RASSEGNA GIURISPRUDENZA – MAGGIO-GIUGNO-LUGLIO 2021

FAMIGLIA E MINORI

Cass. civ., 1 luglio 2021 n. 18721

Un’attribuzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio può configurarsi come adempimento di un’obbligazione naturale allorché la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens. Tuttavia, si può configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo che esulano dal semplice adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e familiari della famiglia di fatto travalicanti limiti di proporzionalità e di adeguatezza.

Cass. civ., 7 giugno 2021 n. 15818

L’ articolo 156, comma 2, del Cc, stabilisce che il giudice debba determinare la misura dell’assegno di separazione tenendo conto non solo dei redditi delle parti ma anche di altre circostanze non indicate specificatamente, né determinabili a priori, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito e idonei a incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui valutazione, peraltro, non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12586

Il divario tra le posizioni reddituali degli ex coniugi non è decisivo, per l’attribuzione di un assegno di mantenimento, soprattutto nel caso in cui in sede di separazione consensuale non sia stato previsto alcun assegno di mantenimento e l’incremento del reddito per l’ex marito è stato determinato dal gravissimo infortunio sul lavoro subito (duplice amputazione di un arto inferiore e di un arto superiore, cui è conseguito un risarcimento per invalidità totale al lavoro di 700mila euro più una rendita vitalizia di tremila euro mensili) sì che la somma complessiva ricevuta è destinata a fare fronte a tutte le spese, anche mediche, future.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11795

In tema di soluzione giudiziale della crisi familiare, le statuizioni che regolano gli aspetti economico-patrimoniali tra i coniugi incidono nell’area dei diritti a cosiddetta disponibilità attenuata e soggiacciono alle regole processuali ordinarie, con il corollario del limite invalicabile della domanda, in quanto presuppongono la iniziativa della parte interessata e la indicazione, a pena di inammissibilità, del petitum richiesto al giudice, potendo configurarsi come diritto indisponibile solo quello relativo alla parte del contributo economico connotata dalla finalità assistenziale

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11787

La idoneità della attribuzione esclusiva di un bene a uno dei coniugi ad incidere, in sede di divisione dei beni oggetto di comunione legale tra i coniugi, sull’assetto patrimoniale definito in sede di divorzio deve essere verificato dal giudice che ne deve dare conto in motivazione, con riferimento alla fattispecie concreta e non sulla base di postulati giuridici astratti. Nella valutazione delle condizioni reddituali e patrimoniali degli ex coniugi, ai fini della attribuzione e quantificazione dell’assegno di divorzio, il giudice è tenuto a valutare se e in che misura la esigenza di riequilibrio delle condizioni degli ex coniugi, cui è funzionale l’istituto dell’assegno divorzile, non sia già coperta dal regime patrimoniale prescelto, giacché, se i coniugi hanno optato per la comunione, ciò determinare un incremento del patrimonio del coniuge richiedente, tale da escludere o ridurre la detta esigenza, a seguito dello scioglimento della comunione.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11786

La domanda per conseguire la revisione delle disposizioni concernenti l’affido del minore, nell’ambito dell’esercizio della responsabilità disciplinata dal capo secondo del titolo nono del libro primo del codice civile, va proposta innanzi al tribunale ordinario secondo le regole ordinarie che vedono il minore normalmente rappresentato dai genitori. Nell’ambito di un tale procedimento rettamente il tribunale provvede alla nomina di un tutore provvisorio – in modo da assicurare il contraddittorio anche nei confronti del minore, parte necessaria, tramite un rappresentante diverso dai genitori – nel momento in cui decide di adottare un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale per la coppia, in ragione del concreto conflitto di interessi evidenziatosi tra la posizione del figlio e quella dei genitori.

SUCCESSIONI E DONAZIONI

Cass. civ., 11 maggio 2021 n. 12437

Le regole cui la legge subordina la facoltà, per l’erede che si trovi nel possesso dei beni ereditari, di accettare l’eredità con beneficio d’inventario sono stabilite dall’articolo 485 del Cc, che distingue tre ipotesi: il chiamato all’eredità che si trova nel possesso dei beni ereditari deve ultimare l’inventario entro tre mesi dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità (comma 1); se fa l’inventario tempestivamente, potrà poi rinunciare all’eredità anche dopo la scadenza dei tre mesi, purché entro quaranta giorni dall’ultimazione dell’inventario (comma 3); se, invece, il chiamato all’eredità non compie l’inventario nel termine stabilito dalla legge, è considerato erede puro e semplice e non può più rinunciare all’eredità (comma 2). Deriva da quanto precede, sul piano sostanziale, che quando il chiamato all’eredità si trovi, al momento dell’apertura della successione, nel possesso dei beni ereditari, l’onere del compimento dell’inventario nel termine di legge condiziona, non solo, la facoltà di accettare con beneficio d’inventario, ma anche quella di rinunciare all’eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del de cuius, sul piano processuale, che quando l’erede del debitore eccepisca di avere rinunciato all’eredità, la prova del mero decorso del termine previsto dall’articolo 485 del Cc senza che l’inventario sia stato redatto implica che il chiamato all’eredità debba essere considerato erede puro e semplice e determina, di per sé, l’inefficacia della rinuncia.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11801

I debiti già esistenti in capo al de cuius al momento della sua morte, trasmessisi, insieme con le eventuali poste attive del patrimonio, ai suoi successori, si ripartiscono automaticamente tra di loro, salvo che il de cuius non abbia stabilito diversamente, e ricomprende sia la somma capitale, sia gli interessi, il cui maturarsi giorno per giorno non trova un limite temporale nella morte del debitore. Ne consegue che ciascun coerede è tenuto al pagamento del debito ereditario in proporzione della propria quota (nomina haereditaria ipso iure dividuntur), con gli interessi maturati dopo la morte del de cuius, fino a che il debito non venga estinto da ciascuno di essi per la propria quota.

LA PROPRIETA’ E I DIRITTI REALI

Cass. civ., 22 luglio 2021 n. 21067

In tema di azioni a difesa della proprietà, le difese di carattere petitorio opposte, in via di eccezione o con domande riconvenzionali, a un’azione di rilascio o consegna non comportano – in ossequio al principio di disponibilità della domanda e di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – una mutatio o emendatio libelli, ossia la trasformazione in reale della domanda proposta e mantenuta ferma dell’attore come personale per la restituzione del bene in precedenza volontariamente trasmesso al convenuto, né, in ogni caso, implicano che l’attore sia tenuto a soddisfare il correlato gravoso onere probatorio inerente le azioni reali (cosiddetta probatio diabolica), la cui prova, idonea a paralizzare la pretesa attorea, incombe solo sul convenuto in dipendenza delle proprie difese.

COMUNIONE, CONDOMINIO E LOCAZIONI

Cass. civ., 21 luglio 2021 n. 20914

In tema di condominio negli edifici, dei danni da infiltrazione nell’appartamento sottostante provocati da un lastrico solare di proprietà condominiale, rispondono sia l’eventuale usuario esclusivo del bene, in ragione dell’articolo 1126 del codice civile, sia comunque il condominio che sia inadempiente agli obblighi di manutenzione su di esso gravanti. Invero, l’applicazione dell’articolo 1126 del codice civile postula il presupposto della possibilità di uso esclusivo del lastrico solare, uso che può avere carattere reale o personale ed è comunque quello che risulta dal titolo: se, pertanto, l’uso del lastrico, anche se di proprietà esclusiva, non sia limitato ad uno o più titolari, ma sia comune a tutti i condomini, l’articolo 1126 del codice civile neppure opera.

Cass. civ., 14 giugno 2021 n. 16743

In un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo l’assoluta inerzia del locatore nell’escutere il conduttore per ottenerne il pagamento del corrispettivo, protrattasi per un periodo di tempo considerevole in rapporto alla durata del contratto, e suffragata da elementi circostanziali oggettivamente idonei a ingenerare nel conduttore un affidamento nella remissione del diritto di credito da parte del locatore per facta concludentia, l’improvvisa richiesta di pagamento integrale costituisce un esercizio abusivo del diritto.

Cass. civ., 14 giugno 2021 n. 16741

In tema di condominio negli edifici dalla attrazione del danno da infiltrazioni prodotte dal lastrico solare o dal terrazzo di proprietà o di uso esclusivo nell’ambito della responsabilità civile da custodia derivano le seguenti conseguenze: a) anzitutto, trovano applicazione le disposizioni che disciplinano la responsabilità extracontrattuale, prime fra tutte quelle relative alla prescrizione e alla imputazione della responsabilità, dovendosi affermare che del danno provocato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello risponde il proprietario o il titolare di diritto di uso esclusivo su detti beni al momento del verificarsi del danno; b) trova applicazione altresì la disposizione di cui all’articolo 2055 c.c., ben potendo il danneggiato agire nei confronti del singolo condomino, che del Condominio essendo una norma che opera un rafforzamento del credito, evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota, anche quando il danneggiato sia un condomino, equiparato a tali effetti a un terzo; c) trova, infine, applicazione l’intera disciplina dell’articolo 2051 c.c., anche per i limiti all’esclusione della responsabilità del soggetto che ha la custodia del bene da cui è conseguito il danno.

Cass. civ., 26 maggio 2021 n. 14598

Al conduttore, cui è consentito trarre dalla cosa locata tutte le utilità inerenti al suo normale godimento, escluse solamente quelle espressamente vietate dal contratto o confliggenti con il diritto del locatore o di terzi, può altresì utilizzare le parti comuni dell’edificio condominiale, ove è sito l’immobile locatogli, con eguale contenuto ed eguali modalità del potere di utilizzazione spettante al proprietario. Pertanto il conduttore può liberamente godere ed eventualmente modificare le parti comuni dell’edificio, purché in funzione del godimento o del miglior godimento dell’unità immobiliare oggetto primario della locazione (limite cosiddetto interno) e purché non risulti alterata la destinazione di dette parti, né pregiudicato il pari suo uso da parte degli altri condomini (limite cosiddetto esterno).

Cass. civ., 6 maggio 2021 n. 11871

Il procedimento diretto alla revoca dell’amministratore di condominio soggiace al regolamento delle spese ex articolo 91 del codice di procedura civile. L’articolo 91 del codice di procedura civile, infatti, secondo cui il giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a sé, dispone la condanna alle spese giudiziali, intende riferirsi a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere contrapposte pretese, definisce il procedimento, e ciò indipendentemente dalla natura e dal rito del procedimento medesimo; pertanto, la norma trova applicazione anche ai provvedimenti di natura camerale e non contenziosa, come quelli in materia di revoca dell’amministratore di condominio, sicché, mentre la decisione nel merito del ricorso di cui all’articolo 1129, comma 11, del codice civile non è ricorribile in cassazione, la consequenziale statuizione relativa alle spese, in quanto dotata dei caratteri della definitività e della decisorietà, è impugnabile ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11717

L’amministratore giudiziario è nominato dal giudice per sopperire all’inerzia dell’assemblea, che non provveda alla nomina dell’amministratore fiduciario (articolo 1129, comma 1, del Cc), dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea o dal giudice in caso di mancato assolvimento dell’obbligo di dare senza indugio notizia all’assemblea di citazioni o provvedimenti dell’autorità amministrativa aventi un contenuto che esorbita dalle sue attribuzioni (articoli 1129, comma 3, 1131, comma 4, del Cc), ovvero in caso di inerzia, qualora non abbia reso il conto della gestione o se vi sono fondati sospetti di gravi irregolarità (articolo 1129, comma 3, del Cc). Il decreto emesso ex articolo 1129, comma 1, del Cc ha a oggetto esclusivamente la nomina dell’amministratore da parte del tribunale, in sostituzione dell’assemblea che non vi provvede, senza che muti invero la posizione dell’amministratore stesso, il quale, benché designato dall’autorità giudiziaria, instaura con i condomini un rapporto di mandato e non riveste la qualità di ausiliario del giudice. L’amministratore nominato dal tribunale deve – quindi – rendere conto del suo operato soltanto all’assemblea e non riveste la qualità di ausiliario del giudice (che deve identificarsi nel privato esperto in una determinata arte o professione ed in generale idoneo al compimento di atti che il giudice non può compiere da solo e ciò in occasione di un processo e in relazione a concrete necessità individuabili di volta e in volta dal giudice al quale il consulente deve dare conto), sicché la determinazione del compenso è regolata dall’articolo 1709 del Cc, secondo cui ove le parti non abbiano stabilito la misura, lo stesso è stabilito in base alle tariffe o agli usi o, in mancanza, dal giudice.

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Cass. civ., 31 agosto 2021 n. 23655

In tema di contratti conclusi fra professionista e consumatore, le clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile possono essere qualificate vessatorie o abusive e pertanto affette da nullità, se determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e ciò anche ove esse concernano la stessa determinazione dell’oggetto del contratto o l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, se tali elementi non sono individuati in modo chiaro e comprensibile.

Cass. civ., 11 agosto 2021 n. 22725

Per la configurabilità della clausola risolutiva espressa, le parti devono aver previsto la risoluzione di diritto del contratto in seguito all’inadempimento di una o più obbligazioni specificatamente determinate nel contratto o in altro atto o documento alle quale le parti abbiano fatto espresso riferimento, come la dichiarazione di essere nelle condizioni di fruire del mutuo a tasso agevolato o a quelle previste nella domanda di concessione». Bisogna accertare se il rinvio nella clausola alla veridicità delle dichiarazioni rese rendevano specifica e determinata l’obbligazione in relazione alla quale le parti avevano previsto la risoluzione di diritto per effetto dell’operatività della clausola risolutiva espressa.

Cass. civ., 3 agosto 2021 n. 22157

Nel caso di garanzie concesse dallo Stato o poste comunque a carico del pubblico Erario da specifiche disposizioni di legge in relazione a debiti di particolari categorie di soggetti, esse, in difetto di elementi testuali in tal senso nella disciplina istitutiva della specifica provvidenza, non possono intendersi quale garanzia escutibile a prima richiesta ed in via autonoma; pertanto, trovano applicazione, in difetto di specifiche diverse espresse disposizioni, i principi generali in tema di garanzia quale prestazione accessoria, desunti dalla disciplina della fideiussione. Quindi, va ammessa l’attivazione della garanzia pubblica almeno previa una vana tempestiva diligente attivazione, ad opera del creditore, degli ordinari strumenti di tutela del credito a sua disposizione.

Cass. civ., 19 luglio 2021 n. 20632

Sebbene il contratto autonomo di garanzia sia caratterizzato, rispetto alla comune garanzia fideiussoria, dalla mancanza dell’elemento dell’accessorietà che si esprime di regola nell’adozione della locuzione a prima richiesta o senza eccezioni e che preclude al garante l’opposizione, al creditore che escuta la garanzia, delle eccezioni fondate sul rapporto tra questo ed il debitore garantito, nondimeno perde perciò ogni connessione con il rapporto causale tanto da giustificare l’opponibilità dell’eccezione di dolo in ossequio al principio della buona fede ogni qualvolta l’escussione della garanzia risulti operata in modo fraudolento o abusivo ovvero l’opponibilità delle eccezioni fondate sulla nullità del contratto presupposto per contrarietà a norme imperative o per illiceità della sua causa, che ove non fossero opponibili consentirebbe al contratto che ne sia affetto di assicurare all’escutente un risultato altrimenti vietato dall’ordinamento. In questa cornice, sul presupposto che la garanzia non può operare oltre i limiti di essa, sussiste per il garantito il potere-dovere di resistere a richieste che si rivelino arbitrarie e di rifiutare il versamento di somme che eccedano quanto pattuito in sede di stipulazione, facendo valere una condizione che non è meramente optativa derivandone, nel caso in cui il garante non se ne avvalga, la privazione del diritto di regresso in relazione ai pagamenti non dovuti.

Cass. civ., 12 luglio 2021 n. 19801

In tema di caparra confirmatoria, se la parte inadempiente restituisce la somma versata a titolo di caparra dall’altra parte contrattuale, non viene meno il diritto della parte adempiente a pretendere il doppio della caparra da far valere qualora non emerga, in senso contrario, un’unica volontà abdicativa del suo diritto da parte del creditore tramite l’esercizio del recesso.

Cass. civ., 9 luglio 2021 n. 19579

In tema di inadempimento contrattuale, nella valutazione della gravità dell’inadempimento, vanno innanzitutto distinte le violazioni delle obbligazioni costitutive del sinallagma contrattuale, che possono essere apprezzate ai fini della valutazione della gravità di cui all’articolo 1455 del Cc, rispetto a quelle che incidono sulle obbligazioni di carattere accessorio, che non sono idonee, in sé sole, a fondare un giudizio di gravità dell’inadempimento. E inoltre, può essere dato rilievo alla violazione degli obblighi generali di informativa ed avviso imposti dalla cosiddetta buona fede integrativa soltanto in presenza di un inadempimento grave incidente sul nucleo essenziale del rapporto giuridico, ovvero di una ipotesi di abuso del diritto da parte di una delle parti. Solo all’esito di tale articolato procedimento logico è possibile affermare che il giudice di merito abbia tenuto conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale.

Cass. civ., 9 luglio 2021 n. 19578

L’attore che agisce per la restituzione di una somma di denaro, allegando che essa sia stata consegnata al convenuto a titolo di mutuo, ha l’onere di dimostrare tanto la consegna effettiva della somma, che il titolo della sua dazione, appunto a titolo di mutuo. In difetto di tale duplice prova la domanda non può, quindi, essere accolta.

Cass. civ., 22 giugno 2021 n. 17819

In materia di appalto, la circostanza che l’appaltatore esegua l’opera su progetto del committente o dallo stesso fornito non lo degrada, per cio’ solo, al rango di nudus minister poiche’ la fase progettuale non interferisce nel contratto e non ne compone la struttura sinallagmatica, esulando dagli obblighi delle rispettive parti. Di conseguenza, l’appaltatore deve eseguire a regola d’arte il progetto, ma anche a controllare, con la diligenza richiesta dal caso concreto e nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, la congruita’ e la completezza del progetto stesso e della direzione dei lavori, segnalando al committente gli eventuali errori riscontrati se tali errori consistono nella mancata previsione di accorgimenti e componenti necessari per rendere il prodotto tecnicamente valido e idoneo a soddisfare le esigenze del committente.

Cass. civ., 21 giugno 2021 n. 17634

La mera annotazione nel conto di una posta d’interessi illegittimamente addebitati dalla banca al correntista non é di per se’ sufficiente a far sorgere il diritto di quest’ultimo alla ripetizione dell’indebito, potendo determinare un incremento del debito risultante a suo carico o una riduzione del credito di cui dispone, ma non essendo qualificabile come pagamento, nel senso richiesto dall’articolo 2033 c.c., dal momento che ad essa non corrisponde l’esecuzione di alcuna prestazione da parte del correntista, con conseguente spostamento patrimoniale in favore della banca. Tuttavia, il correntista può agire in giudizio, anche in pendenza del rapporto, per far dichiarare la nullità del titolo in base al quale ha avuto luogo l’addebito. In questo modo, potrà ottenere la rettifica in suo favore delle risultanze del conto, con l’accertamento, nel caso in cui quest’ultimo sia assistito da un’apertura di credito, dell’esistenza di una maggiore disponibilità in suo favore.

Cass. civ., 17 giugno 2021 n. 17549

Al fine di accertare se una penale, pattuita per l’ipotesi di inadempimento o ritardo della controparte, abbia consistenza irrisoria, tanto da risolversi, in concreto, nella esclusione o limitazione della responsabilità per i danni da inadempimento, e nella conseguente violazione del divieto posto dall’articoli 1229 c.c., l’intento elusivo non può essere desunto dal raffronto tra la misura della penale e la entità del danno poi, in concreto, verificatosi, ma si deve ricostruire, in parte qua, la volontà dei contraenti con riguardo al suo momento genetico, avendo riguardo alla misura della penale e l’entità presumibile dell’eventuale, futuro danno da risarcire, ricostruibile secondo una prognosi ex post.

Cass. civ., 17 giugno 2021 n. 17380

Poiché le parti possono, nell’ambito dell’autonomia privata, prevedere l’adempimento o l’inadempimento di una di esse quale evento condizionante l’efficacia del contratto sia in senso sospensivo che risolutivo, non configura una illegittima condizione meramente potestativa la pattuizione che fa dipendere dal comportamento – adempiente o meno – della parte l’effetto risolutivo del negozio, e ciò non solo per l’efficacia (risolutiva e non sospensiva) del verificarsi dell’evento dedotto in condizione ma anche perché tale clausola, in quanto attribuisce il diritto di recesso unilaterale dal contratto (il cui esercizio è rimesso a una valutazione ponderata degli interessi della stessa parte), non subordina l’efficacia del contratto a una scelta meramente arbitraria della parte medesima.

Cass. civ., 15 giugno 2021 n. 16890

In tema di condizioni generali del contratto e di clausole per le quali sussiste la esigenza della specifica approvazione scritta, queste sono ravvisabile in quelle strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (se predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie), mentre esulano da tale categoria i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento a una singola, specifica, vicenda negoziale rispetto ai quali l’altro contraente può, del tutto legittimamente, richiedere e apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, nonché, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative tra le parti.

Cass. civ., 14 giugno 2021 n. 16742

In caso di difetto originario di registrazione (e conseguente nullità ai sensi dell’articolo 1, comma 346, della legge 311 del 2004) va riconosciuto effetto sanante alla registrazione tardiva del contratto di costituzione di un diritto personale di godimento di un immobile (nella specie: contratto di comodato) e tale effetto sanante ha efficacia retroattiva con conseguente stabilizzazione definitiva degli effetti del contratto. Il riconoscimento di una sanatoria per adempimento, infatti, è coerente con la introduzione nell’ordinamento di una nullità funzionale per inadempimento all’obbligo di registrazione.

Cass. civ., 10 giugno 2021 n. 16324

In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 del codice civile risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, e il creditore agente dovrà dimostrare il proprio corretto adempimento.

Cass. civ., 4 giugno 2021 n. 15723

Nel contratto concluso per la riparazione di un’imbarcazione che ha natura di prestazione d’opera in cui l’obbligazione di custodia ha carattere accessorio e strumentale rispetto all’obbligazione di riparazione opera la presunzione di gratuità della medesima che viene meno solo nel contratto di deposito in cui la prestazione di custodia costituisce l’oggetto dell’obbligazione principale. Pertanto, al di fuori di questa ipotesi, il compenso per la custodia prestata può aggiungersi a quello dovuto per la prestazione principale solo in presenza di una espressa pattuizione.

Cass. civ., 4 giugno 2021 n. 15707

In tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale va integrato con gli altri criteri di interpretazione, tra cui la buona fede ai sensi dell’art. 1366 c.c., considerando lo scopo perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto. L’obbligo di buona fede oggettiva si specifica in particolare nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte. Secondo il principio di buona fede contrattuale, qualora il contratto abbia ad oggetto un’area edificabile, si presume che la stessa venga trasferita con la disponibilità dell’intera cubatura che risulta dagli indici di fabbricazione dettati dagli strumenti urbanistici locali, salvo che le parti non si siano accordate diversamente.

Cass. civ., 18 maggio 2021 n. 13517

In tema di intermediazione finanziaria, la disciplina dettata dall’art. 23, coma 6, D.lgs. n. 58/98 in armonia con la regola stabilita dall’art. 1218 c.c., impone all’investitore che lamenti la violazione degli obblighi informativi a carico dell’intermediario, nel quadro dei principi che regolano il riparto degli oneri di allegazione della prova di allegare tali inadempimenti mediante la sintetica ma circostanziata individuazione delle informazione che l’intermediario avrebbe omesso di somministrare, nonché di fornire la prova del nesso di causalità tra inadempimento e danno, nesso che sussiste se, ove adeguatamente informato, l’investitore avrebbe desistito dall’investimento rivelatosi poi pregiudizievole.

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12964

Il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo a una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda e integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex articolo 345 del codice di procedura civile.

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12897

L’articolo 1381 del Cc prevede, quale conseguenza della mancata assunzione, da parte del terzo, dell’obbligazione o del mancato compimento del fatto promesso, il pagamento di un indennizzo, diverso dal risarcimento del danno il quale spetta quando il promittente non assolva al proprio compito e cioè non si adoperi con la dovuta diligenza presso il terzo, violando così i propri doveri di correttezza e buona fede, nel qual caso il promissario può avvalersi dei rimedi predisposti contro l’inadempimento e richiedere, in presenza del necessario nesso di causalità, il risarcimento in parola. Se, invece, il promittente abbia assolto diligentemente al suo obbligo di attivazione, ma, nonostante ciò, il terzo abbia rifiutato la prestazione o l’assunzione dell’obbligazione, si verifica la situazione in presenza della quale la norma sopra evocata riconosce al promissario l’indennità a carico del promittente, indipendentemente da ogni valutazione sul comportamento di quest’ultimo. La diversità di causa petendi – tra le due domande – non ammette innovazioni della pretesa in appello, anche se nulla esclude, logicamente, la possibilità di prospettare domande alternative, allegando i fatti e offrendoli alla qualificazione giudiziale.

RESPONSABILITA’ CIVILE, DANNI E RISARCIMENTI

Cass. civ., 15 luglio 2021 n. 20251

L’operazione posta in essere dall’intermediario in una situazione di conflitto d’interesse del quale egli non abbia preventivamente informato l’investitore e rispetto al compimento della quale, sia pure nella forma del consenso tacito, egli non sia stato autorizzato, qualora si riveli pregiudizievole, è fonte di responsabilità dell’intermediario, dato che solo l’adesione ad essa dell’investitore recide il nesso di causalità altrimenti sussistente tra la violazione dello specifico obbligo informativo a cui è tenuto l’intermediario nel dar corso ad un’operazione in conflitto di interessi e il danno che ne patisce l’investitore.

Cass. civ., 9 luglio 2021 n. 19610

La custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata ma si estende ai margini della carreggiata ed altresì più ampiamente ai margini gli elementi accessori e pertinenze, anche inerti. La circostanza che l’adozione di specifiche misure di sicurezza non sia prevista da alcuna norma astrattamente riferibile ad una determinata strada comunque non esime la P.A. dal valutare se la medesima possa in concreto costituire un rischio per l’incolumità degli utenti. La condotta rimane infatti connotata come colposa non solo in caso di inosservanza di specifiche norme prescrittive (colpa specifica) ma anche in caso di violazione delle regole generali di prudenza e di perizia.

Cass. civ., 25 maggio 2021 n. 14422

L’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima; è pertanto onere del convenuto provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo.

Cass. civ., 19 maggio 2021 n. 13595

L’obbligo di custodia del Condominio e i corrispondenti poteri dell’amministratore non vengono meno nemmeno allorquando siano appaltati a terzi lavori riguardanti le parti comuni dell’edificio condominiale, di norma ricorrendo in tal caso l’ipotesi della concustodia, sicché il Condominio e l’amministratore sono responsabili del danno alla persona patito da uno dei condomini o da un terzo derivante dalla cosa in custodia anche laddove trattisi di insidia creata dall’impresa appaltatrice (ad esempio, dei lavori di manutenzione della cosa condominiale), sempre che l’assemblea non ne affidi in tal caso ad altri la custodia (o la concustodia) ovvero che l’appaltatore non risulti posto in condizione di esclusivo custode, nel qual caso dell’eventuale danno a terzi (e ai condomini) è solo quest’ultimo a rispondere.

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12962

Rigettata, dal primo giudice, la domanda di risarcimento dei danni in conseguenza di un sinistro stradale, e proposto, dal soccombente, appello sul rilievo che dalla esperita istruttoria appare evidente un concorso di colpa tra i due conducenti, deve essere cassata la sentenza di appello che abbia dichiarato inammissibile la impugnazione per non essere stato tempestivamente formulato alcuno specifico motivo sul concorso di colpa, essendo tardiva la richiesta subordinata in comparsa conclusionale, atteso che il più contiene sempre il meno (e, pertanto, la corresponsabilità è domanda implicita inclusa nella domanda principale di responsabilità esclusiva della controparte).

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12961

In tema di risarcimento del danno da cosiddetto micropermanente, l’articolo 139, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 209 del 2005 deve essere ancora interpretato, pur dopo la modifiche introdotte dalla legge n. 124 del 2017 e la pronuncia della sentenza n. 98 del 2019 della Corte costituzionale, nel senso che la prova della lesione e del postumo non deve essere data esclusivamente con un referto strumentale poiché, in ogni caso, è l’accertamento medico legale corretto, riconosciuto dalla scienza medica, a stabilire se tale lesione sussista e quale percentuale del detto postumo sia a essa ricollegabile, dovendosi tenere conto, però, che possono esservi situazioni nelle quali solo il menzionato accertamento strumentale è idoneo a fornire la dimostrazione richiesta dalla legge.

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12884

La certezza della colpa nella condotta, purché potenzialmente idonea a determinare l’evento, di uno dei conducenti nella causazione di uno scontro tra veicoli libera l’altro conducente dalla presunzione – che mantiene un carattere residuale – della sua concorrente responsabilità di cui all’articolo 2054, comma 2, del Cc nonché dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Comunque, la certezza delle condotte di entrambi i conducenti non esime il giudice dalla ricostruzione effettiva del concreto apporto causale di ognuna nella determinazione dell’evento, rendendo non corretta l’applicazione della presunzione, che deve mantenere un carattere residuale e cioè limitato all’ipotesi della concreta impossibilità della determinazione dell’incidenza causale delle condotte di tutti i conducenti.

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12871

In caso di danni provocati da animali selvatici la Regione è l’unico soggetto passivamente legittimato (ancorché nell’ambito di un inquadramento della responsabilità nell’alveo dell’articolo 2052 del Cc), salva rivalsa nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12225

Viene definito “difettoso” non già ogni prodotto insicuro bensì quel prodotto che non offra la sicurezza che ci si può legittimamente attendere in relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi alle istruzioni o alle avvertenze fornite, all’uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, ai comportamenti che in relazione ad esso si possono ragionevolmente prevedere, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.

Cass. civ., 7 maggio 2021 n. 12164

Investito della domanda di risarcimento del danno da reato, il giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato e fondare la propria decisione su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede all’esito del relativo esame, essendo tenuto a procedere alla relativa valutazione, con pienezza di cognizione, al fine di accertare fatti materiali in base al relativo proprio vaglio critico.

Cass. civ., 7 maggio 2021 n. 12159

Nel giudizio di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., il prescindere dalla specifica quantificazione dalla parte formulata in ordine a ciascuna voce di danno oggetto della domanda di ristoro, salvo che tali indicazioni non siano da ritenere meramente indicative.

Cass. civ., 7 maggio 2021 n. 12046

Il danno biologico, rappresentato dall’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggiato, è pregiudizio ontologicamente diverso dal cd. danno morale soggettivo, inteso come sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute. Esso, ordinariamente liquidato con il metodo cosiddetto tabellare in relazione a un parere medico legale che esprime in misura percentuale la sintesi di tutte le conseguenze ordinarie che una determinata menomazione presumibilmente riverbera sullo svolgimento delle attività comuni a ogni persona, può essere incrementato in via di personalizzazione in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali, tempestivamente allegate e provate dal danneggiato, le quali rendano il danno subito più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti da lesioni personali dello stesso grado sofferte da persone della stessa età e condizione di salute.

Cass. civ., 7 maggio 2021 n. 12166

Il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza della omessa o insufficiente manutenzione delle strade o di sue pertinenze invocando la responsabilità ex articolo 2051 c.a. della P.A. è tenuto a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto. Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato anomalo, e cioè dell’obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno. Facendo eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli articoli 2043 e 2697 del Cc alla stregua di una scelta effettuata dal legislatore l’articolo 2051 del Cc integra invero un’ipotesi di responsabilità caratterizzata da un criterio di inversione dell’onere della prova, imponendo al custode, presunto responsabile, di dare la contraria prova liberatoria del fortuito c.d. responsabilità aggravata. Il custode è invero tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire e impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto) nonché in ossequio al principio di cosiddetta vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative (nel caso, articolo 14 del codice della strada), e già del principio generale del neminem laedere, e che l’evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi. non conoscibili né eliminabili con immediatezza neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero che abbia esplicato la sua potenzialità offensiva prima che, con la diligenza richiesta dallo specifico caso concreto, fosse possibile l’intervento riparatore dell’ente custode.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11779

La lesione di un diritto inviolabile non determina, neanche quando il fatto illecito integri gli estremi di un reato, la sussistenza di un danno non patrimoniale in re ipsa, essendo comunque necessario che la vittima abbia effettivamente patito un pregiudizio, il quale va allegato e provato, anche attraverso presunzioni semplici.

DIRITTO D’AUTORE E BREVETTI

Cass. civ., 18 giugno 2021 n. 17565

L’opera dell’ingegno consistente nella regia teatrale di opera lirica, è ricompresa nella nozione generale dell’art. 1 l. 633 del 1941, in forza dell’ampia lettera della disposizione, la quale, al pari di quella dell’art. 2575 c.c. ed in piena coerenza con la ratio della disciplina, contempla il prodotto della creatività umana quale oggetto di tutela tutte le volte che si debba riconoscere un apporto personale e creativo della “lettura” dell’opera da parte del regista, non rilevando in direzione contraria la mancanza di esplicita menzione della “regia” nella legge sul diritto d’autore o nella Convenzione di Berna, entrata in vigore il 5 dicembre 1887.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12566

La distinzione tra marchi forti e marchi deboli (e cioè tra segni che rispettivamente non presentano, o presentano, aderenza concettuale al prodotto o al servizio offerto) rileva nel senso che, mentre per il marchio forte vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti e originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, per il marchio debole sono sufficienti a escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni o aggiunte.

DIRITTO DEL LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE

Cass. civ., 13 luglio 2021 n. 19948

In tema di controversie relative alla materia della protezione dei dati personali, cui è applicabile il rito del lavoro, il giudice, in presenza della richiesta dell’ammissione di una prova, è tenuto a motivarne la mancata ammissione, a nulla rilevando l’ipotetica inammissibilità della stessa per l’intempestività della relativa richiesta, dal momento che, ove pure si sia prodotta una preclusione, egli, a fronte dell’iniziativa della parte che insista per l’esperimento della prova, è tenuto a dar conto del mancato esercizio del potere-dovere di fare uso dei poteri officiosi di cui all’art. 421 c.p.c.

Cass. civ., 17 giugno 2021 n. 17424

Nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.

Cass. civ., 17 giugno 2021 n. 17423

In caso di non giustificato recesso ante tempus del datore di lavoro da rapporto di lavoro a tempo determinato, il risarcimento del danno dovuto al lavoratore va commisurato all’entità dei compensi retributivi che lo stesso avrebbe maturato dalla data del recesso fino alla prevista scadenza del contratto.

Cass. civ., 17 giugno 2021 n. 17422

In caso di accertamento di interposizione fittizia di manodopera, laddove il giudice ordini vanamente il ripristino del rapporto di lavoro con il soggetto interponente, quest’ultimo è tenuto a pagare le retribuzioni a partire dalla messa in mora, che corrisponde al momento in cui il lavoratore offre la propria prestazione.

Cass. civ., 11 giugno 2021 n. 16534

La responsabilità del datore di lavoro – su cui incombono gli obblighi di cui all’articolo 2049 del c.c. – non è esclusa dalla circostanza che la condotta di mobbing provenga da un altro dipendente, posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima, ove il datore sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo.

Cass. civ., 8 giugno 2021 n. 15952

Il dirigente che, pur avendo il potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, non lo eserciti e non fruisca del periodo di riposo annuale, non ha diritto alla indennità sostitutiva a meno che non provi di non avere potuto fruire del riposo a causa di necessità aziendali assolutamente eccezionali e obiettive.

Cass. civ., 8 giugno 2021 n. 15949

In tema di contratto di apprendistato, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agii obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza.

Cass. civ., 24 maggio 2021 n. 14198

In materia di licenziamenti collettivi, nel caso di violazione dei criteri di scelta, l’annullamento non può essere domandato indistintamente da ciascuno dei lavoratori licenziati, bensì solo da chi non sarebbe stato ricompreso nella platea dei destinatari dell’atto espulsivo ove la violazione non fosse stata realizzata. Ciò perché l’azione di annullamento, a differenza di quella di nullità, presuppone un interesse qualificato e richiede che il vizio abbia avuto incidenza determinante nell’adozione dell’atto contestato.

Cass. civ., 21 maggio 2021 n. 14062

In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le indennità spettanti sono assoggettate alla prescrizione quinquennale in base all’articolo 2948, numero 5, del codice civile, e non all’ordinario termine decennale, a prescindere dalla natura, retributiva o previdenziale, dell’indennità medesima, ovvero dal tipo di rapporto, subordinato o parasubordinato, in essere, in ragione dell’esigenza di evitare le difficoltà probatorie derivanti dall’eccessiva sopravvivenza dei diritti sorti nel momento della chiusura del rapporto.

Cass. civ., 20 maggio 2021 n. 13861

In tema di tutela della lavoratrice madre, la deroga al divieto di licenziamento di cui all’art. 54, comma 3, lett. b), del d. lgs. n. 151 del 2001, dall’inizio della gestazione fino al compimento dell’età di un anno del bambino, opera solo in caso di cessazione dell’intera attività aziendale, sicché, trattandosi di fattispecie normativa di stretta interpretazione, essa non può essere applicata in via estensiva od analogica alle ipotesi di cessazione dell’attività di un singolo reparto dell’azienda, ancorché dotato di autonomia funzionale.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12570

In tema di tutela del marchio, l’apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità dei segni nel caso di affinità dei prodotti – apprezzamento che costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione – deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, bensì in via globale e sintetica, vale a dire con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda e il mero ricordo mnemonico dell’altro. Inoltre, se il segno è privo di aderenza concettuale con i prodotti contraddistinti, le variazioni che lasciano intatta l’identità del nucleo ideologico che riassume la attitudine individualizzante del segno debbono ritenersi inidonee a escludere la confondibilità.

SOCIETA’ E DIRITTO COMMERCIALE

Cass. civ., 23 giugno 2021 n. 17957

La società inattiva, ma non cancellata dal registro delle imprese, che si ha nella situazione in cui la società, per quanto esistente, non è operativa sotto il profilo gestionale, non può determinare gli effetti estintivi e successori considerati con la cancellazione dal registro delle imprese, recte con la iscrizione della cessazione della società nel registro delle imprese. Ed invero, la disciplina di cui all’art. 2495 cod. civ. (nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 6 del 2003, art. 4), secondo la quale l’iscrizione della cancellazione delle società di capitali e delle cooperative dal registro delle imprese, avendo natura costitutiva, estingue le società, anche se sopravvivono rapporti giuridici dell’ente, è estesa alle società di persone quanto agli effetti estintivi, mentre lo stesso discorso non vale per il solo imprenditore individuale, il quale non si distingue dalla persona fisica che compie l’attività imprenditoriale, sicché l’inizio e la fine della qualità di imprenditore non sono subordinati alla realizzazione di formalità, ma all’effettivo svolgimento o al reale venir meno dell’attività imprenditoriale. Nelle società di persone, in effetti, è l’atto di cancellazione dal registro delle imprese a provocare il medesimo effetto estintivo definito per le società di capitali nell’art. 2495 cod. civ., posto che, nell’ipotesi di semplice inattività, l’organizzazione sociale è in grado di sopravvivere, entro determinati limiti temporali, anche ai suoi soci, ex art. 2272 n. 4 cod. civ.; tuttavia, l’annotazione della società di persone nel registro delle imprese, a differenza della società di capitali ove l’iscrizione nel registro ha valore costitutivo, per la società di persone conserva invece effetto dichiarativo, formando quindi una presunzione di estinzione (o di esistenza) anche là dove perdurino (o non perdurino) rapporti od azioni concernente il sodalizio.

Cass. civ., 18 maggio 2021 n. 13534

Il mero omesso deposito del bilancio in fase di liquidazione per oltre tre anni consecutivi, da cui consegua la cancellazione d’ufficio della società dal registro delle imprese, non costituisce presunzione grave, precisa e concordante di rinuncia al credito di cui la società era titolare e non è qualificabile come negozio di remissione del debito.

Cass. civ., 6 maggio 2021 n. 12047

La revocatoria ordinaria dell’atto di scissione societaria deve ritenersi sempre esperibile, in quanto mira a ottenere l’inefficacia relativa dell’atto, che lo rende inopponibile al solo creditore pregiudicato, al contrario di ciò che si verifica nell’opposizione dei creditori sociali prevista dall’articolo 2503 del codice civile, finalizzata, viceversa, a farne valere l’invalidità.

FALLIMENTO E ALTRE PROCEDURE CONCURSUALI

Cass. civ., 16 giugno 2021 n. 17216

Per accertare il superamento della soglia ostativa alla dichiarazione di fallimento di cui all’articolo 15, ultimo comma, della legge Fallimentare, si deve avere riguardo al complesso dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare e accertati alla data in cui il tribunale decide sull’istanza di fallimento. La norma, espressione di un intento deflattivo, è stata dettata dal legislatore al fine di esentare dal concorso le crisi d’impresa di modeste dimensioni oggettive: l’esigenza che alla data del fallimento consti un’esposizione debitoria di almeno

30.000 euro si configura, infatti, alla stregua di una condizione per la dichiarazione del fallimento e non di un fatto impeditivo, sicché il mancato superamento di tale limite non è oggetto di un onere probatorio a carico del fallendo, a mente dell’articolo 2697, comma 2, c.c., ma deve essere riscontrato d’ufficio dal tribunale sulla base del complessivo contenuto degli atti dell’istruttoria prefallimentare. Ne consegue che ogni eventuale incertezza in merito al ricorrere di questa condizione, non risolvibile sulla base dagli atti dell’istruttoria prefallimentare, impedisce la declaratoria di fallimento.

Cass. civ., 14 giugno 2021 n. 16777

La sentenza dichiarativa di fallimento della società con soci illimitatamente responsabili va notificata dal cancelliere alla società e ai soli soci dichiarati falliti secondo la decisione assunta nella pronuncia stessa, non potendo la nozione di debitore, nella lettura corrente degli articoli 17 e 18 della legge Fallimentare, includere altri soci illimitatamente responsabili i quali, sebbene destinatari delle istanze di fallimento nel corso dello stesso procedimento, non siano stati dichiarati falliti all’esito, per essi pertanto decorrendo il termine di impugnazione della sentenza, quali interessati, della iscrizione della stessa nel registro delle imprese.

Cass. civ., 14 giugno 2021 n. 16775

In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, l’impossibilità di eseguire la notificazione in via telematica del ricorso e del decreto di convocazione innanzi al tribunale può essere attestata dal cancelliere, atteso che l’articolo 15, comma 3, della legge Fallimentare non prevede particolari modalità al riguardo, né richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata (Pec) attestante l’esito negativo dell’invio.

Cass. civ., 14 giugno 2021 n. 16562

Il commissario giudiziale, pur dovendo partecipare necessariamente al giudizio di omologazione del concordato preventivo ex articolo della 180 della legge Fallimentare – attraverso la comparizione all’udienza in camera di consiglio (comma 1), la costituzione in giudizio e il deposito di un parere motivato (comma 2) – e pur essendo destinatario della comunicazione del decreto conclusivo del tribunale, al fine di darne notizia ai creditori (comma 5), non diviene parte in senso sostanziale del giudizio medesimo, ma conserva la posizione giuridica di organo ausiliario del giudice, non essendo portatore di specifici interessi da far valere in sede giurisdizionale, né in nome proprio, né in veste di sostituto processuale; di conseguenza, egli non è abilitato all’esercizio di azioni ed è privo anche della legittimazione a proporre ricorso per Cassazione.

Cass. civ., 7 giugno 2021 n. 15809

In tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha a oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità, peraltro, si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca e omologazione in cui si articola la procedura concordataria.

Cass. civ., 18 maggio 2021 n. 13507

In tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento, ai fini del perfezionamento della notifica telematica del ricorso, prevista dall’articolo 15, comma 3, della legge Fallimentare, occorre aver riguardo unicamente alla scandita e gerarchica sequenza procedimentale stabilita dalla legge che risulta ritualmente rispettata; il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e a effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è infatti esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorché la situazione di irreperibilità di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza ovvero a una condotta non conforme ai menzionati obblighi di correttezza di un operatore economico.

Cass. civ., 17 maggio 2021 n. 13222

Ove sia stata presentata una proposta di concordato preventivo cosiddetto in bianco ai sensi dell’articolo 161, comma 6, della legge Fallimentare, va rispettato l’obbligo di audizione del debitore ex articolo 162, comma 2, della legge Fallimentare per consentire allo stesso di svolgere le proprie difese prima della pronuncia di inammissibilità, salvo che, inserendosi la proposta nell’ambito della procedura prefallimentare, il debitore sia stato comunque sentito in relazione alla proposta e abbia avuto modo di svolgere le sue difese.

Cass. civ., 17 maggio 2021 n. 13220

Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell’articolo 146, comma 2, della legge Fallimentare, la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato quale parametro per una liquidazione equitativa solo ove ne sussistano le condizioni, ovvero sempreché il ricorso a esso sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12561

Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, strutturalmente articolato (nel precedente come nell’attuale regime) in due fasi – la prima destinata alla raccolta di informazioni, nonché all’ascolto dei creditori e del debitore, e la seconda alla decisione – il principio dell’immutabilità del giudice opera con esclusivo riferimento alla seconda fase, per cui non sussiste violazione ove il giudice delegato all’audizione delle parti abbia poi riferito a un collegio diverso da quello che lo aveva delegato.

Cass. civ., 11 maggio 2021 n. 12432

La norma dell’articolo 95, comma 3, della legge Fallimentare va interpretata estensivamente e deve, pertanto, trovare applicazione anche nel caso di sentenza, non ancora passata in giudicato, che abbia rigettato (anche solo in parte) la domanda del creditore, con la conseguenza che, intervenuto il fallimento successivamente a tale decisione, il creditore per evitare gli effetti preclusivi derivanti dal passaggio in giudicato della medesima deve proporre impugnazione in via ordinaria nei confronti del curatore del fallimento, che è legittimato non solo a proporre l’impugnazione ma anche passivamente a subirla, atteso che non può essere legittimamente negato al creditore soccombente di far ricorso alla impugnazione per rimuovere gli effetti sfavorevoli della sentenza, evitandone il consolidamento con il passaggio in giudicato, risultando tale soluzione coerente con il principio della ragionevole durata del processo. La norma fallimentare opera, quindi, in deroga al principio della vis actractiva del procedimento concorsuale e della inammissibilità di azioni individuali esecutive e di condanna nei confronti del fallito, in relazione all’intero sistema delle impugnazioni, con la conseguenza che, sopraggiunto il fallimento del ricorrente in pendenza del ricorso per cassazione, ove la sentenza sia cassata in sede di giudizio rescindente, la controversia, ai fini di cui alla succitata norma, deve essere decisa non dal tribunale fallimentare, bensì nel successivo giudizio di rinvio, costituente la fase rescissoria.

Cass. civ., 7 maggio 2021 n. 12154

In caso di apertura del fallimento, ferma l’automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell’articolo 43, comma 3, della legge Fallimentare, il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’articolo 305 del Cpc e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli articoli 52 e 93 della legge Fallimentare per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell’articolo 176, comma 2, del Cpc, va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata – ai predetti fini – anche dall’ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d’ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l’avvenuta dichiarazione di fallimento medesima.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11779

Stante il carattere giurisdizionale e decisorio del procedimento di verificazione del passivo, in tema di ammissione al passivo fallimentare, la domanda di insinuazione tardiva è ammissibile solo se diversa, per petitum e causa petendi, rispetto alla domanda di insinuazione ordinaria, essendo altrimenti preclusa dal giudicato interno formatosi sull’istanza tempestiva.

PROCEDURE ESECUTIVE

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12879

Nel caso di espropriazione di beni in comproprietà tra i coniugi in regime di comunione legale, poiché la comunione legale non è una comunione per quote, è consentito al creditore pignorare l’intero bene, né a ciò può opporsi il coniuge non debitore, il quale ha il solo diritto di percepire, in sede di distribuzione del ricavato, la metà di questo ultimo.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12685

In tutte le cause connesse alla procedura esecutiva sussiste una ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti del debitore esecutato, perché egli è parte necessaria del processo, in rapporto alle contestazioni originate dalla procedura esecutiva, anche se sorte tra altri.

DIRITTO PROCESSUALE CIVILE

Cass. civ., 30 giugno 2021 n. 18635

Quando la legge, per la decorrenza del termine, fa riferimento come a capo o punto fermo, al dies ad quem anziché al dies a quo, il dies finale – a cominciare dal quale il termine decorre all’indietro – viene ad assumere il valore di capo o punto fermo iniziale che, ai sensi della regola generale sancita tanto nell’articolo 155, comma 1, del codice di procedura civile, quanto nell’articolo 2963 del codice civile, non deve essere computato, mentre va considerato nel termine il dies iniziale, che, funzionando da capo o punto fermo finale, va perciò computato in conformità alla stessa regola. La non computabilità sia del giorno iniziale che del giorno finale (cosiddetto termine libero o “di giorni liberi”) rappresenta, infatti, una ipotesi eccezionale, limitata a casi espressamente previsti dalla legge.

Cass. civ., 17 giugno 2021 n. 17381

L’atto pubblico fa fede fino a querela di falso soltanto relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato, alle dichiarazioni al medesimo rese ed agli altri fatti dal medesimo compiuti, non estendendosi tale efficacia probatoria anche ai giudizi valutativi eventualmente espressi, tra i quali va compreso quello relativo al possesso, da parte dei contraenti, della capacità di intendere e di volere. Ne consegue che, qualora il contratto sia stato stipulato dinanzi ad un notaio con le forme dell’atto pubblico, la prova dell’incapacità naturale di uno dei contraenti può essere data con ogni mezzo e il relativo apprezzamento costituisce giudizio riservato al giudice di merito, che sfugge al sindacato di legittimità se sorretto da congrue argomentazioni, esenti da vizi logici e da errori di diritto.

Cass. civ., 14 giugno 2021 n. 16742

L’azione proposta con riferimento al bene concesso in comodato va qualificata come azione personale di restituzione, destinata ad ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire un bene in precedenza volontariamente trasmesso dall’attore al convenuto, in forza di negozi giuridici che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario; diversa è l’azione di rivendicazione con la quale il proprietario chiede la condanna al rilascio o alla consegna nei confronti dì chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria dì ogni titolo, per il cui accoglimento è necessaria la probatio diabolica della titolarità del diritto di c hi agisce.

Cass. civ., 11 giugno 2021 n. 16560

La produzione di nuovi documenti in appello è ammissibile, ai sensi dell’articolo 345, comma 3, c.p.c. (nella formulazione successiva alla novella attuata mediante la legge n. 69 del 2009) a condizione che la parte dimostri di non avere potuto produrli prima per causa a sé non imputabile, ovvero che essi – a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado – siano indispensabili per la decisione, purché tali documenti siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell’atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo; peraltro, tale produzione resta comunque preclusa una volta che la causa sia stata rimessa in decisione, non potendo perciò essere effettuata, ad esempio, in comparsa conclusionale.

Cass. civ., 4 giugno 2021 n. 15709

Non è sufficiente per provare un pagamento la produzione delle matrici degli assegni ma bisogna fornire anche la prova dell’avvenuto incasso del titolo da parte del creditore. Nemmeno la consegna del titolo bancario determina l’estinzione del debito, che si perfeziona soltanto nel momento dell’effettiva riscossione della somma portata dal titolo, poiché la consegna dello stesso deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, “pro solvendo”. Nell’ipotesi di assenza del titolo e della prova dell’avvenuto incasso, la matrice di un assegno costituisce una semplice annotazione da parte del debitore e non è rilevante ai fini della prova del pagamento.

Cass. civ., 1 giugno 2021 n. 15276

Le mere difese, volte a contrastare genericamente le avverse pretese senza tradursi nell’allegazione di un fatto impeditivo, modificativo o estintivo rispetto alle stesse, non sono precluse, ancorché nuove, in appello, poiché esse non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 345, comma 2, del codice di procedura civile che vieta espressamente la proposizione delle sole nuove eccezioni in senso proprio, ossia quelle non rilevabili d’ufficio, e non, indistintamente, tutte le difese comunque svolte dalle parti, tra le quali va certamente ricompresa anche la contestazione della titolarità della posizione passiva del rapporto, non venendo in rilievo, in contrario, il principio di non contestazione. Ai sensi del combinato disposto degli articoli 115, comma 1, e 167, comma 1, del codice di procedura civile, infatti, l’onere di contestazione specifica dei fatti posti dall’attore a fondamento della domanda opera unicamente per il convenuto costituito e nell’ambito del solo giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definiscono irretrattabilmente thema decidendum e thema probandum, sicché non rileva a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti in appello.

Cass. civ., 18 maggio 2021 n. 13512

In tema di presunzioni è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice di merito circa l’opportunità di fondare la decisione sullo strumento di prova presuntiva e circa la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare gli elementi di fatto come fonti di presunzione, sempre che la motivazione adottata al riguardo sia congrua dal punto di vista logico, immune da errori di diritto e rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni.

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12896

Ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 28 del 2010, l’improcedibilità della domanda per omesso esperimento del tentativo di mediazione dev’essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza: ove ciò non avvenga – e va rimarcato che nell’ipotesi in cui l’improcedibilità non sia stata eccepita tempestivamente dalla parte e nemmeno tempestivamente rilevata dal giudice di primo grado, la parte che impugna e il giudice di appello non possono rilevarla, non trattandosi di eccezione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio – il giudice d’appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso articolo, atteso che in grado d’appello l’esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda, solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del ricordato decreto legislativo.

Cass. civ., 13 maggio 2021 n. 12883

I diritti concorrenti costituiscono situazioni soggettive autonome, la cui particolarità è che, stante l’identità dello scopo, l’estinzione per adempimento dell’una provoca il venir meno anche dell’altra. Per il resto i due diritti sono indipendenti e possono essere oggetto di disposizione separata e avere anche distinti termini prescrizionali. Essendo diversi i rapporti giuridici, differenti sono anche le azioni attribuite al titolare: ciascun diritto può essere fatto valere autonomamente rispetto all’altro. Ne consegue che l’esercizio di una azione in separato processo, quando sia stata già proposta l’altra, non può trovare ostacolo nell’eccezione di litispendenza.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12594

L’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto degli interessi delle parti, con la conseguenza che è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, atteso che l’interesse a impugnare sorge, anche nelle cause scindibili, dall’eventualità che l’accoglimento dell’impugnazione principale modifichi l’assetto giuridico originariamente accettato dal coobbligato solidale, dovendosi intendere la lettera dell’articolo 334, comma 1, c.p.c. parti contro le quali è stata proposta l’impugnazione come rivolta ad ogni parte che ne potrebbe subire effetti pregiudizievoli, anche solo in via riflessa. Deriva da quanto precede, pertanto, che l’interesse a impugnare in via incidentale tardiva è da considerarsi ex se in relazione alla impugnazione principale proposta, potenzialmente in grado di suscitare un interesse a impugnare anche in relazione a cause scindibili tra più parti.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12561

Salve le ipotesi di inammissibilità, improcedibilità o improponibilità del gravame, la sentenza d’appello ha effetto sostitutivo di quella di primo grado (nelle parti non coperte da giudicato) non solo in caso di sua riforma, ma anche in caso di sua conferma integrale o parziale. Deriva da quanto precede, pertanto, che l’appellante che abbia denunciato un vizio di nullità della sentenza impugnata non comportante la rimessione della causa al primo giudice (quale è quello di violazione dell’articolo 132, comma 2, n. 4, c.p.c.), non ha interesse a dolersi, col ricorso per cassazione, del rigetto del relativo motivo. Infatti, stante l’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, ciò che unicamente rileva nel giudizio di legittimità è il se e il come il giudice di secondo grado (che non può limitarsi ad accertare la nullità, ma deve decidere nel merito) abbia esaminato le questioni rispetto alle quali il vizio era stato dedotto e abbia pronunciato sulle stesse.

Cass. civ., 12 maggio 2021 n. 12055

L’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex articolo 348-ter c.p.c. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’articolo 111, comma 7, della Costituzione, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui agli articoli 348-bis, comma 2, e 348-ter, comma 1, primo periodo, e comma 2, primo periodo, c.p.c.), purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio a essa sotteso. I vizi denunciabili non possono riguardare, quindi, il merito della controversia, ma sono quelli integranti ipotesi in cui, non essendo l’errore del giudice d’appello deducibile come motivo di impugnazione del provvedimento di primo grado, manca la possibilità di rimettere in discussione la tutela che compete alla situazione giuridica dedotta nel processo attraverso il ricorso per cassazione avverso la pronuncia di primo grado.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11794

Il giudice del merito può legittimamente tenere conto, ai fini della decisione, delle prove acquisite in un altro procedimento, a condizione che la relativa documentazione venga ritualmente acquisita dal giudizio, al fine di farne oggetto di valutazione critica dei contendenti e stimolare la valutazione giudiziale su di essa.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11793

Le ammissioni contenute negli scritti difensivi, sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem, costituiscono elementi liberamente valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento. Esse, tuttavia, possono assumere anche il carattere proprio della confessione giudiziale spontanea, alla stregua di quanto previsto dagli articoli 228 e 229 c.p.c., qualora l’atto sia stato sottoscritto dalla parte personalmente, con modalità tali che rivelino inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli in esso contenute.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11792

Una presunzione giuridicamente valida non può fondarsi su dati meramente ipotetici, ma, trattandosi di una deduzione logica, deve essere desunta da fatti certi sulla base di massime di esperienza o dell’id quod plerumque accidit. Al contrario la congettura è una mera supposizione che si riceva da fatti incerti in via di semplice ipotesi, e non è idonea a fondare un ragionamento presuntivo.

Cass. civ., 5 maggio 2021 n. 11791

Nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili solo a istanza di parte, si identificano non solo in quelle eccezioni per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte, ma altresì in quelle eccezioni in cui il relativo fatto integratore corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere la efficacia modificativa, impeditiva o estintiva di un rapporto giuridico, richiede il tramite di una manifestazione di volontà della parte.

DIRITTO E PROCEDURA PENALE

Cass. pen., 15 luglio 2021 n. 27392

Ai fini della esecuzione di una perizia grafica, non è indispensabile il documento originale che si suppone falsificato, potendo la stessa essere validamente effettuata su una copia fotostatica, che è ritenuta senz’altro idonea a fondare le valutazioni peritali riguardo l’attribuibilità della grafia al soggetto imputato.

Cass. pen., 13 luglio 2021 n. 26579

Il reato di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto legge 12 settembre 1983 n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983 n. 638 (modificato dall’articolo 3, comma 6, del decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 8, che ha introdotto la soglia di punibilità di euro 10.000 annui), che punisce l’omesso versamento da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, è integrato, siccome è a dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, sicché non rileva, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti o abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti.

Cass. pen., 7 luglio 2021 n. 25912

In materia di turbata libertà degli incanti, la turbativa può realizzarsi non solo nel momento preciso in cui la gara si svolge, ma anche nel complesso procedimento che porta alla gara, del quale sono protagonisti gli stessi concorrenti, o fuori della gara medesima, assumendo rilievo la sola lesione della libera concorrenza che la norma penale intende tutelare a garanzia degli interessi della pubblica amministrazione.

Cass. pen., 6 luglio 2021 n. 25723

Il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, allorquando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva del soggetto passivo: ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta in modo che l’offeso non è coartato nella sua volontà, ma si determina alla prestazione costituente l’ingiusto profitto dell’agente perché tratto in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente; mentre si configura l’estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile a opera del reo o di altri, onde l’offeso è posto nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.

Cass. pen., 22 giugno 2021 n. 24417

Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi e l’adempimento di tali obblighi non è escluso, né è surrogabile, dal bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente sui realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro.

Cass. pen., 21 giugno 2021 n. 24139

In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o del diniego.

Cass. pen., 15 giugno 2021 n. 23300

In tema di rsponsabilità amministrativa degli enti, ravvisabile in caso di truffa ai danni dello Stato finalizzata a ottenere un cospicuo finanziamento in conto capitale in assenza delle condizioni (articolo 24 del Dlgs 8 giugno 2001 n. 231), il reato presupposto (articolo 640, comma 2, n. 1, del Cp) risulta commesso nell’“interesse” della persona giuridica che detti capitali ottiene e utilizza per la propria attività. Al contrario, deve escludersi l’“interesse” per l’ente, ove si dimostri che il finanziamento illecitamente ottenuto sia stato immediatamente distratto a vantaggio esclusivo dei soci.

Cass. pen., 8 giugno 2021 n. 22256

In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il criterio di imputazione dell’“interesse” (da apprezzare ex ante, essendo del tutto irrilevante che si sia realizzato il profitto sperato, e rilevante per l’addebito a carico dell’ente, alternativamente al criterio del “vantaggio”) ricorre quando la persona fisica, pur non volendo ovviamente il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per la persona giuridica e la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche è l’esito (non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma) di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi di impresa in materia di prevenzione. A tal riguardo, il requisito della commissione del reato nell’interesse dell’ente non richiede, ai fini della sua integrazione, la “sistematicità” delle violazioni antinfortunistiche, essendo ravvisabile anche in relazione ad una trasgressione isolata dovuta a un’iniziativa estemporanea, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente, in quanto la sistematicità delle violazioni attiene solo al piano strettamente probatorio, quale possibile indizio dell’esistenza dell’elemento finalistico della condotta dell’agente.

Cass. pen., 31 maggio 2021 n. 21357

Nel delitto di truffa, quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile tipo postepay, il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta, perché attraverso la ricarica si realizza l’acquisizione in modo immediato ed irrevocabile del denaro in capo all’autore del reato, a prescindere dalla data di effettivo accredito sul suo conto. Al contrario, se ad essere utilizzato è un sistema di pagamento di tipo telematico, come il bonifico bancario on line, non vi è immediata e contestuale coincidenza tra spoliazione per il disponente che lo esegue e il contestuale arricchimento per il soggetto agente, giacché l’autore del bonifico conserva il potere di revocare la disposizione fino a quando il beneficiario provvede alla riscossione del denaro presso la sede dell’ufficio bancario o postale dove è stato acceso il conto abbinato alla carta postepay.

Cass. pen., 28 maggio 2021 n. 21320

Il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità, di cui all’art. 319 quater c.p. non integra un reato bilaterale, in quanto le condotte del soggetto pubblico che induce e del privato indotto si perfezionano autonomamente ed in tempi diversi, sicché il reato si configura in forma tentata nel caso in cui l’evento non si verifichi per la resistenza opposta dal privato alle illecite pressioni del pubblico agente. La resistenza della persona offesa mal si concilia con l’adesione alla proposta: presuppone piuttosto che, a seguito della indebita richiesta, il destinatario della stessa, prometta solo fittiziamente l’adempimento dell’obbligazione assunta, decidendo al contempo di denunziare il fatto, avviare le indagini e favorire la consegna controllata della somma indebitante richiesta, in tal modo manifestando concretamente ed in immediatezza la volontà di resistere all’induzione.

Cass. pen., 27 maggio 2021 n. 20990

Il mero possesso di un’ingente somma di denaro non può giustificare, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo circa l’esistenza o meno di un delitto presupposto (o anche solo l’esistenza di relazioni con ambienti criminali, ovvero la precedente commissione di fatti di reato, o l’avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita), l’elevazione di un’imputazione di riciclaggio.

Cass. pen., 27 maggio 2021 n. 20921

In tema di circolazione stradale, il principio dell’affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità, tanto che l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione.

Cass. pen., 26 maggio 2021 n. 20847

Il delitto di atti persecutori, in quanto reato necessariamente abituale, non è configurabile in presenza di un’unica, per quanto grave, condotta di molestie e minaccia, neppure unificando o ricollegando la stessa ad episodi pregressi oggetto di altro procedimento penale attivato nella medesima sede giudiziaria, atteso il divieto di bis in idem. Invece, per la ravvisabilità del delitto sono necessarie, ma anche sufficienti, anche due sole condotte di molestie e minaccia, pur se commesse in un breve arco di tempo, purché siano la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice.

Cass. pen., 25 maggio 2021 n. 20739

L’art. 572 c.p. è applicabile non soltanto ai nuclei familiari fondati sul matrimonio, ma ad ogni relazione sentimentale che, per la consuetudine dei rapporti creati, implichi l’insorgenza di vincoli affettivi ed aspettative di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale. Questo vale in particolare quando il legame – in ragione della genitorialità condivisa di figli minori – presenti intensità e caratteristiche tali da generare un rapporto stabile di affidamento e solidarietà.

Cass. pen., 25 maggio 2021 n. 20721

Il delitto di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli, previsto dall’articolo 570-bis c.p, è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio.

Cass. pen., 21 maggio 2021 n. 20348

Quanto ai rapporti tra il peculato e l’indebita percezione di erogazioni pubbliche, aggravato dall’abuso delle qualità di pubblico ufficiale, il discrimine tra le due ipotesi criminose va tracciato avendo riguardo al fatto se l’agente si trovi o no già nella disponibilità materiale o anche soltanto giuridica del danaro – intesa, quest’ultima, quale possibilità di disporne con proprio atto. In caso positivo, è ravvisabile il peculato, in ordine al quale la eventuale falsa rappresentazione della realtà (attraverso la produzione di giustificativi di spesa volti ad accreditare la legittimità del rimborso) è diretta a solo mascherare l’interversione del possesso. In caso negativo, invece, è ravvisabile il reato di cui all’articolo 316-ter del codice penale, in relazione al quale l’impossessamento del bene o del danaro costituisce l’effetto della condotta decettiva, necessariamente susseguente a essa.

Cass. pen., 17 maggio 2021 n. 19363

Il reato di stalking può essere commesso anche a mezzo di messaggi e comunicazioni diffusi tramite i social-media (nella specie, Facebook), come del resto attestato dal comma 2 dell’articolo 612-bis c.p., laddove è previsto un aggravamento della pena quando il fatto sia commesso «attraverso strumenti informatici o telematici». Piuttosto, ai fini della configurabilità del reato, occorre da un lato verificare, in fatto, il carattere e l’efficacia intimidatoria degli scritti postati, e, dall’altro, verificare le modalità di diffusione dei messaggi. Sotto quest’ultimo profilo, deve tenersi conto che, nel caso del social-media Facebook (ma anche di altre analoghe comunità virtuali), le comunicazioni possono avvenire sia inviandole al “profilo” del destinatario, sia pubblicandole sul proprio “profilo”. Nel primo caso, si attua pacificamente una diretta invasione della sfera privata altrui, rilevante ai fini della configurabilità del reato, non dissimilmente a quanto si realizza con le comunicazioni con il telefono o con i messaggi sms o tramite whatsapp. Nel secondo caso, per poter ravvisare il reato, va verificata l’accessibilità ai terzi del profilo, che è certamente scontata – anche quando non risulti il diretto accesso al “profilo” della persona offesa- quando questo sia ampiamente accessibile, cosicché la vittima possa venirne a conoscenza attraverso altri.

Cass. pen., 17 maggio 2021 n. 19325

L’esimente di cui all’art. 598 c.p. (non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative) non è applicabile agli esposti inviati al Consiglio dell’Ordine forense, in quanto l’autore dell’esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l’esimente di cui all’art. 598 c.p. attiene agli scritti difensivi in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce. Infatti il soggetto che presenta un esposto disciplinare ad un Ordine professionale sollecita l’esercizio di un’attività pubblicistica di verifica del rispetto delle norme deontologiche, ma non è portatore di un diritto soggettivo e non è contraddittore nel procedimento che si instaura.

Cass. pen., 12 maggio 2021 n. 18347

Nel reato di lesioni personali colpose provocate da responsabilità medica la prescrizione inizia a decorrere dal momento di insorgenza della malattia in fieri, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente.

Cass. pen., 11 maggio 2021 n. 18320

In tema di peculato, ai fini della configurabilità del reato di peculato a carico del gestore di una struttura ricettiva cui si imputi il mancato versamento dell’imposta di soggiorno riscossa dal cliente, occorre previamente verificare se, sulla base del Regolamento comunale, il gestore debba considerarsi incaricato di un pubblico servizio, onerato di maneggiare «denaro pubblico»: ciò che non è configurabile laddove la previsione del Regolamento preveda che il gestore risponda direttamente del corretto e integrale versamento dell’imposta al Comune, perché questo suggerisce che le somme dovute dall’esercente appartengano al suo patrimonio e non a quello del Comune, potendosi semmai discutersi solo, in caso di mancato versamento, di un inadempimento di un obbligo posto direttamente a carico del gestore nei confronti della pubblica amministrazione.

Cass. pen., 11 maggio 2021 n. 18147

Nell’ambito dell’accertamento di reati sessuali, la deposizione della persona offesa, seppure non equiparabile a quella del testimone estraneo, può essere assunta anche da sola come fonte di prova della colpevolezza, ove venga sottoposta ad un’indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l’ha resa, dato che in tale contesto processuale il più delle volte l’accertamento dei fatti dipende necessariamente dalla valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi.

Cass. pen., 7 maggio 2021 n. 17817

In tema di misure di prevenzione, nell’ambito del procedimento volto ad ottenere l’applicazione del controllo giudiziario richiesto, ex articolo 34-bis, comma 6, del codice antimafia, dall’impresa destinataria di una interdittiva antimafia, il tribunale, nel rispetto del contraddittorio, procedendo secondo il modello procedimentale di cui all’articolo 127 del c.p.p., può richiedere atti o documenti, tanto alla parte istante che alla Prefettura che ha emesso l’interdittiva antimafia, ove ne ravvisi la necessità per meglio qualificare la relazione tra i soggetti portatori di pericolosità e l’azienda, ferma restando la possibilità e l’interesse delle parti di allegare circostanze di fatto reputate favorevoli alla propria tesi

Cass. pen., 5 maggio 2021 n. 17174

L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito dal giudice ex art. 31, ultimo comma, del D.P.R. n. 380 del 2001, con la sentenza di condanna per il reato di costruzione abusiva, ha natura amministrativa e non si estingue per il decorso del tempo ex articolo 173 del codice penale, atteso che quest’ultima disposizione si riferisce alle sole pene principali.

Cass. pen., 3 maggio 2021 n. 16791

In tema di peculato, costituisce reato la condotta del gestore di una struttura ricettiva che ometta di versare al Comune le somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno, se realizzata prima delle modifiche introdotte con l’articolo 180 del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito nella legge 20 luglio 2020 n. 77, che ha invece modificato la disciplina del versamento dell’imposta di soggiorno da parte del gestore di una struttura alberghiera e ricettiva, escludendo – ma solo per il futuro – che il mancato versamento possa configurare il reato di peculato. Per il passato, invece, deve escludersi che la novella abbia determinato la modifica di un elemento strutturale della fattispecie astratta del peculato o della definizione di incaricato di pubblico servizio, essendosi limitata ad incidere sulla situazione di fatto inerente il ruolo del gestore della struttura ricettiva rispetto alla tassa di soggiorno, trasformandolo da quello di incaricato per regolamento della riscossione e versamento delle somme riscosse a tale titolo o, quanto meno, di custode del denaro pubblico ricevuto dal cliente al medesimo titolo, a quello di obbligato in solido con il cliente al pagamento dell’imposta di soggiorno.