Rifiuti. Caratteristiche del delitto di inquinamento ambientale. Cassazione Penale n. 52436/2017.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 52436 del 16 novembre 2017 (ud. del 6 luglio 2017)
Pres. Amoroso, Est. Socci

Ambiente in genere. Caratteristiche del delitto di inquinamento ambientale. Art. 456-bis c.p.
Il delitto di inquinamento ambientale, di cui all’art. 452-bis cod. pen., è reato di danno, integrato da un evento di danneggiamento che, nel caso del “deterioramento”, consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile, il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della “compromissione”, consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare, e ai fini del sequestro preventivo (nel caso di depuratori) è sufficiente accertare il deterioramento significativo o la compromissione come altamente probabili, desunti dalla natura e dalla durata nel tempo degli scarichi abusivi

 

 

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 52436 del 16 novembre 2017 (ud. del 6 luglio 2017)

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Agrigento con ordinanza del 23 settembre 2016 accoglieva parzialmente il ricorso di Campione Marco, legale rappresentante della Girgenti Acque s.p.a., e annullava il decreto del 3 agosto 2016 limitatamente al reato sub D) della rubrica, e il decreto del 1 agosto 2016, limitatamente ai reati sub B) e C) della rubrica, confermava nel resto i decreti di sequestro preventivo del Giudice per le indagini preliminari di Agrigento del 3 agosto 2016 e del 1 agosto 2016, di impianti di depurazione, relativamente ai reati ipotizzati di cui agli art. 110 e 674 cod. pen. – capo A -, 110 e 452 bis, cod. pen. – capo B-, 110 e 356 cod. pen. – capo C – 137, comma 4, d. Igs. 152/2006 – capo D -, 110 cod. pen. e 256, d. Igs. 152/2006 – capo E-; nel proc. RGNR 2467/16 art. 110 e 356 cod. pen. – capo A -, 110 e 356 cod. pen. – capo B -, 137, comma 4, d. Igs. 15272006 – capo C -, 110 e cod. pen. e 256, d. Igs. 152/2006 – capo D -.

2. Ricorre per Cassazione Campione Marco, tramite difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p. 2. 1. Violazione di legge, art. 321, 322, 325 cod. proc. pen., 256, comma 2, d. Igs. 152/2006, 452 bis e 356 cod. pen. e 85 disp. att. cod. proc. pen. L’ordinanza impugnata merita censura nella parte in cui conferma i decreti di sequestro preventivo.
Sul fumus del reato di cui all’art. 674 cod. pen. siera segnalato invano che i prelievi erano avvenuti unicamente all’interno del processo di depurazione e non sugli scarichi finali. I prelievi andavano effettuati nelle acque marine per verificare gli effetti e gli eventuali scostamenti dei parametri delle tabelle (tab. 7, della I. regionale 27/1986).
L’ordinanza impugnata appare viziata sotto il profilo “della motivazione, per aver confermato il decreto genetico della misura, senza in alcun modo confrontarsi con le argomentazioni dedotte dalla difesa”. Il punto di scarico era del resto distante 2400 metri dal mare. E di conseguenza nessuna offesa o molestia poteva arrecarsi agli utenti della costa.

2. 2. Per il reato di cui all’art. 425 bis, cod. pen., trattandosi di reato di danno e di evento, avrebbe dovuto comportare un accertamento dell’evento, un deterioramento misurabile significativo. Era necessario indicare le emergenze investigative dalle quali desumere la compromissione o il deterioramento in concreto del bene. La norma richiede la sussistenza di un deterioramento significativo e misurabile o di una compromissione, che nel caso non sussistono.

2. 3. Relativamente al reato di cui all’art. 356, cod. pen. nessuna frode nelle forniture poteva essere contestata alla Girgenti Acque poiché come obiettivo si era proposto quello della ristrutturazione dell’impianto di depurazione di c.da Pietre Cadute, con invio delle acque pretrattate nell’impianto di c.da Foce. Tali dati non sono stati valutati e il provvedimento esibisce una “motivazione eterodossa”.

2. 4. Relativamente all’art. 256, comma 2, d. Igs. 152/2006, si rileva che l’impianto di Pietre Cadute non scarica in un corpo recettore ma verso due successivi stadi: impianto di c.da Foce e condotta sottomarina. I prelievi quindi non andavano effettuati negli stadi intermedi ma solo allo scarico finale.

2. 5. Nessun pericolo di aggravamento sussisteva ai fini del sequestro preventivo.

2. 6. Il vallone Forte era stato oggetto di inquinamento da parte di scarichi da frantoio oleario, come ampiamente documentato con la consulenza di parte; l’ordinanza impugnata “appare viziata sotto il profilo della motivazione, giacché omette di confrontarsi con le deduzioni difensive di carattere tecnico giuridico ed omette di considerare gli elementi fattuali emergenti che depongono a favore dell’insussistenza del fumus del reato contestato”.

3. Si ritiene inoltre il vizio di motivazione relativo alle modalità esecutive delle prescrizioni impartite con i decreti di sequestro preventivo impugnati. In ordine a tale motivo di impugnazione niente è stato motivato nell’ordinanza impugnata. Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. La Procura Generale della Cassazione, Sostituto Procuratore Generale Giuseppina Fodaroni, ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile sia perché proposto per motivi non ammessi (vizio di motivazione) e sia perché i motivi, peraltro articolati in fatto, sono manifestamente infondati e generici.

4. 1. Sia per il sequestro preventivo e sia per il sequestro probatorio è possibile il ricorso per Cassazione unicamente per motivi di violazione di legge, e non per vizio di motivazione. Nel nostro caso i motivi di ricorso sono fondamentalmente per il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, art. 606, comma 1, lettera E, del cod. proc. pen. (sia letteralmente e sia nella valutazione sostanziale del ricorso). Il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 – dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692).
Nel nostro caso non ricorre una violazione di legge, e nemmeno l’apparenza della motivazione, e conseguentemente il ricorso deve dichiararsi inammissibile. Infatti il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, poiché individua (unitamente al provvedimento del G.I.P.) una serie di elementi convergenti per il fumus dei reati contestati: «documentazione depositata dal P.M., segnatamente dalla lettura del verbale di accertamento e constatazione dello stato dei luoghi della sezione di P.G. Aliquota Guardia Costiera della Procura relativo agli impianti di depurazione e servizio del Comune di Siculiana siti in contrada Foce e contrada Pietre Cadute (ex EAS) , dal verbale di sopralluogo e prelevamento dei campioni del 18 /3/2016 effettuati dal personale della Guardia Costiera e dell’ARPA di Agrigento, della nota del Sindaco di Siculiana del 27/06/2016 e degli esiti degli accertamenti effettuati dai consulenti tecnici del P.M. il 6/07/2016. … Tali risultati hanno evidenziato che, non soltanto i reflui provenienti da Siculiana Marina, in quanto non depurati, presentano caratteristiche tali da essere inidonei allo smaltimento in mare, cosa che, al contrario, avviene sin dalla messa in opera dell’impianto; ma che soprattutto, l’impianto di Siculiana “Ex EAS” apparentemente in funzione e pure di recentissima attivazione, non effettua una adeguata depurazione dei reflui, che si presentano già prima di convergere in c.da Foce, con caratteristiche chimiche e batteriologiche in se preoccupanti. Ne segue che il prodotto che viene continuativamente sversato in mare dal sistema di depurazione progettato, realizzato e comunque gestito da Girgenti Acque è un refluo micro biologicamente peggiore della somma dei due reflui confluenti».
5. Relativamente alle condotte costituenti il fumus del delitto di cui all’art. 452 bis, cod. pen. (capo B, dell’imputazione – motivo di violazione dì legge -) il provvedimento impugnato risulta pure adeguatamente motivato, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità. Deve premettersi che si è in sede cautelare e quindi gli elementi per il sequestro sono cosa diversa dagli elementi necessari per una condanna: «Ai fini dell’emissione del sequestro preventivo il giudice deve valutare la sussistenza in concreto del “fumus commissi delicti” attraverso una verifica puntuale e coerente delle risultanze processuali, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta, all’esito della quale possa sussumere la fattispecie concreta in quella legale e valutare la plausibilità di un giudizio prognostico in merito alla probabile condanna dell’imputato» (Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015 – dep. 15/12/2015, P.M. in proc. Macchione, Rv. 26543301). Nel nostro caso rileva la sussistenza di una condotta abusiva, ovvero l’assenza di autorizzazione (provvedimento di diniego del 30 luglio 2013); quindi l’attività può ritenersi certamente abusiva: «La condotta “abusiva” di inquinamento ambientale, idonea ad integrare il delitto di cui all’art. 452-bis cod. pen. (disposizione introdotta dalla legge 22 maggio 2015, n. 68), comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali – ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale – ovvero di prescrizioni amministrative. (Fattispecie di inquinamento di acque marine, derivante da un’attività di bonifica di fondali effettuata in spregio delle relative prescrizioni progettuali)» (Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016 – dep. 03/11/2016, P.M. in proc. Simonelli, Rv. 26806001; vedi anche nello stesso senso Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017 – dep. 30/03/2017, Rizzo, Rv. 26949101).
In ordine poi alla contestata mancanza di misurazione e quantificazione del deterioramento penalmente rilevante, si deve osservare che in sede di fumus cautelare – come sopra visto – non necessita la piena prova dell’evento costituito dalla compromissione o deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell’aria, ma basta la plausibilità di un giudizio prognostico sulla fattispecie di reato.
Nel nostro caso il Tribunale ha evidenziato come «nel provvedimento impugnato si valorizza la durata prolungata nel tempo dello scarico dei reflui e la quantità degli stessi (trattandosi di un insieme di composti reflui provenienti da due impianti che viene sospinto in mare mediante la condotta sottomarina); dunque dando conto dei citati elementi deve ritenersi correttamente effettuata una valutazione circa la sussistenza, quantomeno in termini di serietà indiziaria, degli elementi costitutivi della fattispecie delittuosa di cui all’art. 425 bis, cod. pen.».
Del resto non è richiesta per la configurabilità del delitto una tendenziale irreversibilità del danno ambientale: «Ai fini della configurabilità del reato di inquinamento ambientale, di cui all’art. 452- bis cod. pen., non è richiesta una tendenziale irreversibilità del danno; ne consegue che le condotte poste in essere successivamente all’iniziale deterioramento o compromissione del bene non costituiscono un “post factum” non punibile, ma integrano invece singoli atti di un’unica azione lesiva che spostano in avanti la cessazione della consumazione, sino a quando la compromissione o il deterioramento diventano irreversibili, o comportano una delle conseguenze tipiche previste dal successivo reato di disastro ambientale di cui all’art. 452-quater dello stesso codice» (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017 – dep. 30/03/2017, Rizzo, Rv. 26949001; vedi anche nello stesso senso Sez. 3, n. 10515 del 27/10/2016 – dep. 03/03/2017, Sorvillo, Rv. 26927401).
Il deterioramento significativo infatti può ritenersi altamente probabile, in considerazione della natura degli scarichi (provenienti da depuratori che non depurano, anzi le acque in uscita sono peggiori delle acque in entrata, come motivatamente accertato dal provvedimento impugnato), della durata degli stessi e dalle misurazioni delle materie inquinanti «notevolmente superiori ai limiti di cui alla tabella 3, allegato 5, del d. Igs. 152/2006» (vedi sul punto Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017 – dep. 30/03/2017, Rizzo, Rv. 26948901).
Può conseguentemente affermarsi il seguente principio d diritto: « Il delitto di inquinamento ambientale, di cui all’art. 452-bis cod. pen., è reato di danno, integrato da un evento di danneggiamento che, nel caso del “deterioramento”, consiste in una riduzione della cosa che ne costituisce oggetto in uno stato tale da diminuirne in modo apprezzabile, il valore o da impedirne anche parzialmente l’uso, ovvero da rendere necessaria, per il ripristino, una attività non agevole, mentre, nel caso della “compromissione”, consiste in uno squilibrio funzionale che attiene alla relazione del bene aggredito con l’uomo e ai bisogni o interessi che il bene medesimo deve soddisfare, e ai fini del sequestro preventivo (nel caso di depuratori) è sufficiente accertare il deterioramento significativo o la connpromissione come altamente probabili, desunti dalla natura e dalla durata nel tempo degli scarichi abusivi». 6. Tutto il resto del ricorso contiene censure relative alla motivazione, e non alla violazione di legge (sia per i punti di prelievo dei campioni per le analisi – su cui vedi Sez. 3, n. 1296 del 10/03/2016 – dep. 12/01/2017, Seghezzi, Rv. 26883801 – per gli scarichi industriali -, e sia per le modalità esecutive, le prescrizioni impartite con i decreti di sequestro).
Su questi aspetti il ricorso, oltre a riguardare profili attinenti alla motivazione, è oltremodo generico, poiché non rappresenta nemmeno quali sono le prescrizioni impartite, al fine di valutare una eventuale competenza in sede di incidente di esecuzione o di ricorso in sede di legittimità: «I provvedimenti riguardanti le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono né appellabili né ricorribili per Cassazione e le eventuali questioni ad essi attinenti vanno proposte in sede di incidente di esecuzione. (Fattispecie in cui, nonostante il Tribunale del riesame avesse disposto il sequestro preventivo fino alla concorrenza di una somma di poco superiore a tremila euro, erano stati sottoposti a vincolo beni per un valore complessivo di circa trenta volte superiore.
In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame, in cui era stata dedotta l’erronea estensione del vincolo reale)» (Sez. 2, n. 44504 del 03/07/2015 – dep. 04/11/2015, Steccato Vattume’, Rv. 26510301).
Per i punti di prelievo comunque risulta evidente che gli stessi devono compiersi prima della eventuale diluizione delle sostanze inquinanti con altre materie (liquidi o solidi) non inquinate.

6. Sul periculum il Tribunale rileva come gli accertamenti recenti dei consulenti dei P.M. (6 luglio 2016), e la nota del Sindaco del 27 luglio 7 2016, fanno emergere un quadro attuale preoccupante per l’aggravamento dell’inquinamento delle acque e dell’aria.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 6/07/2017