Investimento di pedone che attraversa fuori dalle strisce pedonali: quali aspetti rilevano per il pedone e per l’automobilista/ciclista? Due fattispecie a confronto.

Il pedone che attrasversa la strada fuori dalle strisce pedonali ha o non ha colpa qualora venga investito?
La domanda parrebbe ovvia (certo che sì!) ma in realtà la questione non è così pacifica, soprattutto alla luce delle pronunce giurisprudenziali.
La fattispecie in oggetto è quella dell’omicidio colposo derivante da circolazione stradale, in due casi che, pur presentando la fattispecie dell’attraversamento pedonale fuori dalle strisce (e da due punti di vista differenti) giungono a conclusioni non univoche.
In una pronuncia del 21 febbraio 2019 (sent. n. 23251/2019), la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato la responsabilità di un automobilista ai sensi dell’art. 589, comma 1 e 2 c.p., per aver travolto un pedone (deceduto successivamente in ospedale dopo il trasporto del soccorso), ritenendo tuttavia una responsabilità residuale del pedone nella misura di 1/5 per aver imprudentemente attraversato le strisce pedonali al di fuori delle linee orizzontali prestabilite (nella specie, di alcuni metri).
In sede di legittimità aveva promosso ricorso la parte cvile costituita, contestando il generico riferimento alla dizione “fuori dalla strisce pedonali” e nella misura in cui non sarebbe emerso in dibattimento, dall’analisi della planimetria redatta dalla Polizia locale in sede di incidente, il dato della distanza di 6,6 metri tra il punto di impatto con il pedone e la linea di confine delle strisce pedonali.
 La Suprema Corte Penale della Quarta Sezione, investita del ricorso, ha tuttavia ritenuto infondato il motivo di doglianza, precisando che la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto “pacifico” il dato secondo cui il pedone aveva attrasversato la strada fuori dalla delimitazione delle strisce pedonali nonchè, come dedotto dai fotogrammi dei filmati estratti dalle videocamere installate nei pressi della carreggiata, lo stesso aveva tenuto un comportamento imprudente non curandosi del sopraggiungere di eventuali veicoli sulla corsia di marcia.
Per tali motivi, ai sensi dell’art. 190 del Codice della Strada (d. lgs. n. 285/922 e ss. mm. e ii.), si è ribadito come il pedone fosse tenuto a mantenere un comportamento ligio alle comuni regole di diligenza e prudenza, al ifne di mantenere un comportamento teso a non creare intralcio alla circolazione nonchè ad evitare di causare situazioni di pericolo per la circolazione stradale, tali da mettere a repentaglio l’incolumità propria o degli altri utenti.
Senonchè, la stessa Sezione della Corte di Cassazione ha emesso una sentenza diametralmente opposta.
Nella fattispecie concreta, la Corte di Appello aveva assolto il pedone ai sensi dell’art. 589 c.p., il quale aveva attraversato la strada a 9 metri di distanza dalle strisce pedonali, per aver causato la morte di un ciclista che sopraggiungeva sulla carreggiata e che non era riuscito ad evitare l’impatto col pedone; ciò sulla base del fatto che l’attraversamento pedonale fosse ampiamente rilevato e che la velocità elevata del ciclista e l’assenza di cautele nell’impegnare il tratto stradale avessero reso irrilevante l’attraversamento pedonale fuori dalle strisce di delimitazione, e che l’impatto mortale si sarebbe verificato anche se il pedone si fosse trovato sulle strisce.
Aseguito di ricorso per Cassazione delle parti civili, in data 14/11/2019 (sent. n. 47204/2019), la Suprema Corte ha ribadito come durante la circolazione stradale il conducente di un veicolo (tra cui è ricompresa la bicicletta), sia tenuto ad utilizzare la massima prudenza nonchè a mantenere una velocità particolarmente moderata,tale da consentire e non ostacolare il diritto di precedenza pedonale, essendo ininfluente la circostanza che tale attraversamento avvenga o meno sulle strisce pedonali o nelle sue vicinanze.
Ciò in quanto, si legge, “non è possibile determinare aprioristicamente la distanza dalle strisce entro la quale la detta precedenza opera, dovendosi avere riguardo al complessivo quadro nel quale avviene l’attraversamento pedonale” (cfr. Sez. IV, n. 47290 del 09/10/2014 – dep. 17/11/2014, S, Rv. 26107301).
Non solo: veniva precisato ulteriormente come “nel caso in cui il tratto stradale sia costeggiato da case ed esercizi commerciali, il conducente di un veicolo deve considerare possibile l’eventuale sopravvenienza di pedoni e quindi tenere una andatura ed un livello di attenzione idonei ad evitare investimenti” (cfr. Sez. IV, n. 39474 del 16.02.2016, Bianchi, n.m.).
La Suprema Corte ha ribadito inoltre l’assunto secondo il quale il sistema di ricerca della causalità nella colpa, da effettuarsi ex ante rispetto alla verificazione dell’evento – dovendosi valutare il comportamento dell’agente ai fini della rimproverabilità, sussista la necessità di accertare se l’evento si sarebbe comunque verificato, anche ipotizzando l’adozione di misure cautelari da parte del guidatore.
Vale la pena ricordare che l’attività di circolazione stradale è considerata dal punto di vista strettamente civilistico come un’attività pericolosa, e che l’art. 2054 c.c. afferma al primo comma che “il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”.
Scarica in pdf il testo delle sentenze:
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