stabilità assunto dalle parti medesime ovvero in una diversa prestazione a carico del datore di lavoro, consistente in una maggiorazione della retribuzione o in una obbligazione non monetaria, purché non simbolica e proporzionata al sacrificio assunto dal lavoratore.

Cass. civ., 8 giugno 2017 n. 14313

Ai fini della sussistenza della responsabilità ai sensi dell’articolo 2087 del Cc, è irrilevante l’assenza di doglianze o sollecitazioni mosse dal lavoratore, come pure è da escludersi radicalmente la configurabilità del concorso di colpa, ove il lavoratore abbia conformato la sua condotta ai canoni di cui all’articolo 2104 del Cc, coerentemente con il livello di responsabilità proprio delle funzioni e in ragione del soddisfacimento delle esigenze di servizio.

Cass. civ., 31 maggio 2017 n. 13803

L’annullamento del licenziamento per violazione dei criteri di scelta di cui all’articolo 5 della legge 223/1991 può essere chiesto soltanto dai lavoratori che in concreto abbiano subito un pregiudizio per effetto della violazione.

Cass. civ., 31 maggio 2017 n. 13800

In tema di lavoro pubblico privatizzato, nel cui ambito gli atti di gestione del rapporto sono adottati con i poteri e le capacità del privato datore di lavoro, l’atto con cui l’amministrazione revochi un incarico, sul presupposto della nullità dell’atto di conferimento per inosservanza dell’ordine di graduatoria, equivale alla condotta del contraente  che non osservi il contratto stipulato ritenendolo inefficace perché affetto da nullità, trattandosi di un  comportamento con cui si fa valere l’assenza di un vincolo contrattuale, e non potendo darsi esercizio del potere di autotutela in capo all’amministrazione datrice di lavoro

Cass. civ., 31 maggio 2017 n. 13799

Il dipendente che posti su facebook espressioni contro il proprio datore di lavoro nonché contro il legale rappresentante non è detto che sia licenziabile. Il tutto è rimesso al prudente apprezzamento dei giudici di merito.

Cass. civ., 26 maggio 2017 n. 13388

Nei licenziamenti collettivi esiste un’interdipendenza delle scelte imprenditoriali e i criteri di scelta possono dirsi soddisfatti solo se vengano imparzialmente ed equamente applicati nei confronti di tutto il personale interessato. Va pertanto ritenuto illegittimo il licenziamento intimato a un dipendente licenziabile in base ai criteri concordati, ove non sia spiegato, in base ai medesimi criteri di scelta, per quale ragione il rapporto di lavoro di altri colleghi non abbia seguito la stessa sorte.

Cass. civ., 25 maggio 2017 n. 13196

Il dipendente part-time può svolgere un secondo lavoro senza per questo essere licenziato.

Cass. civ., 24 maggio 2017 n. 13018

Il licenziamento è legittimo alla luce di un comportamento con grave responsabilità da parte del prestatore. Non serve analizzare il modus operandi in cui l’azione censurata è stata effettuata essendo sufficiente l’intento e a  maggior ragione il risultato prodotto.

Cass. civ., 23 maggio 2017 n. 12911

Illegittimo il licenziamento del lavoratore disabile quando non sia rispettata la quota di riserva espressamente prevista dalla legge.

Cass. civ., 12 maggio 2017 n. 11895

Il datore di lavoro che intenda adottare una sanzione disciplinare, non può omettere l’audizione del lavoratore incolpato nel caso in cui questi ne abbia fatto espressa richiesta contestualmente alla tempestiva comunicazione di giustificazioni scritte, anche se queste siano ampie e potenzialmente esaustive.

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11558

È censurabile in Cassazione la sentenza che, pur avendo espresso apprezzamenti sulla proporzionalità della sanzione disciplinare del  licenziamento per giusta  causa,  non abbia esaminato la  norma contrattuale  collettiva invocata     al riguardo.

Cass. civ., 10 maggio 2017 n. 11437

La pensione non reversibile per i ciechi civili (assoluti o parziali) è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito del comma 1 dell’articolo 38 della nostra Costituzione, con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all’articolo 12 della legge 118/1971; vanno infatti ritenuti inapplicabili a detta prestazione sia l’articolo 68 della legge 153/1969, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’Inps, sia il comma 1-bis dell’articolo 8 del Dl 463/1983, che consentono l’erogazione della pensione Inps in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nel comma 2 dell’articolo 38 della Costituzione, intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di interpretazione analogica.

Cass. civ., 8 maggio 2017 n. 11165

Il mancato riconoscimento del diritto all’assegno per il nucleo familiare (Anf) agli extracomunitari soggiornanti di lungo periodo per il periodo antecedente al – tardivo – recepimento della direttiva europea in materia – avvenuto nel 2013 anziché nel 2006 – costituisce una discriminazione collettiva sotto il profilo della nazionalità.

Cass. civ., 3 maggio 2017 n. 10696

Il dipendente irregolare ha diritto a essere retribuito per il lavoro svolto, ma non può avanzare ulteriori richieste quali il risarcimento per infortunio in itinere, l’illegittimità del licenziamento intimatogli verbalmente con la cessione della  società  e  poter  continuare  l’attività   presso   la   nuova  azienda  che  ha  rilevato   la  srl  di  appartenenza   in liquidazione.

Cass. civ., 2 maggio 2017 n. 10642

Il licenziamento tardivo, in assenza di adeguato preavviso, e che abbia comunque determinato la rottura del rapporto lavorativo costringe il datore a corrispondere al dipendente sia l’indennità ex articolo 18 della legge 300/1970, sia quella a titolo di mancato preavviso.

FALLIMENTO E ALTRE PROCEDURE CONCURSUALI

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11549

L’azione revocatoria fallimentare, proposta con il rito camerale dalla curatela di un fallimento pronunciato nella vigenza dell’articolo 24, comma 2, della legge fallimentare ma dopo la sua avvenuta abrogazione a opera dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 169 del 2007, è inammissibile in applicazione del principio tempus regit actum, svolgendosi altrimenti il processo, ancor prima del suo inizio, secondo un rito ormai abrogato, tanto più che l’articolo 22 del decreto correttivo, recante la disciplina transitoria conseguente alla sua entrata in vigore, deve intendersi riferito, alla stregua della sua interpretazione letterale, alla regolamentazione propria delle procedure concorsuali, e dunque, sul piano processuale, ai soli procedimenti che tipicamente si innestano nel corso delle stesse, ma non anche alle controversie che, pur originando dal fallimento, sono regolate dalla legge speciale solo quanto all’esclusiva competenza a conoscerle del tribunale che ha emesso la sentenza dichiarativa.

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11544

In materia di opposizione allo stato passivo, il termine dimidiato previsto per il ricorso per cassazione dall’articolo 99, comma 5, della legge fallimentare (nel testo vigente ratione temporis, anteriore a decreto legislativo n. 5 del 2006) è operante anche per la liquidazione coatta amministrativa in virtù del richiamo di cui all’articolo 209, comma 3, della legge fallimentare. Su tale disciplina non ha inciso la sentenza n. 152 della Corte costituzionale, posto che la declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell’articolo 99 della legge fallimentare ha riguardato esclusivamente la decorrenza del termine d’impugnazione della sentenza emessa nel giudizio di opposizione allo stato passivo (da individuarsi con riferimento alla notificazione della stessa, atteso il carattere di lex generalis della norma di cui all’articolo 326 del Cpc) e non anche la riduzione della metà del termine d’impugnazione previsto per i giudizi ordinari.

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11542

In tema di concordato preventivo, quando in conseguenza della ritenuta inammissibilità della domanda il tribunale dichiara il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del Pm, può essere impugnata con reclamo solo la sentenza dichiarativa di fallimento e l’impugnazione può essere proposta anche formulando soltanto censure avverso la dichiarazione d’inammissibilità della domanda di concordato preventivo.

Cass. civ., 10 maggio 2017 n. 11460

In caso di intervenuta ammissione del debitore al concordato preventivo con cessione dei beni, se il creditore agisce proponendo non solo una domanda di accertamento del proprio diritto, ma anche una domanda di condanna o comunque idonea a influire sulle operazioni di liquidazione e di riparto del ricavato, alla legittimazione passiva dell’imprenditore si affianca quella del liquidatore giudiziale dei beni, quale contraddittore necessario. In  particolare, qualora la sentenza di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni nella quale si provveda alla nomina del liquidatore giudiziale intervenga dopo che l’imprenditore sia stato convenuto in giudizio  da un creditore con domanda di condanna è necessario provvedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti del liquidatore, onde evitare che la sentenza sia inutiliter data.

Cass. civ., 5 maggio 2017 n. 10909

L’atto di alienazione – da parte della società costruttrice – del diritto di proprietà di un immobile realizzato in base a un piano di edilizia popolare, ai sensi della legge n. 865 del 1971 non è sottratto al regime dell’azione revocatoria fallimentare, ove ricorrano le condizioni a tale fine richieste dalla legge.

Cass. civ., 4 maggio 2017 n. 10827

L’azione revocatoria fallimentare, proposta con il rito camerale dalla curatela di un fallimento pronunciato nella vigenza dell’articolo 24, comma 2, della legge fallimentare ma dopo la sua avvenuta abrogazione a opera dell’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 169 del 2007, è inammissibile in applicazione del principio tempus regit actum, svolgendosi altrimenti il processo, ancor prima del suo inizio, secondo un rito ormai abrogato, tanto più che l’articolo 22 del decreto correttivo, recante la disciplina transitoria conseguente alla sua entrata in vigore, deve intendersi riferito, alla stregua della sua interpretazione letterale, alla regolamentazione propria delle procedure concorsuali, e dunque, sul piano processuale, ai soli procedimenti che tipicamente si innestano nel corso delle stesse, ma non anche alle controversie che, pur originando dal fallimento, sono regolate dalle legge speciale solo quanto all’esclusiva competenza a conoscerle del tribunale che ha emesso la sentenza dichiarativa.

Cass. civ., 4 maggio 2017 n. 10826

Il decreto con cui il tribunale definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, ha carattere decisorio, poiché è emesso all’esito di un procedimento di natura contenziosa ed è, quindi, idoneo al giudicato, ma, essendo reclamabile ai sensi dell’articolo 183, comma 1, della legge fallimentare, non è definitivo e, quindi, non soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111, comma 7, della Costituzione, il quale è, invece, proponibile avverso il provvedimento della Corte d’appello conclusivo del giudizio sull’eventuale reclamo.

Cass. civ., 4 maggio 2017 n. 10822

L’articolo 182-ter, comma 1, della legge fallimentare, come modificato dall’articolo 32 del decreto legge n. 185 del 2008, convertito dalla legge n. 2 del 2009, laddove esclude la falcidia sul capitale dell’Iva, così sancendo l’intangibilità del relativo debito, costituisce un’eccezione alla regola generale, stabilita dall’articolo 160, comma 2, della legge fallimentare, della falcidiabilità dei crediti privilegiati, compresi quelli relativi ai tributi  costituenti risorse proprie dell’Unione europea, e trova, quindi, applicazione solo nella speciale ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale.

Cass. civ., 4 maggio 2017 n. 10820

È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ex articolo 111 della Costituzione, avverso il provvedimento con cui il tribunale autorizza il curatore di un fallimento a concludere una transazione, in quanto si tratta di provvedimento che non incide su diritti soggettivi, risolvendosi nell’abilitazione del curatore a compiere un atto negoziale, senza assumere di per sé rilevanza esterna, e che, essendo revocabile, manca del requisito della definitività e dell’idoneità a costituire giudicato.

Cass. civ., 4 maggio 2017 n. 10819

In sede di ammissione della proposta di concordato preventivo, il tribunale ha il dovere di verificare la completezza  e l’affidabilità della documentazione depositata a sostegno della domanda allo scopo di assicurare ai creditori la puntuale conoscenza dell’effettiva consistenza dell’attivo destinato al loro soddisfacimento e, quindi, di consentirgli di esprimere, in modo informato, il proprio consenso sulla convenienza economica della proposta medesima. In particolare è permesso il sindacato sulla veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti, sotto il profilo della loro effettiva consistenza materiale e giuridica. Ciò in vista delle conseguenti valutazioni da parte del ceto creditorio, le quali suppongono che siano esposti dati reali a cui poter connettere il giudizio di convenienza o meno della proposta. Quel che in tale prospettiva resta precluso al giudice è il sindacato sulla stima del valore degli elementi patrimoniali effettuata dal professionista attestatore, salvo il caso di manifesta incongruenza o illogicità.

Cass. civ., 3 maggio 2017 n. 10722

La chiusura del fallimento, determinando la cessazione degli organi fallimentari e il rientro del fallito nella disponibilità del suo patrimonio, fa venire meno la legittimazione processuale del curatore, determinando il subentrare dello stesso fallito tornato in bonis nei procedimenti pendenti all’atto della chiusura, ma non determina effetti sul giudizio di cassazione, che è caratterizzato dall’impulso d’ufficio e al quale non sono perciò applicabili le norme di cui agli articoli 299 e 300 c.p.c.

Cass. civ., 3 maggio 2017 n. 10721

Proposta domanda di revocatoria fallimentare è irrilevante che la curatela non abbia prodotto in giudizio la sentenza dichiarativa del fallimento, qualora la data di deposito della stessa sia rimasta incontestata per tutto il corso del giudizio di primo grado e, anzi, sia stata indicata dallo stesso convenuto nella domanda di insinuazione al passivo, prodotta dalla curatela, sì che la produzione in giudizio di tale sentenza non è necessaria al fine del decidere. La sentenza di fallimento, infatti, non è che un presupposto di fatto dell’azione revocatoria e, come fatto, ben può essere – ove come nella specie non specificatamente contestato in ordine al suo contenuto, ivi compresa la data – ritenuto provato a norma dell’articolo 115, comma 1, del Cpc senza che rilevi, in senso contrario, che la stessa deve provarsi per iscritto ad substantiam con conseguente inapplicabilità del principi dell’insussistenza dell’onere della prova relativamente ai fatti incontestati.

PROCEDURE ESECUTIVE

Cass. civ., 25 maggio 2017 n. 13163

Nella procedura esecutiva immobiliare, il creditore deve depositare il titolo esecutivo in originale entro il termine fissato dal giudice. In caso contrario l’esclusione dal progetto di distribuzione è legittima.

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

Cass. civ., 26 giugno 2017 n. 15895

Oltre alla inammissibilità del ricorso, scatta anche la condanna alle spese di giudizio per l’avvocato che adisca la Suprema corte utilizzando la procura conferitagli per l’Appello invece di farsi firmare un nuovo e specifico mandato a seguito del deposito della sentenza impugnata.

Cass. civ., 16 maggio 2017 n. 12035

Una volta intervenuta la decisione del collegio in ordine alla querela di falso proposta in via incidentale, il giudizio sulla causa di merito, sospeso ex lege, deve riprendere e il giudice ha facoltà di disporne la sospensione solo se la sentenza sul falso venga impugnata.

Cass. civ., 12 maggio 2017 n. 11916

L’articolo 360, comma 3, del Cpc – introdotto dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 40 del 2006 – prevede il divieto d’impugnazione con ricorso per cassazione delle sentenze non definitive su mere questioni, come quelle su questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito che non definiscono, neppure in parte, il processo innanzi al giudice che le ha pronunciate. L’individuazione delle sentenze non definitive su questioni deve avvenire sulla base dell’evidente collegamento tra la disposizione contenuta nell’articolo 360, comma 3, del Cpc con l’articolo 279, comma 2, n. 4, del Cpc che, nello stabilire le ipotesi in cui il giudice pronuncia sentenza, contempla anche le decisioni su questioni pregiudiziali attinenti al processo o preliminari di merito idonee a definire il giudizio.

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11535

Nel giudizio di rinvio è precluso alle parti di ampliare il thema decidendum e di formulare nuove domande ed eccezioni e al giudice – il quale è investito della controversia esclusivamente entro i limiti segnati dalla sentenza di cassazione ed è vincolato da quest’ultima relativamente alle questioni da essa decisa – non è, pertanto, consentito qualsiasi riesame dei presupposti di applicabilità del principio di diritto enunciato, sulla scorta di fatti o profili non dedotti, né egli può procedere a una diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso ovvero all’esame di ogni altra questione, anche rilevabile d’ufficio, che tenda a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione in contrasto con il principio della sua intangibilità.

Cass. civ., 11 maggio 2017 n. 11534

L’erronea indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non ne determina ex se l’inammissibilità, se la Corte di cassazione possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche e in fatto svolte dal ricorrente a fondamento della censura. La configurazione formale della rubrica del motivo – infatti – non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di diritto dell’impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura.

Cass. civ., 10 maggio 2017 n. 11450

Quanto alle modalità della riproposizione delle domande ed eccezioni non accolte ai sensi dell’articolo 346 del Cpc, pur nel rispetto del principio delle libertà di forme, occorre che l’appellato manifesti la propria volontà in modo chiaro a preciso. Non è sufficiente, pertanto, ai fini della riproposizione, il richiamo generico alle deduzioni e conclusioni adottate in primo grado. La riproposizione, inoltre, va effettuata con la comparsa di risposta e la tardiva costituzione dell’appellato comporta la decadenza dal potere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte.

Cass. civ., 9 maggio 2017 n. 11222

Qualora la decisione impugnata con ricorso per cassazione si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione.

Cass. civ., 5 maggio 2017 n. 10921

Qualora la Corte di appello abbia dichiarato l’inammissibilità del gravame, seguendo lo schema tipico dell’articolo 348-bis, comma 1, c.p.c., cioè ritenendo che l’impugnazione non avesse ragionevoli probabilità di essere accolta, senza nulla aggiungere alle argomentazioni del primo giudice, è inammissibile il ricorso per cassazione, avverso tale ordinanza, che censuri la stessa non per vizi suoi propri, quanto perché ha ribadito integralmente la valutazione compiuta dal tribunale e non contenga alcuna impugnazione avverso la sentenza di primo grado.

Cass. civ., 5 maggio 2017 n. 10916

Il nuovo articolo 342 c.pc. non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando sotto il profilo qualitativo le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare l’idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata. Tali argomenti ovviamente dipendono dalla specificità dei singoli giudizi, ma – in linea generale – consistono: nel caso di censure riguardanti la ricostruzione dei fatti, nell’indicazione delle prove che si assumono trascurate, ovvero di quelle che si assumono malamente valutate; nel caso di censure riguardanti questioni di diritto, nell’indicazione della norma che si sarebbe dovuta applicare, ovvero nell’interpretazione che si sarebbe dovuta preferire; nel caso di censure riguardanti errores in procedimento, nell’indicazione del fatto processuale malamente valutato dal giudice, e della diversa scelta processuale che avrebbe dovuto compiere.

Cass. civ., 4 maggio 2017 n. 10887

L’equo indennizzo spettante al cittadino per le eccessive lungaggini della giustizia può scostarsi dalle somme  previste dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il giudice in sostanza può ponderare la somma anche in base all’oggetto della controversia.

Cass. civ., 4 maggio 2017 n. 10790

La prova nuova indispensabile, ai fini del superamento dello sbarramento in appello, è quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.

Cass. civ., 3 maggio 2017 n. 10723

La domanda di indennizzo per arricchimento senza causa integra, rispetto a quella di adempimento contrattuale originariamente formulata una domanda nuova ed è – come tale – inammissibile se proposta per la prima volta in appello, ostandovi l’espresso divieto di cui all’articolo 345 c.p.c.

DIRITTO E PROCEDURA PENALE

Cass. pen., 19 giugno 2017 n. 30638

Al contribuente fortemente indebitato con il Fisco non può essere respinta la richiesta di remissione del debito senza una reale spiegazione e sulla base di un’elencazione acritica di proprietà.

Cass. pen., 16 giugno 2017 n. 30255

L’estinzione per prescrizione dei reati non autorizza a pensare che vengano azzerate anche le misure cautelari reali relative a ulteriori delitti che non siano caduti in prescrizione.

Cass. pen., 12 giugno 2017 n. 29069

Non può essere proposta una nuova istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel corso del sub procedimento introdotto dall’opposizione al diniego di ammissione.

Cass. pen., 31 maggio 2017 n. 27314

La responsabilità penale di ciascun componente di una equipe medica non può essere affermata sulla base dell’accertamento di un errore diagnostico genericamente attribuito alla equipe nel suo complesso, ma va legata alla valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, nella prospettiva di verifica, in concreto, dei limiti oltre che del suo operato, anche di quello degli altri.

Cass. pen., 29 maggio 2017 n. 26869

Per integrare la minaccia a un pubblico ufficiale non occorre una minaccia diretta e personale, essendo sufficiente l’uso di una qualsiasi coazione, anche morale, o anche una minaccia indiretta, purchè sussista l’idoneità a condizionare la libertà di azione del pubblico ufficiale.

Cass. pen., 26 maggio 2017 n. 26525

Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente  che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione.

Cass. pen., 25 maggio 2017 n. 26297

In tema di peculato, la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono d’ufficio per fini personali al di fuori dei casi d’urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso se produce un danno apprezzabile al patrimonio della pubblica amministrazione o di terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio, mentre deve ritenersi penalmente irrilevante se non presenta conseguenze economicamente e funzionalmente significative (si vedano sezioni Unite, 20 dicembre 2012, Vattani e altro). Tale principio è ovviamente applicabile anche con riferimento all’utilizzo da parte dell’agente di internet con finalità non istituzionali, vuoi mediante il computer dell’ufficio, vuoi mediante il telefono cellulare concesso in uso per ragioni di servizio. Proprio in relazione a tale ultima situazione è necessario verificare il tipo di convenzione che lega l’ente al gestore del servizio internet e, segnatamente, se l’ente paghi una somma forfettaria al mese (cosiddetta “tariffa flat”), per cui è economicamente indifferente il numero e la durata delle connessioni a internet eseguite (e non vi è danno economico anche a fronte di connessioni illegittime), o se, di contro, l’ente paghi il corrispettivo in funzione della durata delle singole connessioni (cosiddetta tariffa bundle), caso in cui la condotta illegittima del dipendente provoca un immediato danno patrimoniale all’ente.

Cass. pen., 23 maggio 2017 n. 25756

Per il delitto di sottrazione o danneggiamento di beni sottoposti a sequestro amministrativo da parte del proprietario, oltre all’elemento oggettivo dello spostamento fisico, va anche provata la sussistenza del dolo generico, consistente nella consapevolezza di agire in contrasto con il vincolo gravante sulla cosa.

Cass. pen., 23 maggio 2017 n. 25577

Non è configurabile l’interesse del pubblico ministero a impugnare la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 95 del Dpr n. 115 del 2002 che abbia omesso di dichiarare la falsità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà posta alla base dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L’interesse a impugnare  deve presentare, infatti, i caratteri della concretezza e dell’attualità, con la conseguenza che l’impugnante deve mirare a rimuovere un effettivo pregiudizio che asserisce di avere subito, in via primaria e diretta, con il provvedimento impugnato e deve chiarire quale risultato intenda perseguire, non soltanto teoricamente corretto ma anche praticabile favorevole. Ciò che deve escludersi nell’ipotesi di che trattasi, perché l’atto ritenuto ideologicamente falso ha comunque esaurito ogni sua efficacia nel momento in cui è stato utilizzato dall’imputato al fine di ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, e non potrebbe mai più essere utilizzato nuovamente dall’unico interessato che è il condannato: la ratio dell’articolo 537 del Cpp è, infatti, quella di eliminare dal mondo giuridico un atto che potrebbe essere nuovamente utilizzato.

Cass. pen., 15 maggio 2017 n. 24103

Ai fini della configurazione della fattispecie di cui all’articolo 414 del Cp non rileva la tipologia dei reati in  relazione ai quali si esplica l’attività comunicativa, ma le modalità con cui la comunicazione viene esternata, che devono possedere connotazioni di potenzialità diffusiva, conseguenti al fatto di essere destinate a un numero indeterminato di soggetti e comunque non riconducibili a un ambito strettamente interpersonale. Ne consegue che non è integrato il reato nel caso in cui la diffusione sia circoscritta in ambito esclusivamente privato e interpersonale, come nel caso di conversazioni o chat private di un social network. Per converso, il reato è configurabile nel caso della diffusione di un messaggio o documento apologetico attraverso il suo inserimento su un sito internet privo di vincoli di accesso, in quanto tale modalità ha una potenzialità diffusiva indefinita

Cass. pen., 15 maggio 2017 n. 24084

Nessun credo religioso può legittimare il porto in luogo pubblico di armi o di oggetti atti a offendere perché la  libertà religiosa, garantita dall’articolo 19 della Costituzione, incontra dei limiti stabiliti dalla legislazione in vista della tutela di altre esigenze, tra cui quelle della pacifica convivenza e della sicurezza, compendiate nella formula dell’ordine pubblico, e anche l’articolo 9 della Cedu, al comma 2, stabilisce che la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di restrizioni, stabilite per legge, che vengano ritenute necessarie in una società democratica per la protezione dell’ordine pubblico, della salute o della morale pubblica o per la protezione dei diritti e della libertà altrui. Del resto, in una società multietnica, la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l’identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si devono riconoscere, con la conseguenza che, se l’integrazione non impone l’abbandono della cultura di origine, in ossequio alla previsione dell’articolo 2 della Costituzione, che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante.

Cass. pen., 11 maggio 2017 n. 23075

La condanna per uno dei reati indicati nell’articolo 12-sexies del decreto legge 8 giugno 1992 n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992 n. 356, comporta la confisca dei beni nella disponibilità del condannato, allorché, da un lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e il valore economico di detti beni e, dall’altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi. Di talché, essendo irrilevante il requisito della “pertinenzialità” del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato. Peraltro, la presunzione di illegittima acquisizione degli stessi da parte dell’imputato deve essere circoscritta in un ambito di “ragionevolezza temporale”, dovendosi dar conto che i beni non siano ictu oculi estranei al reato perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla commissione di quest’ultimo.

Cass. pen., 10 maggio 2017 n. 22710

Il reato di minaccia è un reato formale di pericolo, per la cui integrazione non è richiesto che il bene tutelato sia realmente leso, bastando che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertà morale; la valutazione dell’idoneità della minaccia a realizzare tale finalità va fatta avendo di mira un criterio di medialità che rispecchi le reazioni dell’uomo comune.

Cass. pen., 9 maggio 2017 n. 22265

L’articolo 600-quater.1 del Cp, che punisce la pornografia virtuale, è applicabile anche alle rappresentazioni fumettistiche, dal momento che vi possono essere anche nei fumetti – soprattutto quando tali comics siano ottenuti con tecnologia digitale di alta qualità – immagini la cui qualità di rappresentazione faccia apparire come vere situazioni e attività sessuali implicanti minori, che pure non hanno avuto alcuna corrispondenza con fatti della realtà.

Cass. pen., 8 maggio 2017 n. 22148

In tema di divieto di uso di impianti audiovisivi e di altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, sussiste continuità di tipo di illecito tra la previgente fattispecie, prevista dagli articoli 4 e 38, comma 1, della legge 20 maggio 1970 n. 300 (cosiddetto Statuto dei lavoratori) e 114 e 171 del decreto legislativo n. 196 del 2003, e quella attuale rimodulata dall’articolo 23 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 151 (attuativo di una delle deleghe contenute nel c.d. Jobs Act), avendo la normativa sopravvenuta mantenuto integra la disciplina sanzionatoria per la quale la violazione dell’articolo 4 citato è penalmente sanzionata ai sensi dell’articolo 38 citato. Anche la nuova disposizione ribadisce, quindi, la necessità che l’installazione di apparecchiature (da impiegare esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, ma dalle quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori) sia preceduta da una forma di codeterminazione (accordo) tra parte datoriale e rappresentanze sindacali dei lavoratori, con la conseguenza che se l’accordo (collettivo) non è raggiunto, il datore di lavoro deve far precedere l’installazione dalla richiesta di un provvedimento autorizzativo da parte dell’autorità amministrativa (Direzione territoriale del lavoro) che faccia luogo del mancato accordo con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, cosicché, in mancanza di accordo o del provvedimento alternativo di autorizzazione, l’installazione dell’apparecchiatura è illegittima e penalmente sanzionata. Né, in difetto della procedura suddetta, la condotta del datore di lavoro potrebbe considerarsi scriminata dal consenso in qualsiasi forma (scritta od orale) prestato dai lavoratori, giacché la norma incriminatrice tutela interessi di carattere collettivo e superindividuale, con la conseguenza che la condotta datoriale, che pretermetta l’interlocuzione con  le  rappresentanze  sindacali, produrrebbe comunque l’oggettiva lesione degli interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono portatrici, in quanto deputate a riscontrare, essendo titolari ex lege del relativo diritto, se gli impianti audiovisivi, dei quali il datore di lavoro intende avvalersi, abbiano o meno l’idoneità a ledere la dignità dei lavoratori per  la  loro potenzialità di controllo a distanza, verificando, peraltro, anche l’effettiva rispondenza di detti  impianti  alle esigenze tecnico-produttive o di sicurezza, in modo da disciplinarne, attraverso l’accordo collettivo, le modalità e le condizioni d’uso e così liberare l’imprenditore dall’impedimento alla loro installazione.

Cass. pen., 5 maggio 2017 n. 21865

Al fine d’individuare il discrimine tra la più grave fattispecie incriminatrice prevista dall’articolo 624-bis del Cp e quella di cui all’articolo 624 del Cp occorre accertare se il luogo in cui è stato perpetrato il furto avesse, per sua struttura o per l’uso che se ne faccia in concreto, una destinazione legata e riservata all’esplicazione di attività proprie della vita privata della persona offesa, ancorché non necessariamente coincidenti con quelle propriamente domestiche o familiari (la nozione di privata dimora utilizzata nell’articolo 624-bis del Cp, infatti, è più ampia e comprensiva di quella di abitazione, come dimostrato anche dalla formulazione dell’articolo 614 del Cp, ove sono entrambe presenti), ma identificabili anche con attività produttiva, professionale, culturale, politica. Deve cioè trattarsi di luoghi deputati allo svolgimento di attività che richiedano una qualche apprezzabile permanenza, ancorché transitoria e contingente, della persona offesa, per talune di dette finalità, con esclusione quindi dei luoghi di pubblico accesso. Ne deriva che, nel caso di furto realizzato all’interno di una farmacia, il reato previsto dall’articolo  624-bis   del   Cp   è   ravvisabile   soltanto   quando   l’introduzione   clandestina   avvenga   nelle   aree assolutamente interdette al pubblico (dove sono stivate le scorte di medicinali) o nei locali (spogliatoi, armadietti, servizi igienici) riservati al titolare e ai dipendenti in cui questi, durante i turni di lavoro, ma anche quando non sono in servizio, ripongono e custodiscono effetti personali. La norma incriminatrice di cui all’articolo 624-bis del Cp, invece, non è applicabile nel caso di furto di merce (nella specie, di prodotti cosmetici) esposta nel locale della farmacia destinata alla vendita.

Cass. pen., 4 maggio 2017 n. 21324

Benché l’ordinanza con la quale il giudice rigetta l’istanza di sospensione del processo per la messa alla prova non è immediatamente impugnabile dall’imputato con ricorso per cassazione (sezioni Unite, 31 marzo 2016, Rigacci),  deve ritenersi ricorribile in Cassazione, in quanto abnorme, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari abbia rigettato, ritenendola inammissibile, l’istanza presentata con l’opposizione al decreto penale. Infatti, tale provvedimento non solo è in evidente violazione di legge – essendo espressamente previsto dall’articolo 464-bis, comma 2, ultimo periodo, del Cpp che con l’opposizione a decreto penale di condanna possa essere  richiesta la sospensione del procedimento con messa alla prova – ma è anche abnorme sotto l’aspetto funzionale, in quanto determina un decisivo e verosimilmente non rimediabile nocumento al diritto di difesa, finendo con il precludere all’interessato la possibilità di beneficiare della messa alla prova.

Cass. pen., 4 maggio 2017 n. 21627

In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inerte e inidoneo ad apportare alcun contributo causale alla realizzazione del reato (ancorché se ne conosca la sussistenza), mentre il secondo richiede un consapevole contributo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, in forme che valgono ad agevolare o rafforzare l’intento criminoso del concorrente

Cass. pen., 2 maggio 2017 n. 20854

Va annullata la sentenza di condanna emessa dalla Corte di appello se la notifica di fissazione dell’udienza al difensore è stata inviata ad un indirizzo Pec errato.

Cass. pen., 2 maggio 2017 n. 20846

Con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, l’ambito di operatività dell’articolo 659 del Cp deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei valori limite di emissione di rumori fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, si configura il solo illecito amministrativo di cui all’articolo 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico); quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di altre disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità che regolano l’esercizio dell’attività e del mestiere, si configura la contravvenzione sanzionata dall’articolo 659, comma 2, del Cp; mentre, nel caso in cui l’attività e il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali attività di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, il fatto integra la contravvenzione prevista dall’articolo 659, comma 1, c.p

DIRITTO AMMINISTRATIVO

 TAR Campania, 24 maggio 2017 n. 2748

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi e della relativa area di sedime è un effetto automatico della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione. Pertanto la specificazione dell’area di sedime non può essere considerata come elemento essenziale dell’ordine di demolizione ai fini della legittimità dell’atto.

TAR Lazio, 23 maggio 2017 n. 324

È illegittima la revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo per lo straniero arrestato in flagranza per spaccio di sostanze stupefacenti. Il semplice arresto infatti non è un elemento di valutazione ai fini di una prognosi di pericolosità sociale che può seguire unicamente ad una condanna, anche non definitiva.

Consiglio di Stato, 17 maggio 2017 n. 2348

Occorre il titolo edilizio per la realizzazione di nuovi manufatti, quand’anche sotto il profilo civilistico essi si possano qualificare come pertinenze. La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto a opere di modesta entità e accessorie rispetto a un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tali, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica.

Consiglio di Stato, 16 maggio 2017 n. 2324

Il ricorso ex articolo 112, comma 5, del codice del processo amministrativo non presenta caratteristiche che consentano di ricondurlo, in senso sostanziale, al novero delle azioni di ottemperanza, trattandosi di un ricorso che  ha natura giuridica diversa tanto dall’azione finalizzata all’attuazione del comando giudiziale (articolo 112, comma 2), quanto dall’azione esecutiva in senso stretto (articolo 112, comma 3), e che presuppone dubbi o incertezze sull’esatta portata del comando giuridico oggetto dell’obbligo conformativo; né può essergli attribuita la natura di incidente di esecuzione ai sensi dell’articolo 114, comma 7, ponendosi esso dal punto di vista logico-sistematico al di fuori del vero e proprio giudizio di ottemperanza; pertanto deve ammettersi il rimedio della richiesta di chiarimenti nel suo contenuto proprio di strumento volto a ottenere precisazioni e delucidazioni su punti del decisum ovvero sulle concrete e precise modalità di esecuzione, laddove si riscontrino elementi di dubbio o di non immediata chiarezza, senza che con ciò possano essere introdotte ragioni di doglianza volte a modificare e/o integrare il proprium delle statuizioni rese.

TAR Toscana, 16 maggio 2017 n. 694

Il sindaco non può – con ordinanza – vietare l’accesso dei cani a un parco pubblico per la presenza degli escrementi.

TAR Toscana, 16 maggio 2017 n. 689

La scelta di procedere o meno alla riparametrazione dei punteggi si inserisce nel più ampio ambito dell’individuazione, da parte della stazione appaltante, degli elementi di valutazione e comparazione delle offerte nelle gare da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La riparametrazione, in particolare, ha la funzione di garantire l’equilibrio tra elementi qualitativi e quantitativi di giudizio, in modo da assicurare la completa attuazione della volontà manifestata al riguardo dalla stazione appaltante: applicando la riparametrazione a una delle componenti dell’offerta, o a entrambe, il peso ne viene valorizzato, nel senso che il concorrente titolare dell’offerta anche di poco migliore rispetto alle altre si vede assegnato il punteggio massimo astrattamente previsto, come se si trattasse di un’offerta tecnicamente eccellente, ovvero considerevolmente conveniente sul piano economico. Atteso il ruolo della riparametrazione dei punteggi in sede di gara, non è discutibile che appartenga alla discrezionalità della stazione appaltante stabilire quale debba essere il punto di equilibrio tra la componente tecnica e quella economica dell’offerta e fino a che punto si imponga (o, di contro, non si imponga) la tutela dell’equilibrio astratto corrispondente ai massimali di punteggio da essa stessa contemplati, non essendovi peraltro alcuna norma di carattere generale, nel sistema degli appalti pubblici, che imponga alla stazione appaltante di attribuire alla migliore offerta il punteggio massimo previsto in relazione ai diversi criteri valutativi.

TAR Lazio, 15 maggio 2017 n. 5788

La domanda proposta per il conseguimento di una indennità per l’occupazione temporanea di una porzione di  terreno esula dalla giurisdizione amministrativa, in quanto le controversie su determinazione e corresponsione delle indennità di occupazione dovute in conseguenza di atti ablativi, ai sensi dell’articolo 53, comma 2, del Dpr 327/2001), appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario; infatti, ai sensi dell’articolo 133, comma 1, lettera g), del Cpa le controversie sull’occupazione temporanea di aree, funzionale alla corretta esecuzione di lavori, non avendo a oggetto atti o provvedimenti in materia ablatoria e rimanendo estranee alla materia espropriativa vera e propria, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, purché la domanda non sia volta a lamentare vizi di legittimità di provvedimenti amministrativi.

Consiglio di Stato, 3 maggio 2017 n. 2023

Le ore di sostegno per gli alunni disabili nella scuola, così come le altre misure di assistenza, non possono essere eliminate o anche soltanto ridotte per esigenze di contenimento della spesa pubblica.

DIRITTO TRIBUTARIO

Cass. civ., 20 giugno 2017 n. 15315

L’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenete tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria. Ne consegue che esso costituisce idonea prova dell’entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale ivi indicata, anche ai fini della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato, e quindi della verifica della giurisdizione del giudice adito.

Cass. civ., 5 giugno 2017 n. 13913

Le cause concernenti il titolo esecutivo in relazione al diritto di procedere ad esecuzione forzata (su carichi di natura tributaria) si propongono davanti al giudice tributario.