PFAS: IL VELENO SILENZIOSO CHE TUTTI INGERIAMO SENZA SAPERE.

 

CHE COSA SONO I PFAS?

Acido perfluoroottansolfonico. Una parola che sembra uno scioglilingua ma che in linguaggio tecnico definisce un composto chimico fluorurato di origine sintetica (identificato con l’acronimo PFAS), utilizzato per la creazione di una molteplicità di oggetti e prodotti anche di uso comune come le pellicole antiaderenti delle padelle, le cerature dei giacconi, le protezioni per gli smartphones, la sciolina dei fondisti.

E persino la carta per la pizza.

Ma le sostanze perfluoroalchiliche sono anche famose per aver provocato una contaminazione diffusa a livello ambientale che da circa quarant’anni avvelena le falde acquifere del Veneto occidentale, con particolare riferimento alla “zona rossa” delle quattro province di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo (area abitata da oltre 350.000 persone), tanto da avere recentemente interessato il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia per l’emenazione di un provedimento restrittivo dei limiti attualmente consentiti.

Per quanto riguarda la sostanza in esame, trattasi di un acido molto forte, che per classe di composto chimico fornisce alle molecole elevata stabilità termica e chimica, determinando una resistenza alla maggioranza dei processi naturali di degradazione, sia aerobica sia anaerobica, comprese fotolisi e idrolisi, e pertanto viene utilizzato in campo industriale per la capacità di impermeabilizzare i prodotti ad acqua e grassi. L’utilizzo risale gia’ agli anni ’50, allorquando veniva inserito nella filiera di produzione di molteplici articoli quali pelli, tappeti, ma anche contenitori per cibo e tessuti tecnici. Ionizzato, questo composto chimico forma inoltre l’anione perfluoroottansolfonato (PFOS), ingrediente utilizzato in numerosi prodotti antimacchia e idrorepellenti per tessuti nonchè in schiume per estintori.

Questi composti hanno proprietà tensioattive e sono classificati come dal 2009 come “inquinanti organici persistenti” in quanto aggiunti all’Appendice B della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti. In base alle normative vigenti, l’utilizzo è ancora concesso in base al Reg. UE n. 757/2010, che prevede una serie di deroghe per usi molto limitati (oggetto di riesami periodici) e norme specifiche per la gestione dei rifiuti contenenti tali composti. L’utilizzo non è invece ancora regolamentato in Cina, poichè PFOS e prodotti chimici correlati sono ancora in produzione.

GLI EFFETTI SULLA SALUTE.

Quali inquinanti organici persistenti, i PFAS si accumulano in maniera progressiva (in un processo noto come magnificazione o bioamplificazione) nel suolo e nell’acqua e, attraverso l’assimilazione degli alimenti, anche negli organismi viventi, uomo compreso, risultando per parte della letteratura scientifica tossici ad alte concentrazioni

In base ad uno studio condotto nel 2002 dalla Direzione ambientale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE-OECD), PFOS risulta persistente, bioaccumulabile e tossico (PBT) per i mammiferi. Nel 2008 è stato mostrato che una concentrazione di PFOS ~90 ppb (parti per miliardo) nel siero sanguigno di topi maschi influenzi il sistema immunitario, con la conseguenza che persone molto esposte e animali selvatici posano sviluppare immunodeficienza. Inoltre, uova di gallina trattate con 1 mg per chilogrammo (pari a 1000 ppb) di PFOS hanno sviluppato pulcini che ne avevano ~150 ppb nel siero sanguigno, con una asimmetria cerebrale e ridotti livelli di immunoglobulina.  I valori di PFOS sono stati anche misurati in varie specie selvatiche, con livelli considerati sufficienti ad “alterare i parametri della salute“. Gli studi ocndotti sugli animali hanno dimostrato che il PFOS è in grado di causare tumori, ritardi dello sviluppo fisico e della crescita, alterazioni del sistema endocrino, riduzione delle dimensioni degli uccelli nati e persino mortalità neonatale.

Per quato riguarda gli effetti sull’uomo, ricerche svolte negli Stati Uniti hanno dimostrato che il PFOS è presente nel siero sanguigno di tutta la popolazione americana, anche se la sua concentrazione è in calo. Nelle donne gravide la presenza di PFOS è stata associata a preeclampsia (gestosi), mentre non sono state rilevate correlazioni significative tra esposizione prenatale e riduzione dello sviluppo del feto. Sono invece stati riscontrate maggiori incidenze sui giovani americani tra i 12 e i 15 anni per l’insorgenza di sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e rischi di elevazione dei livelli di colesterolo negli adulti.

LA PRESENZA DI PFAS IN ITALIA. IL CASO DEL VENETO.

Nel 2007 uno studio pubblicato su Analytical and Bioanalytical Chemistry su alcuni tratti del fiume Po e dei suoi affluenti aveva riscontrato nel Tanaro, vicino alla città di Alessandria concentrazioni di PFAS fino a 1300 ng/l. Nel 2013 una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti “emergenti”, effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani dal CNR e dal Ministero dell’Ambiente, ha segnalato la presenza anche in Italia di sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili.

Indicazioni più approfondite possono essere trovate sul sito dell’ARPA Veneto:

http://www.arpa.veneto.it/arpav/pagine-generiche/sostanze-perfluoro-alchiliche-pfas

Per quanto riguarda l’apposizione di nuovi limiti ai PFAS, la Regione Veneto intende proporre come limite guida tendenziale per tutto il territorio regionale i 90 nanogrammi per litro, intesi come somma di Pfoa e Pfos (composti familiari), considerando la quantità di 30 nanogrammi per litro come concentrazione massima di Pfos. Nei comuni appartenenti alla cosiddetta “zona rossa” con oltre 200 mila abitanti il limite-obbiettivo per i Pfoa che è stato indicato entro i 40 nanogrammi per litro. Per il “principio di precauzione” viene anche abbassata a 300 nanogrammi per litro la somma degli altri Pfas “a catena corta” (quindi a esclusione di Pfos e Pfoa).

Una nota di Greenpeace voluto però puntualizzare come negli Stati Uniti il limite di PFAS (PFOA e PFOS) oltre cui viene sospesa l’erogazione di acqua potabile è di 70 nanogrammi per litro, mentre in Svezia la concentrazione di PFAS consentita nell’acqua potabile è pari a 90 nanogrammi per litro, ma è riferita alla somma di ben undici composti.

La pagina di riferimento di Greenpeace contiene, oltre ad una petizione online, un grafico interattivo delle risultanze delle analisi chimiche effettuate in oltre 90 comuni veneti con l’indicazione delle concentrazioni di PFAS riscontrate nelle acque potabili:

http://www.greenpeace.org/italy/it/Cosa-puoi-fare-tu/partecipa/stop-pfas-veneto/?gaccount=grants&gclid=EAIaIQobChMI3pi5iv_F1gIVzpztCh28tQjHEAAYASAAEgIai_D_BwE