RIFIUTI. L’autorizzazione unica regionale è titolo abilitativo edilizio per realizzare l’impianto? T.A.R. Umbria n. 680/2018.

T.A.R. Umbria, Sez. I, sent. n. 680 del 14 dicembre 2018 (ud. del 20 novembre 2018)

Pres. Potenza, Est. Carrarelli

Rifiuti. Autorizzazione unica regionale. Titolo abilitativo edilizio. Art. 208 d. lgs. n. 152/2006.
L’autorizzazione unica regionale disciplinata dall’art. 208 costituisce anche titolo abilitativo edilizio alla realizzazione dell’impianto di smaltimento o recupero di rifiuti, posto che le autonome e specifiche attribuzioni in materia spettanti all’amministrazione comunale rifluiscono nella prevista conferenza di servizi, in cui si vede coinvolta la stessa amministrazione comunale e che rappresenta luogo procedimentale di complessiva valutazione del progetto presentato. Nel provvedimento in parola sono state, cioè, riunite e concentrate dal legislatore tutte le competenze amministrative di verifica e controllo di compatibilità con le varie prescrizioni urbanistiche, di pianificazione settoriale, nonché l’accertamento dell’osservanza di ogni possibile vincolo afferente alla realizzazione dell’impianto in armonia col territorio di riferimento, dal momento che l’art. 208, comma 6, del d. lgs. n. 152/2006, assegna al provvedimento regionale conclusivo del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, ivi compresa l’eventuale variante urbanistica.

 

 

T.A.R. Umbria, Sez. I, sent. n. 680 del 14 dicembre 2018 (ud. del 20 novembre 2018)

N. 00680/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00102/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 102 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto dal Comune di Orvieto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Valentina Stefutti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lietta Calzoni in Perugia, via Bonazzi, 9;

contro

Regione Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Rita Gobbo, con domicilio eletto presso il Servizio Avvocatura regionale, in Perugia, Palazzo Ajò, c.so Vannucci, 30;
ACEA Ambiente s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pasquale Cristiano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandro Longo in Perugia, via Martiri dei Lager, 98/D;

nei confronti

Italia Nostra – Sezione Orvieto non costituita in giudizio;
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale – Arpa Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Sportoletti, con domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, via XIV Settembre, 69;

per l’annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

– della Determinazione dirigenziale 18 gennaio 2017 n.283 recante “D.lgs. 152/06 s.m.i., LR 12/10, DGR 861/11 s.m.i – procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA – Progetto di realizzazione di un nuovo fabbricato per la maturazione e lo stoccaggio del compost di qualità – Loc. Pian del Vantaggio 35/A Orvieto (TR)” – soggetto proponente SAO Servizi Ambientali Orvieto s.r.l., pubblicata sul BURU n. 5 del 1° febbraio 2017, nonché, ove occorra, del parere ARPA n. 22120 del 22 dicembre 2016, avente ad oggetto “Procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA – Progetto di realizzazione di un nuovo fabbricato per la maturazione e lo stoccaggio del compost di qualità – Località Pian Vantaggio 35/A – Comune di Orvieto (TR)”;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da COMUNE DI ORVIETO il 20 marzo 2018:

– della Determina dirigenziale n. 112 del 10 gennaio 2018, notificata a mezzo pec in data 11 gennaio 2018, recante “Acea Ambiente S.r.l. – Autorizzazione Integrata Ambientale n. 47044 del 11/08/2011-Rep 20/2011 rilasciata dalla Provincia di Terni e relativa all’impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e impianto di selezione e trattamento con relativo impianto di sfruttamento energetico del biogas prodotto da digestione anaerobica, siti in Loc. Pian del Vantaggio 35/A di Orvieto (TR) – Modifica Sostanziale A.I.A. per produzione compost di qualità con realizzazione nuovo fabbricato”, unitamente alle prescrizioni, che ne costituiscono parte integrante e sostanziale nonché, ove occorra, del Verbale della Conferenza dei servizi del 31 ottobre 2017, unitamente gli allegati, che ne costituiscono parte integrale e sostanziale;

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da COMUNE DI ORVIETO il 1° ottobre 2018:

– in partibus quibus, della Determinazione dirigenziale n. 7019 del 5 luglio 2018, unitamente al Rapporto Istruttorio Finale, che ne costituisce parte integrale e sostanziale, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Umbria, dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale – Arpa Umbria e di Acea Ambiente s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 novembre 2018 la dott.ssa Daniela Carrarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe il Comune di Orvieto, in persona del Sindaco p.t., ha chiesto l’annullamento, previa sospensione:

– della Determinazione Dirigenziale 18 gennaio 2017 n. 283 della Regione Umbria recante “D.lgs. 152/06 s.m.i., LR 12/10, DGR 861/11 s.m.i – procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA – Progetto di realizzazione di un nuovo fabbricato per la maturazione e lo stoccaggio del compost di qualità – Loc. Pian del Vantaggio 35/A Orvieto (TR)” – soggetto proponente SAO Servizi Ambientali Orvieto s.r.l., pubblicata sul BURU n. 5 del 1° febbraio 2017;

– ove occorra, del parere ARPA n. 22120 del 22 dicembre 2016, avente ad oggetto “Procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA – Progetto di realizzazione di un nuovo fabbricato per la maturazione e lo stoccaggio del compost di qualità – Località Pian Vantaggio 35/A – Comune di Orvieto (TR)”;

– ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto, e con espressa riserva di formulare motivi aggiunti.

1.2. In data 20 ottobre 2016, la Società SAO Servizi ambientali Orvieto s.r.l. del Gruppo Acea, che gestisce la discarica Le Crete nel Comune di Orvieto, presentava alla Regione Umbria una richiesta per la realizzazione di un fabbricato per la maturazione e lo stoccaggio del compost all’interno del medesimo insediamento industriale. Il progetto, consistente in un ampliamento di un complesso impiantistico autorizzato dalla Provincia di Terni con AIA 20/2011, su D.D. n. 47044 del 11 agosto 2011 ai sensi del d.lgs. n. 59 del 2005.

La Direzione Agricoltura, Ambiente, Energia, Cultura, Beni Culturali e Spettacolo della Regione Umbria, dopo aver attivato la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (c.d. screening) normativamente prevista, ha ritenuto che l’intervento “non comporta impatti significativi e negativi sull’ambiente” ed ha concluso di “disporre, conseguentemente, ai sensi dell’art. 20, comma 5, del D.Lgs.152/2006, della L.R. 12/2010 e della D.G.R. n. 1100/2014, che il progetto non debba essere sottoposto al procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA)”, subordinatamente al rispetto di una serie di prescrizioni.

1.3. Il Comune ricorrente censura la decisione regionale di non sottoporre l’intervento a procedura VIA, affermando che ciò avrebbe, tra l’altro, impedito la valutazione di raccomandazioni non vincolanti (come quelle formulate dal Servizio Pianificazione e Tutela Paesaggistica, con propria nota indirizzata alla Direzione Regionale, avuto conto dell’impatto paesaggistico dell’intervento). Il ricorrente evidenzia che l’impianto è situato in prossimità del crinale dei rilievi collinari che si affacciano sulla Valle F. Chiani, in prossimità di uliveti che producono olio extravergine d’oliva nonché all’interno dell’area di produzione dell’Orvieto DOC. L’Amministrazione comunale lamenta, altresì, l’applicazione, per quanto attiene alla verifica di assoggettabilità a VIA degli impianti di smaltimento e/o recupero di rifiuti e quindi del nuovo fabbricato, della metodologia introdotta con propria delibera di Giunta regionale dalla Regione Lombardia, a fronte dell’esistenza di una specifica disciplina regionale di riferimento di cui la l.r. 16 febbraio 2010 n. 12, nonché alle dd.gg.rr. n. 1100 del 1° settembre 2014 e n. 861 del 26 luglio 2011; ciò avrebbe falsato la valutazione della reale pressione e compromissione sulle matrici ambientali, sulla salute umana e sull’agricoltura alla luce delle peculiarità del territorio interessato, con la conseguenza che il provvedimento gravato risulterebbe non supportato da idonea istruttoria. Il Comune evidenzia che le censure mosse sono volte al riesame dell’atto finalizzato non alla conclusione in senso negativo del procedimento, bensì alla sottoposizione a VIA dell’intervento, per consentire la valutazione di tutti gli effetti diretti ed indiretti dello stesso, valutazione, che, ad avviso dell’Amministrazione comunale, sarebbe mancata.

Nello specifico, il ricorrente affida le proprie censure ai seguenti motivi in diritto:

i. violazione di legge: violazione e/o falsa applicazione della Direttiva 11/97/UE nel suo complesso nonché dell’All. III; violazione degli artt. 5, comma 1, lett. m), 6, 19, comma 1, e 20 del d.lgs. 3 aprile 2006 n.152 nonché dell’All. V alla Parte II del decreto stesso; violazione del d.m. 30 marzo 2015 n. 52 del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel suo complesso e con particolare riferimento al punto n. 4.1 dell’Allegato; violazione dell’art. 2 della l.r. 16 febbraio 2012 n. 12. Violazione del principio di obbligatoria valutazione degli effetti cumulativi; contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria;

ii. violazione dell’art. 174 del Trattato (art. 191 TFUE); violazione del principio di precauzione; violazione del principio di prevenzione del danno e della correzione in via prioritaria dei danni alla fonte; violazione dell’art. 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241;

iii. violazione di legge: violazione della l.r. 16 febbraio 2010 n. 12; violazione delle dd.gg.rr. n. 1100 del 1° settembre 2014 e n. 861 del 26 luglio 2011; illogicità, travisamento, difetto di presupposto;

iv. Violazione dell’art. 10, comma 1, lett. b), della legge 7 agosto 1990 n. 241; violazione dell’art. 12, comma 3, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152; difetto di motivazione e di istruttoria sotto ulteriore profilo.

1.4. Con ordinanza n. 74 del 2017 questo Tribunale amministrativo regionale ha respinto la richiesta di misure cautelari, “[r]itenuto, ad un sommario esame, di non poter apprezzare favorevolmente le esigenze cautelari attesa la mancata dimostrazione di un pregiudizio grave ed attuale all’ambiente derivante dal provvedimento impugnato, unitamente alla pendenza del procedimento di AIA”.

1.5. A seguito dell’emanazione della Determina n. 283/17 gravata in sede di ricorso introduttivo, la Regione Umbria ha dato avvio al procedimento di modifica sostanziale dell’Autorizzazione Integrata Ambientale n. 47044 dell’11 agosto 2011 rilasciata dalla Provincia di Terni per interventi consistenti nella realizzazione di un impianto di produzione di compost di qualità, che contemplano la realizzazione del fabbricato di cui sopra. All’esito della conferenza di servizi, in seno alla quale è stata posta come prescrizione la riduzione dell’altezza del fabbricato da 12 a 9 m., è stata adottata la Determina dirigenziale n. 112 del 10 gennaio 2018, recante “Acea Ambiente S.r.l. – Autorizzazione Integrata Ambientale n. 47044 del 11/08/2011-Rep 20/2011 rilasciata dalla Provincia di Terni e relativa all’impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e impianto di selezione e trattamento con relativo impianto di sfruttamento energetico del biogas prodotto da digestione anaerobica, siti in Loc. Pian del Vantaggio 35/A di Orvieto (TR) – Modifica Sostanziale A.I.A. per produzione compost di qualità con realizzazione nuovo fabbricato”.

1.6. Avverso tale atto il Comune di Orvieto ha proposto ricorso per motivi aggiunti, chiedendo l’annullamento Determina dirigenziale n. 112 del 10 gennaio 2018, unitamente alle prescrizioni, che ne costituiscono parte integrante e sostanziale nonché, ove occorra, del verbale della conferenza di servizi del 31 ottobre 2017, e relativi allegati, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto.

I motivi di censura sono così articolati:

i. violazione di legge; violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 3 e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380; violazione dell’art. 114 della l.r. 21 gennaio 2015 n. 1; violazione e/o falsa applicazione dell’All. IX alla Parte II del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 nonché dell’art. 208, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152; eccesso di potere sotto diversi profili, illogicità, contraddittorietà, errata applicazione di norme di legge; illogicità, travisamento; difetto di presupposto; invalidità diretta e derivata;

ii. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241; difetto di motivazione sotto diversi profili; violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152.

2. Si è costituita la Regione Umbria, chiedendo il rigetto del ricorso e dei successivi motivi aggiunti perché inammissibili e infondati nel merito. La Regione eccepisce, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto, da un lato, l’annullamento della determina dirigenziale impugnata sarebbe esclusivamente di ostacolo alla realizzazione del fabbricato oggetto del progetto, senza in alcun modo incidere sull’ esercizio dell’attività già in essere ed autorizzata alla SAO Servizi ambientali Orvieto s.r.l. con altri provvedimenti. D’altro canto, il Comune avrebbe dovuto dedurre in sede di conferenza di servizi il dissenso e la ragione dello stesso, mentre nel caso di specie si è limitato a rilasciare la dichiarazione di compatibilità urbanistica del progetto, risultando lo stesso conforme al P.R.G. vigente e non ricompreso nelle aree di cui all’art. 10, comma 2, lett. b), della l.r. n. 12 del 2010. La difesa regionale sostiene, poi, l’infondatezza delle censure avverse, con argomentazioni che possono essere sintetizzate come segue:

– l’intervento de quo rappresenterebbe una modifica ad un progetto già autorizzato e sottoposto a VIA; il nuovo intervento prevede la realizzazione di un nuovo fabbricato finalizzato ad ottimizzare gli spazi complessivi dell’impianto destinato alla produzione del compost di qualità, lasciando invariata la potenzialità complessiva di trattamento attualmente autorizzata per l’impianto, pari a 80.000 ton/anno complessive tra frazione organica e verde da raccolta differenziata e frazione organica separata meccanicamente;

– l’intervento rientrerebbe nelle ipotesi nell’Allegato IV alla Parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006 alla categoria progettuale punto 8, lett. t): “Modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato III o all’allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente”, in cui la modifica od estensione attiene alla categoria progettuale punto 7, lett. zb) “Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all’allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” dell’Allegato IV alla Parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006;

– la Regione avrebbe correttamente sottoposto il progetto de quo a screening, rispettando termini e procedure previste dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale dettata in materia, al fine di valutare la necessità o meno di procedere alla valutazione di impatto; all’esito di tale valutazione non è risultata necessaria la sottoposizione del progetto a VIA;

– mancando il presupposto del pericolo per la salute e per l’ambiente, anche in forma di mera probabilità, contrariamente a quanto assume controparte, non sarebbe possibile configurare alcuna violazione ai principi di precauzione e prevenzione;

– la zona non è agricola essendo qualificata come “zona F2 a servizi generali ed impianti tecnologici territoriali”;

– contrariamente a quanto affermato dalla parte ricorrente, le osservazioni presentate dalle associazioni ambientaliste sono state valutate, ed erano state trasmesse assieme alla convocazione per la conferenza di servizi del 19 dicembre 2016;

– in merito all’utilizzo della metodologia in vigore nella Regione Lombardia, si afferma che, in considerazione dell’alto grado di tecnicità, la stessa è assolutamente valida anche per il territorio in oggetto e non contrasta con la disciplina umbra.

3. Si è costituita la ACEA Ambiente s.r.l. (di seguito anche ACEA) – che ha assorbito a seguito di fusione per incorporazione la SAO Servizi Ambientali Orvieto s.r.l, (atto notarile del 14 dicembre 2016) – dapprima con costituzione formale e poi con memoria illustrativa, contestando le prospettazioni avversarie e concludendo per la reiezione del ricorso. Preliminarmente, si eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e di legittimazione attiva del Comune di Orvieto, in quanto il ricorso sarebbe diretto al mero ripristino della legalità violata, senza che vi sia un interesse attuale e concreto all’impugnativa. Nel merito l’ACEA, nega che ci sia stata una frammentazione artificiosa del progetto ed evidenzia la conformità urbanistica dell’opera attestata dallo stesso Comune ricorrente, non rilevando in tale sede la vicinanza dell’impianto alla zona di produzione dell’Orvieto DOC. Si contesta il richiamo al principio di precauzione, in quanto nel caso di specie non vi è incertezza sulla portata dei rischi, già valutati in sede di VIA per l’autorizzazione dell’impianto. Sull’applicazione del “metodo lombardo” – espressamente riconosciuto come valido da ARPA Umbria – si eccepisce inammissibilità delle censure per genericità: ancorché parte ricorrente censurando il suddetto parere tecnico, non addurrebbe alcuna ragione – tecnica o giuridica – idonea a sostenere l’erroneità delle risultanza del metodo lombardo ed i diversi risultati che sarebbero stati, invece, conseguiti con il metodo umbro.

Per quanto attiene ai motivi aggiunti, dopo averne eccepito l’inammissibilità in ragione della condotta procedimentale tenuta dal Comune di Orvieto in sede di conferenza di servizi, la difesa di ACEA evidenzia, in particolare, che il provvedimento AIA costituisce anche titolo edilizio sostituendo, in virtù del richiamo di cui al punto 3 dell’All. IX alla Parte II del d.lgs. n. 152 del 2006, l’“Autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (articoli 208 e 210)” costituente titolo per “realizzare e gestire” (comma 1) e, dunque, anche titolo edilizio per la realizzazione dell’impianto.

4. Si è costituita l’ARPA Umbria, chiedendo che il ricorso sia respinto e contestando nel merito le censure mosse al proprio parere, del quale ribadisce la natura endoprocedimentale. Evidenzia, in particolare, la genericità delle censure riferite all’utilizzo del protocollo lombardo; parte ricorrente non indica nessuna specifica violazione delle norme contenute nella l.r. n. 12 del 2010, limitandosi ad affermare che si sarebbe omesso di dare applicazione alla d.g.r. n. 861/2011 ed in particolare al suo allegato B, contenente le “specificazioni tecniche e procedurali in materia di valutazione di impatto ambientale”. Osserva, inoltre, ARPA che la d.g.r. lombarda è stata ritenuta nella fattispecie un riferimento tecnico utile, poiché ha ad oggetto specificamente l’espletamento della verifica di assoggettabilità alla VIA per gli impianti di smaltimento e/o recupero dei rifiuti e, proprio in quanto maggiormente specifica, la sua applicazione non contraddice in nulla le più generali previsioni della delibera umbra, riferite al generico procedimento di cd. screening. ARPA Umbria sottolinea che il metodo previsto dalla delibera lombarda è stato definito in conformità ai criteri stabiliti dall’all. V alla parte II del d.lgs. n. 152 del 2006, dovendosi pertanto ritenere come valido sull’intero territorio nazionale, e che gli indicatori di pressione specifici che caratterizzano il progetto previsti dalla metodologia sono stati desunti dalla normativa tecnica di settore validata a livello internazionale, mentre la differenziazione sito-specifico delle componenti di impatto dipende dai quadri informativi ambientali locali impiegati dal proponente. Contrariamente a quanto asserito da parte ricorrente, lo studio preliminare ambientale redatto dalla SAO s.r.l. ed esaminato da ARPA riportava tutti gli elementi previsti dal citato all. V, sulla base dei quali l’Agenzia è stata in grado di redigere il parere di propria competenza; pertanto, si afferma, i contenuti e le conclusioni di detto parere sarebbero stati esattamente gli stessi, anche qualora il proponente non avesse applicato il metodo di cui alla d.g.r. 10 febbraio 2010 n. 8/11317 della Regione Lombardia.

La difesa di ARPA Umbria, infine, evidenzia che il progetto esaminato prevede interventi di miglioramento rispetto alla situazione attuale, in quanto tutte le operazioni di stoccaggio e maturazione del compost saranno effettuate in ambiente chiuso, dotato di sistema di aspirazione delle arie esauste e di presidi ambientali finalizzati alla riduzione ed al controllo degli odori con sistemi di abbattimento tramite biofiltro. A parità di potenzialità di trattamento attualmente autorizzata, si prevede un miglioramento delle prestazioni del processo di compostaggio grazie all’incremento della superficie disponibile per la fase di maturazione del compost, incremento che garantisce maggiore affidabilità circa le caratteristiche finali del prodotto.

5. Non è costituita la controinteressata Italia Nostra Onlus – sez. di Orvieto.

6. All’udienza pubblica del 10 luglio 2018, a fronte dell’emanazione della D.D. 7019 del 5 luglio 2018, avente ad oggetto: “Acea Ambiente S.r.l. – Impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e impianto di selezione e trattamento con relativo impianto di sfruttamento energetico del biogas prodotto da digestione anaerobica, sito in Loc. Pian del Vantaggio 35/A di Orvieto (TR). Modifica Sostanziale A.I.A. per Adeguamento morfologico del sito ed ottimizzazione dei volumi e del capping sommatale”, su concorde richiesta delle parti, la causa è state rinviata per il merito al 20.11.2018.

7. Il Comune di Orvieto ha proposto ricorso per secondi motivi aggiunti, volto all’annullamento della D.D. n. 7019/2018 unitamente al Rapporto Istruttorio Finale, richiamando gli stessi due motivi di diritto posti a sostegno del ricorso per primi motivi aggiunti, sul presupposto di un’asserita invalidità derivata, ed aggiungendo un terzo motivo, rappresentato da “Violazione di legge. Violazione e/o falsa applicazione degli artt.5 comma 1 lett. 1-bis e 29-nonies, commi 1,2 e 3 del D-lgs.3 aprile 2006 n. 152”, per non aver rilevato la natura sostanziale delle modifiche richieste con l’istanza del 14 giugno 2018.

8. Le parti hanno depositato ulteriori memorie e repliche in vista dell’udienza pubblica.

8.1. La Regione Umbria, nel richiamare le difese già svolte, ha argomentato nel merito dell’infondatezza anche del terzo motivo, l’unico autonomamente riferito al provvedimento gravato con il secondo atto di motivi aggiunti. Il Comune, al riguardo, avrebbe pretestuosamente confuso due diversi interventi, associando erroneamente l’area per lo stoccaggio del rifiuto cosiddetto “verde” (oggetto di istanza di modifica non sostanziale nell’ambito del procedimento di modifica dell’AIA) con il capannone autorizzato con D.D. n. 112/2008 e per il quale si asserisce l’assenza del permesso di costruire. L’area per lo stoccaggio del “verde” ricadrebbe nel capannone già autorizzato e realizzato – sin dal 2011 e mai oggetto di contestazione da parte del Comune di Orvieto – ed adibito al trattamento dei rifiuti con processo di compostaggio e recupero energetico. Al riguardo la stessa conferenza di servizi decisoria del 13 giugno 2018 – presente il Comune di Orvieto – stabiliva che “Con riferimento al Capitolo 4 della nota Acea Ambiente (prot. n.121256 del 13/06/2018) in merito alla richiesta di utilizzo dell’area ricezione RSU anche per il conferimento del verde, la conferenza stabilisce che il Gestore potrà presentare separata istanza”, poi valutata dall’Autorità Competente secondo il disposto di cui all’art. 29 nonies, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006; l’intervento non rientrerebbe nell’ambito delle modifiche sostanziali ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. 1 bis, d.lgs. n. 152 del 2006.

8.2. L’ACEA Ambiente s.r.l. ha eccepito, in particolare, l’inammissibilità per difetto di legittimazione dell’impugnativa della D.D. n. 7019/2018 avendo il Comune partecipato alla conferenza di servizi decisoria che ha approvato all’unanimità il Rapporto istruttorio finale, che prevede, tra l’altro, la realizzazione del fabbricato in questione. Da ciò discenderebbe l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse tanto del primo atto di motivi aggiunti – in quanto assorbito dalla D.D. n. 7019/2018 – che del ricorso introduttivo avente ad oggetto il provvedimento della Regione Umbria di esclusione della procedura di VIA del progetto relativo al fabbricato. La società argomenta, poi, circa l’infondatezza nel merito delle singole censure, richiamando anche i precedenti scritti.

8.3. Il Comune di Orvieto ha replicato, ribadendo le proprie argomentazioni; in particolare, la difesa comunale afferma che non si sarebbe configurato un assenso in seno all’ultima conferenza di servizi perché i rappresentanti comunali hanno lasciato la conferenza del 13 giugno 2018 prima dell’approvazione del Rapporto istruttorio e perché il silenzio assenso non si applicherebbe nella materia de qua ai sensi dell’art. 17 bis l. n. 241 del 1990.

9. All’udienza pubblica del 6 novembre 2018, uditi per le parti i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.

10. È materia del contendere la legittimità dei provvedimenti riguardanti il progetto di realizzazione di un nuovo fabbricato per la maturazione e lo stoccaggio del compost di qualità nell’ambito della discarica Le Crete, sita in località Pian del Vantaggio nel Comune di Orvieto.

11. Quanto al ricorso introduttivo, ritiene il Collegio per ragioni di economia processuale (C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5) di poter prescindere dall’esame delle eccezioni in rito sollevate in giudizio, essendo il ricorso infondato nel merito per i motivi di seguito esposti.

11.1. Con il primo motivo di ricorso, l’Amministrazione comunale censura la decisione della Regione Umbria di non sottoporre a VIA il progetto sopra descritto, in asserita violazione della normativa comunitaria e nazionale, nonché in violazione del principio di obbligatoria valutazione degli effetti cumulativi; parte ricorrente lamenta, altresì, la contraddittorietà e il difetto di motivazione e di istruttoria.

L’intervento è stato sottoposto a procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA in quanto rientrante nelle ipotesi nell’Allegato IV alla Parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006 alla categoria progettuale punto 8, lettera t): “Modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato III o all’allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente”, in cui la modifica od estensione attiene alla categoria progettuale punto 7, lett. zb) “Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all’allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” dell’Allegato IV alla Parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006.

L’Amministrazione ricorrente afferma che l’impatto della struttura sarebbe stato valutato tramite una parcellizzazione dello stesso, non inserito nel contesto in cui la struttura stessa dovrà essere realizzata; tale ricostruzione non appare condivisibile.

Per quanto concerne la qualificazione dell’intervento oggetto D.D. n. 283 del 18 gennaio 2017, il Collegio non ritiene di doversi discostare da quanto già affermato da questo Tribunale amministrativo regionale, seppur in fase cautelare, ove è stato riconosciuto che il fabbricato in contestazione non può essere fatto rientrare tra quei progetti per i quali l’art. 4 della Direttiva 2011/92/UE richiede la sottoposizione a VIA, trattandosi invero di “un’appendice funzionale dell’impianto di trattamento rifiuti e compostaggio di qualità da poco tempo oggetto di revamping, all’interno del quale si prevede di incrementare gli spazi già destinati al recupero della frazione organica e del verde da raccolta differenziata per la produzione di compost di qualità (TAR Umbria, ord. 5 aprile 2017, n. 58). Dagli atti di causa emerge, infatti, che l’intervento in oggetto rappresenta una modifica ad un progetto già autorizzato e sottoposto a VIA, consistente nella realizzazione di un nuovo fabbricato finalizzato ad ottimizzare gli spazi complessivi dell’impianto destinato alla produzione del compost di qualità, che lascia invariata la potenzialità complessiva di trattamento attualmente autorizzata per l’impianto.

Parte ricorrente stigmatizza, inoltre, la mancata considerazione delle peculiarità del territori, con particolare riferimento alle colture di pregio presenti nei dintorni, con particolare riferimento all’Orvieto DOC. Va rilevata l’inconferenza del richiamo all’art. 21 del d.lgs. n. 228 del 2001, in quanto tale normativa, a tutela di territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, affida anche agli enti locali:

a. la definizione dei criteri per l’individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti;

b. l’adozione dei piani territoriali di coordinamento e l’individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti.

Si tratta di previsioni che attengono, pertanto, alla fase pianificatoria volta ad individuare le aree non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero di rifiuti in aree che presentino caratteristiche di particolare qualità e tipicità. Nel caso di specie, tuttavia, la scelta pianificatoria era già stata fatta a monte; lo stesso Comune ha, infatti, affermato la conformità urbanistica dell’intervento, avendo, inoltre, in passato già consentito la realizzazione dell’impianto e della discarica.

Da quanto esposto discende l’infondatezza della prima censura.

11.2. Né vale, in questo caso, invocare, come fa parte ricorrente con il secondo motivo di ricorso, il principio comunitario di precauzione (art. 191 par. 2, Trattato U.E.) che fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente, facendo prevalere la protezione di tali valori sugli interessi economici, indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano. Come ricordato dalla stessa parte ricorrente, il principio di precauzione implica che quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi (C.d.S., sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392); nel caso di specie, tuttavia, non vi è incertezza sull’esistenza o sulla portata dei rischi per la salute, già valutati in sede di VIA per l’autorizzazione dell’impianto.

Il principio di precauzione, inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata e già condivisa anche da questo Tribunale amministrativo regionale, “non può legittimare un’interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a migliorare l’ambiente in tutti i casi in cui difetti il requisito della stretta necessità” (C.d.S., sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6250; TAR Umbria, 23 marzo 2016, n. 266). Nel caso in esame, la normativa di settore prevede lo screening, che è stato correttamente effettuato dall’Amministrazione che, all’esito della valutazione circa la possibilità di impatto significativo o negativo sull’ambiente, ha dedotto che il progetto non andasse sottoposto a VIA.

11.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta l’utilizzo per la verifica di assoggettabilità a VIA degli impianti di smaltimento e/o recupero di rifiuti e quindi del nuovo fabbricato, della metodologia introdotta dalla d.g.r. della Regione Lombardia n. 8/11317 recante “Metodo per l’espletamento della verifica di assoggettabilità alla V.I.A. per gli impianti di smaltimento e/o recupero dei rifiuti”, in asserita violazione della l.r. 16 febbraio 2010 n. 12 e delle dd.gg.rr. n. 1100 del 1° settembre 2014 e 861 del 26 luglio 2011. L’Amministrazione ricorrente, pur non revocando in dubbio la validità della metodologia in sé, ne contesta l’inidoneità al caso di specie, in quanto elaborata per un contesto ambientale differente.

Il motivo non è meritevole di accoglimento, in primo luogo, per la genericità delle censure mosse; il ricorrente, che non contesta nel merito la validità tecnica della metodologia utilizzata, da un lato, non individua i punti di contrasto con la disciplina umbra, né indica quali specifiche previsioni del richiamato all. B alla d.g.r. n. 861/2011 sarebbero state violate o disattese, e, dall’altro, non dimostra i differenti esiti ai quali avrebbe potuto condurre una valutazione effettuata con esclusivo riferimento alla disciplina umbra.

11.4. Deve essere, infine, disatteso anche l’ultimo motivo di censura, che postula la violazione dell’art. 10, comma 1, lett. b), della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 n. 152, nonché il difetto di motivazione e di istruttoria, per mancata valutazione delle osservazioni presentate dalle associazioni ambientaliste.

Emerge dagli atti di causa che le osservazioni pervenute sono state inviate dal Servizio Valutazioni Ambientali della Regione Umbria in allegato alla convocazione della conferenza istruttoria per il giorno 19 dicembre 2016, sollecitando i soggetti invitati a considerarne i contenuti nell’ambito delle valutazioni istruttorie di propria competenza. Di tale valutazione si dà atto, seppur succintamente, nell’ambito dell’istruttoria predisposta dal Servizio geologico e gestione delle competenze regionali in materia di acque pubbliche.

D’altronde, per giurisprudenza consolidata, non sussiste a carico dell’Amministrazione alcun particolare onere di adottare una stringente motivazione a sostegno del rigetto delle osservazioni acquisite al procedimento e tenute presenti dalla stessa ai fini del processo decisionale, essendo sufficiente essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali (cfr. ex multis C.d.S., sez. IV, 28 ottobre 2013, n. 5189; TAR Umbria, 4 ottobre 2018, n. 565).

12. Passando all’esame dei ricorsi per motivi aggiunti, deve essere preliminarmente affermata l’improcedibilità del primo ricorso per motivi aggiunti, in quanto l’atto impugnato, la DD n. 112 del 10 gennaio 2018, è stato sostituito dalla successiva D.D. n. 7019 del 5 luglio 2018, avente ad oggetto “Acea Ambiente S.r.l. – Impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e impianto di selezione e trattamento con relativo impianto di sfruttamento energetico del biogas prodotto da digestione anaerobica, sito in Loc. Pian del Vantaggio 35/A di Orvieto (TR). Modifica Sostanziale A.I.A. per Adeguamento morfologico del sito ed ottimizzazione dei volumi e del capping sommatale”. Difatti, come espressamente affermato a pagina 6 del Rapporto Istruttorio Finale, che di tale ultima Determina Dirigenziale costituisce parte integrante e sostanziale, tra le autorizzazioni sostituite dall’Autorizzazione Integrata Ambientale, nella specie oggetto di aggiornamento, vi è anche la DD n. 112 del 10 gennaio 2018.

12.1. In merito al secondo ricorso per motivi aggiunti, con il quale è gravata la citata D.D. n. 7019 del 5 luglio 2018, deve trovare accoglimento l’eccezione di inammissibilità formulata negli scritti difensivi. Emerge, infatti, dagli atti versati in giudizio che il Comune di Orvieto ha partecipato alla conferenza di servizi decisoria relativa alla determinazione regionale impugnata – in particolare alla riunione del 13 giugno 2018 – conclusasi con l’approvazione all’unanimità.

Stabilisce l’art. 14 ter, comma 3, della l. n. 241 del 1990 che nella conferenza di servizi “Ciascun ente o amministrazione convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell’amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell’assenso”, il successivo comma 7 chiarisce che “[s]i considera acquisito l’assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza”. Le disposizioni citate sono, quindi, chiare nel prevedere che le Amministrazioni convocate devono esprimere il proprio eventuale dissenso, a pena di inammissibilità, motivatamente e all’interno della conferenza di servizi; ne consegue che non può ritenersi ammissibile l’impugnazione di un provvedimento, adottato in attuazione della decisione della conferenza di servizi, da parte di un’Amministrazione che in sede di conferenza aveva reso parere favorevole (non avendo formalizzato il suo dissenso) sullo specifico punto che viene posto a fondamento dell’attuale impugnazione.

Né può essere considerata rilevante, alla luce del disposto del citato comma 7 dell’art. 14 ter l. n. 241 del 1990, la circostanza che i rappresentanti comunali siano stati presenti solo alla prima parte della riunione, sia perché non risulta motivata in atti la loro successiva assenza, sia perché non emerge dagli atti la motivata opposizione comunale all’approvazione finale ai sensi ed, infine, perché tra le questioni che il Comune ha evidenziato in quella sede non ci sono quelle oggetto del presente contenzioso.

Allo stesso modo non appare pertinente il richiamo al comma 3 dell’art. 17 bis l. n. 241 del 1990 onde negare l’applicabilità del silenzio assenso nella materia de qua; la disposizione richiamata, infatti, non trova applicazione nell’ambito della specifica disciplina della conferenza di servizi disciplinata degli artt. 14 e ss. della stessa l. n. 241 del 1990. In questo ambito, infatti, la peculiarità di talune materie sensibili – ambiente, territorio, paesaggio, beni culturali e salute – è stata tutelata dal Legislatore con la diversa previsione di un termine maggiore per la conclusione della conferenza (art. 14 ter, comma 3, l. n. 241 del 1990) e con la previsione di particolari rimedi avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza riconosciuti alle Amministrazioni che tutelano tali interessi (art. 14 quinquies, l. n. 241 del 1990).

12.2. Fermo quanto sopra, il Collegio osserva che sarebbe risultata comunque infondata la censura – avanzata dall’Amministrazione comunale con entrambi i ricorsi per motivi aggiunti – relativa al mancato rilascio del titolo edilizio per la realizzazione dell’intervento in oggetto.

Ferma restando la necessità di tenere distinti i profili urbanistici – di cui alla già citata dichiarazione di conformità rilasciata dall’Amministrazione comunale – da quelli edilizi, nel caso in esame deve essere dato opportuno rilievo alla peculiarità della normativa applicabile. Il provvedimento di Autorizzazione integrata ambientale (AIA) di cui all’art. 213 del d.lgs. n. 152 del 2006, infatti, costituisce anche titolo edilizio sostituendo, in virtù del richiamo di cui al punto 3 dell’All. IX alla Parte II del citato d.lgs. n. 152 del 2006, l’“Autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (articoli 208 e 210)” che, a sua volta, ai senti dell’art. 208 d.lgs. n. 152 del 2006 costituisce titolo per “realizzare e gestire” e, dunque secondo una interpretazione giurisprudenziale che si ritiene di condividere, anche titolo edilizio per la realizzazione dell’impianto. La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, chiarito che “[l]’autorizzazione unica regionale disciplinata dall’art. 208 costituisce anche titolo abilitativo edilizio alla realizzazione dell’impianto di smaltimento o recupero di rifiuti, posto che le autonome e specifiche attribuzioni in materia spettanti all’amministrazione comunale rifluiscono nella prevista conferenza di servizi, in cui si vede coinvolta la stessa amministrazione comunale e che rappresenta luogo procedimentale di complessiva valutazione del progetto presentato. Nel provvedimento in parola sono state, cioè, riunite e concentrate dal legislatore tutte le competenze amministrative di verifica e controllo di compatibilità con le varie prescrizioni urbanistiche, di pianificazione settoriale, nonché l’accertamento dell’osservanza di ogni possibile vincolo afferente alla realizzazione dell’impianto in armonia col territorio di riferimento, dal momento che l’art. 208, comma 6, del d.lgs. n. 152/2006, assegna al provvedimento regionale conclusivo del procedimento una funzione sostitutiva di tutti gli atti e provvedimenti ordinariamente di competenza di altre autorità territoriali, ivi compresa l’eventuale variante urbanistica” (C.G.A., sez. I, 21 maggio 2018, n. 295).

13. Per i suesposti motivi, il ricorso introduttivo deve essere respinto, il primo ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), cod. proc. amm., ed il secondo ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile ai sensi della lett. b) del citato art. 35, comma 1, cod. proc. amm.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate secondo il dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui successivi motivi aggiunti:

a) respinge il ricorso introduttivo;

b) dichiara l’improcedibilità del primo ricorso per motivi aggiunti;

c) dichiara l’inammissibilità del secondo ricorso per motivi aggiunti.

Condanna l’Amministrazione ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore della Regione Umbria, di ARPA Umbria e di ACEA Ambiente s.r.l., in misura di euro 1.500,00 (millecinquecento/00) ciascuno, oltre accessori di legge. Nulla per la controinteressata non costituita.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Potenza, Presidente

Paolo Amovilli, Consigliere

Daniela Carrarelli, Referendario, Estensore

Scarica in pdf il testo della sentenza: t.a.r. umbria, sez. I, sent. n. 680-2018