Inquinamento ambientale: il principio di precauzione non si legittima in assenza di obettivi elementi idonei per indicare i rischi inquinanti. T.A.R. Lazio n. 13831/2019.

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, sent. n. 13831 del 3 dicembre 2019 (ud. del 2 dicembre 2019)

Pres. Stanizzi, Est. Bruno

Inquinamento ambientale. Principio di precauzione. Assenza di obiettivi elementi idonei per indicare rischi derivanti da carichi inquinanti. Artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000.
Il principio di precauzione, il quale non può legittimare una interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli dell’area interessata, dovendo la prospettata situazione di pericolo essere potenziale o latente ma non meramente ipotizzata e incidere significativamente sull’ambiente e la salute dell’uomo.

 

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, sent. n. 13831 del 3 dicembre 2019 (ud. del 2 dicembre 2019)

13831/2019 REG.PROV.COLL.

N. 12955/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 12955 del 2019, proposto dalla Assofrutti S.r.l. – Organizzazione di produttori frutta in guscio e dall’Azienda Agricola “Gazzella Alessandro”, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Andrea Labasi ed Eleonora Schneider, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Bolsena, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
– dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Bolsena n. 39 del 27.07.2019, pubblicata sull’Albo Pretorio on-line del Comune dal 27.07.2019 al 27.08.2019 con cui il Sindaco vieta la realizzazione di impianti di noccioleti intensivi sul territorio comunale che cade dall’interno del bacino imbrifero del lago di Bolsena;
– di ogni altro atto, presupposto, preordinato, connesso, consequenziale, esecutivo, anteriore o successivo a quelli summenzionati – anche se ignoto – che, comunque, incida sui diritti ovvero interessi legittimi delle ricorrenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2019 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a;
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto esposto dalle parti nel ricorso introduttivo e negli scritti difensivi;
Premesso che:

– con il ricorso introduttivo del presente giudizio l’ Organizzazione di produttori frutta in guscio (Assofrutta) e l’Azienda Agricola “Gazzella Alessandro” – premessa un’ampia illustrazione delle caratteristiche del settore corilicolo con specifico riferimento al territorio viterbese e delle attività svolte in detta area, articolatamente illustrando la sussistenza tanto della legittimazione quanto dell’interesse a ricorrere – hanno agito per l’annullamento dell’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale il Sindaco del Comune di Bolsena ha ingiunto il divieto di realizzazione di impianti di noccioleti intensivi;
– avverso il provvedimento impugnato parte ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, censurando l’erroneità dei presupposti alla base della determinazione adottata, la violazione delle previsioni di cui agli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, l’inconferenza del riferimento al principio di precauzione, stante l’assenza di qualsivoglia valutazione incentrata su obiettivi elementi idonei a far emergere la sussistenza dei rischi meramente prospettati anche in rapporto alle fonti dei carichi inquinanti registrati nel contesto territoriale di riferimento, del tutto estranee alla coltivazione, sia pure intensiva dei noccioli, e segnatamente riferite allo sversamento di liquami, nonché la grave vulnerazione della libertà di iniziativa economica privata e la violazione del decreto 3 settembre 2002 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;
– il Comune di Bolsena non si è costituito in giudizio per resistere al gravame;
– alla camera di consiglio del 2 dicembre 2019, fissata per la trattazione della domanda interinale, il Collegio, valutata la sussistenza dei presupposti per la definizione della presente controversia con sentenza in forma semplificata, ha provveduto agli avvisi ed adempimenti prescritti in conformità alle previsioni dell’art. 60 c.p.a.;
Ritenuto che:
– il ricorso si palesa fondato;
– prioritarie si palesano le deduzioni dirette a contestare l’assenza dei presupposti alla base del provvedimento impugnato, da inquadrare, sul piano qualificatorio, quali provvedimenti urgenti e contingibili adottati ai sensi del d. lgs. n. 267 del 2000;
– come univocamente affermato dalla consolidata giurisprudenza, le ordinanze contingibili e urgenti di competenza del Sindaco quale ufficiale del Governo costituiscono strumenti apprestati dall’ordinamento per fronteggiare situazioni impreviste e di carattere eccezionale, per le quali sia impossibile o inefficace l’impiego dei rimedi ordinari, e si presentano quindi quali mezzi di carattere residuale, espressione di norme di chiusura del sistema, i cui tratti distintivi sono costituiti dall’atipicità, dalla valenza derogatoria rispetto agli strumenti ordinari, dalla particolare qualificazione sia della minaccia sia del pericolo;
– tanto dal provvedimento impugnato quanto dalla documentazione versata in atti emerge una radicale lacunosità dell’istruttoria, non constando nessuna concreta ed obiettiva evidenza idonea a comprovare la sussistenza di una situazione di pericolo, peraltro meramente prospettata (“potrebbe avere”; “potrebbero costituire”), con altrettanto indimostrata correlazione, quanto alla fonte di promanazione della minaccia, con le sostanze utilizzate nella coltivazione intensiva dei noccioleti, dovendosi anche sottolineare l’assoluta inadeguatezza del riferimento a studi, meramente teorici, riferiti alle modalità di trattamento delle eventuali patologie del nocciolo, scevro da qualsivoglia considerazione delle specifiche normative settoriali – eurounitarie e nazionali – che regolamentano l’impiego delle sostanze indicate nel provvedimento (fitofarmaci, antiparassitari, diserbanti, concimi), definendone i relativi limiti e prevedendo attività di monitoraggio e controllo da parte di organi all’uopo legittimati, attributari dei relativi poteri anche di natura sanzionatoria;
– l’amministrazione, non costituitasi in giudizio sebbene ritualmente intimata, non ha fornito ulteriori elementi idonei a sostenere l’ordinanza impugnata;
– l’amministrazione ha, dunque, del tutto omesso l’acquisizione prima ancora che l’analisi dei diversi fattori suscettibili, in concreto, di determinare una incidenza sul rischio paventato, dei quali avrebbero dovuto essere individuate le fonti di promanazione e la relativa consistenza, risultando altresì singolare l’imposizione di un divieto tanto radicale su una specifica tipologia di coltivazione, in mancanza della benché minima ponderazione dei diversi e rilevanti interessi implicati, con impatto diretto tanto sulla libertà di iniziativa economica quanto sul mercato agricolo, con riflessi anche sulla concorrenza, in palese distonia, tra l’altro, con i principi di ragionevolezza e proporzionalità Ciò, peraltro tenuto conto dell’esistenza di moderne tecniche di coltivazione, non solo consolidate ma anche incentivate da specifiche linee di sostegno al settore, dirette a mitigare l’impatto sull’ambiente ed il territorio interessato (al riguardo, il riferimento è nello specifico – tenuto conto della rilevanza attribuita dal provvedimento impugnato all’elevato consumo dell’acqua – agli impianti cd. “a goccia”, pertinentemente richiamati dalla difesa di parte ricorrente, la quale pure ha rappresentato il differente impatto di tali impianti rispetto a quelli di irrigazione per aspersione, segnalando, altresì, come tale ultima tipologia è quella maggiormente utilizzata nel territorio de quo per la coltivazione delle patate, senza contestazioni, sul punto, della difesa dell’ente);
– né soccorre, al fine di addivenire a diverse conclusioni, il riferimento al principio di precauzione, il quale non può legittimare una interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli dell’area interessata, dovendo la prospettata situazione di pericolo essere potenziale o latente ma non meramente ipotizzata e incidere significativamente sull’ambiente e la salute dell’uomo (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 7 dicembre 2013, n. 6250; T.A.R. Umbria, sez. I, 08 novembre 2018, n. 583);
– deve escludersi, inoltre, che l’inclusione del lago di Bolsena nella “Rete Natura 2000”, con classificazione “SIC IT N 6010055 e SIC IT 6010007”, possa costituire idoneo fondamento della determinazione adottata, non constando e comunque non emergendo dalla documentazione in atti – anche a prescindere da ulteriori considerazioni – nessuna preclusione alla coltivazione intensiva oggetto del divieto imposto con il provvedimento impugnato discendente dalla disciplina dettata per le predette aree;
– in conclusione, il ricorso merita accoglimento, con assorbimento delle residue censure, e per l’effetto il provvedimento impugnato va annullato;
– le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune di Bolsena al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente, liquidate complessivamente in euro 1.000,00 (mille/00), oltre accessori di legge ed al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Dauno Trebastoni, Consigliere
Brunella Bruno, Consigliere, Estensore

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