Rifiuti. Attività di gestione, mancanza di autorizzazione, reato istantaneo, esclusione dell’occasionalità, art. 256 d. lgs. 152/2006.. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 5611 del 7 febbraio 2017 (ud. 15 dicembre 2016)

Pres. Ramacci, Est. Mengoni

Rifiuti. Attività di gestione (trasporto e raccolta) di rifiuti non pericolosi – Mancanza di autorizzazione – Esclusione della occasionalità – Reato istantaneo – Fattispecie – Art. 256 d. lgs. n. 152/2006 – Giurisprudenza.

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma primo, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, trattandosi di illecito istantaneo, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma, purchè costituisca un’attività di gestione di rifiuti e non sia assolutamente occasionale (Cass., Sez. 3, n. 8193 dell’ll/2/2016, Revello; nei medesimi termini, quanto al trasporto di rifiuti senza autorizzazione, e quindi nell’ottica della sufficienza, per integrare il reato, anche di un unico trasporto, tra le altre, Sez. 3, n. 2/10/2014, Cristinzio; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino; Sez. 3, n. 21655 del 13/4/2010, Hrustic). Nella specie, ai ricorrenti veniva contestato di aver effettuato, in due distinte occasioni, un’attività di gestione (trasporto e raccolta) di rifiuti non pericolosi in difetto della prescritta autorizzazione.

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 5611 del 7 febbraio 2017 (ud. 15 dicembre 2016)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis 
ha pronunciato la seguente
SENTENZA 
sui ricorsi proposti da:
Botta Luciano, già Lafleur Luciano, nato a Torino il 24/5/1968;
Botta Gianluigi, nato a Piobesi Torinese (To) il 26/3/1950;
avverso la sentenza del 24/3/2015 del Tribunale di Alessandria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tacci, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per Botta Luciano, per esser i reati estinti per morte dell’imputato, e la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto da Botta Gianluigi
 
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 24/3/2015, il Tribunale di Alessandria dichiarava Luciano Botta (già Luciano Lafleur) e Gianluigi Botta colpevoli delle contravvenzioni di cui agli artt. 81 cpv., 110 cod. pen., 256, comma 1, lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e li condannava ciascuno alla pena di tremila euro di ammenda; agli stessi era contestato di aver effettuato, in due distinte occasioni, un’attività di gestione (trasporto e raccolta) di rifiuti non pericolosi in difetto della prescritta autorizzazione.
2. Propongono congiunto ricorso per cassazione due Botta, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi:
– nullità dell’ordinanza a data 29/10/2013, con la quale è stata rigettata l’eccezione di nullità della notifica dell’avviso di chiusura delle indagini relativo al proc. n. 1155/2012, per difetto di notifica. Il Tribunale avrebbe affermato la regolarità della notifica in oggetto sebbene fossero state fatte, entrambe, nelle mani del “genero convivente”; quel che, però, non sarebbe possibile, atteso che i due imputati sono padre e figlio (non potendo avere, dunque, il medesimo genero) e non risiedono nello stesso luogo, ma in due civici diversi;
– carenza di motivazione con riguardo alla responsabilità di Gianluigi Botta; questi, infatti, sarebbe stato condannato sol perché trovato a bordo del mezzo condotto dal padre, nelle due occasioni di cui all’imputazione, senza alcuna prova di un effettivo concorso o, comunque, di un qualsivoglia contributo dallo stesso fornito all’opera dell’altro;
– erronea applicazione della legge penale. Il Tribunale avrebbe tenuto distinte le due condotte, poi riunite in continuazione, sebbene dovessero esser considerate quale espressione di un’unica attività di gestione dei rifiuti, quindi un unico reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Preliminarmente, la sentenza in esame deve esser annullata senza rinvio quanto a Luciano Botta, per esser i reati allo stesso ascritti estinti per morte dell’imputato; questi, infatti, risulta deceduto il 7 /10/2016, come da documentazione acquisita.
Con riguardo, poi, al gravame proposto da Gianluigi Botta, ne emerge evidente l’inammissibilità.
In ordine, innanzitutto, all’eccezione preliminare, osserva il Collegio che nessuna censura può esser mossa all’ordinanza con la quale il Tribunale ha rigettato la questione medesima. Ed invero, il Giudice – verificato, giusta certificati in atti, che i ricorrenti erano residenti entrambi in Carignano (To), Regione Tetti Brus n. 3-bis – ha rilevato la piena coincidenza di questo luogo con quello ove era stata effettuata la notifica degli avvisi ex art. 415-bis cod. proc. pen.; e senza che valga, al riguardo, la circostanza che il ricevente non potesse esser al contempo genero di entrambi i ricorrenti (padre e figlio), atteso che non vi è alcun dubbio circa l’identità di tale soggetto e, al contempo, mai gli imputati avevano negato il rapporto di convivenza con lo stesso.
4. Alle medesime conclusioni, poi, si giunge anche quanto al secondo motivo di gravame.
Pronunciandosi sulla stessa questione, infatti, il Tribunale ha affermato la responsabilità anche di Gianluigi Botta con un percorso argomentativo congruo, privo di illogicità manifeste e di aporie di sorta; quindi, non censurabile in questa sede. In particolare, la sentenza ha evidenziato che l’imputato era stato trovato a bordo del mezzo condotto dal figlio in due distinte occasioni, quelle di cui ai due capi di imputazione, e che pertanto, «in mancanza di ogni giustificazione circa la propria presenza, si deve ritenere che il predetto abbia coadiuvato, quantomeno sotto il profilo della agevolazione morale, la condotta di trasporto posta in essere dal proprio figlio Botta Luciano».
Un argomento logico, dunque, privo della dedotta carenza motivazionale e tale da respingere la deduzione difensiva formulata in tal senso.
5. Da ultima, la doglianza in punto di unità o pluralità di condotte; anche sul tema, la censura risulta palesemente infondata.
Osserva il Collegio, infatti, che, giusta costante e condiviso indirizzo di legittimità, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma primo, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, trattandosi di illecito istantaneo, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma, purchè costituisca un’attività di gestione di rifiuti e non sia assolutamente occasionale (per tutte, Sez. 3, n. 8193 dell’ll/2/2016, Revello, Rv. 266305; nei medesimi termini, quanto al trasporto di rifiuti senza autorizzazione, e quindi nell’ottica della sufficienza, per integrare il reato, anche di un unico trasporto, v. tra le altre, Sez. 3, n. 2/10/2014, Cristinzio, Rv. 262514; Sez. 3, n. 45306 del 17/10/2013, Carlino, Rv. 257361; Sez. 3, n. 21655 del 13/4/2010, Hrustic, Rv.247605); quel che neppure il ricorrente contesta, sì da doversi integralmente rigettare anche la terza deduzione di cui ai ricorsi, attesa la corretta applicazione dell’istituto di cui all’art. 81 cpv. cod. pen..
6. Il gravame di Gianluigi Botta, pertanto, deve essere dichiarato
inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 2.000,00.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Botta Luciano, già Lafleur Luciano, per esser i reati estinti per morte dell’imputato. Dichiara inammissibile il ricorso di Botta Gianluigi, che condanna al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016