RIFIUTI. Abbandono di rifiuti da parte dei terzi e assenza di obblighi giuridici di attivazione per la rimozione del proprietario del terreno. Cassazione Penale n. 48403/2019.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 48403 del 28 novembre 2019 (ud. del 2 ottobre 2019)
Pres. Liberati, Est. Mengoni

Rifiuti. Abbandono e proprietario del terreno. Proprietario del terreno. Obbligo giuridico di adempiere. Reato omissivo. Esclusione. Art. 256 comma 2, lett. a) d. lgs. n. 152/2006.
Non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, d. lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti.

 

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 48403 del 28 novembre 2019 (ud. del 2 ottobre 2019)

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Mantova, con sentenza del 20 febbraio 2019, condannava Debora Zanelli alla pena di euro 3.000,00 di ammenda con riguardo alla contravvenzione di cui all’art. 256, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006 perché, in qualità di socio accomandatario della società «Zanelli Costruzioni di Zanelli Debora & C. s.a.s.», in Asola, aveva depositato in modo incontrollato rifiuti, in particolare inerti edili di varia natura derivanti dalla demolizione di un capannone adibito a stalla, cartone utilizzati per contenere «biscotti in polvere» per bovini, rifiuti domestici di vario genere e alcune onduline catramate, con fatti accertati in data 11 luglio 2014. Al contempo, il Tribunale assolveva Fabio Zanelli dalla contestazione di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, per intervenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore della Zanelli, in forza dei seguenti motivi.
2.1. Con il primo, si deduce che la pronuncia sarebbe lesiva del diritto alla prova e del diritto di difesa. In particolare, se ne eccepisce la nullità ex artt. 187, 495 e 178, lett. c) cod. proc. pen., art. 6, comma 3, lett. d) CEDU e art. 111 Cost., poiché l’ordinanza con cui il Tribunale aveva revocato l’ammissione della testimonianza di Cristian Zanelli, ritenendola superflua per la decisione, sarebbe priva di motivazione; si evidenzia, per contro, trattarsi di deposizione essenziale per la difesa, atteso che il soggetto avrebbe dovuto riferire in ordine alla provenienza dei rifiuti rinvenuti.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, con vizio di motivazione.
Si rileva che il reato di cui al capo 1, per il quale Fabio Zanelli è stato assolto, non gli era stato contestato; analogamente, Debora Zanelli è stata assolta dal reato sub capo 2) a lei non contestato, mentre è stata condannata per il reato di cui al capo 1.
La sentenza sarebbe quindi nulla ai sensi dell’art. 522 cod. proc. pen. .
Quanto alla condanna inflitta alla ricorrente per la contravvenzione ex art. 256 cit., si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione, ritenuta di mera apparenza. In particolare, si ribadisce che gli inerti edilizi rinvenuti sarebbero derivati dalle opere di demolizione del capannone di Fabio Zanelli, allevatore di bovini; al riguardo, l’imputata non avrebbe svolto, commissionato o ordinato lavori, né avrebbe avuto in gestione l’area interessata, essendo la stessa adibita ad allevamento dall’esclusivo proprietario Fabio Zanelli.
Si deduce, ancora, il travisamento della prova, ed in particolare del verbale del 31 luglio 2014, atteso che i rifiuti non sarebbero potuti derivare dall’attività edilizia della società «Zanelli Costruzioni di Zanelli Debora & C. s.a.s.», inattiva dal 2013, bensì solo da opere svolte personalmente da Fabio Zanelli, tempestivamente sanate.
Infine, sarebbe incorso in errore il Tribunale, che avrebbe addebitato all’imputata una responsabilità da posizione, in contrasto con la costante giurisprudenza di legittimità che non riterrebbe configurabile in forma omissiva il reato contestato nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione degli stessi.
2.3. Con il terzo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione, ex art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 183 lett. bb), 192, comma 1, e 256, comma 1 e 2, del d. lgs. 152/2006. Il Tribunale avrebbe confuso la figura del «deposito incontrollato/abbandono» con quella del «deposito preliminare/temporaneo»: la prima si configurerebbe quando il rilascio dei rifiuti avviene in un luogo diverso da quello in cui sono stati prodotti e sottratto alla disponibilità del produttore; la seconda costituirebbe una forma di gestione dei rifiuti nel perimetro della sede aziendale, necessiterebbe delle previste autorizzazioni e rimarrebbe nella sfera di controllo del produttore. La giurisprudenza richiamata riterrebbe che, ove i rifiuti restino depositati presso la sede aziendale, verrebbe meno un elemento costitutivo del reato contestato, previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 192, comma 1, e 256, comma 2, d. lgs. 152/2006. Tutt’al più, potrebbe residuare l’ipotesi di un deposito preliminare irregolare, previsto dal comma 1 dell’art. 256 in esame.
Si rileva, tuttavia, che il reato contestato sarebbe quello di abbandono di rifiuti, mentre le diverse ipotesi di illecito avrebbero dovuto costituire oggetto di una contestazione suppletiva.
Si eccepisce, dunque, la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. .
2.4. Il quarto motivo di ricorso lamenta i vizi di legge e della motivazione in relazione agli artt. 255 e 256, d. lgs. n. 152/2006. In sintesi, le suddette norme statuirebbero che l’abbandono o il deposito incontrollato di rifiuti costituirebbe un illecito amministrativo, se posto in essere da un privato; la stessa condotta, invece, configurerebbe un reato, se commessa dai titolari di imprese o responsabili di enti. Proprio la prima ipotesi risulterebbe nel caso di specie, atteso che la società di cui la ricorrente era legale rappresentante sarebbe stata inattiva da almeno un anno, come emergerebbe dalle fonti di prova indicate nel ricorso, e come riportato in sentenza. Sul posto, infatti, l’unica attività svolta sarebbe stata l’allevamento bovino di Fabio Zanelli; secondo la ricorrente, dunque, risulterebbe provato che i rifiuti rinvenuti provenissero dalla demolizione di un capannone di proprietà privata dello stesso, colto, al momento del sopralluogo, ad effettuare lavori di livellamento. Ne sarebbe dovuta derivare, quindi, l’assoluzione dell’imputata.
2.5. Con il quinto motivo si contesta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, 4 cod. pen. e 318-septies, d. lgs n. 152/2006. Avrebbe errato il Tribunale a non ritenere applicabile la causa di estinzione del reato ex artt. 318-bis e ss., decreto citato, atteso che l’art. 318-septies cod. pen. prevederebbe che la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie, nel congruo termine, alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza. Nel caso di specie, sarebbe dimostrato che i rifiuti erano stati smaltiti nel settembre del 2014, pochi mesi dopo dal sopralluogo. Trattandosi di norma favorevole al reo, il Giudice avrebbe dovuto dichiarare non doversi procedere nei confronti della ricorrente.
2.6. Con il sesto motivo, infine, si contesta la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis cod. pen. La relativa richiesta, peraltro, non sarebbe stata verbalizzata per errore; nel verbale, infatti, risulterebbe una richiesta di declaratoria di prescrizione, in realtà non presentata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. La sentenza deve esser annullata con rinvio, nei termini che seguono.
4. Con il primo motivo si è dedotta la nullità dell’ordinanza con la quale il Tribunale di Mantova ha revocato l’assunzione della prova testimoniale richiesta dalla difesa, asseritamente senza motivazione.
L’eccezione non può trovare accoglimento.
4.1. Per costante e condiviso indirizzo di legittimità, infatti, la revoca dell’ordinanza ammissiva di testi della difesa, resa in difetto di motivazione sulla superfluità della prova, produce una nullità di ordine generale che deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., con la conseguenza che, in caso contrario, essa è sanata (tra le altre, Sez. 6, n. 53823 del 5/10/2017, D M., Rv. 271732; Sez. 2, n. 9761 del 10/2/2015, Rizzelli, Rv. 263210); tanto premesso, tale nullità non è stata tempestivamente dedotta dal difensore della Zanelli, come verificato da questa Corte con legittimo esame del verbale dell’udienza del 20/2/2019.
5. Il secondo motivo di ricorso, per contro, risulta fondato.
Va premesso che il Tribunale ha qualificato il fatto di reato come deposito incontrollato; ebbene, come correttamente rilevato dalla ricorrente, l’accertamento sulla provenienza dei rifiuti ha indubbiamente rilevanza.
Va infatti ribadito il principio per cui (per tutte, Sez. 3, n. 50997 del 07/10/2015, Cucinella, Rv. 266030), in materia, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, d. lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva condannato il proprietario non per la sua qualità di possessore dell’area di deposito, ma per avere questi consapevolmente partecipato all’attività illecita, mettendo a disposizione il terreno per lo smaltimento abusivo di rifiuti derivanti da lavori edili da egli stesso commissionati. Conformemente, tra le molte, Sez. 3, sentenza n. 14503 del 07/12/2016, dep. 2017, Carpenzano).
6. Tanto premesso, con il ricorso è stato dedotto il vizio di travisamento della prova per omissione, con argomento che risulta fondato; ed invero, dal complesso della motivazione in esame e dalle allegazioni difensive emerge che il Giudice ha operato una valutazione soltanto parziale degli atti di polizia giudiziaria, non essendo stati adeguatamente considerati i verbali di sopralluogo dai quali risultava che, sull’area sede della società e di rinvenimento dei rifiuti, vi era un’attività di allevamento, peraltro esercitata non dalla imputata, ma da Fabio Zanelli, il quale – proprietario dell’area medesima – aveva anche svolto lavori edili senza permesso di costruire, tanto da essere imputato del reato sub b).
7. La sentenza di condanna, dunque, non ha tenuto conto di tali elementi, richiamando soltanto una responsabilità da posizione della ricorrente quale legale rappresentante della “Zanelli Costruzioni di Zanelli Debora & C. s.a.s.”, senza alcun accenno alle emergenze istruttorie che potevano individuare in altri soggetti gli autori del deposito riscontrato, anche alla luce della tipologia dei rifiuti rinvenuti; si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio della decisione per nuovo giudizio, laddove, peraltro, si dovrà rettificare la pronuncia qui annullata con riguardo all’imputazione di cui al capo b), per la quale la ricorrente è stata prosciolta pur in assenza di contestazione. Quanto precede, puntualizzando che la contravvenzione in esame non risulta ancora estinta per prescrizione, nonostante la contestazione all’11/7/2014, attesa la sospensione dei relativi termini dal 2/5/2018 al 20/2/2019.
8. L’accoglimento del secondo motivo, peraltro, comporta l’assorbimento del terzo, del quarto e del sesto.
9. Da ultimo, si rileva che anche la quinta doglianza risulta fondata.
Gli artt. 318-bis e ss. del d. lgs. n. 152 del 2006 (Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale), introdotti dall’art. 1, comma 9, l. 22 maggio 2015, n. 68, sono entrati in vigore il 29 maggio 2015.
Tal norme, ai sensi dell’art. 318-octies (Norme di coordinamento e transitorie) «non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte». Ne consegue che, ai fini dell’applicazione della disciplina, non rileva la data del commesso reato, ma la pendenza del procedimento.
Tanto premesso, e secondo gli atti allegati al ricorso, l’iscrizione nel registro delle notizie di reato sarebbe avvenuta il 25 gennaio 2016, quindi dopo l’entrata in vigore degli artt. 318-bis e ss. in esame; con piena applicabilità, quindi, delle stesse previsioni normative.
Anche sul punto, pertanto, si impone l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Mantova.
Così deciso in Roma, il 2/10/2019.

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