Con un interpello ambientale (interpello n. 209042 del 20 dicembre 2023) Confindustria si è rivolta al MISE per richiedere una risposta in relazione alle condizioni di deroga alla miscelazione dei rifiuti.
L’associazione di categoria ha voluto richiedere specificazione sulla compatibilità dell’operazione di miscelazione con la prassi operativa che preveda quanto segue:
a) il conferimento dei rifiuti oggetto di miscelazione singolarmente all’impianto finale;
b) la classificazione come rifiuto pericoloso anche della miscela che contenga un rifiuto pericoloso, indipendentemente dall’eventuale diminuzione al di sotto delle soglie di pericolo degli inquinanti a seguito di diluizione;
c) l’attribuzione alla miscela che contenga rifiuti pericolosi di classi di pericolo (HP) proprie dei rifiuti pericolosi che la compongono;
d) il conferimento della miscela soltanto all’impianto di trattamento finale senza subire ulteriori passaggi per altri impianti di stoccaggio o a loro volta autorizzati alla miscelazione.
Di seguito il testo integrale dell’interpello:
Interpello ambientale di Confindustria 20 dicembre 2023, n. 209042
Oggetto: Interpello in materia ambientale ai sensi dell’art. 3 septies D. lgs.n. 152/2006
La scrivente Confindustria, principale associazione di categoria delle imprese manifatturiere e dei servizi italiane, rappresentata al CNEL, sottopone il presente interpello in materia ambientale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3-septies del D.Igs. 152/2006 sulle operazioni di miscelazione dei rifiuti.
- Premessa
Come noto, il sistema di gestione dei rifiuti speciali (ossia di derivazione produttiva) nel territorio è caratterizzato, da un lato, da una presenza capillare di piccole e medie imprese, e dall’altro lato, da una carenza strutturale di impianti finali (in particolare di termovalorizzazione con recupero di energia, ma non solo). Tale carenza ha determinato un progressivo aumento del costo della gestione del rifiuto industriale e per di più una strutturale dipendenza dagli impianti esteri; con l’aggravante che le piccole/medie imprese non riescono – sia per quantità insufficiente di rifiuti prodotti sia per l’obbiettiva complessità della gestione delle pratiche di esportazioni di rifiuti – a concludere rapporti diretti con gli impianti esteri. In questo contesto di sistema, acquisiscono un ruolo ancor più determinante le cd. piattaforme intermedie, le quali, raccogliendo rifiuti speciali dalle aziende del territorio, riescono a concludere contratti con impianti finali esteri (per lo più termovalorizzatori con produzione di energia) prenotando conferimenti per significative quantità, ma sul presupposto di poter conferire agli stessi, delle miscele di rifiuti pronte (seppur composte da tutti rifiuti singolarmente conferibili), con requisiti ottimali per la termovalorizzazione, in modo da efficientare il lavoro dell’impianto finale. Si sottolinea che l’impianto finale può sempre ricevere (secondo la propria autorizzazione) anche i rifiuti singoli che compongono la miscela (a garanzia del fatto che [a miscelazione non ha quale finalità quella di conferire all’impianto finale rifiuti che non siano singolarmente conferibili), ma in tal caso l’impianto finale dovrebbe stoccare le singole partite, attendere di poter riceverne di compatibili e creare internamente la miscela ottimale, con un radicale aggravamento del lavoro “in impianto” (rispetto al ricevimento di camion con miscele di rifiuti pronte ad essere “termovalorizzate”), che farebbe venire meno l’interesse del medesimo impianto finale ad instaurare con la piattaforma intermedia italiana un rapporto continuativo e per quantità significative. Ben si comprende che il corretto ed efficace funzionamento del processo di (raccolta e) miscelazione dei rifiuti da parte delle cd. piattaforme intermedie, consentendo di avere accesso diretto e continuativo e vantaggioso agli impianti finali esteri (collocati in altri paesi dell’UE come Germania, Danimarca, Francia etc), costituisce un profilo che — oltre a condizionare sostanzialmente l’attività delle stesse piattaforme — costituisce un presupposto essenziale di competitività del sistema generale di gestione dei rifiuti industriali e in ultima analisi di funzionamento del servizio (e di costo del servizio) alle imprese.
La miscelazione compiuta al fine sopra descritto dalle piattaforme intermedie rientra nel concetto — così definito nel contesto dell’art. 187 D.Lgs 152/2006 (d’ora in avanti T.U.A.) – di “miscelazione in deroga”, ossia tra rifiuti non pericolosi e rifiuti pericolosi oppure tra rifiuti pericolosi recanti differenti classi di pericolo; tale operazione è obbligatoriamente autorizzata dall’ente competente (Regione) nell’ambito delle Autorizzazioni Integrate Ambientali rilasciate ai singoli impianti (i.e. piattaforme intermedie).
Dal punto di vista tecnico si segnala che proprio questa fase preparatoria è prevista dalle linee guida comunitarie per le operazioni di gestione dei rifiuti (tra le quali anche quelle di miscelazione), ossia dal “Best Available Techniques (BAT) Reference Document for Waste Treatment” — BREF del 2018, ove, al capitolo 2.1.4 intitolato “Blending and mixing”, si legge che:
– “Due to the heterogeneous nature of waste, blending and mixing are required in most waste treatment operations in order to guarantee a homogeneous and stable feedstock of the wastes that will be finally processed”, e che – “Certain types of wastes will require prior mixinq or blendinq before treatment. For exarn le the concentration of waste constituents can var considerabl because of differences in incominq waste. This is particularly true at most commercia) treatment facilities. Mixinq can control such variations to a rango that will not reduce the performance of the subsequent treatment processes. However, this issue should not be confused with dilution, i.e. blending and mixing are processes carried out because it is a technical requirement from the WT facility to guarantee a homogeneous and stable feedstock and not techniques to facilitate acceptance of waste” (pag. 37 BREF 2018 cit.).
È dunque pacifico che le operazioni di miscelazione dei rifiuti funzionali ad ottimizzare il successivo trattamento di termovalorizzazione non solo sono previste ma addirittura incoraggiate dalla normativa tecnica euro-unitaria.
- Le diverse prassi regionali sulle operazioni di miscelazione di rifiuti speciali e conseguenze sulla classificazione della miscela
Accade che sul territorio nazionale si assista a prassi del tutto eterogenee (da Regione a Regione) sulle regole che le piattaforme intermedie debbono seguire nell’applicazione delle operazioni di miscelazione di rifiuti speciali contemplate dalle BAT; talvolta non vi sono criteri generali regionali (questo accade per la quasi totalità delle Regioni) e l’autorizzazione viene concessa seguendo indirizzi operativi consolidati nella “prassi”; talaltra vengono invece emesse dalla Giunta regionale linee guida generali che vengono trasfuse obbligatoriamente nelle AIA dei singoli impianti rilasciate dalla PA ai sensi dell’art. 187 TUA.
Nello specifico si distinguono, laddove sono presenti dei criteri tecnici generali per la miscelazione in deroga ex art. 187 cit., due posizioni principali alternative:
(i) in alcuni casi si applicano i seguenti principi operativi generali:
- i rifiuti oggetto di miscelazione devono essere conferibili singolarmente all’impianto finale;
- la miscela che contiene almeno un rifiuto pericoloso à anch’essa classificata come rifiuto pericoloso, indipendentemente dal fatto che gli inquinanti, per effetto della diluizione, siano o meno scesi sotto le soglie di pericolo (i.e. come un rifiuto pericoloso assoluto);
- alla miscela che contiene rifiuti singolarmente pericolosi vengono attribuite le classi di pericolo proprie dei rifiuti pericolosi che la compongono (cd. “HP” tecniche oHP” amministrative);[1]
(ii) in altri casi vengono invece applicati i seguenti principi operativi generali:
- i rifiuti oggetto di miscelazione devono essere conferibili singolarmente all’impianto finale;
- è sempre vietato, anche nella miscelazione in deroga, effettuare la miscelazione se questa comporta la diluizione degli inquinanti contenuti nei singoli rifiuti pericolosi che la compongono al di sotto delle soglie di pericolosità (HP), anche se la miscelazione è funzionale all’invio della miscela ad impianti finali (tipicamente, termovalorizzatori) [2].
È opportuno sottolineare che gli indirizzi operativi suindicati sono indirizzi che prescindono dalla valutazione cd. caso per caso, essendo connessi a ciò che i singoli enti ritengono doveroso ai sensi di legge, in mancanza di criteri tecnici generali emessi in sede nazionale. Si tratta dunque di posizioni interpretative generali su ciò che può essere o non essere consentito.
Orbene, appare immediatamente evidente che l’indirizzo operativo sub (i) valorizza l’operato della piattaforma intermedia, alla quale è consentito effettuare per l’impianto finale l’operazione preparatoria della miscelazione come se fosse effettuata dallo stesso impianto finale dopo la ricezione dei rifiuti singoli (tutti, come detto, obbligatoriamente singolarmente conferibili) [3].
Per contro l’indirizzo operativo sub (ii), vietando la miscelazione di rifiuti singolarmente conferibili all’impianto finale qualora l’effetto “diluitorio” comporti una riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto delle soglie di pericolosità, introduce una radicale differenziazione nella disciplina della medesima tipologia di miscelazione a seconda che avvenga nella piattaforma intermedia italiana o nell’impianto finale (estero o italiano che sia); ma soprattutto limita fortemente la miscelazione in deroga ex ari. 187 cit. nelle piattaforme intermedie poiché, nel miscelare rifiuti pericolosi con non pericolosi oppure rifiuti pericolosi tra loro ma con diverse classi di pericolo (i soli due casi che ricadono nella miscelazione in deroga), la “diluizione” degli inquinanti inizialmente presenti nei singoli rifiuti (anche al di sotto delle soglie di pericolo) è certa ed è proporzionale all’aumento della massa.
Dinanzi ad una prassi così eterogenea (arricchita da casi “intermedi” a quelli principali sopra indicati), accade dunque sovente che lo stesso tipo di miscela di rifiuti ammessa in una regione non possa invece essere realizzata in un’altra regione a causa dei limiti imposti dai criteri operativi generali adottati o seguiti in quella regione. Ciò introduce, a livello nazionale, una grave inefficienza e disomogeneità nel sistema della gestione dei rifiuti speciali (ossia provenienti dal settore produttivo) ed anche una irrazionale disparità di trattamento tra gli operatori del settore e quindi tra le imprese che si rivolgono a questi operatori per il servizio di gestione del rifiuto.
Si ritiene dunque essenziale una lettura della normativa che possa fornire un’indicazione omogenea alle attività di miscelazione, che hanno senso in quanto tali solo se garantiscono:
– ricevibilità presso l’impianto di destinazione, fermo restando il principio della ricevibilità da parte di tale impianto dei singoli rifiuti contenuti nella miscela; maggiore sicurezza nella gestione degli stoccaggi e dei trasporti, pur mantenendo traccia di tutte le caratteristiche di pericolo (HP) dei singoli rifiuti contenuti nella miscela;
– certezza della destinazione all’impianto di trattamento finale da parte della piattaforma autorizzata alla miscelazione.
Ciò al fine di orientare le Regioni ad assumere (in via di principio) una linea tecnica generale comune ed omogenea nel territorio nazionale in materia di miscelazioni in deroga, stante la fondamentale importanza che tale operazione riveste nel funzionamento delle cd. piattaforme intermedie che raccolgono i rifiuti speciali dalle aziende e li preparano per gli impianti finali esteri (principalmente termovalorizzatori) con i correlati riflessi sostanziali sulla competitività del tessuto economico nazionale.
- Il quesito
In ragione di quanto sopra esposto, al fine di garantire la necessaria chiarezza agli operatori del settore, si chiede cortesemente a Codesto Ministero di chiarire se, in relazione alle operazioni di miscelazione di rifiuti in deroga autorizzabili ai sensi dell’art. 187 c. 2 TUA, sia compatibile con la succitata disposizione di legge una prassi operativa generale che preveda quanto segue:
- a) i rifiuti oggetto di miscelazione devono essere conferibili singolarmente all’impianto finale;
- b) la miscela che contiene almeno un rifiuto pericoloso è anch’essa classificata come rifiuto pericoloso, indipendente dal fatto che gli inquinanti, per effetto della diluizione, siano o meno scesi sotto le soglie di pericolo (i.e. come un rifiuto pericoloso assoluto);
- c) alla miscela che contiene rifiuti pericolosi vengono attribuite le classi di pericolo proprie dei rifiuti pericolosi che la compongono (cd. “HP” tecniche o “HP” amministrative);
- d) la miscela cosi composta può essere conferita solo all’impianto di trattamento finale e non può quindi subire ulteriori passaggi per altri impianti di stoccaggio o autorizzati a loro volta alla miscelazione.
Il MISE ha così provveduto a rispondere al quesito proposto, puntualizzando l’attenzione sul fondamentale concetto di diluizione nei processi di trattamento.
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Parere del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica 1° agosto 2024, n. 143188
Oggetto: Interpello ai sensi dell’articolo 3-septies del D. lgs.n.152/2006 – Chiarimenti in materia di operazioni di miscelazione di rifiuti in deroga autorizzabili ai sensi dell’art. 187, comma 2, D. lgs.n.152/2006.
QUESITO
Con istanza di interpello ex art. 3-septies del D. lgs.n.152/2006 la Confindustria ha richiesto di conoscere se, in relazione alle operazioni di miscelazione di rifiuti in deroga autorizzabili ai sensi dell’art. 187, comma 2, del D. lgs.n.152/2006, sia compatibile con detta disposizione normativa una prassi operativa generale che preveda quanto segue:
- a) i rifiuti oggetto di miscelazione devono essere conferibili singolarmente all’impianto finale;
- b) la miscela che contiene almeno un rifiuto pericoloso è anch’essa classificata come rifiuto pericoloso, indipendente dal fatto che gli inquinanti, per effetto della diluizione, siano o meno scesi sotto le soglie di pericolo (i.e. come un rifiuto pericoloso assoluto);
- c) alla miscela che contiene rifiuti pericolosi vengono attribuite le classi di pericolo proprie dei rifiuti pericolosi che la compongono (cd. “HP” tecniche o “HP” amministrative);
- d) la miscela così composta può essere conferita solo all’impianto di trattamento finale e non può quindi subire ulteriori passaggi per altri impianti di stoccaggio o autorizzati a loro volta alla miscelazione.
RIFERIMENTI NORMATIVI
Con riferimento ai quesiti proposti, si riporta il quadro normativo applicabile riassunto come segue:
– Decreto Legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”;
– Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante norme in materia ambientale;
– Decreto 29 gennaio 2007 del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare recante “Emanazione di linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di gestione dei rifiuti, per le attivitA’ elencate nell’allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59”
CONSIDERAZIONI DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA
Al fine di definire la compatibilità della prassi normativa proposta con la normativa vigente, alla luce dell’istruttoria tecnica condotta e, in particolare, del parere di ISPRA, richiesto con nota prot. n. 4748 del 11 gennaio 2024 e fornito con nota prot 22746 del 7 febbraio 2024, è emerso quanto segue.
L’articolo 187 del D. lgs.n.152/2006 pone il divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolo nonché di rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi. Tra le operazioni di miscelazione rientra, ai sensi del medesimo articolo, anche la diluzione. Lo stesso articolo stabilisce che, in deroga alle suddette disposizioni, la miscelazione di rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolo, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 del D. lgs.n.152/2006 a condizione che:
“a) siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 177, comma 4, e l’impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull’ambiente non risulti accresciuto;
b) l’operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un’impresa che ha ottenuto un’autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;
c) l’operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all’articolo 183, comma 1, lettera nn)”.
Il comma 5-ter dell’articolo 184 del D. lgs.n.152/2006 prescrive quanto segue: “la declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto”. Tale disposizione sembra, quindi, indicare che la miscelazione non deve determinare una riduzione del contenuto di sostanze pericolose al di sotto dei limiti previsti dalla normativa sulla classificazione, ossia dei limiti individuati dall’allegato I alla parte quarta del D. lgs.n.152/2006 per l’attribuzione di una o più caratteristiche di pericolo.
Anche il comma 3 dell’articolo 6 del D. lgs. n. 36/2003 fa espresso divieto di ricorrere alla diluizione o alla miscelazione di rifiuti al solo fine di renderli conformi ai criteri di ammissibilità in discarica.
Il documento “Reference Document on best available techniques for the waste treatments industries” (ottobre 2018), stabilisce il principio secondo il quale la miscelazione deve essere funzionale alle esigenze del successivo trattamento cui è destinato il rifiuto e non deve essere un metodo volto a facilitare l’accettazione dei rifiuti e, inoltre, deve garantire un flusso omogeneo e stabile di rifiuti da sottoporre a trattamento. Il Bref WT Document individua poi allo specifico paragrafo “Blending and mixing” (paragrafo 2.1.4) i seguenti principi generali, da tradurre in procedure autorizzative e criteri operativi come di seguito:
- deve essere evitata la miscelazione tra loro di sostanze che possono dare origine ad una forte reazione (sviluppo di calore, fuoco, formazione di gas) o di sostanze esplosive […] devono, pertanto, essere evitati rischi per la salute umana e per l’ambiente. Per ciascuna tipologia di rifiuto e per qualsiasi scopo dovranno essere effettuati, preliminarmente a qualunque operazione di miscelazione (sia di rifiuti liquidi che di rifiuti solidi), opportuni test di compatibilità; (sezione 2.3.2.8). Deve essere garantita la tracciabilità dei rifiuti pericolosi (sezione 2.3.2.5).
La miscelazione di rifiuti deve essere evitata qualora la stessa comporti l’applicazione di un successivo trattamento avente un livello qualitativo inferiore rispetto al migliore livello di trattamento che potrebbe essere garantito per i rifiuti non miscelati. Inoltre, la miscelazione non deve ridurre il livello di trattamento del rifiuto, né condurre ad un trattamento non ambientalmente corretto. A titolo esemplificativo, se lo standard minimo per il trattamento di un determinato flusso di rifiuti è rappresentato dal recupero (ovvero qualora i rifiuti possano essere oggettivamente avviati a recupero) la miscelazione degli stessi con altri rifiuti, al fine di renderne attuabile lo smaltimento, non è da ritenersi accettabile. Ad esempio, non è consentita la miscelazione di rifiuti liquidi o di rifiuti sanitari con altri rifiuti solo al fine di renderne attuabile lo smaltimento in discarica. Analogamente la miscelazione di un rifiuto contenente uno o più inquinanti organici persistenti (POP, Persistant Organic Pollutants) con altri rifiuti, finalizzata a ridurre la concentrazione dei POP non può essere consentita, in quanto da ritenersi non ambientalmente accettabile.
La miscelazione di rifiuti non deve comportare la diffusione indesiderata di sostanze pericolose nell’ambiente. […] I potenziali impatti negativi del trattamento dovrebbero, quindi, essere sempre attentamente confrontati con gli effetti sull’ambiente potenzialmente associati a procedure gestionali di altro tipo […].
Nel medesimo paragrafo è anche riportato che alcuni tipi di rifiuti richiedono una miscelazione preventiva prima del trattamento, in quanto, ad esempio, la concentrazione dei costituenti dei rifiuti può variare considerevolmente a causa delle differenze nei rifiuti in ingresso. Ciò, secondo quanto indicato dal documento, si verifica nella maggior parte degli impianti commerciali di trattamento.
La miscelazione, può consentire di controllare tali variazioni entro un intervallo che non ridurrà le prestazioni dei successivi processi di trattamento. Il Bref sottolinea che questo aspetto non deve essere confuso con la diluizione, vale a dire che la miscelazione è un processo eseguito per garantire un “feedstock” omogeneo e stabile e non deve avere lo scopo di facilitare la successiva accettazione dei rifiuti. In ogni caso, come espressamente riportato nel citato paragrafo 2.1.4, il documento non ha lo scopo di fornire elaborazioni delle disposizioni vigenti in materia, come quelle contenute nella direttiva 2008/98/CE e nella direttiva 1999/31/CE.
Si segnala che anche le Linee guida nazionali di cui al DM 29 gennaio 2007, sebbene non aggiornate al Bref document elaborato nel 2018 ma ancora vigenti, rappresentano un utile strumento di supporto ai fini di una corretta valutazione delle procedure di miscelazione.
L’operazione di miscelazione rappresenta, dunque, una fase estremamente delicata che richiede una caratterizzazione preliminare particolarmente accorta. È peraltro necessario che tale operazione sia effettuata senza comportare un aumento dei rischi per la salute e per l’ambiente che potrebbero, ad esempio, derivare dall’innescarsi di reazioni impreviste.
Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3- septies del D. lgs.n.152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.
Scarica in pdf il testo dell’interpello e del relativo parere del MISE:
Interpello ambientale di Confindustria 20 dicembre 2023, n. 209042