RIFIUTI. Abbrucciamento di residui vegetali, assenza di autorizzazione e violazione dei limiti dell’art. 182, comma 6-bis del d. lgs. n. 152/2006. Cassazione Penale n. 3598/2019.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 3598 del 24 gennaio 2019 (ud. del 23 ottobre 2018)

Pres. Sarno, Est. Socci

RIFIUTI. Smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi. Abbrucciamento di residui vegetali e luogo di produzione. Assenza di titolo abilitativo. Condotta eccedente l’art. 182, comma 6 bis d. lgs. n. 152/2006. Art. 256, comma 1, lett. a) d. lgs. n. 152/2006.

In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall’articolo 182, comma 6- bis, primo e secondo periodo; viceversa la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa, ai sensi dell’art. 255 del citato d. lgs. n. 152 (Sez. 3, n. 38658 del 15/06/2017 – dep. 02/08/2017, Pizzo, Rv. 27089701. Vedi, anche, Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016 – dep. 10/02/2016, Lazzarini, Rv. 26583801: «In tema di gestione dei rifiuti, l’incenerimento di residui vegetali effettuato nel luogo di produzione al di fuori delle condizioni previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’art. 256, comma primo, lett. a), d. Igs. 3 aprile 2006 n. 152»).

COMMENTO:

Bisogna in primo luogo puntualizzare che il caso in esame riguarda la fase processuale del riesame di un sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. che è stato impugnato in Cassazione dopo rigetto delle istanze del ricorrente da parte del Tribunale del Riesame, e che pertanto non si tratta ancora di una pronuncia definitiva di merito, ma di una pronuncia che decide solo sulla legittimità del sequestro operato, dovendosi il processo ancora concludersi.

Per quanto riguarda l’analisi giuridica invece, l’art. 182, comma 6 bis del d. lgs. n. 152/2006 detta il discrimine tra condotta lecita ed illecita per coloro che raggruppino ed abbruccino alcune tipologie di materiali indicati nella lett. f) del comma 1 dell’art. 185, che esclude dalla disciplina dei rifiuti “la paglia, gli sfalci e le potature provenienti dalle attività di cui all’articolo 184, comma 2, lettera e) [i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali], e comma 3, lettera a) [i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.], nonché ogni altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso destinati alle normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana“, statuendo che “6-bis. Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata”. Nel caso concreto, è stato appurato che l’attività posta in essere dal ricorrente-giardiniere sul proprio terreno esulava dai limiti imposti dal comma 6-bis dell’art. 182 premenzionato, in quanto i residui vegetali incendiati dal ricorrente non erano stati prodotti sul terreno in oggetto, bensì sul terreno di terzi committenti. Inoltre, lo stesso ricorrente confermava che di aver trasportato i residui vegatali bruciati dai terreni dei committenti al terreno oggetto di sequestro per lo smaltimento mediante combustione. Per tali motivi, trattasi di attività punibile ex art. 256, comma , lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, per aver smaltito senza autorizzazione rifiuti speciali non pericolosi.

LA LOGICA AI FINI DELL’APPLICAZIONE DELL’ART. 256, COMMA 1, LETT. A DEL D. LGS. N. 152/2006.

Vediamo per quale motivo giuridico, alla luce dell’analisi complessiva delle norme del d. lgs. n. 152/2006, nel caso di specie si applica la condotta illecita posta in essere in base all’art. 256, comma 1, lett. a) del d. lgs. n. 152/2006.

L’art. 256 rappresenta la fattispecie principe in tema di corretta e lecita gestione dei rifiuti, fungendo da parametro per determinare ciò che sia illecito da ciò che non lo sia. In particolare, la lett. a) del comma 1 riguarda i rifiuti non pericolosi, punendo i trasgressori con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno e della ammenda da € 2.600,00= e € 26.000,00=.

Con l’introduzione nel codice ambientale dell’art. 256 bis, è stata prevista una previzione più specifica riguardante la condotta illecita di gestione dei rifiuti tramite combustione degli stessi. Nei primi due commi tale articolo così recita: “1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica. 2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all’articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti”. Inoltre, il comma 3 del predetto articolo prescrive che “3. La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell’ambito dell’attività di un’impresa o comunque di un’attività organizzata”.

Analizzando la fattispecie in esame, potendo escludere che si sia verificata un’ipotesi di un più grave reato, risulta che il giardiniere ricorrente abbia operato nell’esercizio della propria attività lavorativa, trasportando materiale vegetale derivante da potature su altri terreni nel proprio terreno per poi dargli fuoco, fuori dai canoni prescritti dall’art. 182, comma 6-bis. Tale attività esula dai parametri di esenzione prescritti dall’art. 182 comma 6 bis citato, che prevede l’esclusione dalla disciplina dei rifiuti, per le attività di raggruppamento e abbrucciamento di materiali vegetali, ed affinchè possa parlarsi di “normale pratica agricola“, a determinate condizioni:

1) un criterio quantitativo, in misura giornaliera non eccedente i tre metri steri per ettaro;

2) un criterio localizzativo, esclusivamente nell’area di produzione dei materiali vegetali.

Soltanto in presenza di queste condizioni l’attività posta in essere costituisce esercizio di normale pratica agricola e quindi può essere sottratta alla disciplina del Titolo Quarto del d. lgs. n. 152/2006.

Ma l’art. 256 bis, comma 6 prevede espressamente che la disciplina prescritta dallo stesso articolo non si applichi al caso concreto, in quanto così recita: “6. Si applicano le sanzioni di cui all’articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all’articolo 184, comma 2, lettera e) [rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali]. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all’abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato“.

Si deve andare per esclusione combinando le varie disposizioni normative:

  • Bruciare rifiuti vegetali provenienti da aree verdi quali parchi giardini e aree cimiteriali comporta l’applicabilità dell’art. 255 (quindi sanzione amministrativa pecuniaria);
  • raggruppare ed abbrucciare materiale vegetale con i criteri dell’art. 182, comma 6 bis è consentito
  • abbrucciare materiale agricolo o forestale naturale anche derivato da verde pubblico o privato comport al’applicabilità dell’art. 256, comma 1, lett a), in quanto è esclusa l’applicazione dell’art. 256 bis dallo stesso comma 6 di tale articolo.

La precisa menzione della non applicabilità dell’intero art. 256 bis per l’abbrucciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, esclude la possibilità di applicare le sanzioni dell’art. 255 (in questo caso, trattandosi di rifiuti non pericolosi, il trasgressore sarebbe stato punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro.

E’ bene precisare poi la portata applicativa dell’art. 184, comma 2, lett. e), laddove per “aree verdi quali giardini, parchi e aree cimiteriali” si fa riferimento a rifiuti provenienti da un servizio pubblico, con relativo vincolo di destinazione che implica che le attività di manutenzione siano oggeto di pubblici affidamenti e gestite nell’ambito di apposita iscrizione all’Albo Gestori Ambientali (categoria 1), con possibilità dell’affidatario di essere esentato dalla compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti ex art. 193, comma 4 d. lgs. n. 152/2006.

Ma la dizione dell’art. 182, comma 6 bis trattadi un criterio localizzante preciso, che è l’esercizio di attività di raccolta e abbrucciamento di residui vegetali nel luogo di produzione e non in altro luogo, delimitando così il confine per l’utilizzo di altre tipologie di residui vegetali provenienti da altri luoghi.

Nel caso in esame, il giardiniere-ricorrente ha bruciato materiale vegetale fuori dal luogo di produzione senza rispettare i quantitativi prescritti e nell’esercizio della propria attività imprenditoriale (come emerso dalla ricostruzione dei fatti), escludendo così l’applicabilità dell’esenzione ex art. 182, comma 6-bis e configurando una condotta che l’ultimo periodo de comma 6 dell’art. 256 bis esclude dal regime della combustione illecita di rifiuti e riporta così al disposto dell’art. 256, comma 1, lett. a).

L’analisi del fatto concreto è pertanto fondamentale ai fini di una corretta applicazione della disciplina punitiva, non potendosi prescindere da ogni elemento fattuale in base al quale l’evento lesivo viene posto in essere.

 

 

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 3598 del 24 gennaio 2019 (ud. del 23 ottobre 2018)

SENTENZA

sul ricorso proposto da: FORTUNA VINCENZO nato a SIRACUSA il 24/06/1968

avverso l’ordinanza del 07/06/2018 del TRIB. LIBERTA’ di SIRACUSA

udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;

sentite le conclusioni del PG, FELICETTA MARINELLI: «Inammissibilità del ricorso»

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Siracusa, in sede di riesame, con ordinanza 7 giugno 2018, ha rigettato l’istanza di riesame di Vincenzo Fortuna, avverso il decreto di sequestro preventivo di un terreno di proprietà del ricorrente, del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa emesso in data 14 maggio 2018, relativamente al reato di cui all’art. 256, •’comma 1, lettera A, d. lgs. n. 152/2006.

2. Ricorre per cassazione Vincenzo Fortuna, tramite difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p..

2. 1. Erroneamente ed illegittimamente l’ordinanza ha affermato che il ricorrente ha effettuato l’interramento e la bruciatura di tronchi di palma infestate dal punteruolo rosso. Nessuna prova sussiste sulla presenza del punteruolo rosso nei tronchi delle palme, in quanto la P.G. lo presume e il Tribunale lo ritiene certo. La presenza di una modesta quantità di rifiuti edilizi era stata giustificata dal ricorrente in relazione alla loro presenza già al momento dell’acquisto del terreno, e poi utilizzati per livellare l’ingresso al fondo. Questa condotta non può, quindi, costituire reato. I materiali rinvenuti nel terreno erano di pertinenza dell’attività di giardiniere del ricorrente. I prodotti vegetali venivano, comunque, ricoperti con terra e con l’utilizzo di lombrichi si produceva del fertilizzante. L’abbruciamento di materiale vegetale (in quantità non superiore a tre metri steri per ettaro) costituisce una normale pratica agricola, e non un trattamento illecito di rifiuti. Il ricorrente non ha abbandonato, o depositato, in maniera incontrollata i rifiuti, ma ha solo operato con la normale pratica agricola di abbruciamento dei residui vegetali. Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta inammissibile perché proposto per vizi della motivazione, con motivi generici e manifestamente infondati; peraltro articolato in fatto.

4. Sia per il sequestro preventivo e sia per il sequestro probatorio è possibile il ricorso per cassazione unicamente per motivi di violazione di legge e non per vizio di motivazione. Nel caso in giudizio i motivi di ricorso sul fumus del reato risultano proposti per il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, art. 606, comma 1, lettera E, del cod. proc. pen. (sia letteralmente e sia nella valutazione sostanziale del ricorso). Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 – dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692). Nel caso in giudizio non ricorre una violazione di legge, e nemmeno l’apparenza della motivazione, e conseguentemente il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato. Infatti il provvedimento impugnato contiene adeguata e completa motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e rileva come i residui vegetali incendiati dal ricorrente non erano stati prodotti sul terreno in oggetto, ma «sul terreno di terzi committenti». Lo stesso ricorrente ha evidenziato la sua attività di giardiniere e il trasporto dei residui vegetali dai terreni dei committenti al terreno oggetto di sequestro per lo smaltimento mediante combustione. Infatti, questa Corte di Cassazione ha chiarito che: « In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all’art. 256, comma , lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, la combustione di residui vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall’articolo 182, comma 6- bis, primo e secondo periodo; viceversa la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa, ai sensi dell’art. 255 del citato d. lgs. n. 152» (Sez. 3, n. 38658 del 15/06/2017 – dep. 02/08/2017, Pizzo, Rv. 27089701. Vedi, anche, Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016 – dep. 10/02/2016, Lazzarini, Rv. 26583801: «In tema di gestione dei rifiuti, l’incenerimento di residui vegetali effettuato nel luogo di produzione al di fuori delle condizioni previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’art. 256, comma primo, lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152»). Il mancato rispetto delle condizioni dell’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per il Tribunale del riesame, con accertamento in fatto, integra il fumus del reato in accertamento. Del resto, «Nella valutazione del “fumus commissi delicti“, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa» (Sez. 5, n.49596 del 16/09/2014 – dep. 27/11/2014, Armento, Rv. 26167701; vedi anche Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016 – dep. 17/06/2016, P.M. in proc. Bulgarella e altri, Rv. 26700701). Nel caso in giudizio, l’analisi del Tribunale del riesame, come sopra visto, risulta adeguata alle risultanze degli accertamenti di P.G., e sul punto le prospettazioni del ricorrente risultano generiche e non collegate a precisi atti di indagine, valutazioni ipotetiche, in fatto, non valutabili in sede di giudizio di legittimità in materia di sequestri, dove è possibile prospettare solo vizi di violazione di legge. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di C 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i lo ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 23 ottobre 2018.

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