RIFIUTI. Natura istruttoria della conferenza dei servizi per il rilascio delle autorizzazioni degli impianti, ma la decisione spetta alla Regione. T.A.R. Napoli n. 7194/2018.

T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, sent. n. 7194 del 17 dicembre 2018 (ud. del 28 settembre 2018)

Pres. Scudeller, Est. Caminiti

Rifiuti. Procedimento di rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e gestione di nuovi impianti di smaltimento e recupero. Art. 208 d. gs. n. 152/2006. Conferenza dei servizi e sua natura istruttoria.
Il procedimento di rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e gestione di nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti disciplinato dall’art. 208, d. lgs. n. 152 del 2006 costituisce sostanziale riproduzione del precedente istituto di cui all’art. 27, d. lgs. n. 22 del 1997, abrogato dall’art. 264 del medesimo d. lgs. n. 152 del 2006; caratteristica comune ad entrambi i modelli procedimentali è la natura istruttoria della Conferenza di Servizi che precede la decisione finale sulla realizzabilità dell’impianto, quest’ultima affidata all’esclusiva competenza dell’autorità regionale. La Conferenza di Servizi in oggetto, insomma, costituisce una Conferenza istruttoria e non decisoria, rappresentando uno strumento di mera emersione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti. Peraltro, essa è prevista da una norma connotata da indubbi caratteri di specialità rispetto al modello di cui agli artt. 14 e ss., l. n. 241 del 1990. Ad essa, pertanto, non si applicano i meccanismi di accelerazione e semplificazione procedimentale previsti dalla disciplina generale in materia di Conferenza di Servizi decisoria, che consentono di configurare ipotesi di assenso tacito e connessa decadenza dal potere di provvedere nei confronti dei soggetti assenti o che hanno emesso i loro pareri al di fuori della Conferenza. Tale soluzione è del tutto compatibile con il modello specifico in esame, che affida alla sola Regione la competenza finale a provvedere. La determinazione conclusiva della Conferenza di Servizi quindi ha contenuto consultivo e valore endoprocedimentale, trattandosi di atto meramente istruttorio ed interno, da riversare nell’atto decisorio, ossia nel provvedimento successivamente intervenuto

 

 

T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, sent. n. 7194 del 17 dicembre 2018 (ud. del 28 settembre 2018)

N. 07194/2018 REG.PROV.COLL.

N. 03744/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3744 del 2014, proposto da
Società Bio Ecology S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pasquale Lista, con domicilio come da PEC dei registri di giustizia;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Marzocchella, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via S. Lucia, 81;
Comune di San Tammaro in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Casertano, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Pietro Colletta n. 12;
Regione Campania Unità Operativa Dirigenziale Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti di Caserta non costituita in giudizio;

per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia,

del decreto dirigenziale della regione Campania n.14/2014 avente oggetto diniego autorizzazione unica per l’approvazione del progetto e la realizzazione di un nuovo impianto di rifiuti non pericolosi, da ubicare nel Comune di San Tammaro (CE)alla Via Meucci snc Loc. Ponticelli Zona Industriale P IP, proposto dalla Società Bio Ecology Srl

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Campania in persona del Presidente pro tempore e di Comune di San Tammaro in persona del Sindaco pro tempore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2018 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 21 giugno 2014 e depositato il successivo 16 luglio la Società Bio Ecology S.r.l. ha impugnato il decreto dirigenziale della Regione Campania n.14/2014 avente ad oggetto diniego autorizzazione unica per l’approvazione del progetto e la realizzazione di un nuovo impianto di rifiuti non pericolosi, da ubicare nel Comune di San Tammaro (CE) alla Via Meucci snc Loc. Ponticelli Zona Industriale PIP, proposto dalla medesima Società Bio Ecology Srl.

2. L’atto di diniego è motivato sulla base del rilievo che nella seduta conclusiva di Conferenza di Servizi, tenutasi il 4 aprile 2014 presso la sede della Giunta Regionale della Campania – Unità Operativa Dirigenziale “Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti” di Caserta, di cui al verbale acquisito al prot. n. 0241597 del 4.04.2014, il rappresentante del Comune di San Tammaro (CE), legittimato dall’organo competente ad esprimere in modo vincolante la volontà dell’amministrazione sulle decisioni di competenza, aveva espresso il proprio dissenso a detta autorizzazione, per l’esistenza di una Convenzione fra il Comune di San Tammaro e la Mobil Sud s.r.l. (rep. 561 del 13.05.1993) stipulata ai sensi dell’art. 27 della legge 865/1971, con cui il Comune concedeva alla Mobil Sud la proprietà dei lotti 1 ter e 1 quater del P.I.P. per la costruzione di un opificio industriale (produzione di mobili) che non contemplava i contratti di fitto per l’utilizzo dell’area, sulla quale avrebbe dovuto essere localizzato l’impianto de quo, laddove la società Bio Ecology aveva acquisito la disponibilità dell’area de qua a mezzo di contratto di locazione commerciale stipulato con la Mobil Sud in data 30 aprile 2013 ai fini dell’utilizzo come “messa in riserva e trattamento dei rifiuti non pericolosi”; pertanto nella medesima seduta del 4 aprile 2014 la conferenza di servizi, nel prendere atto del “parere sfavorevole”, nonché delle motivazioni sopra riportate, espresse dal Comune di San Tammaro, si uniformava a detto parere sfavorevole e sulla scorta delle risultanze della Conferenza di Servizi la Regione Campania adottava il decreto di diniego oggetto di impugnativa.

3. La società ricorrente ha articolato avverso l’atto gravato, in due motivi di ricorso, le seguenti censure:

1) Illegittimità e nullità dell’opposto Decreto Dirigenziale n° 14 del 18/04/2014 per Violazione e Falsa Applicazione dell’art. 208 comma 4 e 5 del d. lgs. n. 152/2006, nonché per Violazione e Falsa applicazione dell’Artt. 10-bis, 14 della Legge n. 241/90: per eccesso di potere, per carenza e difetto di motivazione, per sviamento della causa tipica, per contraddittorietà, per violazione del giusto procedimento.

Assume la società ricorrente l’illegittimità del decreto gravato sulla base del rilievo che lo stesso, facendo proprio il parere sfavorevole del Comune di San Tammaronel denegarel’autorizzazione per l’approvazione del progetto e la realizzazione di impianto rifiuti non pericolosi, sarebbe viziato per palese violazione dell’art. 208 comma 4 b) del d. lgs. n. 152/06 e per palese carenza e difetto di motivazione.Ciò in quanto il parere sfavorevole espresso dal Comune di San Tammaro e fatto proprio dalla Regione Campania non sarebbe relativo e pertinente all’oggetto della conferenza di servizi, non essendovi in esso nessuna valutazione circa la compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, né nessuna valutazione circa la conformità del progetto con le tecniche di realizzazione dello stesso.

Assume al riguardo che il parere sfavorevole del Comune di San Tammaro, posto a base delle risultanze negative della Conferenza di Servizi e successivamente fatto proprio dalla Regione con l’impugnato decreto si fonderebbe solo ed esclusivamente sulla circostanza che la Convenzione Rep. 561 stipulata nel lontano 13/05/1993 ai sensi dell’art. 27 della legge n° 865/71 con la Società Mobil Sud Srl non contempla i contratti di fittoper l’utilizzo dell’area identificata al N.C.U. di Caserta al Foglio N° 6, p.11a 5062 Sub 3. Deduce al riguardo parte ricorrente che la circostanza che detti contratti non fossero espressamente contemplati non voleva dire che fossero vietati.

Lamenta inoltre parte ricorrente che il parere sfavorevole espresso dal Comune di San Tammaro doveva intendersi pretestuoso e manifestato ai soli fini ostruzionistici, in quanto dettato dal contenziosoin atto con la Mobil Sud Srl circa il mancato pagamento di alcuni oneri di esproprio, motivo questo non attinente e non pertinente alla indetta conferenza di servizi; ciò anche in considerazione del rilievo che alla attualità la Mobil Sud Srl non solo era proprietaria dell’area sulla quale avrebbe dovuto essere realizzato l’impianto di smaltimento rifiuti, ma tale titolo non era mai stato contestato dal Comune di San Tammaro, né era mai stato contestato il contratto di locazione della suindicata area stipulato con la Bio Ecology Srl, regolarmente registrato.

Lamenta inoltre che il comportamento posto in essere dal Comune di San Tammaro era stato contraddittorio, illogico, dettato da circostanze pretestuose, altalenante. Infatti con la nota n° 8640 del 14/10/2013 il Comune di San Tammaro dichiarava di non poter esprimere alcun parere, riservandosi un presunto diritto di veto sulla locazione non previsto dall’art. 12 della stessa convenzione; successivamente con nota n° 1526 del 24/02/2014 esprimeva parere sfavorevole perché la locazione della suindicata areasu cui doveva essere realizzato in progetto della Bio Ecology Srl non era contemplata nell’art. 12 della suindicata convenzione. Secondo la ricorrente sarebbe pertanto grave ed inammissibile che il Comune di San Tammaro, ai soli fini ostruzionistici per un contenzioso in atto con la Società all’attualità proprietaria dell’area, abbia prima mutato e poi espresso un parere sfavorevole e, volutamente ed artatamente, non abbia prodotto il Certificato di Destinazione Urbanistica richiesto in seno alla Conferenza di Servizi.

Assume inoltre che ancora più grave sarebbe la circostanza che la Conferenza dei Servizi e poi la Regione Campania Sez. di Caserta nel fare proprio “il parere sfavorevole” reso dal Comune di San Tammaro, non avessero espresso alcuna valutazione pertinente all’oggetto della conferenza di servizi, circa la compatibilità del progetto presentato dalla Bio Ecology Srl con le esigenze ambientali e territoriali e circa la conformità del progetto stesso con le tecniche di realizzazione, ledendo gli interessi della Bio Ecology Srl ed il principio della imparzialità della pubblica amministrazione, senza in alcun modo tenere conto del parere favorevole espresso dall’ARPAC di Caserta “Parere Tecnico” n° 04/AN14c del 14/01/2014 previa conformità del certificato di destinazione urbanistica dell’area e del “Parere Favorevole” espresso in Conferenza dei Servizi del 13/01/2014 dal rappresentante della ASL LIOPC Ambito 3 la Dott.ssa Angelina Bonavolontà relativo all’Approvazione del suindicato Progetto ed alla sua Autorizzazione, ritenendo idoneo l’impianto dal punto di vista igienico sanitario.

Assume al riguardo che la Regione, nell’adottare il decreto de quo, non avrebbe dovuto appiattirsi sul parere sfavorevole reso dal Comune e sulle risultanze della Conferenza di Servizi, attesa la natura istruttoria della conferenza di servizi prevista dall’art. 208 d. lgs. n. 152/2006 e l’imputabilità del decreto ex art. 208 cit. alla sola Regione Campania.

2) Illegittimità e Nullità dell’opposto Decreto Dirigenziale n° 14 del 18/04/2014 per Violazione e Falsa Applicazione dell’Art. I 4-Quater comma I della Legge n° 241/90; per Eccesso di potere, per carenza e difetto di motivazione, per sviamento della causa tipica, per contraddittorietà, per violazione del giusto procedimento.

Deduce inoltre la società ricorrente l’illegittimità del decreto gravato che, facendo proprio il parere sfavorevole del Comune di San Tammaro, ha violato l’art. 14-quater del d. lgs. n.241/90, fondando quest’ultimo su una questione connessa, quale la interpretazione dell’art.12 della Convenzione stipulata tra la Mobil Sud Srl e il Comune di San Tammaro, che non costituiva oggetto della conferenza medesima e che la cui interpretazione non spetterebbe alla Conferenza di Servizi in persona del suo Presidente, che dovrebbe formare il suo diniego o assenso solo ed esclusivamente sulla validità della documentazione presentata dalla Bio Ecology Srl quale il contratto di locazione tra la Mobil Sud Srl e la stessa Bio Ecology Srl dell’area su cui deve realizzarsi il progetto (mai impugnato dal Comune di San Tamaro),Piano di sicurezza, Iscrizione alla CCIAA + Antimafia, Documentazione Tecnica, Progetto, non certamente sulla interpretazione dell’art. 12 della suindicata Convenzione e né sulla circostanza che il contratto di locazione non fosse contemplato nella stessa convenzione.

4. Si sono costituiti in resistenza la Regione Campania ed il Comune di San Tammaro.

5. La Regione con memoria depositata in data 5 agosto 2014 ha concluso per il rigetto del ricorso, sulla base del rilievo che dall’art. 208 comma 6 d. lgs. n. 152/2006 si evincerebbe che l’approvazione del progetto e l’autorizzazione alla realizzazione e alla gestione dell’impianto da parte della Regione costituirebbero attività subordinate all’eventuale giudizio positivo della Conferenza di Servizi, per cui, a fronte di un parere negativo della Conferenza di Servizi, la Regione non avrebbe potuto adottare un atto diverso da quello in concreto adottato.

6. Il Comune ha depositato memoria difensiva in data 2 settembre 2014, deducendo in ordine alla infondatezza del ricorso sulla base del rilievo che il Comune di San Tammaro, con nota prot. n. 1526 del 24.2.20144, nel richiamare i contenuti della precedente missiva n. 8640 del 21.10.2013, aveva comunicato che la Mobil Sud s.r.l. non aveva provveduto ad inoltrare alcuna istanza in ordine ad un’eventuale cessione, né si era curata di risolvere il contenzioso in atto con il Comune di San Tammaro, relativo al mancato pagamento degli oneri di esproprio che avrebbero dovuto gravare sulla Mobil Sud medesima; ciò sulla base del rilievo che ai sensi dell’art. 27, ultimo capoverso, della L. 22.10.1971 n. 865, “Contestualmente all’atto di concessione o all’atto di cessione della proprietà dell’area, tra il comune da una parte e il concessionario o l’acquirente dall’altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell’acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”.

A seguito dell’atto di diffida e della nota del Comune di San Tammaro (Ce) sopra menzionata la Regione aveva convocato con nota prot. n. 0174398 del 11.3.2014, una terza conferenza di servizi, tenutasi il 4.4.2014, nella quale il delegato dell’Ente locale aveva espresso il proprio dissenso a detta autorizzazione, per l’esistenza di una Convenzione, stipulata ai sensi dell’art. 27 della L. n. 865/1971, che non contemplava i contratti di fitto per l’utilizzo dell’area sulla quale avrebbe dovuto essere localizzato l’impianto de quo.

Ha inoltre evidenziato come la ricorrente si era limitata ad impugnare il decreto dirigenziale regionale n. 14/2014, senza gravare l’atto presupposto (nota comunale n. 1526 del 24.2.2014), rispetto al quale venivano indirizzate specifiche censure; da ciò, nella prospettazione del Comune, oltreché l’infondatezza del ricorso, anche – prioritariamente – la sua inammissibilità, essendo mancata l’impugnativa del provvedimento comunale, fonte dell’attività denegativa qui censurata.

7. In vista dell’udienza di discussione del ricorso sia il Comune resistente che la società ricorrente hanno prodotto memoria difensiva ex art. 73 c.p.a., insistendo nei rispettivi assunti.

In particolare il Comune ha insistito per la declaratoria di inammissibilità del ricorso fondata sul rilievo della mancata impugnazione sia del verbale conclusivo della conferenza dei servizi datato 4.4.2014, sia della lettera comunale n. prot. 1526 del 24.2.2014, entrambi richiamati nel decreto impugnato.

8. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 28 settembre 2018.

9. In via preliminare va vagliata l’eccezione di inammissibilità del ricorso articolata dalla difesa del Comune resistente.

9.1. La stessa è infondata in quanto sia il verbale conclusivo della conferenza di servizi che il parere negativo reso in seno alla medesima conferenza di servizi dal Comune, in quanto atti di mero rilievo endoprocedimentale, non sono dotati di autonoma lesività; da ciò la non necessità della loro impugnazione.

9.2. Ed inverso secondo la costante giurisprudenza in materia “Nel procedimento di rilascio delle autorizzazioni disciplinato dall’art. 208, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, l’unico soggetto competente a provvedere è la Regione, il cui provvedimento finale di approvazione ed autorizzazione assorbe e sostituisce ogni altra specifica manifestazione di volontà decisoria di altri soggetti istituzionali competenti in via ordinaria, il cui ruolo viene fisiologicamente ridotto a quello di meri interlocutori procedimentali. La Conferenza di Servizi che precede la decisione finale ha natura istruttoria; pertanto, il provvedimento autorizzatorio deve imputarsi alla P.A. che lo adotta; la Conferenza di Servizi rappresenta, infatti, uno strumento di mera emersione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti” (T.A.R. Lazio Roma , sez. I , 28/08/2017 , n. 9440; in senso analogo T.A.R. , Salerno , sez. II , 21/08/2017 , n. 1302 secondo cui “Nel nuovo procedimento di rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti disciplinato dall’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 caratteristica del modello procedimentale è la natura istruttoria della conferenza di servizi che precede la decisione finale sulla realizzabilità dell’impianto – affidata, come tale, all’esclusiva competenza dell’autorità regionale, non vincolata, ove adeguatamente motivata, ai pareri negativi espressi dai rappresentanti degli enti locali partecipanti: onde l’unico provvedimento finale di approvazione ed autorizzazione assorbe e sostituisce ogni altra specifica manifestazione di volontà decisoria di altri soggetti istituzionali competenti in via ordinaria, il cui ruolo viene fisiologicamente ridotto a quello di meri interlocutori procedimentale; T.A.R., Palermo , sez. I , 27/01/2012 , n. 200 secondo cui “La Conferenza di servizi che precede la decisione finale ha natura istruttoria; pertanto, il provvedim ento deve imputarsi alla p.a. che lo adotta e la legittimazione passiva a resistere all’impugnazione dell’autorizzazione spetta unicamente all’amministrazione che ha emesso l’atto finale, non avendo le altre che hanno partecipato alla conferenza di servizi svolto un ruolo esoprocedimentale”).

Infatti il procedimento di rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione e gestione di nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti disciplinato dall’art. 208, d. lgs. n. 152 del 2006 costituisce sostanziale riproduzione del precedente istituto di cui all’art. 27, d. lgs. n. 22 del 1997, abrogato dall’art. 264 del medesimo d. lgs. n. 152 del 2006; caratteristica comune ad entrambi i modelli procedimentali è la natura istruttoria della Conferenza di Servizi che precede la decisione finale sulla realizzabilità dell’impianto, quest’ultima affidata all’esclusiva competenza dell’autorità regionale. La Conferenza di Servizi in oggetto, insomma, costituisce una Conferenza istruttoria e non decisoria, rappresentando uno strumento di mera emersione e comparazione di tutti gli interessi coinvolti. Peraltro, essa è prevista da una norma connotata da indubbi caratteri di specialità rispetto al modello di cui agli artt. 14 e ss., l. n. 241 del 1990. Ad essa, pertanto, non si applicano i meccanismi di accelerazione e semplificazione procedimentale previsti dalla disciplina generale in materia di Conferenza di Servizi decisoria, che consentono di configurare ipotesi di assenso tacito e connessa decadenza dal potere di provvedere nei confronti dei soggetti assenti o che hanno emesso i loro pareri al di fuori della Conferenza. Tale soluzione è del tutto compatibile con il modello specifico in esame, che affida alla sola Regione la competenza finale a provvedere. La determinazione conclusiva della Conferenza di Servizi quindi ha contenuto consultivo e valore endoprocedimentale, trattandosi di atto meramente istruttorio ed interno, da riversare nell’atto decisorio, ossia nel provvedimento successivamente intervenuto (T.A.R. Catanzaro, sez. I, 19/09/2013, n.929).

10. Cionondimeno il ricorso si appalesa infondato, non potendo trovare accoglimento nessuno dei due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto fondati su censure connesse, ovvero essenzialmente sulla violazione del predetto disposto dell’art. 208 d. lgs. n. 152/06, nonché della disciplina prevista dalla L. 241/90 sulla conferenza di servizi, nonché sulla violazione (peraltro dedotta solo in rubrica e non articolata nel motivo di ricorso) dell’art. 10 bis l. 241/90 ed infine sull’eccesso di potere per contraddittorietà e per sviamento dalla causa tipica.

10.1. Quanto al mancato rispetto delle prescrizioni della L. 241/90 in tema di conferenza di servizi la Sezione condivide la giurisprudenza, innanzi riportata, secondo la quale la disciplina prevista dall’art. 208 d. lgs. n. 152/06 è connotata da indubbi caratteri di specialità rispetto al modello di cui agli artt. 14 e ss., l. n. 241 del 1990. Ad essa, pertanto, non si applicano i meccanismi di accelerazione e semplificazione procedimentale previsti dalla disciplina generale in materia di Conferenza di Servizi decisoria, che consentono di configurare ipotesi di assenso tacito e connessa decadenza dal potere di provvedere nei confronti dei soggetti assenti o che hanno emesso i loro pareri al di fuori della Conferenza. Tale soluzione è del tutto compatibile con il modello specifico in esame, che affida alla sola Regione la competenza finale a provvedere (T.A.R. Catanzaro, sez. I, 19/09/2013, n.929 cit.).

10.2. Né, stante la specialità della disciplina, appare invocabile il disposto dell’art. 10 bis l. 241/90, la cui violazione, giova ripeterlo, è stata peraltro dedotta solo nella rubrica del motivo di ricorso. Ciò anche in considerazione del rilievo che l’apporto partecipativo del richiedente è comunque assicurato dal medesimo disposto dell’art. 208 d. lgs. n. 152/06 che, nella versione applicabile ratione temporis, prevede al comma 3 (la cui violazione non è stata specificatamente dedotta) che “Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione individua il responsabile del procedimento e convoca apposita conferenza di servizi. Alla conferenza dei servizi partecipano, con un preavviso di almeno 20 giorni, i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti delle autorità d’ambito e degli enti locali sul cui territorio è realizzato l’impianto, nonché il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire documenti, informazioni e chiarimenti”.

11. Né assume al riguardo rilievo la circostanza che il Comune avesse dapprima dichiarato di voler verificare se la Mobil Sud intendesse richiedere l’autorizzazione per la cessione dell’area prevista dell’art. 12 della Convenzione stipulata tra la Mobil Sud Srl e il Comune di San Tammaro, nonché sanare la posizione debitoria nei confronti del Comune per il pagamento degli oneri di esproprio gravanti sulla medesima Mobil Sud e poi espresso parere negativo sulla base del rilievo che l’art. 12 della Convenzione non prevedesse i contratti di locazione per l’utilizzo dell’area.

Ed invero, proprio in considerazione della natura istruttoria della conferenza di servizi ex art. 208 d. lgs. n. 152/06, ciò che assume rilievo è la circostanza che la Regione, nel condividere il parere definitivo reso dal Comune e condiviso dalla conferenza di servizi, abbia ritenuto corretta tale ultima opzione ermeneutica, ovvero l’impossibilità di utilizzo dell’area in base a contratti di locazione, interpretazione questa da ritenersi corretta, atteso che non viene qui in rilievo un’area ab origine privata, liberamente cedibile, ma un’area PIP realizzata in forza di una procedura di esproprio e ceduta in proprietà a soggetti privati alle condizioni di cui alla convenzione e pertanto non cedibile per un uso transitorio a titolo di locazione, ma solo al medesimo titolo di acquisto del cedente (acquisto in proprietà), subordinatamente peraltro all’autorizzazione del Comune, secondo quanto di seguito meglio specificato.

Peraltro a ragionare diversamente lo strumento della locazione potrebbe costituire un aggiramento dell’art. 12 della Convenzione che subordina la cessione dell’area (in proprietà) all’autorizzazione della Comune.

11.1. Né il ricorrente può vantare alcun interesse in ordine alla circostanza che il Comune in un primo momento avesse ritenuto di verificare se sussistesse la volontà della Mobil Sud di chiedere la predetta autorizzazione e regolarizzare la sua posizione debitoria, non avendo comunque dedotto, né provato che la Mobil Sud abbia tenuto una condotta conforme all’iniziale intendimento del Comune, fondato peraltro su un’interpretazione non corretta dell’art. 12 della citata convenzione.

11.2. Peraltro il comportamento altalenante del Comune non può ritenersi dettato da un intendimento ostruzionistico e vendicativo nei confronti della Mobil Sud (e di conseguenza della ricorrente che con la medesima aveva stipulato il contratto di locazione per l’utilizzo dell’area de qua) ma dalla necessità di interpretare il disposto dell’art. 12 della convenzione che, non contemplando i contratti di locazione poteva essere interpretato o nel senso (inizialmente ritenuto corretto dal Comune) che gli stessi fossero, al pari degli atti di compravendita, soggetti all’autorizzazione del Comune, ovvero nel senso che fossero vietati (opzione ermeneutica questa successivamente prescelta dal Comune, condivisa dalla conferenza di servizi e infine dalla Regione nell’adozione del decreto di diniego).

Infatti l’art. 12 della predetta pattuizione espressamente prevede che: << “Gli insediamenti costruiti e l’area oggetto della concessione non potranno essere ceduti a terzi senza l’adesione del Comune. Il Comune nell’esprimere la propria adesione lo farà tenendo conto del prezzo cui l’assegnatario intenderà vendere al nuovo acquirente. In modo che l’adesione sarà negata se il prezzo di vendita sarà giudicato speculativo. Gli atti compiuti in violazioni alle disposizioni contenute nei precedenti commi sono nulli. Detta nullità può essere fatta valere dal Comune o da chiunque altro vi abbia interesse e può essere rilevata d’ufficio dal Giudice.”>>.

11.3. Giammai potrebbe per contro ritenersi corretta un’opzione interpretativa secondo la quale per la locazione della suddetta area PIP non sarebbe necessaria alcuna autorizzazione del Comune, in spregio alla ratio del cennato art. 12, la cui finalità è dettata dall’esigenza di evitare l’utilizzo speculativo dell’area ad opera dell’acquirente, avuto riguardo alla circostanza che con un utilizzo prolungato o reiterato nel tempo a mezzo di contratti di locazione si potrebbe aggirare la predetta finalità.

Ciò senza mancare di rilevare che, come evidenziato dal Comune, nell’ipotesi di specie si è ricorsi all’espediente della locazione (di per sé di carattere temporaneo), a fronte di un’attività che comporterebbe una trasformazione irreversibile del suolo, con conseguenze molto più impattanti per la locale comunità, in quanto Mobil sud avrebbe dovuto realizzare un mobilificio, mentre la locatrice ha richiesto di essere autorizzata a realizzare un sito di stoccaggio di rifiuti.

11.4. Peraltro l’importanza dell’autorizzazione del Comune ai fini della cessione dell’area ad altri soggetti si evince anche dal successivo art. 13 della Convenzione, secondo cui “Nel caso di inosservanza da parte dell’acquirente del divieto di cedere a terzi, senza l’adesione del Comune, l’area edificata o parzialmente edificata, si avrà l’automatica risoluzione dell’atto di concessione ed il terreno e le opere su di esso eventualmente realizzate rientreranno nella disponibilità del Comune.

Il Comune applicherà una penale pecuniaria a carico dell’inadempiente pari al 30 del prezzo di concessione dell’area…”

11.5. Il rilievo che l’interpretazione corretta dell’art. 12 della Convenzione sia quella espressa nella seduta conclusiva della conferenza di servizi e fatta propria dalla Regione con l’atto gravato si evince peraltro dal disposto del sesto comma dell’art. 27 l. 865 del 1971, richiamato nella premessa della Convenzione, secondo il quale il Comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico, in misura non superiore al 50% mediante la concessione in diritto di proprietà e la rimanente parte mediante concessione in diritto di superficie (cfr peraltro al riguardo T.A.R. Campania Salerno Sez. II Sent., 14/04/2015, n. 815 per cui “l’art. 27 L. 22 ottobre 1971 n. 865, secondo il quale le aree espropriate in attuazione dei cosiddetti p.i.p. – piani per gli insediamenti produttivi – devono essere cedute in proprietà in misura non superiore al cinquanta per cento e per la restante parte in diritto di superficie, non obbliga la P.A. in ogni fase di attuazione dei medesimi p.i.p. ad operare necessariamente i due tipi di cessione, potendo esso prescegliere per un dato strumento l’un tipo o l’altro a seconda degli interventi previsti, salva l’integrazione con il tipo di cessione tralasciato nei successivi stralci del piano o nei susseguenti piani produttivi con riguardo ad insediamenti di diversa natura); pertanto giammai l’utilizzo dell’area de qua potrebbe essere consentito in forza di un titolo temporaneo che assicura un diritto personale di godimento, a fronte dell’opzione legislativa di un diritto di natura reale, salva la sua possibilità di trasmissione; pertanto, avendo nel caso di specie la Mobil Sud acquistato la proprietà del bene non poteva consentirne l’utilizzo a terzi se non mediante trasmissione del diritto di proprietà, alle condizioni di cui all’art. 12 della Convenzione.

12. Parimenti infondate sono le ulteriori censure basate sul rilievo che giammai la Commissione avrebbe potuto in sede di conferenza di servizi procedere all’interpretazione dell’art. 12 della Convenzione, dovendo unicamente pronunciarsi sulla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali e con le tecniche di realizzazione dello stesso.

12.1. Ciò in quanto l’attivazione del potere discrezionale tecnico degli organi riuniti in sede di conferenza di servizi ai fini del rilascio del relativo parere – avente come detto mera valenza istruttoria rispetto al decreto di spettanza della Regione – sotteso al disposto dell’art. 208 d. lgs. n. 152/06 presuppone che l’istanza per la realizzazione del progetto su cui la conferenza è chiamata ad esprimersi sia presentata da soggetto legittimato, non ricorrendo altrimenti i presupposti per l’espressione dei citati pareri. Da ciò la piena legittimità dell’operato della conferenza che, ai fini della verifica della sussistenza dei presupposti per l’esercizio di propri poteri, ha correttamente proceduto a verificare se il progetto su cui la conferenza era chiamata a pronunciarsi fosse presentato da soggetto legittimato all’utilizzo dell’area. Parimenti legittimo deve considerarsi pertanto il decreto oggetto di impugnativa che al riguardo ha condiviso le conclusioni della conferenza di servizi.

Ciò posto, stante l’accertato difetto di legittimazione della ricorrente all’utilizzo dell’area sulla quale avrebbe dovuto sorgere l’impianto di cui al progetto presentato in sede di conferenza di servizi, del tutto irrilevanti ai fini della decisione finale della conferenza di servizi si rileva il parere favorevole rilasciato dall’ARPAC di Caserta “Parere Tecnico” n° 04/AN14c del 14/01/2014 previa conformità del certificato di destinazione urbanistica dell’area e il “Parere Favorevole” espresso in Conferenza dei Servizi del 13/01/2014 dal rappresentante della ASL LIOPC Ambito 3 relativo all’Approvazione del suindicato Progetto ed alla sua Autorizzazione.

13. Stante l’infondatezza di tutte le censure il ricorso va pertanto rigettato.

14. Sussistono eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alle difese spiegate dalla Regione, per la compensazione delle spese di lite fra parte ricorrente e la Regione medesima, mentre nei rapporti con il Comune le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese di lite nei rapporti fra parte ricorrente e la Regione Campania.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite nei confronti del Comune di San Tammaro, liquidate in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre oneri accessori, se dovuti, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Santino Scudeller, Presidente

Diana Caminiti, Consigliere, Estensore

Gabriella Caprini, Consigliere

Scarica in pdf il testo della sentenza: tar napoli, sez. 5, sent. n. 7194-2018