GIURISPRUDENZA IN PILLOLE – RASSEGNA MARZO-APRILE 2017

FAMIGLIA E MINORI

Cass. civ., 26 aprile 2017 n. 10207
L’obbligo per il genitore di provvedere al mantenimento del figlio cessa esclusivamente con l’indipendenza economica di quest’ultimo.

Cass. civ., 22 marzo 2017 n. 7388
Le violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse, e da esonerare il giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

Cass. civ., 7 marzo 2017 n. 5618
Il credito vantato dal coniuge separato per assegno di mantenimento dovuto, ex articolo 156 del Cc, dall’altro coniuge, sebbene dia luogo a un’obbligazione periodica, avente a oggetto prestazioni, autonome e distinte nel tempo, che diventano esigibili alle rispettive scadenze, è tutelabile, come tale, dal momento della sua insorgenza in forza di provvedimento giudiziale, mediante azione revocatoria ordinaria a fronte dell’alienazione immobiliare compiuta, in modo pregiudizievole, dal coniuge obbligato.

SUCCESSIONI E DONAZIONI

Cass. civ., 11 aprile 2017 n. 9309
Il testamento non può essere annullato in assenza della prova che il testatore al momento della redazione era incapace di intendere di volere. Né è consentito confondere l’utilizzo di mezzi fraudolenti con atteggiamenti di piaggeria, blandizia, affettata affettuosità, che se appaiono eticamente discutibili, tuttavia, non integrano la previsione di legge.

COMUNIONE, CONDOMINIO E LOCAZIONI

Cass. civ., 13 aprile 2017 n. 9558
Il carattere abusivo di una costruzione, concretandosi in un’illiceità dell’opera, può costituire fonte della responsabilità dell’autore nei confronti dello Stato ma non comporta l’invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme, venendo a riverberare la condizione giuridica predetta sulla qualità del bene immobile e non anche sull’eseguibilità della prestazione del locatore, avente a oggetto la concessione del pieno e continuato godimento del bene.

Cass. civ., 10 aprile 2017 n. 9177
Anche a fronte di una stasi patologica, il singolo condomino non è autorizzato a sostituirsi al condominio eseguendo autonomamente i lavori di manutenzione e, dunque, non può richiederne il rimborso qualora li abbia effettuati senza la prescritta autorizzazione.

Cass. civ., 28 marzo 2017 n. 7938
L’abbattimento delle barriere architettoniche legittima la sopraelevazione dell’impianto dell’ascensore, e l’ampliamento della scala padronale, da parte del proprietario del superattico, anche se il regolamento dell’edificio subordina all’autorizzazione del condominio qualunque opera che interessi le strutture portanti o l’estetica dell’edificio.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7040
Anche ai contratti di locazione di immobili adibiti a uso diverso da quello di abitazione stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori di cui all’articolo 42 della legge n. 392 del 1978 è applicabile la disciplina dettata dagli articoli 28 e 29 in tema di rinnovazione che accorda al conduttore una tutela privilegiata in termini di durata del rapporto. Invero, a differenza dell’ipotesi regolata dall’articolo 1597 del Cc, la protrazione del rapporto alla sua prima scadenza in base alle richiamate norme della legge n. 392 del 1978 non costituisce l’effetto di una tacita manifestazione di volontà – successiva alla stipulazione del contratto e che la legge presume in virtù di un comportamento concludente e, quindi, incompatibile con il principio secondo il quale la volontà della Pa deve essere necessariamente manifestata in forma scritta – ma deriva direttamente dalla legge, che rende irrilevante la disdetta del locatore quando la stessa non sia basata su una delle giuste cause specificamente indicate dalla legge quali motivi legittimi di diniego della rinnovazione.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7039
Nelle locazioni commerciali l’indennità di avviamento deve essere corrisposta anche nel caso in cui la cessazione riguardi un’attività monomarca.

Cass. civ., 15 marzo 2017 n. 6652
i condomini possono essere chiamati a condividere soltanto le spese relative ad elementi decorativi che come tali rientrano nella nozione di parti comuni del fabbricato ma non sono tenuti a sostenere le spese riguardanti il rifacimento della pavimentazione o la soletta che sono sempre a carico esclusivo del proprietario dell’appartamento.

Cass. civ., 10 marzo 2017 n. 6267
L’appello, avverso la sentenza che abbia pronunciato sulla impugnazione di una delibera della assemblea condominiale, in assenza di previsioni della legge ad hoc, va proposto – secondo la regola generale contenuta nell’articolo 342 del Cpc – con citazione. La tempestività dell’appello, pertanto, va verificata in base alla data di notifica dell’atto, e non alla data di deposito dell’atto di gravame nella cancelleria del giudice ad quem.

Cass. civ., 8 marzo 2017 n. 5795
In tema di locazioni a uso commerciale, sebbene sia consentita ai contraenti la libera determinazione del canone iniziale, il locatore non può pretendere il pagamento di somme, diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di “buona entrata”, prive di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, sicché il relativo patto è nullo ai sensi dell’articolo 79 della legge 392/1978. Pertanto, il principio di cui all’articolo 9 della legge 392/1978, applicabile alle locazioni di immobili adibiti a uso non abitativo, va inteso nel senso che se non esiste la fornitura di un determinato servizio, mancando la sinallagmaticità, non è dovuto alcun corrispettivo per la stessa, anche se il pagamento del relativo onere è astrattamente previsto in contratto. La nullità, per violazione dell’articolo 79 della legge 392/1978, è rilevabile anche d’ufficio a norma dell’articolo 1421 del c.c.

Cass. civ., 7 marzo 2017 n. 5603
Nei contratti di affitto di immobili a uso non abitativo il conduttore ha diritto a ottenere l’indennità legata all’avviamento. Solo dopo una seria proposta e la relativa corresponsione in denaro è tenuto a liberare l’immobile

Cass. civ., 2 marzo 2017 n. 5335
Nel caso di un edificio costruito da più soggetti su suolo comune, il condominio insorge nel momento in cui avviene l’assegnazione in proprietà esclusiva dei singoli appartamenti. E per effetto dell’assegnazione delle singole porzioni, insorge altresì la presunzione legale di comunione pro indiviso di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano, in tale momento, destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso» A meno che non risulti chiaramente la volontà di riservare «esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri.

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Cass. civ., 28 aprile 2017 n. 10506
I contratti di assicurazione stipulati in ambito sanitario non possono essere a tempo determinato: l’inserimento nel contratto della clausola cosiddetta claim’s made è illegittima perché tende a coprire l’assicurato solo per un periodo ben definito.

Cass. civ., 27 aprile 2017 n. 10374
L’urgenza di realizzare il prezzo di una compravendita per soddisfare i creditori da parte di una società sull’orlo del fallimento, non consente la previsione di una clausola penale per il ritardato adempimento che non sia proporzionata al valore del bene.

Cass. civ., 6 aprile 2017 n. 8926
Il garante deve rispondere dell’obbligazione principale anche in materia di lavoro. E nulla può essere eccepito sullo stato di incapacità del soggetto garantito che ha rassegnato le dimissioni dopo aver incamerato il minimo provvigionale concordato come intermediario finanziario con la banca per cui operava.

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7416
In tema di negozio fiduciario, la prova per testimoni del pactum fiduciae è sottratta alle preclusioni stabilite dagli articoli 2721 e seguenti del Cc soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale, al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello naturalmente inerente al tipo di contratto stipulato, ma senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento. Qualora, invece, il patto si ponga in antitesi con quanto risulta altrimenti dal contratto, la mera qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente a impedire l’applicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7410
Qualora il cliente abbia fornito la prova della conclusione del contratto di patrocinio, con il conferimento dell’incarico all’avvocato di proporre azione in giudizio in primo e in secondo grado, non è necessario il conferimento di ulteriore mandato per agire in sede di legittimità, della cui prova sia gravato il cliente. La sola circostanza che questi non abbia rilasciato la procura speciale richiesta allo scopo non esclude la responsabilità del professionista per mancata tempestiva proposizione del ricorso, gravando sull’avvocato l’onere di provare di aver sollecitato il cliente a fornire indicazioni circa la propria intenzione di proporre o meno ricorso per cassazione avverso la sentenza sfavorevole di secondo grado e di averlo informato di questo esito e delle conseguenze dell’omessa impugnazione, nonché l’onere di provare di non avere agito in sede di legittimità per fatto a sé non imputabile (quale il rifiuto di impugnare o di sottoscrivere la procura speciale da parte del cliente) ovvero per la sopravvenuta cessazione del rapporto contrattuale.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7093
Il documento che può costituire principio di prova per iscritto, sì da consentire l’ammissione della prova testimoniale per accertare, tra le parti, la simulazione assoluta di un contratto con forma scritta ad substantiam, deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo e non è necessario un preciso riferimento al fatto controverso, ma l’esistenza di un nesso logico tra lo scritto e il fatto stesso, da cui scaturisca la verosimiglianza del secondo.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7055
L’eccezione di prescrizione sollevata da un coobbligato solidale ha effetto anche a favore dell’altro (o degli altri) coobbligati, tutte la volte in cui la mancata estinzione del rapporto obbligatorio nei confronti degli altri possa generare effetti pregiudizievoli per il soggetto eccipiente, come nel caso dell’assicuratore per la responsabilità civile automobilistica, coobbligato solidale con il responsabile del sinistro, nell’ipotesi in cui quest’ultimo non si sia costituito in giudizio.

Cass. civ., 14 marzo 2017 n. 6587
La responsabilità precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta, posta dall’articolo 1337 del Cc a tutela del corretto dipanarsi dell’iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale, cui vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione dell’onere della prova. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, grava non su chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull’altra parte l’onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza postulati dalla norma de qua. I presupposti della responsabilità precontrattuale, ai sensi dell’articolo 1337 del Cc, quali lo stadio avanzato delle trattative, il ragionevole affidamento suscitato nella conclusione del contratto, l’assenza di una giusta causa di recesso e quindi la violazione degli obblighi di buona fede, concretano altrettanti accertamenti di fatto, demandati alla esclusiva competenza del giudice di merito, incensurabili in Cassazione se adeguatamente motivati.

Cass. civ., 8 marzo 2017 n. 5877
In tema di appalto, il risarcimento del danno in caso di vizi dell’opera appaltata è rimedio alternativo e autonomo rispetto alle tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall’articolo 1668 del Cc, e normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall’appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori.

Cass. civ., 7 marzo 2017 n. 5630
In difetto di valida allegazione e prova di diversa specifica previsione contrattuale, la fideiussione si estingue quando dell’obbligazione principale si verifica l’estinzione, senza che rilevino le modalità di quest’ultima o le fonti della provvista del debitore principale e, in particolare, senza che rilevi in contrario la circostanza che l’estinzione stessa abbia avuto luogo in base a ulteriori finanziamenti o condotte di tolleranza da parte del medesimo creditore, le quali non abbiano così diminuito la posizione debitoria complessiva.

RESPONSABILITA’ CIVILE, DANNI E RISARCIMENTI

Cass. civ., 26 aprile 2017 n. 10221
Nella r.c.a., il danno derivante dal ritardato pagamento da parte dell’istituto assicurativo non può limitarsi ai soli interessi di mora ma deve coprire la maggior somma, anche eventualmente oltre il massimale, che l’assicurato deve pagare proprio a causa dell’inadempimento della compagnia di assicurazione.

Cass. civ., 13 aprile 2017 n. 9646
Con riguardo alla responsabilità civile, il rispetto dell’obbligo di regolare la velocità «in relazione alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, allo scopo di evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione», dev’essere valutato tenendo conto anche delle «eventuali superiori cognizioni dell’agente in ordine alle caratteristiche concrete delle circostanze contingenti», non potendo il giudice procedere alla ricognizione dell’an e/o del quantum della colpa sulla base di un parametro cognitivo d’indole puramente oggettiva o astratta.

Cass. civ., 13 aprile 2017 n. 9571
La spedizione in ritardo non legittima il risarcimento del danno se la ditta che si occupa delle consegne non conosce il contenuto e quindi l’importanza di un invio tempestivo.

Cass. civ., 12 aprile 2017 n. 9349
In caso di concorso della vittima nella determinazione dell’evento dannoso, nei confronti dei congiunti che agiscono iure proprio opera la corrispondente riduzione del risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale.

Cass. civ., 5 aprile 2017 n. 8805
L’avvocato che abbia ricevuto dalla propria un banca un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e che in seguito sia dichiarato illegittimo deve subito chiedere i danni all’immagine e alla propria onorabilità, dimostrando anche l’elemento di colpa da parte dell’istituto di credito.

Cass. civ., 4 aprile 2017 n. 8687
Il Comune è tenuto a risarcire il danno patrimoniale subito dal vincitore ex equo di un concorso nel caso in cui l’abbia assunto con 17 anni di ritardo, preferendogli con un atto poi dichiarato illegittimo l’altro candidato.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7057
Entrambe le parti processuali che agiscono e resistono nel giudizio avente a oggetto il risarcimento dei danni derivati da uno scontro di veicoli, per superare la presunzione legale di pari concorso nella causazione del sinistro sono onerate non soltanto della prova della condotta dell’altro conducente violativa della regola che impone il principio del neminem laedere e delle norme che disciplinano la circolazione stradale, ma, altresì, della prova (positiva) della propria condotta, che deve risultare conforme alle prescrizioni del codice della strada e immune da colpa generica, dovendo essere improntata la condotta di guida sempre alla massima attenzione, ed essendo pertanto tenuto il conducente del veicolo a fare tutto quanto possibile per evitare il danno e a porre in atto le manovre di emergenza che, avuto riguardo alle concrete circostanze di fatto, erano esigibili.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7056
In caso di scontro tra veicoli è correttamente configurabile – agli effetti dell’articolo 2054 c.c. – il concorso di colpa accertata a carico di uno dei conducenti con una colpa presunta a carico dell’altro conducente.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7054
Il diritto al risarcimento del danno patrimoniale, che spetta – a norma dell’articolo 2043 del Cc – iure proprio ai congiunti di persona deceduta a causa di altrui fatto illecito, richiede l’accertamento che i medesimi siano stati privati di utilità economiche di cui già beneficiavano e di cui, presumibilmente, avrebbero continuato a fruire in futuro. Tale danno deve essere liquidato sulla base di una valutazione equitativa circostanziata, rimessa al giudice del merito, che tenga conto della rilevanza del legame di solidarietà familiare e delle prospettive di reddito.

DIRITTO D’AUTORE E BREVETTI

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7477
La serialità propria della produzione di articoli di industrial design non esclude il valore artistico richiesto per la proteggibilità dell’opera che va ricercato in altri indicatori oggettivi, non necessariamente concorrenti, quali: il riconoscimento delle qualità estetiche ed artistiche da parte di ambienti culturali ed istituzionali; l’esposizione in mostre o musei; la pubblicazione su riviste specializzate; l’attribuzione di premi, o comunque l’acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità, o infine la creazione da parte di un noto artista.

DIRITTO DEL LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE

Cass. civ., 19 aprile 2017 n. 9869
Illegittimo il licenziamento se il datore non provvede al repechage. Ma il “ripescaggio” deve essere eseguito in relazione alla professionalità acquisita e, quindi, utilizzato per ricollocare il dipendente in una posizione di pari prestigio rispetto a quella rivestita in passato. In caso contrario si tratta di demansionamento che supera l’esigenza di ristrutturazione del datore di chiudere un determinato reparto.

Cass. civ., 13 aprile 2017 n. 9589
L’articolo 2118 del Cc prevede l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento in cui non ci sia stato un preavviso lavorato senza eccettuare l’ipotesi in cui il lavoratore licenziato abbia immediatamente trovato un’altra occupazione lavorativa, neppure nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva preveda un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto di servizi alle dipendenze dell’impresa subentrante, lasciando ferme la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante.

Cass. civ., 12 aprile 2017 n. 9400
Nel contratto di lavoro a progetto la specificità del progetto, programma o fase deve essere indicata ex ante in forma scritta affinché sia chiaro l’obiettivo che il contratto si prefigge di raggiungere e il risultato della prestazione richiesta al collaboratore, che deve essere necessariamente rivolta a quell’obiettivo. Tale specificità diviene l’elemento caratterizzante della differenza fra un genuino rapporto di lavoro a progetto e un contratto stipulato per celare un rapporto di lavoro subordinato; in mancanza, il lavoro nominalmente a progetto si trasforma ope legis in lavoro subordinato fin dalla sua costituzione, a nulla rilevando le concrete modalità di svolgimento.

Cass. civ., 30 marzo 2017 n. 8260
Nell’ambito di una procedura di mobilità, ai sensi della legge 223/1991, il verbale di conciliazione sottoscritto in sede sindacale, può essere annullato qualora si accerti che il datore di lavoro, inserendo il dipendente nella lista degli esuberi, l’abbia erroneamente indotto a ritenere di essere tra le eccedenze, mentre di lì a poco ha assunto un nuovo impiegato per quella medesima posizione.

Cass. civ., 24 marzo 2017 n. 7687
Non è consentita al ricorrente la tardiva deduzione di un vizio del procedimento disciplinare non dedotto nell’atto introduttivo né può il giudice rilevare d’ufficio una ragione di nullità del licenziamento diversa da quella eccepita dalla parte, salvo che si tratti di modifica relativa alla sola qualificazione giuridica dello stesso fatto denunciato.

Cass. civ., 24 marzo 2017 n. 7686
La disciplina in tema di trasferimento di azienda trova applicazione anche in assenza di un vincolo contrattuale diretto tra l’impresa uscente e quella subentrante, purché nel concreto vi sia un trasferimento in senso oggettivo e la conservazione dell’entità aziendale.

Cass. civ., 24 marzo 2017 n. 7675
Con riguardo all’indennità prevista per le lavoratrici madri che si trovino nelle condizioni di cui al comma 2 dell’articolo 24 del Dlgs 151/2001, l’espressione senza retribuzione deve intendersi nel senso che la lavoratrice non ha diritto alla retribuzione in dipendenza dell’assenza e non già quale mero fatto da cui deriva l’esclusione del beneficio. È pertanto necessario che la situazione di mancanza del diritto alla retribuzione in dipendenza dell’assenza sia stata accertata in maniera definitiva per effetto di un accordo tra le parti del rapporto di lavoro.

Cass. civ., 21 marzo 2017 n. 7176
E’ legittimo il licenziamento del lavoratore che rifiuti di intervenire in caso di emergenza: deve essere censurato con la sanzione più dura il comportamento del tecnico che, nella veste di responsabile d’emergenza e con la reperibilità, si rifiuti di intervenire in piena notte a fronte di un calo pressorio del gas con successiva e pericolosa perdita.

Cass. civ., 15 marzo 2017 n. 6775
L’assunzione alle dipendenze di una pubblica amministrazione senza il rispetto della procedura concorsuale o selettiva è nulla e, come tale, improduttiva di effetti. In tale ipotesi, l’amministrazione può risolvere il rapporto di lavoro, restando esclusa l’applicabilità della legge 241/1990 e senza che sia configurabile un diritto al risarcimento dei danni in capo al lavoratore illegittimamente assunto, in mancanza della prova della violazione degli obblighi di buona fede e correttezza da parte della Pubblica Amministrazione.

Cass. civ., 15 marzo 2017 n. 6770
Il trasferimento di azienda o di un ramo d’azienda è configurabile anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, sempre che si abbia un passaggio di beni di non trascurabile entità, tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa. Per determinare se l’entità economica conservi la sua identità si deve prendere in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione, tenendo conto che l’importanza da attribuire ai singoli criteri varia in funzione dell’attività esercitata o addirittura in funzione dei metodi di produzione o di gestione utilizzati nell’impresa, nello stabilimento o nella parte di stabilimento di cui trattasi. Nei settori nei quali l’attività si fonda essenzialmente sulla manodopera, un gruppo di lavoratori può corrispondere a un’entità economica.

Cass. civ., 14 marzo 2017 n. 6543
Ai fini del riconoscimento della maggiorazione contributiva per esposizione ultradecennale all’amianto, il lavoratore non è tenuto a fornire la prova esatta della frequenza e della durata del contatto, essendo sufficiente la rilevante probabilità di esposizione al rischio di malattia, attraverso un giudizio di pericolosità dell’ambiente di lavoro.

Cass. civ., 14 marzo 2017 n. 6535
In tema di previdenza contributiva e in applicazione della disciplina prevista dal Dm 158/2000, istitutivo, presso l’Inps, del Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell’occupazione e della riconversione e qualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese di credito, ai fini della determinazione della retribuzione utile, su cui deve essere calcolata la contribuzione per i periodi di erogazione straordinaria di sostegno al reddito, occorre fare riferimento alla regole previste dai commi 12 e 7 dell’articolo 10 del Dm medesimo (importo della retribuzione quale fissato dalla contrattazione collettiva vigente nel momento della cessazione del rapporto), senza che possano influire variazioni in eccedenza o in difetto dovute a contingenti modalità di svolgimento della prestazione.

Cass. civ., 13 marzo 2017 n. 6413
In caso di illegittima reiterazione di contratti a termine alle dipendenze di una pubblica amministrazione, il pregiudizio economico oggetto di risarcimento non può essere collegato alla mancata conversione del rapporto: quest’ultima, infatti, è esclusa per legge e trattasi di esclusione del tutto legittima sia secondo i parametri costituzionali sia secondo quelli comunitari. Piuttosto, al fine di consentire al lavoratore che abbia patito la reiterazione di contratti a termine di avvalersi di una presunzione di legge circa l’ammontare del danno, normalmente correlato alla perdita di chance di altre occasioni di lavoro stabile, si rinviene nel comma 5 dell’articolo 32 della legge 183 del 2010, una disposizione idonea allo scopo, nella misura in cui, prevedendo un risarcimento predeterminato tra un minimo e un massimo, consente al lavoratore di essere esonerato dall’onere della prova, fermo restando il suo diritto di provare di aver subito danni ulteriori.

Cass. civ., 13 marzo 2017 n. 6405
In tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali e assistenziali, l’accertamento dell’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro subordinato in luogo di un lavoro a progetto per la mancanza di uno specifico progetto, benché regolarmente denunciato e registrato, concretizza l’ipotesi di evasione contributiva di cui alla lettera b) del comma 8 dell’articolo 116 della legge 388/2000 e non la meno grave fattispecie di omissione contributiva di cui alla lettera a) della medesima norma, dovendosi ritenere che la stipulazione di un contratto di lavoro a progetto privo dei requisiti prescritti dalla legge implichi occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e fa presumere l’esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti. Conseguentemente, grava sul datore di lavoro inadempiente l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, che non può tuttavia reputarsi assolto in ragione dell’avvenuta corretta annotazione dei dati omessi o infedelmente riportati nelle denunce sui libri di cui è obbligatoria la tenuta; in tale contesto spetta al giudice del merito accertare la sussistenza, ove dedotte, di circostanze fattuali atte a vincere la suddetta presunzione, con valutazione intangibile in sede di legittimità ove congruamente motivata.

Cass. civ., 10 marzo 2017 n. 6295
Nell’ambito della disciplina del rapporto di lavoro subordinato privato, il riconoscimento da parte dell’azienda della dimensione collettiva di un determinato uso aziendale fa sorgere un obbligo unilaterale di carattere collettivo che agisce sul piano dei singoli rapporti individuali allo stesso modo e con la stessa efficacia di un contratto collettivo aziendale, sostituendo alle clausole contrattuali e a quelle collettive in vigore quelle più favorevoli rispetto all’aziendale, in conformità del disposto di cui all’articolo 2077 del c.c.

Cass. civ., 9 marzo 2017 n. 6091
In caso di dichiarazione di illegittimità del licenziamento, la detraibilità dell’aliunde perceptum sull’importo dovuto a titolo di risarcimento del danno non è consentita ove il reddito medio tempore percepito risulti ricavato da attività, comunque, compatibile con la prosecuzione contestuale della prestazione lavorativa sospesa a seguito del licenziamento. Ai fini della configurabilità della violazione dell’obbligo di fedeltà, e in particolare del divieto di operare in concorrenza con il datore di lavoro, non è sufficiente la mera potenzialità lesiva della condotta addebitata al dipendente.

Cass. civ., 3 marzo 2017 n. 5452
È compatibile la contemporanea iscrizione presso la gestione commercianti (di cui all’articolo 29 della legge 1397/1960) e presso la gestione separata (di cui al comma 26 dell’articolo 2 della legge 335/1995) di un socio amministratore di società a responsabilità limitata che, nel contempo, svolga attività lavorativa all’interno della stessa società.

Cass. civ., 3 marzo 2017 n. 5450
Il limite di reddito per conseguire il diritto alla pensione di inabilità civile, di cui all’articolo 12 della legge 118/1971, deve essere calcolato con riguardo alla base imponibile ai fini Irpef, al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 del T.U.I.R..

Cass. civ., 2 marzo 2017 n. 5316
Nell’impiego pubblico contrattualizzato la natura perentoria dei termini previsti per il procedimento disciplinare dalla legge o dalla contrattazione di comparto esclude che il procedimento stesso possa essere sospeso per cause diverse da quelle espressamente previste dal legislatore o dalle parti collettive, sicché la sospensione disposta in assenza di una specifica disposizione non impedisce il decorso del termini. Il ricorso straordinario di cui all’articolo 625-bis del c.p.p. presuppone la definitività della sentenza di condanna e, quindi, non rileva come causa di sospensione nei rapporti tra processo penale e procedimento disciplinare.

Cass. civ., 2 marzo 2017 n. 5314
Ai sensi dell’articolo 7 della legge 300/1970 il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, a essere sentito oralmente dal datore di lavoro; tuttavia, ove il datore di lavoro, a seguito di detta richiesta, abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi non ha diritto a un differimento dell’incontro limitandosi ad addurre un’impossibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda a un’effettiva esigenza difensiva non altrimenti tutelabile.

Cass. civ., 2 marzo 2017 n. 5313
Il licenziamento disciplinare, nel regime giuridico dei rapporti di lavoro di cui all’articolo 2 del Dlgs 165/2001, è negozio giuridico di diritto privato regolato, quanto alla forma dell’atto, dalla legge 604/1966. L’obbligo di motivazione, quindi, non è quello dei provvedimenti amministrativi ed è assolto dall’amministrazione con l’indicazione del fatto, già oggetto di contestazione che, a giudizio del datore di lavoro, giustifica il recesso.

FALLIMENTO E ALTRE PROCEDURE CONCURSUALI

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7052
Il decreto del giudice delegato di ammissione di un credito allo stato passivo del fallimento, emesso ai sensi dell’articolo 97 della legge fallimentare, ha natura giurisdizionale e da esso deriva un’efficacia preclusiva esclusivamente endofallimentare, ma non spiega alcuna efficacia nel giudizio promosso dal creditore nei confronti di persona coobbligata del fallito. In particolare, in tema di definitiva formazione dello stato passivo l’accertamento dei diritti dei creditori conseguente al decreto di esecutività emesso ex articolo 97 della legge fallimentare dal giudice delegato non ha valore di giudicato fuori dal fallimento, in quanto detto provvedimento ha effetto preclusivo soltanto durante la procedura fallimentare, implicando che, in corso di essa, non possono essere proposte dal creditore e dal debitore, a un giudice diverso da quello fallimentare, le questioni riconducibili al credito ammesso al passivo, come pure alla validità e opponibilità del titolo da cui esso deriva.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7037
A seguito della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di una società si determina, per un verso, la perdita della capacità (anche) processuale degli organi societari e, per altro verso, la temporanea improcedibilità – fino alla conclusione della fase amministrativa di accertamento dello stato passivo davanti agli organi della procedura ai sensi degli articoli 201 e seguenti della legge fallimentare – della domanda azionata in sede di cognizione ordinaria, rilevabile anche d’ufficio e pure nella fase di cassazione, in difetto di una norma analoga all’articolo 25 della legge n. 990 del 1969. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualsiasi credito nei confronti di un’impresa posta in liquidazione coatta amministrativa deve essere fatto valere in sede concorsuale, nell’ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, mentre il giudice può conoscerne in sede ordinaria solo in un momento successivo sulle opposizioni o impugnazioni dello stato passivo formato in detta sede, così determinandosi una situazione di improponibilità o, se proposta, d’improseguibilità della domanda, che concerne sia le domande di condanna che quelle di mero accertamento del credito, sicché la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria diventa improcedibile in virtù di norme inderogabilmente poste a tutela del principio della par condicio creditorum.

PROCEDURE ESECUTIVE

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7042
Qualora siano state proposte opposizioni esecutive, l’estinzione del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo, solamente rispetto alle opposizioni agli atti esecutivi, mentre, rispetto alle opposizioni aventi per oggetto il diritto a procedere a esecuzione forzata, in rapporto all’esistenza del titolo esecutivo o del credito, permane l’interesse alla decisione, con la precisazione che, se oggetto dell’opposizione è la pignorabilità dei beni, l’interesse torna a cessare quando il pignoramento è caduto su somme di denaro o di altre cose fungibili, perché il vincolo imposto dal pignoramento su questo genere di cose (che consiste nell’inefficacia dei successivi atti di disposizione per una somma equivalente) si esaurisce con la sopravvenuta inefficacia del pignoramento. Tali principi trovano applicazione anche riguardo all’opposizione di terzo all’esecuzione ritualmente proposta, in cui il terzo, cioè, lamenti l’errore nell’individuazione del bene da consegnare, ovvero denunci che l’esecuzione diretta ha esorbitato dalla consistenza del bene così come cristallizzato nel titolo esecutivo. Ciò perché sussiste indubbiamente l’interesse dell’opponente all’accertamento della denunciata illegittimità dell’esecuzione, che resiste al suo definito compimento, proprio per la sua finalità tendente alla tutela dello ius possessionis.

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7504
Va considera illegittima la class action portata avanti per tutelare gli interessi non di tutti gli appartenenti ma solo quelli del singolo.

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7415
Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano a oggetto un medesimo rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica comune a entrambe le cause preclude il riesame del punto accertato e risolto, pur se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle costituenti lo scopo e il petitum del primo; l’autorità del giudicato non è di ostacolo all’allegazione e alla cognizione di nuovi e posteriori eventi i quali incidano sul modo di essere del diritto deciso, ma impedisce il riesame o la deduzione di questioni anteriori a esso, tendenti a una nuova decisione della controversia già risolta con provvedimento definitivo, a nulla rilevando che questi ultimi non fossero conosciuti dalle parti al tempo del primo processo.

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7414
In tema di deposizione de relato è preferibile la tesi secondo cui la valenza della deposizione de relato actoris è sostanzialmente nulla. In caso contrario (ove, cioè si affermi che una siffatta deposizione possa assurgere a valido elemento di prova, quando sia suffragata da ulteriori risultanze probatorie) si finirebbe con l’attribuire una veste qualificata – quella di elemento di prova – a una mera allegazione della parte circa un fatto costitutivo della domanda, per il solo fatto di essere stata confermata nella fase istruttoria mediante la deposizione di un teste che quella allegazione si è, invece, limitato in ipotesi a riportare in quanto tale (ossia per avere appreso il fatto dalla parte stessa e non per cognizione diretta, o, al limite, per averlo appreso da terzi estranei al giudizio.

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7411
Ai fini della determinatezza degli elementi di cui ai numeri 3 e 4 dell’articolo 163, comma 2, del Cpc, l’atto di citazione è valido ogniqualvolta contenga le indicazioni necessarie e sufficienti a consentire al convenuto di difendersi (facendogli conoscere quali pregiudizi vengano imputati dall’attore alla sua condotta illecita) e al giudice di individuare il thema decidendum. Deriva da quanto precede, pertanto, che quando sia proposta domanda risarcitoria l’attore ha l’onere di descrivere in modo concreto i pregiudizi dei quali chiede il ristoro, non essendo ammesse formule generiche o di stile. Tuttavia, una volta indicata la categoria, patrimoniale o non patrimoniale, dei danni dei quali è chiesto il risarcimento e, nell’ambito di questa, la tipologia dei pregiudizi, mediante ricorso a singole voci di danno, non si può escludere che queste, in relazione al caso concreto e tenuto conto della accezione comune loro riconosciuta, presentino una portata descrittiva idonea a definire le ragioni della domanda, ai sensi dell’articolo 163, n. 4, del c.p.c. Le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta colpevole della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio, ma devono includere anche la descrizione delle lesioni, patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo.

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7406
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione vale anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali si denuncino errori da parte del giudice di merito. Anche laddove vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo – in particolare – in relazione ai quali la Corte di cassazione è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, si prospetta preliminare a ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto. Solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità, quindi, diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di questa ultima valutazione la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali.

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7404
Nell’ipotesi in cui il procuratore della parte non si presenti all’udienza di precisazione delle conclusioni o, presentandosi, non le precisi o le precisi in modo generico, vale la presunzione che la parte abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate, e a nulla rileva che, nella comparsa conclusionale, non siano tutte riproposte, non potendosi desumere dalla suddetta comparsa – per la sua funzione meramente illustrativa – alcuna volontà di rinuncia o abbandono delle conclusioni non riproposte.

Cass. civ., 23 marzo 2017 n. 7397
L’ordinanza con cui il giudice, nel dichiarare l’estinzione del processo per inattività delle parti, regoli le spese di lite secondo il principio di soccombenza, ha contenuto decisorio e natura sostanziale di sentenza, come tale impugnabile con i mezzi ordinari e non ricorribile per cassazione ai sensi dell’articolo 111, comma 7, della Costituzione.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7067
È nulla la sentenza di appello pronunciata prima della scadenza dei termini per le repliche.
Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7063
Il ricorso per cassazione proponibile, ex articolo 348-ter, comma 3, del Cpc, avverso la sentenza di primo grado, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, dell’ordinanza d’inammissibilità dell’appello resa ai sensi dell’articolo 348-bis del Cpc, è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità di cui all’articolo 369, comma 2, del Cpc, a un duplice onere di deposito, avente a oggetto la copia autentica sia della sentenza suddetta che, per la verifica della tempestività del ricorso, della citata ordinanza, con la relativa comunicazione o notificazione. In difetto, il ricorso è improcedibile, salvo che, ove il ricorrente abbia assolto l’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice a quo, la Corte, nell’esercitare il proprio potere officioso, rilevi che l’impugnazione sia stata proposta nei sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione ovvero, in mancanza dell’una e dell’altra, entro il termine lungo. L’ordinanza d’inammissibilità dell’appello, resa ex articolo 348-ter del Cpc è ricorribile per cassazione (ai sensi dell’articolo 111, comma 7, della Costituzione) limitatamente ai vizi suoi propri, costituenti violazioni della legge processuale, purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio a essa sotteso. È evidente, peraltro, che il mancato richiamo a precedenti conformi a quanto deciso dal giudice di appello non è obbligatorio, essendo una delle possibili forme della succinta motivazione del provvedimento.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7055
Deve escludersi che la parte che sia incorsa in decadenza nella produzione di un documento – senza che ricorrano le condizioni di cui all’articolo 184-bis del Cpc e senza formulare istanza di rimessione in termini secondo il procedimento previsto dall’articolo 294 del Cpc – possa poi aggirare la sanzione processuale mediante l’allegazione tardiva del medesimo documento ad atti processuali compiuti nelle successive fasi processuali, ovvero possa rinnovare, senza incontrare alcun limite, tale produzione in grado di appello, determinando sostanzialmente una riapertura della istruzione, consentita solo in ristrettissimi limiti in quel tipo di giudizio. In ordine all’esercizio del potere officioso di ammissione, in grado di appello, di nuova prova è indispensabile l’assoluta decisività della prova, tale cioè da essere risolutiva ai fini della decisione della controversia, dovendosi ritenere indispensabili quei soli documenti la cui necessità emerga soltanto dalla sentenza impugnata e dei quali non era, pertanto, apprezzabile neppure una mera utilità nel pregresso giudizio di primo grado. Tale potere – comunque – non è esercitato su istanza o nell’interesse della parte, ma è previsto esclusivamente in funzione della esigenza del giudice di merito di risolvere eccezionali e altrimenti insuperabili incertezze ostative alla formazione di un appagante convincimento in ordine al giudizio di prevalenza dell’efficacia probatoria da assegnare a uno o più elementi, ritenuti rilevanti, tratti dal complesso delle risultanze istruttorie ritualmente acquisite al giudizio, sicché ove tale incertezza interpretativa dei fatti provati in giudizio non sussista, perché il giudice di merito si ritenga del tutto appagato, nella formazione del proprio convincimento, dalla ricostruzione della fattispecie operata alla stregua delle risultanze probatorie già acquisite, in tale caso non vi è spazio per il potere inquisitorio in questione che, se esercitato oltre il ristretto ambito consentito, verrebbe a interferire illegittimamente nel regolare svolgimento del processo, alterando il principio di parità delle armi dei soggetti che agiscono nel processo.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7053
Il divieto della decisione sulla base di argomenti non sottoposti al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo. Infatti, la sentenza che decida su di una questione di puro diritto, rilevata d’ufficio, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (terza via), non è nulla in quanto, da tale omissione può solo derivare un vizio di error in iudicando, ovvero di error in iudicando de iure procedendi, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7050
Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice all’azione, quando detta qualificazione abbia condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito e la parte interessata abbia omesso di proporre specifica impugnazione sul punto, non dunque quando – viceversa – la qualificazione giuridica della domanda non abbia comportato alcun accertamento dei fatti incompatibile con la differente prospettazione. La locuzione domande ed eccezioni non accolte, di cui all’articolo 346 del Cpc deve ritenersi limitata alle sole domande o eccezioni autonome, sulle quali il giudice non si sia espressamente pronunciato. Viceversa, in relazione alle domande o eccezioni autonome, espressamente e motivatamente respinte dal primo giudice, la parte interamente vittoriosa in primo grado deve ritenersi onerata dalla proposizione dell’appello incidentale (eventualmente condizionato) atteso che, in relazione alle dette questioni rileva la previsione dell’articolo 329, comma 2, del Cpc per cui in assenza di puntuale impugnazione opera la presunzione di acquiescenza.

Cass. civ., 20 marzo 2017 n. 7048
Ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente per cassazione dall’articolo 366, comma 1, n. 6, del Cpc, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario specificare, in ossequio al principio di autosufficienza, la sede in cui gli atti stessi sono rinvenibili (fascicolo d’ufficio o di parte), provvedendo anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame. In definitiva parte ricorrente deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione. Deriva da quanto precede, pertanto, che la denuncia di illegittimo rifiuto da parte del giudice di merito di una prova documentale, la contestazione della ritenuta tardività della produzione documentale o delle richieste di prova, la contestazione dei risultati della consulenza tecnica, la deduzione di avere tempestivamente proposto talune domande, non possono consistere nella generica affermazione che il documento è rinvenibile nel fascicolo di primo grado, per non essere il ricorso stesso idoneo, per l’ampiezza della espressione usata, a impedire il pericolo di un soggettivismo giudiziario. Tale deduzione, in particolare, perché costringe il giudice non solo a una ricerca, non sempre agevole, del suddetto documento tra gli atti (talvolta numerosi) di causa, ma, una volta rinvenutolo, all’accertamento necessario per decidere sulla ritualità del suo deposito, e della tempestività delle eventuali eccezioni che su tale documento si fondano, e che non possono essere sottratte a un regolare e pieno contraddittorio tra le parti di causa.

Cass. civ., 16 marzo 2017 n. 6854
Le controversie tra proprietari di fabbricati vicini relative all’osservanza di norme che prescrivono distanze tra le costruzioni o rispetto ai confini appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, senza che rilevi l’avvenuto rilascio del titolo abilitativo alla attività costruttiva, la cui legittimità potrà essere valutata incidenter tantum dal giudice ordinario attraverso l’esercizio del potere di disapplicazione del provvedimento amministrativo, salvo che la domanda risarcitoria non sia diretta anche nei confronti della Pa (nella specie, il Comune) per far valere l’illegittimità dell’attività provvedimentale, sussistendo in questo caso la giurisdizione del giudice amministrativo.
Cass. civ., 14 marzo 2017 n. 6587
Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata. Deve ritenersi, in particolare, inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente una affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la sentenza impugnata e di assolvere, così, il compito istituzionale di verificare il fondamento della suddetta violazione.

Cass. civ., 8 marzo 2017 n. 5877
Qualora l’impugnazione investa una pronuncia in rito, l’appellante può limitarsi nel gravame a denunciare l’erroneità della decisione e a richiamare l’atto introduttivo del primo grado, senza bisogno di riprodurne le ragioni di merito, di cui il giudice del gravame può prendere conoscenza visionando l’atto nel fascicolo dell’appellante ovvero in quello d’ufficio di primo grado, atteso che dall’accoglimento dell’impugnazione discende l’integrale devoluzione al giudice dell’appello del compito di decidere tutte le questioni dedotte nel giudizio di primo grado.

DIRITTO E PROCEDURA PENALE

Cass. pen., 28 aprile 2017 n. 20664
Il reato di malversazione in danno dello Stato (articolo 316-bis codice penale) concorre con quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (articolo 640-bis codice penale).

Cass. pen., 20 aprile 2017 n. 19029
Non può essere addebitata al parroco la morte di un bambino deceduto a seguito del ribaltamento della porta di calcio del campo sportivo parrocchiale a cui si era appeso, perché privata del suo ancoraggio, a seguito della concessione dell’area al comitato organizzatore di una festa patronale.

Cass. pen., 19 aprile 2017 n. 18886
Integra il reato di peculato la condotta del professionista delegato dal giudice a curare le operazioni di vendita nell’ambito di procedure di esecuzione che si appropri delle somme corrisposte dagli aggiudicatari delle vendite. L’elemento distintivo tra il peculato e la truffa aggravata ai sensi dell’articolo 61, numero 9, del Cp va individuato con riferimento alle modalità del possesso del denaro o di altra cosa mobile altrui oggetto di appropriazione. È ravvisabile, quindi, il peculato quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio fa proprio il bene altrui del quale abbia già il possesso per ragione del suo ufficio o servizio e l’eventuale condotta fraudolenta non è finalizzata a conseguire il possesso del bene ma a occultare l’illecito; mentre, vi è la truffa aggravata quando l’impossessamento del denaro o di altra utilità costituisce conseguenza logica e temporale degli artifizi e raggiri posti in essere dal funzionario altrimenti privo della possibilità di acquisirne direttamente l’importo, non avendone autonomamente la disponibilità.

Cass. pen., 19 aprile 2017 n. 18834
Risponde del reato di omesso versamento Iva, l’amministratore subentrato nell’incarico dopo la dichiarazione di imposta ma prima della scadenza dell’obbligo tributario, qualora non provveda a completare il pagamento dell’acconto.

Cass. pen., 14 aprile 2017 n. 18620
È affetta da vizio di motivazione ex articolo 606, comma 1, lettera e), del Cpp, per mancato rispetto del canone di giudizio «al di là di ogni ragionevole dubbio», di cui all’articolo 533, comma 1, del Cpp, la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria emessa all’esito di un giudizio abbreviato, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame delle persone che abbiano reso tali dichiarazioni. E ad analoga conclusione deve pervenirsi nel caso di riforma della sentenza assolutoria agli effetti civili, emessa all’esito di giudizio abbreviato, a seguito di accoglimento dell’appello proposto dalla parte civile.

Cass. pen., 6 aprile 2017 n. 17546
La circostanza aggravante di cui all’articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991 n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991 n. 203, configurabile rispetto a ogni delitto, punito con sanzione diversa dall’ergastolo, che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del Cp ovvero al fine di agevolare l’attività di un’associazione di tipo mafioso, può trovare applicazione anche in relazione al delitto di trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto legge 8 giugno 1992 n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992 n. 356), qualora l’occultamento giuridico di un’attività imprenditoriale di un soggetto, attraverso la fittizia intestazione ad altri, implementi la forza del sodalizio di stampo mafioso, determinando un accrescimento della sua posizione sul territorio attraverso il controllo di un’attività economica. Occorre, pertanto, in relazione al dolo specifico di favorire l’associazione richiesto per l’integrazione dell’aggravante, che la relativa finalità costituisca l’obiettivo diretto della condotta di intestazione fittizia, nel senso che l’attività economica gestita – sotto copertura – da esponenti del sodalizio mafioso o comunque da persone a esso legate, sia funzionale agli interessi dell’organizzazione criminale, di modo che questa ne tragga mezzi, forza e prestigio per esercitare il proprio predominio sul territorio.

Cass. pen., 6 aprile 2017 n. 17228
Il parziale pagamento dell’ammenda da parte del condannato impedisce l’estinzione della pena per decorso del tempo.

Cass. pen., 5 aprile 2017 n. 17192
Scatta il diritto alla equa riparazione per il protrarsi della custodia cautelare anche dopo la sentenza di condanna qualora la pena sia stata condizionalmente sospesa.

Cass. pen., 5 aprile 2017 n. 17061
Il reato di resistenza postula la violenza o la minaccia per opporsi all’atto di ufficio o di servizio, il che presuppone – quanto alla prima ipotesi – un vero e proprio impiego di forza da parte dell’agente e – quanto alla seconda ipotesi – l’attuazione di un comportamento percepibile come minaccioso, in entrambi i casi volto contrastare il compimento dell’atto del pubblico ufficiale. Per l’effetto, il delitto non è configurabile nel caso in cui l’agente ponga in essere una condotta di mera resistenza passiva, come nel caso in cui si dia semplicemente alla fuga, ovvero quando si limiti a divincolarsi come una reazione spontanea e istintiva al compimento dell’atto del pubblico ufficiale. Dovendosi piuttosto solo precisare, quanto alla fuga, che integra l’elemento materiale della violenza rilevante ai fini della sussistenza della resistenza punibile, la condotta del soggetto che si dia alla fuga, alla guida di una autovettura, non limitandosi a cercare di sottrarsi all’inseguimento, ma ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida obiettivamente pericolosa, l’incolumità personale degli agenti inseguitori o degli altri utenti della strada.

Cass. pen., 3 aprile 2017 n. 16535
È inammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo che non sia stato ancora eseguito, in quanto in tale situazione non può ancora ravvisarsi un interesse concreto e attuale a proporre impugnazione.

Cass. pen., 28 marzo 2017 n. 15272
Le possibilità di mera restituzione degli atti al pubblico ministero da parte del Gip investito da una richiesta di emissione del decreto penale di condanna (articolo 459, comma 3, del Cpp) riguardano solo i profili di legittimità del rito (in quanto sottoposti al controllo del giudice), di qualificazione giuridica del fatto (potere connaturale all’esercizio della giurisdizione) o di idoneità e adeguatezza della pena con riferimento al caso concreto. È da escludere che vi possano essere spazi ulteriori basati su ragioni di opportunità per la restituzione degli atti da parte del giudice, il quale, quindi, lì dove ritenga di non emettere sentenza ex articolo 129 del Cpp, è tenuto, al di là delle suddette ipotesi, a emettere il decreto penale. Ne deriva che è abnorme, perché non consentita dall’ordinamento processuale, la restituzione degli atti motivata dal giudice sulla base della ipotetica valutazione di applicabilità della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis del Cp. Del resto, il giudice neppure potrebbe provvedere a pronunciare sentenza di proscioglimento immediato ex articolo 129 del Cpp, perché la particolarità del procedimento per decreto, privo di contraddittorio, è incompatibile con la specificità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’articolo 131-bis del Cp, in ragione della peculiare natura di tale istituto, che implica l’instaurazione del contraddittorio e che comporta l’emissione di un provvedimento non pienamente liberatorio, data la ricorrenza di effetti pregiudizievoli, tra cui l’iscrizione nel casellario giudiziale del provvedimento dichiarativo.

Cass. pen., 28 marzo 2017 n. 15263
Il reato di cui all’articolo 22, comma 12, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, che punisce il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno ovvero il cui permesso di soggiorno sia scaduto, revocato o annullato, a seguito delle modifiche introdotte con il decreto legge 23 maggio 2008 n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, che lo ha trasformato da illecito contravvenzionale in delitto, è punibile solo a titolo di dolo.

Cass. pen., 27 marzo 2017 n. 15197
Il difensore in sede penale è autorizzato a proporre autonomamente ricorso contro l’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza in relazione alla richiesta di gratuito patrocinio. Non occorre quindi, un’istanza ad hoc dell’imputato

Cass. pen., 27 marzo 2017 n. 14812
La parte civile non è legittimata ad impugnare la condanna generica al risarcimento del danno quando non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile circa l’entità del danno risarcibile.

Cass. pen., 24 marzo 2017 n. 14546
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’articolo 615-ter del Cp, da parte colui che, pur essendo abilitato, acceda o si mantenga in un sistema informatico o telematico protetto, violando le condizioni e i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso, è necessario verificare se il soggetto, ove normalmente abilitato ad accedere nel sistema, vi si sia introdotto o mantenuto appunto rispettando o meno le prescrizioni costituenti il presupposto legittimante la sua attività, giacché il dominus può apprestare le regole che ritenga più opportune per disciplinare l’accesso e le conseguenti modalità operative, potendo rientrare tra tali regole, ad esempio, anche il divieto di mantenersi all’interno del sistema copiando un file o inviandolo a mezzo di posta elettronica, incombenza questa che non si esaurisce nella mera pressione di un tasto ma è piuttosto caratterizzata da una apprezzabile dimensione cronologica.

Cass. pen., 22 marzo 2017 n. 13934
La liberazione anticipata deve essere concessa anche ai condannati alla pena dell’ergastolo con riferimento ai periodi trascorsi in liberazione condizionale con sottoposizione alla libertà vigilata, al fine di conseguire l’anticipazione della cessazione della misura di sicurezza e dell’estinzione della pena.

Cass. pec., 21 marzo 2017 n. 13849
Ai fini della configurabilità del reato di peculato, il possesso qualificato dalla ragione dell’ufficio o del servizio non è solo quello che rientra nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su un rapporto che consenta al soggetto di inserirsi di fatto nel maneggio o nella disponibilità della cosa o del denaro altrui, rinvenendo nella pubblica funzione o nel servizio anche la sola occasione per un tale comportamento. In questa prospettiva è irrilevante che l’agente sia entrato nel possesso del bene nel rispetto o meno delle disposizioni organizzative dell’ufficio, potendo lo stesso derivare anche dall’esercizio di fatto o arbitrario di funzioni, dovendosi escludere il peculato solo quando esso sia meramente occasionale, ovvero dipendente da evento fortuito o legato al caso. L’elemento distintivo tra il peculato e la truffa aggravata ai sensi dell’articolo 61, numero 9, del Cp va individuato con riferimento alle modalità del possesso del denaro o di altra cosa mobile altrui oggetto di appropriazione. È ravvisabile, quindi, il peculato quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio fa proprio il bene altrui del quale abbia già il possesso per ragione del suo ufficio o servizio e ricorre all’artificio o al raggiro (eventualmente consistente nella produzione di falsi documentali) per occultare la commissione dell’illecito; mentre, vi è la truffa aggravata qualora il pubblico agente, non avendo tale possesso, se lo procura mediante la condotta decettiva.

Cass. pec., 16 marzo 2017 n. 12621
Nell’ipotesi in cui l’azione di prevenzione patrimoniale prosegua ovvero sia esercitata dopo la morte del soggetto socialmente pericoloso (cfr. articolo 18, commi 2 e 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159), la confisca può avere a oggetto non solo i beni pervenuti a titolo di successione ereditaria, ma anche i beni che, al momento del decesso, erano comunque nella “disponibilità” del de cuius, per essere stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi. In tale ultima evenienza, laddove il giudice accerti la fittizietà dell’intestazione o del trasferimento di beni a terzi, la declaratoria di nullità dell’atto di disposizione prevista dall’articolo 26 del citato decreto legislativo n. 159 del 2011 non è pregiudiziale ai fini della validità della confisca, ma costituisce un obbligo consequenziale all’accertamento della fittizietà, la cui inosservanza da parte del giudice non integra vizi rilevanti ai sensi degli articoli 177 e seguenti del Cpp, bensì un’omissione rimediabile, anche d’ufficio, con la procedura ex articolo 130 del Cpp.

Cass. pec., 14 marzo 2017 n. 12192
Il motociclista che investa il ciclista provocandone la morte non è responsabile a priori per il solo fatto cioè di non aver rispettato i limiti di velocità previsti del codice della strada. Occorre verificare se era possibile avvistare il ciclista e avere il tempo per evitarlo o per ridurre comunque al massimo le conseguenze dello scontro.

Cass. pec., 13 marzo 2017 n. 11991
In tema di lesioni personali cagionate durante una competizione sportiva che implichi l’uso della forza fisica e il contrasto tra avversari (come nel caso del calcio), l’area del rischio consentito è delimitata dal rispetto delle regole tecniche del gioco, la violazione delle quali, peraltro, va valutata in concreto, con riferimento all’elemento psicologico dell’agente il cui comportamento può essere – pur nel travalicamento di quelle regole – la colposa, involontaria evoluzione dell’azione fisica legittimamente esplicata o, al contrario, la consapevole e dolosa intenzione di ledere l’avversario approfittando della circostanza del gioco. Per l’effetto, non è applicabile la scriminante del rischio consentito qualora nel corso di un incontro di calcio, terminata l’azione di gioco con l’impossessamento del pallone da parte del portiere, che si era gettato in terra per difenderlo, gli imputati lo abbiano colpito più volte, di gran lunga esorbitando dal rispetto delle regole del gioco, denotandosi così, dal loro concreto e ripetuto agire violento, l’elemento intenzionale del reato di lesioni volontarie.

Cass. pec., 13 marzo 2017 n. 11913
Il reato di cui all’articolo 659 del Cp non è stato oggetto di depenalizzazione alcuna, neppure con riferimento all’ipotesi prevista dal comma 2, sebbene essa preveda la sola sanzione pecuniaria. Ciò vale avendo riguardo al decreto legislativo n. 7 del 2016, laddove si prevede, fra l’altro, la depenalizzazione di talune fattispecie di reato previste dal codice penale, ma non si menziona affatto l’articolo 659 del Cp. Ma vale anche per il decreto legislativo n. 8 del 2016, laddove la generale previsione di depenalizzazione contenuta nell’articolo 1, comma 1, avente a oggetto tutti i reati puniti con la sola pena pecuniaria, soffre, oltre alle eccezioni concernenti le numerose disposizioni legislative elencate nell’allegato testo normativo, anche la deroga concernente tutte le ipotesi criminose contenute nel codice penale, eccettuate le sole disposizioni codicistiche cui si riferisce espressamente l’articolo 2 dello stesso decreto legislativo.

Cass. pec., 9 marzo 2017 n. 11423
In tema di furto, per poter ravvisare l’ipotesi di cui all’articolo 626, comma 1, numero 2, del Cp, del cosiddetto furto lieve per bisogno, è necessario che la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave e urgente bisogno: a tal fine, non basta un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave e indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa. In proposito, se non è previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, modellato sui principi propri del processo civile, è però prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore, fra i quali possono annoverarsi le cause di giustificazione.

Cass. pen., 6 marzo 2017 n. 10889
La sottrazione del dispositivo costituito da una bomboletta contenente gas urticante (oleoresin capsicum: spray al peperoncino) idoneo a provocare irritazione degli occhi, sia pure reversibile in un breve tempo, alla categoria degli oggetti atti a offendere di cui all’articolo 4 della legge n. 110 del 1975 è subordinata non solo alla condizione di conformità alle caratteristiche tecniche di cui all’articolo 1, comma 1, del Dm 12 maggio 2011 n. 103 (approvazione del regolamento sulla definizione delle caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum), ma anche alle modalità di impiego esclusivamente finalizzate all’autodifesa personale, mentre l’impiego come mezzo d’offesa comporta la piena e incondizionata applicazione della normativa in tema di armi

Cass. pen., 6 marzo 2017 n. 10875
In tema di qualificazione soggettiva degli addetti ai servizi postali, il dipendente di un ufficio postale non riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio relativamente a tutte le attività di bancoposta definite dall’articolo 2, comma 1, del Dpr 14 marzo 2001 n. 144 (regolamento recante norme sui servizi di bancoposta) e successive modifiche, ma solo con riferimento alle attività di raccolta del risparmio postale (articolo 2, comma 1, lettera b)), del Dpr citato), perché trattasi di attività che si distingue dalle altre attività di bancoposta (in primo luogo, da quella di raccolta di risparmio tra il pubblico, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del Dpr citato) per alcune peculiari caratteristiche che la rendono oggetto di una specifica disciplina pubblicistica. Infatti, rispetto alla «ordinaria raccolta di risparmio tra il pubblico», che rappresenta una delle caratteristiche attività bancarie ed è in quanto tale definita e sottoposta alla generale disciplina del testo unico bancario (Tub) e del testo unico finanza (Tuf), per la cui
applicazione l’ente poste è equiparato alle banche italiane, solo la «raccolta del risparmio postale» è oggetto di distinta considerazione all’articolo 2, comma 6, del Dpr n. 144 del 2001, in forza del quale il risparmio postale è disciplinato dal decreto legge 1° dicembre 1993 n. 487, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 1994 n. 71, e dal decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 284, prevedendosi in proposito che le norme del Tub e del Tuf potranno essere applicate solo «ove applicabili» e «in quanto compatibili». Ciò si spiega con il rilievo che il risparmio postale (che si esercita con i libretti di risparmio postale e con i buoni postali fruttiferi) soddisfa una finalità di pubblico interesse, dimostrata dal fatto che i relativi strumenti rappresentano forme di investimento prudenziale caratterizzate dall’immediata liquidabilità dell’investimento senza perdite in conto capitale o penalizzazioni, in ciò distinguendosi anche dagli investimenti nei comuni titoli di Stato, che, al contrario, sono soggetti, in caso di vendita anticipata rispetto alla naturale scadenza, a eventuali fluttuazioni del valore in conto capitale. Da ciò deriva la qualificazione a titolo di peculato della condotta del dipendente postale che si appropri del denaro, di cui abbia la disponibilità e il possesso nella sua qualità, afferente a raccolta di risparmio postale (in particolare, per operazioni riguardanti i buoni postali fruttiferi e i libretti di risparmio postale); mentre la condotta avente a oggetto somme raccolte con modalità e finalità diverse deve essere diversamente qualificata a titolo di appropriazione indebita.

Cass. pen., 2 marzo 2017 n. 10444
Il soggetto che venga condannato con rito abbreviato non può eccepire successivamente delle irregolarità legate alla mancata traduzione nella propria lingua.

Cass. pen., 1 marzo 2017 n. 10060
Nel phishing (truffa informatica effettuata inviando una e-mail con il logo contraffatto di un istituto di credito o di una società di commercio elettronico, in cui si invita il destinatario a fornire dati riservati quali numero di carta di credito, password di accesso al servizio di home banking, motivando tale richiesta con ragioni di ordine tecnico), accanto alla figura dell’hacker (esperto informatico) che si procura i dati, assume rilievo quella collaboratore prestaconto che mette a disposizione un conto corrente per accreditare le somme, ai fini della destinazione finale di tali somme. A tal riguardo, il comportamento di tale soggetto è punibile a titolo di riciclaggio ex articolo 648-bis del Cp, e non a titolo di concorso nei reati con cui si è sostanziato il phishing (articoli 615-ter e 640-ter del Cp), giacché la relativa condotta interviene, successivamente, con il compimento di operazioni volte a ostacolare la provenienza delittuosa delle somme depositate sul conto corrente e successivamente utilizzate per prelievi di contanti, ricariche di carte di credito o ricariche telefoniche.

Cass. pen., 1 marzo 2017 n. 10014
Il committente che non verifica l’idoneità tecnico professionale dell’impresa edile, risponde anche dell’infortunio occorso durante il sopralluogo e quindi ben prima della stipula del contratto di appalto.

DIRITTO AMMINISTRATIVO

T.A.R. Piemonte, 11 aprile 2017 n. 469
Nei confronti dell’extracomunitario, che ha esercitato il ricongiungimento familiare o sia familiare ricongiunto, l’eventuale diniego del permesso di soggiorno o del suo rinnovo non discende automaticamente dalla presenza di una causa ostativa (quale ad esempio una condanna penale), ma deve essere sempre preceduto da una valutazione discrezionale che tenga conto dell’interesse dello straniero e della sua famiglia alla conservazione dell’unità familiare, mettendo tale interesse in comparazione con quello della comunità nazionale ad allontanare un soggetto socialmente pericoloso; tale disciplina di maggior favore per lo straniero, benché riferita dalla lettera della succitata normativa allo straniero che abbia usufruito di una procedura di ricongiungimento familiare, deve essere applicata, per necessità logico-giuridica, in tutti i casi in cui vi sia un nucleo familiare la cui composizione corrisponda a quella che, ove necessario, darebbe titolo a una procedura di ricongiungimento, non rilevando in contrario che tale procedura in effetti non vi sia stata, essendosi il nucleo familiare costituito o ricostituito senza avere dovuto ricorrervi.

T.A.R. Campania, 10 aprile 2017 n. 1919
Ogni procedimento sanzionatorio in materia edilizia deve restare sospeso, qualora risulti presentata istanza di concessione in sanatoria fino alla definizione di detta istanza da parte del Comune, al quale il giudice non può in ogni caso sostituirsi, nemmeno per una valutazione in via incidentale della eventuale condonabilità delle opere di cui si tratta.

T.A.R. Emilia Romagna, 10 aprile 2017 n. 292
In tema di contratti della pubblica amministrazione, il diritto alla revisione non è altro che il diritto a un diverso e più vantaggioso calcolo del quantum spettante al prestatore del servizio. Pertanto il diritto alla revisione si prescrive, per ciascun rateo del corrispettivo contrattuale, a decorrere dal termine di pagamento del rateo, se questo non viene pagato, ovvero del diritto all’integrazione, se il rateo viene pagato in un importo inferiore a quello contrattualmente dovuto. E poiché il diritto al pagamento dei singoli ratei è soggetto a prescrizione quinquennale, questo è il termine da applicare anche al diritto di chiedere la revisione. Se il diritto al compenso revisionale è prescritto non può che considerarsi prescritto anche il corrispondente aumento del corrispettivo contrattuale.

T.A.R. Roma, 6 marzo 2017 n. 3140
L’articolo 38, comma 1, lettera f), del Dlgs 163/2006 attribuisce alla stazione appaltante un ampio potere di verificare se l’operatore economico ha violato doveri professionali nell’esecuzione delle obbligazioni scaturenti da precedente rapporti contrattuali e, conseguentemente, se è venuta meno l’affidabilità tecnico-professionale del potenziale aggiudicatario. In quest’ottica se è vero che l’articolo 38, lettera f), del Dlgs 163/2006 non ha carattere sanzionatorio, ma contempla una misura a presidio dell’elemento fiduciario, è pur vero che tale misura «esclude di per sé qualsiasi automatismo, perché l’esclusione deve essere il risultato di una motivata valutazione» dell’episodio addebitato all’operatore economico sindacabile dal giudice amministrativo. Gli elementi a tal fine rilevanti possono, in astratto, essere desunti anche da fatti oggetto di un procedimento penale ma a tale fine è necessario che l’amministrazione individui con precisione quali siano le condotte esecutive rilevanti che hanno integrato gli estremi del grave errore professionale e determinato la interruzione del rapporto fiduciario. In definitiva, nel caso in cui la stazione appaltante desume da procedimenti penali l’esistenza di fatti idonei ad integrare gli estremi del grave errore professionale ha l’onere di una puntuale descrizione di tali fatti e della loro incidenza causale sul rapporto fiduciario al fine di evitare che si realizzi una automatica sovrapposizione di una fattispecie dotata di una sua autonomia (art. 38, comma 2, lettera c) con altra fattispecie dotata anch’essa di proprie caratteristiche identificative (art. 38, comma 2, lettera g), in violazione del principio di tassatività della cause di esclusione.

T.A.R. Milano, 1 marzo 2017 n. 496
La determinazione dell’an e del quantum del contributo di costruzione comporta l’esplicazione, da parte dell’Amministrazione, di un’attività priva di profili di discrezionalità e attinente a posizioni giuridiche di diritto soggettivo. Conseguentemente, sono radicalmente inconfigurabili i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione e ciò in quanto le operazioni di corretta quantificazione della misura del contributo si esauriscono in una mera operazione materiale che, se errata, può comportare soltanto la violazione dei criteri fissati dalla normativa ovvero dall’amministrazione con norme di natura regolamentare e, quindi, la sussistenza del solo vizio di violazione di legge, potendo l’interessato, sulla base dei predetti criteri generali, contestare l’erroneità della quantificazione operata dall’amministrazione, evidenziando ad esempio l’erroneità dei calcoli ovvero dei presupposti di fatto o di diritto.

DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO

Corte Giustizia U.E., 2 marzo 2017 n. C568/2015
Il costo della telefonata a un servizio di assistenza post vendita non deve essere superiore a quello di una chiamata standard.