Maltrattamento di animali, omessa custodia di cane mordace, lesioni colpose, posizione di garanzia del proprietario. Cassazione Penale n. 20102/2018.

Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 20102 del 8 maggio 2018 (ud. del 18 gennaio 2018)
Pres. Baiotta, Est.Bellini
Malttattamento di animali. Omessa custodia e mal governo di animali. Posizione di garanzia assunta dal semplice detentore di un cane mordace. Cautele necessarie a prevenire le reazioni dell’animale. Lesioni colpose. Aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione. Microchip di identificazione. Irrilevanza sull’obbligo di custodia. Art. 672 c.p. .
La posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione (Sez. IV 16.12.2011 n.18814), laddove la pericolosità del genere animale non è limitata esclusivamente ad animali feroci ma può sussistere anche in relazione ad animali domestici o di compagnia quali il cane, di regola mansueto così da obbligare il proprietario ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale (Sez. IV, 10.1.2012 n.6393). L’insorgere della posizione di garanzia relativa alla custodia di un animale prescinde dalla nozione di appartenenza, di talchè risulta irrilevante il dato della registrazione del cane all’anagrafe canina ovvero dalla apposizione di un micro chip di identificazione, atteso che l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico (cfr. Sez. IV, 2.7.2010, Vallone).
 
Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 20102 del 8 maggio 2018 (ud. del 18 gennaio 2018)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COLOMBO GEROLAMO nato il 22/03/1950 a LEGNANO;
avverso la sentenza del 18/11/2016 del GIUDICE DI PACE di TRIESTE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere UGO BELLINI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PASQUALE FIMIANI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore.
RITENUTO IN FATTO
1. Il giudice di pace di Trieste con sentenza del 18.11.2016 dichiarava COLOMBO Girolamo colpevole del reato di lesioni colpose ai danni di Micheli Maria la quale era stata attinta ad un polpaccio da uno dei cani detenuti dal Colombo in Via Osoppo a Trieste. Lo condannava alla pena di euro 400 di multa.
Avverso la sentenza insorgeva il Colombo lamentando con un primo motivo di ricorso la intervenuta dichiarazione di assenza dell’imputato in presenza di notifica eseguita al difensore pure in assenza di valida domiciliazione. Con un secondo motivo deduceva nullità della sentenza in ragione dì motivazione fondata su dichiarazioni accusatorie della persona offesa del tutto inverosimili.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Non ricorre ipotesi di nullità per omessa citazione a giudizio atteso che dagli atti processuali, che è possibile consultare in ragione della censura di nullità di rilievo processuale svolta dalla parte ricorrente, emerge che l’imputato COLOMBO in data 10.6.2015 (Fl.60) abbia proceduto ad una rituale dichiarazione di domicilio presso lo studio dell’avv.to DAGA Giuseppe sito in Via Zanetti 8 in Trieste ed ivi risulta eseguita la notifica all’imputato. A tale proposito nessuna efficacia può essere attribuita alla dichiarazione del difensore che rifiuti la domiciliazione, se il dichiarante non abbia provveduto a revocarla (sez.II, 2. 7 .2015, Vìgnozzi, Rv.264234).
2. Quanto poi al motivo di ricorso che deduce vizio motivazionale in punto dì riconoscimento di responsabilità penale nei confronti del prevenuto, ritiene il Collegio che lo stesso sia manifestamente infondato, in quanto assolutamente generico, teso ad ottenere una rilettura degli elementi di prova che non è consentita in questa sede, e pertanto il proposto ricorso vada dichiarato inammissibile.
2.1 Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell’episodio e sulla valutazione della documentazione tecnica prodotta e in ordine all’attribuzione dello stesso alla persona dell’imputato non sono, infatti, proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
2.2 Il ricorso, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità, laddove il ricorrente, a fronte della precisione, attendibilità e disinteresse a nuocere alla persona offesa delle dichiarazioni della persona offesa, come riscontrata da elementi documentali e testimoniali (referto delle lesioni, tesserino delle vaccinazioni), si è limitato a porre in discussione la propria posizione di garanzia, assumendo di non essere il proprietario dell’animale.
3. In materia di lesioni colpose peraltro è costante l’insegnamento della Corte di Cassazione, – la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione (sez.IV 16.12.2011 n.18814), laddove la pericolosità del genere animale non è limitata esclusivamente ad animali feroci ma può sussistere anche in relazione ad animali domestici o di compagnia quali il cane, di regola mansueto così da obbligare il proprietario ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale (sez.IV, 10.1.2012 n.6393).
3.1 D’altro canto i giudici di merito hanno adeguatamente rappresentato come il Colombo fosse il detentore del cane mordace e che l’insorgere della posizione di garanzia relativa alla custodia di un animale prescinde dalla nozione di appartenenza, di talchè risulta irrilevante il dato della registrazione del cane all’anagrafe canina ovvero dalla apposizione di un micro chip di identificazione, atteso che l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico (sez.IV, 2.7.2010, Vallone, Rv. 248090).
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 Gennaio 2018
Scarica in pdf il testo della sentenza: cass. pen., sez. 4, sent. n. 20102-2018