RIFIUTI. Obbligo di bonifica, poteri del Giudice penale e natura della sanzione. Cassazione Penale n. 28175/2019.

Cass. Pen., Sez. III, sent.  n. 28175 del 27 giugno 2019 (ud. del 12  aprile  2019)

Pres. Izzo,  Est. Di Stasi

Rifiuti. Potere di ordinare la bonifica. Art. 192, 240, 242, 256 comma 2 e 3, 257 d. lgs. n. 152/2006.
Ponendosi il potere del Giudice di ordinare la bonifica (ed il ripristino dello stato dei luoghi) in parallelo all’autorità amministrativa titolare di autonomo potere, deve affermarsi che tale misura abbia natura di sanzione amministrativa irrogata dal giudice penale.

Quanto al contenuto dell’ordine di bonifica, esso va inteso come risanamento del sito inquinato, ed è ancorato al rispetto dei limiti di accettabilità della contaminazione in relazione alla specifica destinazione d’uso e deve avvenire secondo le specifiche norme di cui all’art. 242 e ss. del d. lgs. n. 152/2006, disponendo specificamente la norma “fatti salvi gli obblighi di bonifica”, da intendersi, quindi, quelli normativamente previsti (indicati dal Titolo V della Parte Quarta del d. lgs. n. 152/2006) e non potendo il giudice, in presenza di norme specifiche, modulare liberamente il contenuto degli interventi di bonifica.

Cass. Pen., Sez. III, sent.  n. 28175 del 27 giugno 2019 (ud. del 12  aprile  2019)

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 28/09/2018, la Corte di appello di Trento, quale Giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Trento, volta ad ottenere la declaratoria di corretta esecuzione della sentenza della Corte di appello n. 424 del 12.12.2014 che aveva dichiarato Boccher Franco e Boccher Luciano responsabili del reato di cui all’art. 256, comma 3, dlvo 152/2006, per discarica non autorizzata, e del reato di cui all’art. 260 dlvo 152/2006, per attività organizzata al traffico illecito di rifiuti, con le sanzioni accessorie della confisca delle particelle fondiarie specificate nel capo di imputazione e la bonifica nei termini autorizzati a cura e spese degli imputati.
2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione Boccher Franco e Boccher Luciano, articolando sette motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deducono violazione dell’art. 648, comma 2, cod.proc.pen. in riferimento al punto relativo alla sanzione della bonifica, argomentando che il Giudice dell’esecuzione aveva ritenuto applicabile una sanzione accessoria non prevista dalla sentenza di merito, diversa dalla sanzione della bonifica, sulla quale si era formato il giudicato.
Con il secondo motivo deducono violazione degli artt. 648 e 666 cod.proc.pen., lamentando che l’ordinanza impugnata aveva statuito in maniera difforme dalle precedenti ordinanze rese dalla Corte di appello in sede esecutiva, le quali avevano precisato la natura della sanzione accessoria e giudicato correttamente eseguita la sentenza di merito, così violando il giudicato formatosi sul punto.
Con il terzo motivo deducono vizio di motivazione in relazione alla sentenza della Corte di appello n. 424/2014 ed alle ordinanze emesse in sede esecutiva in data 10.02.2016 ed in data 28.04.2017, che avevano stabilito che la bonifica era da eseguirsi nei termini che saranno autorizzati dalla competente Pubblica Amministrazione e non nei termini autorizzati dal progetto originario, come, invece, erroneamente, ritenuto nell’ordinanza impugnata.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione fra i due punti della decisione in merito alla corretta esecuzione della sentenza penale, lamentando che non era dato comprendere de prevalesse l’affermazione che gli imputati non avevano adempiuto alla bonifica oppure la statuizione che era competente l’Autorità Amministrativa a valutare la bonifica.
Con il quinto motivo deducono violazione di cui all’art. 606 cod.proc.pen. lett. a) cod.proc.pen. per esercizio di una potestà riservata all’autorità amministrativa e inosservanza dell’art. 242, commi 12 e 13 del d.lgs 152/2006, lamentando che l’ordinanza impugnata, nel dare indicazioni sulle modalità tecniche di esecuzione della bonifica aveva esercitato un potere riservato alla competente autorità amministrativa.
Con il sesto motivo deducono violazione degli artt. 256, comma 3, 240 e 242 dlgs n. 152/2006 per errata applicazione dell’istituto della bonifica quale sanzione accessoria dei reati addebitati ai ricorrenti, in quanto l’ordinanza impugnata aveva ritenuto non corretta l’esecuzione della sentenza affermando che la bonifica contemplava la rimozione dei rifiuti, senza osservare quanto stabilito dagli artt. 240 e 242 in tema di procedura di bonifica, secondo le quali la rimozione dei rifiuti è irrogabile solo quando vi è superamento delle concentrazioni soglia di rischio.
Con il settimo motivo deducono erronea applicazione degli artt 256, comma 2 e 192 d. lgs. 152/2006, lamentando che l’ordinanza impugnata, per motivare l’inesistente obbligo di rimozione dei rifiuti, ha fatto erronea applicazione delle predette norme, non pertinenti in quanto prevedono la rimozione come sanzione del reato di abbandono di rifiuti, diverso dal reato di discarica abusiva oggetto di condanna.
Chiedono, pertanto, l’annullamento della ordinanza impugnata.
In data 5.4.2019 la difesa dei ricorrenti ha depositato memoria difensiva, nella quale ha ribadito i motivi di ricorso e la richiesta di accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1 I ricorsi sono infondati, secondo le argomentazioni che seguono.
2. Va osservato, in premessa, che l’art. 256, comma 3, d. lgs. n. 152/2006 prevede che alla sentenza di condanna per la realizzazione e/o gestione di discarica non autorizzata, o alla decisione emessa ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva, se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.
2.1. La norma in esame deve interpretarsi quale implicito riconoscimento al giudice penale di una distinta ed autonoma sfera di intervento rispetto a quella dell’autorità amministrativa, anche se accessoria rispetto alla sentenza di condanna, con la conseguenza che l’ordine impartito dal giudice non preclude lo svolgimento dei procedimenti amministrativi finalizzati alla eliminazione dell’illecito e, in primo luogo, quello di bonifica, in quanto una discarica abusiva comporta, di regola, la violazione dei limiti di contaminazione.
2.2. Per la qualificazione della natura dell’ordine di bonifica (e dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi), deve richiamarsi il principio di carattere generale, secondo il quale, quando, in materia di ambiente e territorio, viene conferito al giudice il potere di emanare un ordine finalizzato alle conseguenze dell’illecito, si ha l’attribuzione di funzioni speciali aventi carattere amministrativo, sebbene esercitate in sede di giurisdizionale, come reiteratamente affermato sia in relazione all’ordine di demolizione urbanistica, di cui all’art. 31 D.P.R. n. 380/2001, che in relazione all’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi in tema di tutela del paesaggio, di cui all’art. 181 d. lgs. n. 42/2004 (cfr, ex multis, per la natura di sanzione amministrativa avente carattere ripristinatorio, dell’ordine di demolizione, Sez.3, n.36387 del 07/07/2015, Rv.264736 e per l’analoga di natura di sanzione amministrativa dell’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, Sez.3, n.1158 del 08/11/2016, dep.11/01/2017,Rv.269357).
Ne consegue che, ponendosi il potere del Giudice di ordinare la bonifica (ed il ripristino dello stato dei luoghi) in parallelo all’autorità amministrativa titolare di autonomo potere, deve affermarsi che tale misura abbia natura di sanzione amministrativa irrogata dal giudice penale.
2.3. E tale potere non può esercitarsi al di fuori delle ipotesi in cui è espressamente consentito, stante il disposto dell’art. 23 Cost., che istituisce una riserva relativa di legge in tema di imposizioni personali i patrimoniali (cfr Sez.3, n.28577 del 10/06/2014, Rv.259906, che, richiamando il disposto dell’art. 23 Cost., ha affermato che, in materia di rifiuti, la restituzione nella fase delle indagini preliminari di un’area sottoposta a sequestro preventivo sulla quale insista una discarica abusiva, non può essere subordinata a condizione, come l’esecuzione delle operazioni di bonifica, perchè la legge non attribuisce al giudice penale un simile potere per la fase delle indagini preliminari, potendo tale sanzione essere irrogata dal giudice penale solo con la sentenza di condanna o con la decisione emessa ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen., ex art. 256, comma 3, del d. lgs. n. 152 del 2006).
2.4. Quanto al contenuto dell’ordine di bonifica, ritiene il Collegio, che esso va inteso come risanamento del sito inquinato, è ancorato al rispetto dei limiti di accettabilità della contaminazione in relazione alla specifica destinazione d’uso e deve avvenire secondo le specifiche norme di cui all’art. 242 e ss. del d.lgs n. 152/2006, disponendo specificamente la norma “fatti salvi gli obblighi di bonifica”, da intendersi, quindi, quelli normativamente previsti (indicati dal Titolo V della Parte Quarta del d.lvo 152/2006) e non potendo il giudice, in presenza di norme specifiche, modulare liberamente il contenuto degli interventi di bonifica.
Ne consegue che la procedura di bonifica dovrà avvenire secondo le procedure previste dal titolo V del d.lgs n. 152/2006, delle quali il Giudice dell’Esecuzione potrà successivamente prendere atto.
Diverso è, invece, il caso in cui il Giudice, applicando il principio generale di cui all’art. 165 cod. pen., subordini la sospensione condizionale della pena alla bonifica del sito la bonifica; in tale caso, la bonifica alla quale subordinare il beneficio penale non sarà necessariamente quella proceduralizzata dal d. lgs. n. 152 del 2006, ma potrà coinciderà con quella stabilita concretamente dal giudice per eliminare le conseguenze del danno ambientale prodotto, soggetta al controllo dell’autorità giudiziaria o di un organo tecnico appositamente delegato e che potrà eventualmente essere verificata ex post dal giudice della esecuzione (cfr Sez. 3, n. 13456 del 20.11.2006, Gritti, Rv. 236328, Sez. 3, n. 35501 del 30.5.2003, Spadetto, Rv. 225881; nonché Sez.3, n. 37280 del 12/06/2008, Rv. 241089, che ribadendo il principio ha, però, precisato che, in caso di condanna, o sentenza di patteggiamento della pena, per il reato di inquinamento previsto dall’art. 257 d. lgs. n. 152 del 2006 il giudice può subordinare la concessione del predetto beneficio alla bonifica del sito inquinato esclusivamente secondo le procedure regolamentate dallo stesso decreto legislativo, in virtù della norma specifica prevista del medesimo art. 257, comma 3, d. lgs. n. 152/2006).
3. Nel caso di specie, i ricorrenti, con sentenza n. 424/14 della Corte di appello di Trento, sono stati condannati per il reato di cui all’art. agli artt. 256, comma 3 e 260 del d. lgs. n. 152/2006 e, in base al disposto dell’art. 256, comma 3, è stata disposta la bonifica e confisca dell’area.
Con provvedimento del 10.2.2016, la Corte di appello, quale Giudice dell’Esecuzione, adita dai ricorrenti, stabiliva che la bonifica del fondo oggetto di confisca doveva essere eseguita nei termini che saranno autorizzati dalla competente Pubblica Amministrazione, secondo le procedure previste nel titolo V del d. lgs. n. 152/2006; indi, con successivo provvedimento del 28.4.2017, la Corte di appello, nuovamente compulsata dai ricorrenti quale Giudice dell’Esecuzione, prendeva atto che il diritto di proprietà dell’area oggetto di confisca era stato trasferito allo Stato in virtù di decreto tavolare GN2281/16 del 27novembre/11novembre 2016) e che erano state avviate le procedure di bonifica da espletarsi secondo le procedure previste dal titolo V del d. lgs. n. 152/2006, e dichiarava che la sentenza aveva avuto esecuzione.
Tali provvedimenti, in difetto di impugnazione, determinavano in maniera definitiva le modalità esecutive della bonifica e dichiaravano definita la procedura esecutiva.
Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello, compulsata nuovamente quale Giudice dell’Esecuzione, dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello per la verifica in merito alla esecuzione della sentenza, pur richiamando, nella parte motiva, diverse modalità esecutive, come detto già definitivamente fissate con i precedenti provvedimenti del 10.2.2016 e 28.4.2017 e non oggetto di contestazione, rigettava, comunque, l’istanza, ribadendo, in sostanza, che la fase esecutiva doveva ritenersi definita e che le valutazioni in ordine all’avvenuta bonifica competevano alla autorità competente secondo il disposto dell’art. 242, comma 13, del d. lgs. n. 152/2006.
4. I ricorsi, pertanto, vanno rigettato ed i ricorrenti, in base al disposto dell’art. 616 cod.proc.pen., vanno condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2019

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