Rifiuti. Competenza del Sindaco all’emanazione delle ordinanze di rimozione di rifiuti, principio di specialità. Consiglio di Stato.

Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 4230 del 6 settembre 2017 (ud. del 27 giugno 2017)

Pres. Caringella, Est. Ravella

Rifiuti. Competenza del sindaco ad emanare le ordinanze in materia di rimozione di rifiuti. Individuazione delle competenze tra Sindaco e Dirigente. Principio di specialità. Giurisprudenza. Art. 192 d. lgs. n. 152/2006.

L’art. 192, comma 3, del d. lgs. n. 152/2006, è una disposizione speciale sopravvenuta rispetto all’art. 107, comma 5, del d. lgs. n. 267/2000, ed attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti previste dal comma 2. La disposizione sopravvenuta prevale sul disposto dell’art. 107, comma 5, del d. lgs. n. 267/2000 (Cons. Stato, V, 29/08/2012, n. 4635; id., 12/06/2009, n. 3765; id., 10/03/2009, n. 1296; id., 25/08/2008, n. 4061). Sicché, il principio di specialità, prevale sul principio ordinario di successione cronologica delle norme, le disposizioni posteriori non comportano l’abrogazione delle precedenti, ove queste ultime disciplinano diversamente la stessa materia in un campo particolare. (Con. Satto, Sez. VI, sentenza n. 1199 del 23/3/2016). In definitiva, la volontà del legislatore va ricostruita nel senso di affermare la competenza del sindaco ad emanare le ordinanze in materia di rimozione di rifiuti, ex art. 14 d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (decreto Ronchi), anche successivamente all’entrata in vigore del d. lgs.18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) e fino all’entrata in vigore del il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice ambientale), che ha ribadito tale competenza.
 

 

Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 4230 del 6 settembre 2017 (ud. del 27 giugno 2017)

N. 04230/2017REG.PROV.COLL.

N. 01151/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1151 del 2008, proposto da:

Anas Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Federico Bucci, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via S. Maria Mediatrice, 1;

contro

Comune di Rivello, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Galdi, con domicilio eletto presso lo studio Alfonso Ferraioli in Roma, via Ugo De Carolis, 86;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. BASILICATA – POTENZA n. 00621/2007, resa tra le parti, concernente ordine di rimozione rifiuti lungo tratto autostradale

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il Cons. Daniele Ravenna e udito per le parti il solo avvocato Mario Arpino su delega dell’avvocato Federico Bucci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’ANAS s.p.a. impugna la sentenza in epigrafe, che ha respinto il ricorso, presentato dalla medesima società, per l’annullamento dell’ordinanza n. 38 del 23 maggio 2005, emanata dal Responsabile del Servizio-Ufficio polizia municipale del Comune di Rivello (PZ), con cui ha ordinato ad ANAS e a due imprese di rimuovere i rifiuti abbandonati lungo l’autostrada A3.

ANAS adduce a sostegno dell’impugnazione i seguenti motivi:

1. Nullità della sentenza di primo grado. La sentenza sarebbe nulla perché farebbe più volte riferimento a una ordinanza n. 71/2005, a diverso organo emittente e diverso tratto di autostrada interessato, estraneo al Comune di Rivello, e non – come indicato nell’originario ricorso di ANAS – all’ordinanza n. 38 del 23 maggio 2005, riferita al tratto autostradale dal km. 130+200 al km. 131+850.

2. Violazione e/o falsa applicazione degli art. 50, 54 e 107 d. lgs. 267/00, dell’art. 14 d. lgs. 22/97, ora art. 192 d. lgs. 152/06, e della legge costituzionale n. 3/01: incompetenza del Responsabile del settore. Il TAR avrebbe erroneamente riconosciuto la competenza del Dirigente e non del Sindaco.

3. Violazione o falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. Il TAR avrebbe erroneamente considerato l’ordinanza comunale come un atto vincolato, che non avrebbe potuto avere un diverso contenuto, traendone la deduzione parimenti errata della esclusione dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento.

4. Violazione o falsa applicazione dell’art. 14, comma 3, d. lgs. n. 22/97 e/o dell’art. 192 d. lgs. 152/06: difetto di legittimazione passiva dell’ANAS. Erroneamente il TAR avrebbe attribuito ad ANAS la titolarità di diritti personali di godimento sull’area in esame, ritenendo quindi che la società potesse essere destinataria dell’ordine di rimozione di rifiuti.

5. Violazione o falsa applicazione dell’art. 14, comma 3, d. lgs. n. 22/97 e/o dell’art. 192 d. lgs. 152/06 sotto altro profilo. In ogni caso, non sarebbe riscontrabile una condotta dolosa o colposa da parte di ANAS, né sarebbero applicabili alla fattispecie il codice della strada e gli obblighi di manutenzione da questo previsti.

6. Violazione o falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/90. Avrebbe errato il TAR ritenendo sufficiente motivazione del provvedimento la mera imputazione a titolo colposo della responsabilità dell’ANAS.

Si è costituito il Comune di Rivello, che in una memoria ha argomentato per la inammissibilità e infondatezza dell’appello adducendo le seguenti motivazioni:

1. Il ricorso sarebbe inammissibile per omessa impugnazione di un atto presupposto (il verbale del Corpo Forestale, che ha individuato puntualmente i fatti, i responsabili e le misure sanzionatorie da adottare), atto che è stato espressamente richiamato dall’ordinanza impugnata, che vi si è conformata.

2. L’appello sarebbe comunque infondato nel merito. Sarebbe accertato che i rifiuti fossero di ANAS. Inoltre la società, in quanto concessionaria, andrebbe ricompresa fra i titolari di diritti personali di godimento di cui all’art. 14 del Codice della strada e dell’art. 14 del d. lgs. 22/97. Alla fattispecie dovrebbe applicarsi l’art. 14 del Codice della strada, da considerare norma speciale rispetto alle citate norme ambientali. Sulla committente ANAS sarebbe comunque gravato l’obbligo di vigilanza sugli appaltatori.

3. Non sussisterebbero i lamentati vizi di incompetenza nell’emanazione dell’ordinanza, alla luce di quanto disposto dall’art. 107, comma 5, TUEL, né di carenza di motivazione, atteso che l’ordinanza fa rinvio per relationem al richiamato verbale del Corpo Forestale, né di omessa comunicazione di avvio del procedimento, essendo in effetti intervenuta una comunicazione. E comunque rettamente il TAR avrebbe riconosciuto il carattere vincolato dell’ordinanza. Infine gli errati riferimenti all’ordinanza contenuti in taluni passi della sentenza, peraltro corretti nelle pagine successive, configurerebbero una svista evidente ictu oculi e non andrebbero a inficiare il ragionamento svolto dal Giudice di primo grado.

Con successiva memoria, depositata il 24 maggio 2017, ANAS ribadisce le proprie argomentazioni con ampi riferimenti alla giurisprudenza di questo Consiglio.

All’udienza del 27 giugno 2017 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado avanzata dall’Amministrazione resistente, per mancata impugnazione di atto presupposto. Il Collegio, sulla scorta di recente precedente relativo a fattispecie analoga occorsa fra le medesime parti (Sez. V, sentenza n. 57 dell’11 gennaio 2016), ritiene che l’eccezione vada respinta, poiché il verbale del Corpo Forestale dello Sato costituisce null’altro che la denuncia che ha attivato l’esercizio del potere comunale: esso, quale atto meramente istruttorio e di informazione dei fatti accaduti, non ha un carattere autonomamente lesivo della sfera giuridica dell’appellante.

Va per converso rigettato il rilievo circa la nullità della sentenza impugnata avanzato dalla società appellante. L’erroneo riferimento, contenuto in taluni passi della sentenza appellata, ad altra ordinanza (avente contenuto analogo a quella impugnata nel presente giudizio ed oggetto di separato giudizio avanti questo Consiglio evocato dalla medesima società) configura una mera svista materiale, peraltro corretta in passi successivi della sentenza, rilevabile ictu oculi e tale da non inficiare in alcun modo la ricostruzione del procedimento logico seguito dal Giudice di primo grado.

Assume quindi rilevanza centrale e dirimente la questione della competenza a emanare l’ordinanza impugnata, se del Sindaco (come vorrebbe la società appellante, per dedurne l’illegittimità del provvedimento) o del Dirigente comunale (secondo l’Amministrazione resistente). In materia, si sono succedute nel tempo diverse disposizioni ritenute dalla giurisprudenza applicabili alla fattispecie del potere di ordinanza in materia di rimozione dei rifiuti:

– il d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, “Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio” (cd. decreto Ronchi), che all’art. 14, recante il divieto di abbandono di rifiuti e l’obbligo di procedere alla rimozione, prevede (comma 3, secondo periodo) che “Il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere”;

– il d. lgs.18 agosto 2000, n. 267, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” –TUEL, che all’art. 107, comma 5, prevede che a decorrere dalla data di entrata in vigore del testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III (fra cui il sindaco) l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, “si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti”;

– il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale” (cd. codice ambientale) che all’art. 192, comma 3, secondo periodo, riproduce testualmente la disposizione richiamata del decreto Ronchi e dunque ribadisce la competenza sindacale.

Quanto ai precedenti, da una parte questo Consiglio ha considerato che – con riferimento a un provvedimento del 2003 (dunque dopo l’entrata in vigore del TUEL e prima di quella del codice ambientale) – alla luce della norma generale del TUEL, “trattandosi di un atto di gestione (più precisamente di un provvedimento sanzionatorio), l’adozione dell’ordine di rimozione dei rifiuti e di ripristino dello stato dei luoghi rientra nella competenza del dirigente comunale e non del sindaco” (Sez. V, sent. n. 5288 del 15 dicembre 2016).

Peraltro, in una controversia fra le medesime parti del presente giudizio ed avente ad oggetto una ordinanza del 2007 (dunque dopo l’entrata in vigore del codice ambientale) analoga a quella ora in discussione, questo Consiglio ha statuito che: “Per la pacifica giurisprudenza di questa Sezione, l’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006, è una disposizione speciale sopravvenuta rispetto all’art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000, ed attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti previste dal comma 2. La disposizione sopravvenuta prevale sul disposto dell’art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000 (Cons. Stato, V, 29 agosto 2012, n. 4635; id., 12 giugno 2009, n. 3765; id., 10 marzo 2009, n. 1296; id., 25 agosto 2008, n. 4061).”

La emanazione dell’ordinanza de qua (23 maggio 2005) si colloca temporalmente fra l’entrata in vigore del TUEL e quella del codice ambientale.

Posto quindi che pacificamente, prima della entrata in vigore del TUEL e dopo quella del codice ambientale, la competenza all’emanazione delle ordinanze in questione spetta al sindaco, occorre rispondere al quesito se nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore delle due fonti normative la competenza fosse trasferita al dirigente.

Al riguardo, e in parziale riforma degli orientamenti precedentemente assunti, rilevano talune considerazioni di ordine sistematico:

– il codice ambientale, alla Parte Quarta, riproduce nella sostanza, salvo adattamenti e integrazioni per coordinamento con normative sopraggiunte, il decreto Ronchi, di cui dispone conseguentemente l’abrogazione;

– in particolare, l’art. 192 del codice ambientale riproduce l’art. 14 del decreto Ronchi pressoché testualmente, peraltro introducendovi due aggiornamenti relativi all’obbligo di accertamenti da parte dei soggetti preposti al controllo e di contraddittorio con i soggetti interessati, oltre che il richiamo al d. lgs. n. 231 del 2001sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, ma ribadendo la competenza del sindaco a emanare l’ordinanza per la rimozione dei rifiuti (mentre sarebbe stato ragionevole attendersi la indicazione della competenza dirigenziale, ove il legislatore del codice ambientale avesse inteso tener conto di – e conformarsi a – quanto previsto dal TUEL);

– a ciò si può aggiungere che l’art.264, comma 1, lettera i), del codice ambientale, nel disporre la abrogazione esplicita del decreto Ronchi, reca altresì una norma in materia di provvedimenti attuativi, al dichiarato “fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto”, a testimonianza della volontà del legislatore di evitare ogni discontinuità – salvo ove espressamente disposto – nel passaggio dal decreto Ronchi al codice ambientale.

Gli elementi sopra illustrati inducono a ritenere che – pur dando atto dei profili problematici della questione – si debba applicare al caso in questione il principio di specialità: “Per il principio di specialità, che prevale sul principio ordinario di successione cronologica delle norme, le disposizioni posteriori non comportano l’abrogazione delle precedenti, ove queste ultime disciplinano diversamente la stessa materia in un campo particolare.” (da ultimo, questo Consiglio, Sez. VI, sentenza n. 1199 del 23 marzo 2016).

In definitiva, questo Collegio ritiene che la volontà del legislatore vada ricostruita nel senso di affermare la competenza del sindaco ad emanare le ordinanze in materia di rimozione di rifiuti, ex art. 14 d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (decreto Ronchi), anche successivamente all’entrata in vigore del d. lgs.18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) e fino all’entrata in vigore del il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice ambientale), che ha ribadito tale competenza.

Ne consegue che l’ordinanza impugnata, ancorché emanata dopo l’entrata in vigore del TUEL, avrebbe dovuto essere emanata dal Sindaco e non dal Dirigente.

L’appello va quindi accolto e conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, l’Ordinanza n. 38 del 23 maggio 2005, emanata dal Responsabile del Servizio-Ufficio polizia municipale del Comune di Rivello va annullata, per l’assorbente motivo della incompetenza dell’organo che ha adottato il provvedimento.

Stante la assoluta particolarità della vicenda, va disposta la compensazione delle spese fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e annulla l’Ordinanza n. 38 del 23 maggio 2005, emanata dal Responsabile del Servizio-Ufficio polizia municipale del Comune di Rivello. Dispone la compensazione delle spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Daniele Ravenna, Consigliere, Estensore