Inquinamento del suolo. Sversamento di reflui fognari, compromissione dell’habitat naturale, deterioramento dell’ambiente, esalazioni, inquinamento ambientale. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 39078 del 10 ottobre 2017 (ud. del 6 aprile 2017)
Pres. Amoresano, Est. Macrì
Inquinamento del suolo. Sversamento di reflui fognari non depurati. Inquinamento ambientale. Corpo idrico recettore. Compromissione dell’habitat naturalistico o deterioramento dell’ambiente. Odori molesti provenienti dal depuratore. Esalazioni nauseabonde provenienti dall’area dell’impianto. Adeguamento tecnologico e strutturale dell’intero ciclo di depurazione. Danno ambientale. Rilevante e misurabile. Artt. 137 e 300 d. lgs. n. 152/2006. Artt. 452 bis e 674 c.p. .
In tema di inquinamento ambientale, la situazione di compromissione o deterioramento dell’ambiente debba essere significativa (quindi apprezzabile qualitativamente) e misurabile (quindi apprezzabile quantitativamente), nel caso in cui siano riscontrate in plurime occasioni le violazioni di legge e del provvedimento autorizzativo, nonché, per tre volte, il superamento dei limiti di determinate sostanze (Cass. Sezione n. 46170/16). Sicché, la legge ha volutamente utilizzato degli aggettivi generici, sebbene stringenti per l’operatore, perché ha reso penalmente rilevanti tutti quei casi in cui la compromissione o il deterioramento dell’ambiente siano significativi o rilevanti e misurabili. Nella specie, la misurabilità è consistita nel prelievo dei campioni e nella loro analisi per ben tre volte, la significatività è stata apprezzata dai Giudici, anche tenuto conto del danno alla collettività come documentato dalle doglianze dei cittadini.
Il reato di getto pericoloso di cose di cui all’art. 674 c.p. può concorrere con i reati in materia ambientale, purché venga accertata la potenziale offensività del rifiuto o del refluo e che il getto avvenga in luogo di pubblico transito o privato di comune o altrui uso, quando la condotta dell’agente sia atta a provocare, per la natura e quantità di ciò che viene scaricato, molestie alle persone esposte alla conseguenza dello scarico.
Il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Cass. SU n. 25932/08, Ivanov).
 
Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 39078 del 10 ottobre 2017 (ud. del 6 aprile 2017)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
sul ricorso proposto da Campione Marco;
avverso ordinanza del Tribunale del riesame di Agrigento del 22.9.2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
letto il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Giuseppina Casella, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso con ogni conseguente statuizione

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 22.9.2016 il Tribunale del riesame di Agrigento ha annullato parzialmente, con riferimento ai soli capi A) e B), il decreto di sequestro preventivo del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Ufficio in data 28.7.2016 nell’ambito del procedimento penale RGNR 3602/16 a carico di Campione Marco, indagato in qualità di legale rappresentante della Girgenti Acque S.p.A., per i reati di cui agli art. 81, 110 c.p., 137, commi 5 e 6, d. Lgs. 152/06 (capo A), 110 c.p. e 137, comma 4, d. Lgs. 152/06 (capo B), 110 e 452bis c.p. (capo C), 110 e 674 c.p. (capo D), 110 e 356 c.p. (capo E), confermando per il resto.
2. Con un unico ed articolato motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., in relazione agli art. 321 c.p.p., 452bis c.p. e 674 c.p. perché non si era mai registrato uno sversamento di reflui fognari non depurati “continuo e misurabile”, mentre il superamento dei valori, solo in tre occasioni, aveva dimostrato chiaramente l’insussistenza della “compromissione o deterioramento”, “significativo e misurabile”, del corpo idrico recettore (vallone Canaletto), giacché il reato contestato di cui all’art. 452 bis c.p. era costruito come reato di danno e di evento e non di mera condotta: l’evento dannoso, contrariamente a quanto argomentato nell’ordinanza impugnata, doveva essere accertato in concreto e non poteva essere dichiarato sulla base di mere ipotesi o di meccanismi presuntivi; del resto, la stessa ordinanza aveva dato atto dell’episodicità dell’asserito superamento dei richiamati parametri; il requisito della significatività operava solo quando la lesione avesse raggiunto un livello di intensità tale da compromettere o deteriorare l’ambiente preso in considerazione, evenienza che, nella specie, non si era verificata; il Tribunale del riesame, ai fini dell’accertamento del fumus, invece di affidarsi a sterili automatismi, avrebbe dovuto individuare le emergenze investigative dalle quali evincere la compromissione o il deterioramento, in concreto, significativi e misurabili, del corpo recettore.
Inoltre, censura come erronea la qualificazione dell’elemento soggettivo in termini di “prevedibilità ed evitabilità” dell’evento dannoso, criteri che rilevavano per l’accertamento causale della condotta colposa dell’agente e dell’evento: l’ordinanza stessa aveva quindi escluso il dolo.
Nega che la condotta contestata abbia compromesso ulteriori beni giuridici (capo D), come da segnalazione del consigliere comunale Marcello La Scala del Movimento 5 Stelle e da lamentele dei cittadini per gli odori molesti provenienti dal depuratore di Fontanelle, perché l’impianto era stato oggetto di alcuni lavori di adeguamento tecnologico e strutturale dell’intero ciclo di depurazione che aveva determinato una transitoria impossibilità di garantire uno scarico perfettamente conforme. L’attività di manutenzione dell’impianto, lungi dal poter essere considerata molesta per la collettività degli abitanti della zona, appariva assolutamente funzionale alla tutela degli stessi.
Infine, gli interventi di manutenzione finalizzati all’espletamento del processo depurativo dell’impianto, ancora in corso di completamento, stante la loro complessità, lungi dal protrarre o aggravare le conseguenze delle ipotesi di reato contestate, erano funzionali alla tutela dei beni giuridici, sicché non era ravvisabile il periculum, che comunque doveva essere valutato in concreto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. E’ consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Cass. SU n. 25932/08, Rv 239692, Ivanov)
Nella fattispecie, è necessario verificare se la motivazione del Tribunale del riesame sia sufficiente, nei limiti della cognizione consentita dall’art. 325 c.p.p., in ordine al fumus ed al periculum per i reati di cui ai capi C) e O), gli unici per il quali il ricorrente ha dedotto dei vizi.
3.1. Il Tribunale del Riesame ha ricostruito in fatto a) che nel corso delle indagini erano stati compiuti diversi sopralluoghi, in particolare in data 20.4.2015, 4.8.2015, 17.3.2016, 7.6.2016 e 13.7.2016; b) che in data 20.4.2015, personale dell’ARPA di Agrigento aveva effettuato un sopralluogo ed un prelievo di campioni presso l’impianto di depurazione di Fontanelle durante il quale si era constatata l’assenza dei misuratori di portata e degli auto campionatori; e) che, per questa ragione, non si era proceduto al prelievo dei campioni, medio compositi nell’arco delle 24 ore, ma al prelievo nell’arco delle tre ore; d) che l’esito delle analisi era stato il seguente: “superamento dei limiti tabella 1 e 3, all. 5 d. Lgs. 152/06 per i parametri: solidi sospesi totali, C.O.D., B.O.D. 5, azoto ammoniacale”; e) che lo stesso risultato era emerso il 4.8.2015, dopo il sopralluogo del personale dell’ARPA di Agrigento; f) che in data 17.3.2016 il persona dell’Arpa di Agrigento aveva effettuato un altro sopralluogo in cui aveva constatato sempre l’assenza dei misuratori di portata e degli auto campionatori; g) che in data 7.6.2016 il personale dell’ARPA di Agrigento aveva effettuato un sopralluogo, in cui aveva constatato ancora una volta l’assenza dei misuratori di portata e degli auto campionatori, nonché un prelievo di campioni da cui era emerso il superamento dei limiti tabella 3 e 4 all. 5 d. Lgs. 152/06 per i parametri C.O.D., B.O.D. 5, Solidi sospesi totali, azoto ammoniacale, azoto totale, escherichia coli; h) che in data 13. 7.2016 la Polizia municipale di Agrigento, nucleo di polizia ecologica, aveva effettuato un sopralluogo presso l’impianto e, constatato il permanere della situazione già verificata nel corso dei precedenti sopralluoghi nonché tenuto conto degli esiti delle analisi già condotte, aveva proceduto al sequestro preventivo dell’impianto di depurazione di Fontanelle.
3.2. Ha osservato in diritto, con riferimento al reato di cui al capo C), la sussistenza del fumus del reato di cui all’art. 452 bis c.p., che punisce chiunque cagioni abusivamente una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna, perché era emerso lo sversamento continuo di reflui fognari non depurati e maleodoranti nel corpo idrico recettore (vallone Canaletto) che, nei mesi estivi aveva portata naturale nulla. Ha precisato che diversi erano i parametri dei reflui non rispettati, quello dell’azoto ammoniacale, COD, BOD, solidi sospesi totali, azoto totale ed escherichia coli, sostanze indicate nelle tabelle 3 e 4 dell’allegato 5 alla parte terza del decreto, capaci di determinare un deterioramento significativo e misurabile (anzi misurato come da analisi dell’ARPA) dell’habitat naturalistico, e che era in concreto prevedibile ed evitabile l’evento dannoso, siccome già nell’autorizzazione allo scarico del 20.2.2014, n. 147 si dava atto che, a seguito della realizzazione delle opere di potenziamento ed adeguamento dell’impianto di depurazione, le acque reflue urbane depurate, in uscita dall’impianto di trattamento sito in località Fontanelle, potevano essere scaricate nel vallone Canalotto; diversamente, l’impianto, da una parte, era ancora interessato da lavori di adeguamento mai completati, e, dall’altra, lo scarico del vallone Canalotto era già operativo con lo sversamento di sostanze al di sopra dei limiti di legge e con le modalità specificate, quando il corpo idrico recettore aveva portata naturale nulla con le consequenziali ripercussioni sull’habitat naturalistico. Ha poi aggiunto che, nella specie, si riteneva sussistere la compromissione o il deterioramento, significativi e misurabili, sia con riferimento alle matrici aggredite (corpo recettore), sia con riferimento ai parametri scientifici (biologici, chimici, organici, naturalistici etc.) dell’alterazione, come dagli esiti delle analisi condotte nel tempo.
3.3. Ad avviso del Tribunale del Riesame, la condotta contestata aveva compromesso ulteriori beni (capo D, relativo alla contravvenzione in concorso di cui all’art. 674 c.p.), perché erano stati sversati continuativamente reflui fognari non depurati nel corpo idrico recettore (vallone Canalotto), area vicina al centro abitato, in modo da offendere e molestare la collettività degli abitanti della zona, anche in considerazione delle esalazioni nauseabonde provenienti dall’area dell’impianto. Il reato di getto pericoloso di cose di cui all’art. 674 c.p. poteva concorrere con i reati in materia ambientale purché fosse accertata la potenziale offensività del rifiuto o del refluo e che il getto avvenisse in luogo di pubblico transito o privato di comune o altrui uso, quando la condotta dell’agente fosse atta a provocare, per la natura e quantità di ciò che veniva scaricato, molestie alle persone esposte alla conseguenza dello scarico. E nella specie, vi era stata la segnalazione di un esponente del Movimento 5 stelle, il consigliere comunale Marcello La Scala, e le lamentele di molti cittadini per gli odori molesti e nauseabondi.
Stante il pericolo che la libera disponibilità dell’impianto da parte dell’indagato potesse aggravare o protrarre le conseguenze dei reati e, d’altra parte, considerato che, nonostante il decorso del tempo, non si era provveduto utilmente alla realizzazione delle opere di potenziamento ed adeguamento dell’impianto di depurazione, ha confermato il sequestro dell’impianto di depurazione con restituzione del bene con la prescrizione della realizzazione degli interventi urgenti ed indifferibili sull’impianto per assicurare il rientro nei parametri indicati nell’autorizzazione allo scarico n. 147 e, per l’effetto, la salvaguardia ambientale del corpo idrico recettore e la salubrità pubblica con riferimento all’area circostante all’impianto nonché il completamento delle opere di potenziamento ed adeguamento dell’impianto.
4. Orbene, tale motivazione è da considerarsi certamente sufficiente ai fini della pronuncia del sequestro preventivo con contestuale restituzione dell’impianto con prescrizioni e della relativa conferma.
Il ricorrente ha lamentato una erronea valutazione da parte dei Giudici che hanno ritenuto, nel caso di specie, che la compromissione o il deterioramento dei beni indicati nelle lettere a) e b), fossero “significativi e misurabili”, visto che non erano rilevanti ed erano stati episodici.
Invece, il Tribunale del Riesame ha correttamente attribuito a questi aggettivi il significato ampio che già il legislatore del 2006, all’art. 300 d. Lgs. 152/06 aveva riconosciuto, e cioè che la situazione di compromissione o deterioramento dell’ambiente (sul cui significato si richiama il precedente di questa Sezione n. 46170/16, Rv 268060) debba essere significativa (quindi apprezzabile qualitativamente) e misurabile (quindi apprezzabile quantitativamente), il che è nel caso di specie sulla base della prospettazione accusatoria, considerato che i tecnici dell’ARPA hanno riscontrato in plurime occasioni le violazioni di legge e del provvedimento autorizzativo, nonché, per tre volte, il superamento dei limiti di determinate sostanze. La legge ha volutamente utilizzato degli aggettivi generici, sebbene stringenti per l’operatore, perché ha reso penalmente rilevanti tutti quei casi in cui la compromissione o il deterioramento dell’ambiente siano significativi o rilevanti e misurabili. Ora la misurabilità è consistita nel prelievo dei campioni e nella loro analisi per ben tre volte, la significatività è stata apprezzata dai Giudici, anche tenuto conto del danno alla collettività come documentato dalle doglianze dei cittadini nell’esposto del consigliere comunale del Movimento 5 stelle.
Tanto basta ai fini del fumus.
Il sequestro preventivo è stato quindi legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti sussistere in concreto, nella specie, anche con riferimento all’elemento psicologico considerati le lamentele dei cittadini ed i numerosi controlli dell’Autorità preposta prima di arrivare al sequestro. Nell’economia della motivazione “prevedibilità” ed “evitabilità” non riguardano il nesso di causalità bensì proprio l’elemento psicologico, perché l’indagato era ben avvertito della situazione.
Adeguata è anche la motivazione sul fumus del reato di cui all’art. 674 c.p., rilevato in fatto le doglianze della cittadinanza, l’esposto di un consigliere comunale, gli odori nauseabondi e la presenza di moltissimi insetti e zanzare, nonché del periculum che ha giustificato il sequestro, stante l’esigenza di evitare il protrarsi delle conseguenze dannose all’ambiente per il mal funzionamento dell’impianto.
A fronte di tale motivazione, le censure paiono manifestamente infondate. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 6 aprile 2017.