Rifiuti. Attività di raccolta e smaltimento non autorizzato, differenza tra occasionalità e assoluta occasionalità. Cassazione Penale n. 49548/2017.

Cass. Pen., Sez. Feriale, sent. n. 49548 del 27 ottobre 2017 (ud. del 17 agosto 2017)
Pres. Petruzzellis, Est. Cenci
Rifiuti. Attività di raccolta e di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali. Pulizia dei fanghi delle fosse settiche e miscelazione nella cisterna con residui alimentari (autospurgo). Differenza tra occasionalità e  assoluta occasionalità. Penale responsabilità dell’extraneus. Titolare dell’impresa all’oscuro dell’attività del dipendente. Licenziamento del dipendente. Artt. 29-quattuordecies, 187 e  256 d. lgs. n. 152/2006.
In tema di rifiuti, la relazione alla occasionalità del conferimento che esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1, del d. lgs. n. 152 del 2006, tratta, in realtà, di una assoluta occasionalità (v. Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, P.M. in proc. Isoardi; Sez. 3, n. 8193 del 11/02/2016, P.M. in proc. Revello; Sez. 3, n. 26435 del 23/03/32016, Pagliuchi; basterebbe, infatti, addirittura anche un unico trasporto, secondo Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, dep. 2015, Pmt in proc. Cristinzio e altro; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino; Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea), ben difficilmente ravvisabile, nel caso di specie, ove si prende atto di una pluralità di trasporti in un breve arco di tempo e di modalità organizzate, con distribuzione di biglietti di visita con numero di telefono e consegna di ricevuta. Tuttavia, è stato ritenuto necessario un rinvio a nuovo giudizio in quanto il coimputato sembra agire all’oscuro del titolare dell’impresa di cui era dipendente e che lo aveva conseguentemente licenziato in tronco.
 
Cass. Pen., Sez. Feriale, sent. n. 49548 del 27 ottobre 2017 (ud. del 17 agosto 2017)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da MELANDRI EMANUELE nato il 02/01/1950 a BRISIGHELLA;
avverso la sentenza del 27/10/2016 del TRIBUNALEdi RAVENNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;
Udito il Pubblico Mi istero, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI CUOMO;
Il Proc. Gen. dr. CUOMOLUIGI conclude per l’inammissibilita’ del ricorso;
Udito il difensore
Il difensore presente avvocato VALENTI ALESSANDRO del foro di BOLOGNA in difesa di MELANDRI EMANUELE chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Ravenna con sentenza del 27 ottobre 2016 ha riconosciuto Emanuele Melandri ed Edo Fiorentini responsabili di quattro episodi, commessi, rispettivamente, il 13 giugno (capo A), il 20 agosto (capo B), il 27 agosto (capo C) ed il 25 settembre 2012 (capo D), di violazione dell’art. 256, comma 1, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e in conseguenza ha condannato entrambi alla pena pecuniaria ritenuta di giustizia.
2. Agli imputati si addebita, in particolare, l’ipotesi contravvenzionale prevista dalla lett. a) dell’art. 256, comma 1, del d. lgs. n. 152 del 2006, per avere Emanuele Melandri, in qualità di titolare della omonima impresa individuale, proprietaria del veicolo autospurgo concretamente condotto da Edo Fiorentini, autista dipendente della predetta impresa, effettuato attività di raccolta e di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi derivanti dalla pulizia dei fanghi delle fosse settiche di quattro abitazioni, fanghi successivamente miscelati nella cisterna del veicolo condotto da Edo Fiorentini insieme con i residui alimentari della ditta Baldeschi Salumi e, infine, confluiti nell’impianto di trattamento Caviro Distilleria s.r.l., che era autorizzato a ricevere residui alimentari ma non già fanghi provenienti da fosse settiche, costituenti rifiuti non pericolosi, attestandosi invece nel prescritto documento il conferimento solo di rifiuti di tipo alimentare.
3.Ricorre tempestivamente, tramite difensore, per la cassazione della sentenza Emanuele Melandri, che si affida a tre motivi.
3.1. Mediante il primo motivo censura le ritenute contraddittorietà ed illogicità della sentenza, risultanti dalla stessa motivazione, in ordine alla sussistenza degli elementi, oggettivi e soggettivo, dei reati contestati.
Il ricorrente prende le mosse dalla circostanza che la responsabilità dell’imprenditore Emanuele Melandri è stata ritenuta provata in sentenza affermandosi (alla p. 8 nel testo ed alla p. 7 in nota) che è del tutto inverosimile ovvero che è comunque assai difficile che l’attività di pulitura delle fosse biologiche potesse essere fatta da Edo Fiorentini, dipendente di Melandri, con l’automezzo del datore di lavoro ed all’insaputa dello stesso.
Tale affermazione, ad avviso del ricorrente, stride insanabilmente con una pluralità di elementi positivamente emersi dall’istruttoria e puntualmente riferiti nella motivazione della decisione impugnata. Si fa riferimento:
in primo luogo, alla confessione del coimputato Fiorentini, che si è assunto la responsabilità esclusiva dell’accaduto, affermando di avere agito all’insaputa della ditta, di avere effettuato lo spurgo di alcuni pozzi neri per proprio conto e di essere stato, perciò, licenziato (pp. 4 e 6 della sentenza impugnata);
alle dimensioni dell’impresa, che impiegava più di cento dipendenti, di cui circa 106 autisti, con un elevato fatturato annuo, di circa 16-17 milioni di euro, e che, nella pluralità della attività, curava in minima parte lo spurgo delle fosse biologiche, incidente nella misura di circa l’1% del fatturato (p. 5 della sentenza impugnata);
ed alla materialità stessa degli accadimenti, essendo emerso dall’istruttoria che Edo Fiorentini, utilizzando il mezzo della ditta Melandri, aveva effettuato lo spurgo dei pozzi neri di sole quattro abitazioni private contro il corrispettivo di poco meno di cento euro per ogni spurgo (pp. 6-7 della sentenza impugnata).
Si osserva, in particolare, da parte del ricorrente che l’ampiezza del fatturato – appunto di circa 16-17 milioni di euro all’anno – renderebbe davvero improbabile che l’imprenditore possa condividere e lucrare parte del profitto di poche centinaia di euro ricavate dal suo dipendente mediante quattro operazioni di spurgo, tanto che il Giudice di merito neppure sostiene tale condivisione economica, affermando, invece, che dall’attività di spurgo posta in essere da Edo Fiorentini deriverebbe l’aumento del fatturato della Melandri (p. 7).
Ciò contrasterebbe, secondo il ricorrente, con le emergenze istruttorie, nettamente travisate.
Avendo, infatti, il testimone Alcide D’Apporto dichiarato, nel corso dell’udienza del 31 marzo 2016, alla pag. 35 della trascrizione (allegata al ricorso), che la ditta Melandri riceveva dalla ditta Baldeschi Salumi un corrispettivo proporzionato alla quantità di residui alimentari della lavorazione di salumi e di mortadelle che veniva ritirato tramite camion e successivamente avviato alla Caviro Distillerie s.r.l. (p. 7), la sentenza non spiegherebbe quale interesse avrebbe avuto la ditta Melandri a presentarsi presso il salumificio con il camion almeno in parte già pieno dei residui delle fosse private, così avendo meno capacità di ritirare i rifiuti alimentari.
Peraltro, mescolare ai rifiuti alimentari rifiuti diversi, provenienti dalle fosse biologiche, avrebbe messo in crisi il rapporto commerciale, che valeva circa due milioni di euro l’anno, con la Caviro Distillerie, che pagava la ditta Melandri in ragione del trasporto e della quantità di rifiuti conferiti.
A fronte di tali emergenze, assume il ricorrente essere del tutto incongruente, illogico e contraddittorio che le condotte in esame andassero comunque a vantaggio della ditta Melandri, aumentandone il fatturato ed abbattendo i costi aziendali, come si legge nella sentenza impugnata (pp. 7 e 9).
Ulteriore illogicità e contraddittorietà rispetto alle emergenze istruttorie consacrate nella sentenza di merito starebbe nell’assunto che l’attività di Edo Fiorentini non potesse avvenire all’insaputa dell’imprenditore, atteso che una ditta esterna era incaricata della logistica e che la cisterna condotta dal coimputato era costantemente tracciata tramite sistema GPS (p. 7 della sentenza impugnata).
Infatti, attese le ampie dimensioni dell’azienda, che aveva più di 100 autisti che facevano circa 200-300 viaggi al giorno, come emerso nell’istruttoria attraverso l’esame del teste D’Apporto (trascrizione dell’udienza del 31 marzo 2016, p. 38), il controllo sui camion veniva effettuato a campione, ad esempio dietro sollecitazione di un cliente che segnalava un ritardo etc.
La sentenza impugnata non avrebbe, dunque, tenuto conto della circostanza che, a fronte di centinaia di viaggi al giorno, Edo Fiorentini ha effettuato nell’arco di alcuni mesi soltanto quattro viaggi in proprio, peraltro a pochi chilometri dalla sede aziendale, come riconosciuto in sentenza (pp. 7-8), ciò che – si assume – rafforza l’assunto che il coimputato abbia, in realtà, agito all’oscuro dell’impresa di cui era dipendente e che lo aveva conseguentemente licenziato in tronco.
3.2. Con il secondo motivo si denunzia erronea applicazione della legge penale (art. 256, comma 1, del d. lgs. n. 152 del 2006), in quanto dalla stessa sentenza impugnata si desume che il camion in concreto utilizzato da Edo Fiorentini era abilitato al trasporto sia di residui alimentari che di fanghi delle fosse settiche (p. 5 della decisione), conseguendone che la ditta Melandri era abilitata al trasporto di entrambe le categorie di rifiuti e proprio su quel mezzo.
Ed è pur vero che il capo di imputazione è incentrato sulla mancanza di autorizzazione a ricevere i fanghi dei pozzi in capo alla ditta Caviro Distillerie, autorizzata, invece, al trattamento dei residui alimentari (p. 4 della sentenza), ma dovrebbe ritenersi la struttura dell’imputazione errata e gravemente lacunosa, in quanto si sarebbe dovuto ipotizzare quale autore materiale il legale rappresentante della ditta Caviro; ovvero si sarebbe dovuto, in alternativa, costruire il capo di imputazione mediante richiamo dell’art. 48 cod. pen., essendo stato il legale rappresentante della Caviro indotto in errore dall’altrui inganno.
3.3. Si denunzia, infine, l’avere il giudice disatteso l’eccezione difensiva volta all’accertamento della inutilizzabilità delle acquisizioni dei dati del tracciamento mediante GPS del percorso dei mezzi della ditta, essendo emersa un’attività di parziale rielaborazione dei relativi dati da parte degli inquirenti (p. 7 della sentenza), ciò che avrebbe imposto, secondo il ricorrente, l’adozione di perizia, al contrario – ma erroneamente – non disposta dal decidente.
La conseguente inutilizzabilità dei tracciati indicativi dei percorsi dei mezzi comporterebbe mancanza di prova circa il conferimento dei fanghi provenienti dai pozzi alla ditta Caviro: residuerebbe, pertanto, solo una “miscelazione” di due generi di rifiuti, ma entrambi non pericolosi, all’interno dell’autocisterna di Edo Fiorentini, situazione che non sarebbe punibile ai sensi degli artt. 187 e 256, comma 5, del d. lgs. n. 152 del 2006.
3.4. Con memoria pervenuta il 28 luglio 2017 il difensore di Emanuele Melandri ha ulteriormente sviluppato gli argomenti di cui si è detto sub n. 2.2., in particolare sottolineando: che l’attività addebitata agli imputati non può concretizzare la violazione dell’art. 256, comma 1, del d. lgs. n. 152 del 2006, in quanto sia l’attività di raccolta che di trasporto dei residui dei pozzi neri da parte della ditta Melandri era autorizzata, proprio attraverso il camion in concreto condotto da Edo Fiorentini; che l’attività di smaltimento, anch’essa ricadente nel perimetro dell’art. 256, comma 1, del d. lgs. n. 152 del 2006, di una esigua quantità di residui di pozzi neri mista a una maggior parte di rifiuti di origine alimentare è stata, in realtà, materialmente posta in essere dalla ditta Caviro, con la conseguenza che il capo di imputazione sarebbe gravemente erroneo, potendosi, al più, ipotizzare una violazione dell’art. 29-quattuordecies, comma 2, del d. lgs. n. 152 del 2006 cioè un’inosservanza, di rilievo solo amministrativo, delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale di cui era, in effetti, provvista la Caviro.
In subordine si sottolinea, in ogni caso, l’occasionalità della condotta di conferimento non autorizzato di rifiuti, non pericolosi, occasionalità che escluderebbe, secondo la giurisprudenza di legittimità ritenuta applicabile, la possibilità di ipotizzare il reato di cui all’art. 256 del d. lgs. n. 152 del 2006.
Infine, mancherebbe nella vicenda la componente essenziale rappresentata dall’accertamento della commissione del reato proprio da parte del soggetto qualificato, cioè il legale rappresentante della Caviro, con la conseguenza della improponibilità dell’affermazione di penale responsabilità dell’extraneus; in alternativa, si sarebbe dovuto costruire il capo di accusa secondo lo schema dell’induzione in errore ex art. 48 cod. pen., ciò che manca radicalmente e che impedisce un’eventuale riqualificazione giuridica sede di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Va premesso che alla data dell’udienza (fascicolo pervenuto alla S.C. il 16 giugno 2017) è prescritto il capo A (alla data del 13 giugno 2017, non essendovi sospensioni), in relazione al quale occorre adottare a pronunzia in dispositivo.
Per tutti gli altri capi, si impongono le seguenti considerazioni.
2. Il ricorso, quanto ai capi B), C) e D), è fondato, nei termini di cui appresso.
2.1. Deve preliminarmente osservarsi, quanto alla strutturazione del capo di imputazione (punto n. 3.2. del “ritenuto in fatto”), che non si evidenzia una concreta violazione del diritti di difesa e che non appare imprescindibile la previa contestazione di una condotta del rappresentante della Caviro, indotto in errore dall’altrui inganno ai sensi dell’art. 48 cod. pen. Quanto alla estrazione di dati dai computer (punto n. 3.3. del “ritenuto in fatto”), non si tratta necessariamente di attività irripetibile, dovendosi soltanto verificare la genuinità dei dati estratti (v. Sez. 5, n. 22695 del 03/03/2017, La Rosa, Rv. 270139; Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015, dep. 2016, Branchi e altro, Rv. 266477; Sez. 2, n. 29061 del 01/07/2015, P.C. in proc. Posanzini e altri, Rv. 264572).
In relazione, poi, alla occasionalità del conferimento, che escluderebbe, secondo il ricorrente la configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1, del d. lgs. n. 152 del 2006 (p. 6 della memoria pervenuta il 28 luglio 2017), si osserva che dovrebbe trattarsi, in realtà, di una assoluta occasionalità (v. Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, P.M. in proc. Isoardi, Rv. 265836; Sez. 3, n. 8193 del 11/02/2016, P.M. in proc. Revello, Rv. 266305; Sez. 3, n. 26435 del 23/03/32016, Pagliuchi, Rv. 267660; basterebbe, infatti, addirittura anche un unico trasporto, secondo Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, dep. 2015, Pmt in proc. Cristinzio e altro, Rv. 262514; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino, Rv. 257631; Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea, Rv. 250674), ben difficilmente ravvisabile, quanto all’agire di Fiorentini, nel caso di specie, ove si prende atto di una pluralità di trasporti in un breve arco di tempo e di modalità organizzate, con distribuzione di biglietti di visita con numero di telefono e consegna di ricevuta da parte di Fiorentini (p. 7 della sentenza impugnata).
2.2. Merita, invece, accoglimento l’ulteriore doglianza difensiva (punto n.3 .1. del “ritenuto in fatto”).
La sentenza impugnata, infatti, perviene ad affermare la penale responsabilità dell’imprenditore sul duplice presupposto:
1) che dall’attività di spurgo svolta da Fiorentini sia derivato ad Emanuele Melandri un tornaconto economico, che, invece, è espressamente escluso dalla stessa istruttoria, secondo quanto riportato nella stessa sentenza (p. 7);
2) che l’imprenditore sapesse delle deviazioni dal percorso del camion condotto da Fiorentini, mentre l’istruttoria, secondo quanto si legge nella sentenza impugnata, ha fatto emergere che il monitoraggio aziendale tramite sistema GPS dei camion era solo eventuale, a campione (p. 7) e che alcuni dei quattro pozzi neri il cui spurgo era stato effettuato da Fiorentini si trovavano in località vicine alle zone che il camion doveva fisiologicamente percorrere (p. 7).
Con tali dati, a ben vedere, la sentenza non si confronta approfonditamente: di essi la motivazione dà, in effetti, atto ma senza coordinarli con le complessive risultanze istruttorie e senza offrire, dunque, una confutazione provvista di logicità e di coerenza della versione difensiva, che è incentrata sulla non conoscenza da parte di Emanuele Melandri dell’attività del dipendente Fiorentini, basata su altri elementi dagli atti emersi e di cui pure si dà atto nella decisione, e cioè: la confessione del dipendente infedele (p. 6); l’affermazione dello stesso di avere agito all’oscuro dell’impresa, tanto da essere stato licenziato (p. 6); l’elevato numero di dipendenti, in particolare di autisti, e di mezzi della ditta (p.5); l’elevato volume di affari (p. 5); la percentuale assai bassa di incidenza dell’attività di spurgo sul totale (p. 5); la scarsissima entità del ricavo da parte di Edo dell’attività di spurgo (poco meno di cento euro per quattro volte) rispetto al complessivo volume di affari della ditta (p. 5).
Le circostanze riferite costituiscono, dunque, plurimi “elementi di disturbo” di tipo logico, con i quali il Giudice di merito si deve confrontare: si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.
3. Le ulteriori questioni poste dal ricorrente seguono, in ordine logico, la principale, di cui si è detto, e sono assorbite dall’eventuale accoglimento della stessa.
Discende la statuizione in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al capo A) perché estinto per prescrizione.
Annulla la sentenza impugnata, in relazione alle ulteriori imputazioni e rinvia al Tribunale di Ravenna per nuovo giudizio.
Così deciso il 17/08/2017.
Scarica in pdf il testo del provvedimento: cass. pen. sez. feriale sent. n. 49548-2017