La Regione Veneto ha richiesto un parere in relazione ad un interpello ambientale del 20 agosto 2024 avente ad oggetto i rapporti tra rifiuti abbandonati e messi in sicurezza permanente (MISP) secondo i dettami previsti dall’art. 240, comma 1, lett o) del d. lgs. n. 152/2006.
Secondo le richieste della Regione Veneto, vengono evidenziate le seguenti criticità riferibili alla normativa vigente:
- l’eliminazione del riferimento della locuzione “rifiuti stoccati” alle MISP e la menzione di un più generico riferimento a “fonti inquinanti” nell’art. 240 comma 1 d. lgs. n. 152/2006;
- l’applicazione delle MISP nel caso in cui “non sia possibile procedere alla rimozione degli stessi pur applicando le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, secondo i principi della normativa comunitaria”;
- l’inapplicabilità della normativa sulla bonifica dei siti contaminati all’abbandono di rifiuti secondo quanto dettato dall’art. 239 comma 2 d. lgs. n. 152/2006.
Partendo da questi presupposti, la Regione Veneto ne avrebbe ricavato la conseguenza che la volontà del legislatore sia quella di escludere in toto la MISP con un generale obbligo di rimozione di rifiuti anche in caso di ingenti quantità di rifiuti interrati in aree contaminate e non, con evidenti aggravi di rischio ambientale e di costi economici da sostenere.
Tuttavia, la MISP sembra essere predisposta per occuparsi di tutte le fonti inquinanti, il che comprenderebbe anche i rifiuti.
Sulla base quindi dell’alternativa se i rifiuti costituiscano o meno fonte di potenziale inquinamento per le matrici ambientali, la Regione ha richiesto chiarimenti sui seguenti punti:
- l’approvazione di progetti di messa in sicurezza permanente dei rifiuti in alternativa alla rimozione;
- l’utilizzazione della comparazione della sostenibilità ambientale quale elemento di valutazione per l’applicazione o della rimozione o delle misure di messa in sicurezza permanente;
- il ricorso alle linee guida dettate dalla Linea6 del Progetto MITE “mettiamoci in RIGA” il quale ha curato la standardizzazione dei processi di messa in sicurezza/bonifica per siti abbandonati e discariche;
- l’indicazione del procedimento normativo di riferimento da applicarsi e dell’autorità competente per l’eventuale approvazione dei progetti di Misp di rifiuti.
Il MISE ha provveduto a rispondere all’interpello ambientale chiarendo quanto segue:
Parere del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica 20 agosto 2024
Oggetto: Interpello in materia ambientale ex art. 3-septies del D. lgs. 3 aprile 2006, n.152 – Chiarimenti in relazione alla corretta applicazione del Titolo V della Parte IV del D. lgs. n.152/2006 e, in particolare, con riguardo alla possibilità o meno di applicare la messa in sicurezza permanente (MISP) anche nel caso di rifiuti abbandonati.
QUESITO
Con istanza di interpello ex art. 3-septies del D. lgs. n.152/2006 la Regione Veneto ha richiesto i seguenti chiarimenti:
1) di confermare la possibilità di approvare progetti di messa in sicurezza permanente dei rifiuti in alternativa alla rimozione, in particolare nel caso di rinvenimento di quantità ingenti di rifiuti sia in aree contaminate che in aree non contaminate, nel caso in cui siano già state esperite le procedure che portano all’attivazione degli interventi in via sostitutiva ai sensi della normativa di cui alla Parte Quarta (Art. 192) del D. lgs. 152/2006, nel caso di deposito di rifiuti aventi origine antecedente al DPR 915/82 o, nel caso in cui il proponente sia un soggetto interessato non responsabile dell’abbandono/deposito incontrollato di rifiuti o di chiarire invece se questa possibilità sia in toto da escludersi;
2) di indicare se, come previsto, per gli interventi di MISP di cui al al Titolo V della Parte IV del D. lgs. n.152/2006, tra i criteri da utilizzare per definire le misure da adottare oltre all’applicazione delle migliori tecnologie a costi sostenibili, possa essere considerato, come possibile elemento di valutazione, la comparazione della sostenibilità ambientale delle due opzioni, rimozione o misure di messa in sicurezza permanente;
3) se, in questo ambito, possono essere utilizzate, come riferimento, le Linee guida nate dal progetto ministeriale “mettiamoci in RIGA” citate, con particolare riferimento alla procedura schematizzata per le sorgenti primarie di contaminazione del diagramma riportato in allegato nell’interpello;
4) di indicare quale sia il procedimento normativo di riferimento – art. 192 o al Titolo V della Parte IV del D. lgs. n.152/2006 – e, di conseguenza, l’autorità competente per l’eventuale approvazione dei progetti di MISP di rifiuti.
Riferimenti normativi
Con riferimento ai quesiti proposti, si riporta il quadro normativo applicabile riassunto come segue: – decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”;
Considerazioni del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica
L’interpello in oggetto è stato presentato dalla Regione Veneto al fine di chiedere alcuni chiarimenti in relazione alla corretta applicazione del Titolo V della Parte IV del D. lgs. n.152/2006 e, in particolare, con riguardo alla possibilità o meno di applicare la messa in sicurezza permanente (MISP) anche nel caso di rifiuti abbandonati. Sul punto, l’ente regionale ricorda come l’abrogato D.M. 471/99, nel definire la MISP, facesse esplicito riferimento ai rifiuti stoccati; un riferimento che, tuttavia, con il D. lgs. n.152/2006 è venuto meno. L’attuale articolo 240 del Codice dell’Ambiente, oggi disciplinante detto istituto, parla, infatti, più genericamente, di “fonti inquinanti” e, ai sensi dell’art. 239, comma 2, del D. lgs. n.152/2006, la disciplina del Titolo V sulla bonifica dei siti contaminati non si applica all’abbandono dei rifiuti. Tanto premesso, la Regione chiede di confermare la possibilità di approvare progetti di messa in sicurezza permanente dei rifiuti, in alternativa alla loro rimozione, in particolare nei casi di rinvenimento di quantità ingenti e di intervento da parte di un soggetto interessato non responsabile ovvero della pubblica amministrazione, in via sostitutiva ai sensi dell’art. 192 del D. lgs. n.152/2006, laddove si tratti di deposito antecedente al D.P.R. n.915/82. Non solo, si chiede anche di indicare se, nella valutazione comparativa tra rimozione e messa in sicurezza permanente, debba essere utilizzata come strumento di paragone la sostenibilità ambientale ovvero se, in detto ambito, sia possibile riferirsi anche alla Linee guida nate dal progetto ministeriale “Mettiamoci in RIGA”. In ultimo, qualora fosse ritenuta applicabile la MISP anche ai rifiuti abbandonati, si chiede quale sia il procedimento normativo di riferimento e, di conseguenza, chi sia l’autorità competente per l’eventuale approvazione dei progetti di MISP di rifiuti.
Nel nostro ordinamento e, in particolare, nel D. lgs. n.152/2006, sono normate, in modo distinto, la gestione dei rifiuti rispetto alla bonifica dei siti contaminati. Da un lato, infatti, l’art. 192 del D. lgs. n. 152/2006, contenuto al Titolo I della Parte IV del predetto decreto, pone un divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo, dall’altro, nei casi di contaminazione, effettiva o potenziale, di un sito, trovano applicazione le procedure di messa in sicurezza e bonifica di cui agli articoli 239 ss. del D. lgs. n. 152/2006, contenuti al Titolo V della Parte IV del predetto decreto.
Orbene, in un siffatto contesto normativo, l’articolo 239, comma 2, del D. lgs. n. 152/2006, precisa che le disposizioni del Titolo V della Parte IV del Codice dell’Ambiente, relative alla bonifica dei siti inquinati, non si applicano all’abbandono dei rifiuti disciplinato, invece, come già ricordato, dal Titolo I della Parte IV del medesimo decreto. In ogni caso, ricorda la citata norma, qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell’area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del Titolo V. Ne consegue che, in generale, è esclusa la possibilità di applicazione della normativa sulla bonifica dei siti contaminati alle ipotesi di abbandono di rifiuti e, solo qualora si accerti il superamento dei valori soglia, si dovrà procedere ai sensi del Titolo V della Parte IV del D. lgs. n.152/2006. Pertanto, in assenza di criticità ambientali, eventuali interventi dovranno essere gestiti nel rispetto della suddetta disciplina, sebbene al di fuori del procedimento di cui al Titolo V della Parte IV il quale, non sussistendo contaminazione o rischio di contaminazione, non potrà essere avviato, configurandosi diversamente un’ipotesi di abbandono di rifiuti, con conseguente obbligo di rimozione e destinazione degli stessi agli impianti autorizzati al trattamento.
Qualora, valutazioni specifiche compiute per il singolo caso portino a escludere la possibilità concreta di rimuovere i rifiuti e pertanto risulti inevitabile che gli stessi rimangano in sito è possibile realizzare interventi di confinamento permanente in sito il cui regime autorizzatorio è quello previsto per le discariche e pertanto il provvedimento di approvazione del relativo progetto deve ricomprendere i titoli necessari alla realizzazione degli interventi, tra cui quelli necessari ai sensi della normativa sulla gestione
dei rifiuti. In merito al primo quesito, dunque, in presenza di rifiuti depositati ante DPR 915/82, un intervento di confinamento degli stessi potrà essere autorizzato ma nel rispetto della normativa sulla gestione dei rifiuti e, in particolare, del regime autorizzatorio delle discariche.
Con riguardo, invece, al secondo quesito, riguardante la possibilità di utilizzare, nella valutazione comparativa tra rimozione e messa in sicurezza permanente, la sostenibilità ambientale occorre osservare che, in presenza di rifiuti depositati ante DPR n.915/82, si tratterebbe, più che altro, di una scelta tra rimozione o confinamento permanente in sito, nell’ambito di una discarica; una scelta che, in presenza di tutti i requisiti e presupposti previsti dalla normativa sulla gestione dei rifiuti, potrà aver luogo anche sulla base del criterio di sostenibilità ambientale, attesa la natura di principio fondamentale assunta da quest’ultimo, nonché da valutazioni che tengano conto dei principi generali comunitari in materia di protezione dell’ambiente, di precauzione e sostenibilità, della fattibilità tecnica e praticabilità economica, della protezione delle risorse nonché degli impatti complessivi sociali, economici, sanitari e ambientali.
Con riguardo al terzo quesito e, in particolare, alla possibilità di utilizzare come riferimento anche la Linea L6 del Progetto MiTE “Mettiamoci in RiGA”, con particolare riguardo alla procedura schematizzata per le sorgenti primarie di contaminazione, si osserva come le stesse Linee Guida dovranno, in ogni caso, essere interpretate alla luce della sopra esposta normativa ambientale, in riferimento alla quale non possono, di certo, essere ritenute derogatorie. Secondo le linee guida, del resto, «nel caso di presenza di rifiuti devono essere attuate una serie di indagini su detta sorgente primaria di contaminazione […] finalizzate a valutare se la stessa costituisce un pericolo, ovvero se contamina o può contaminare le matrici ambientali circostanti. Di conseguenza le azioni da porre in essere (messa in sicurezza permanente, interventi di chiusura superficiale) dipenderanno dagli esiti delle indagini eseguite». Una previsione che non pare porsi in contrasto con la normativa sopra richiamata del D. lgs. n.152/2006, atteso che si limita a ricordare come in presenza di rifiuti dovrà essere avviata un’indagine volta a comprendere se vi sia anche una contaminazione del sito e, in caso, di risposta affermativa dovranno essere attivate le procedure di cui al Titolo V della Parte IV del D. lgs. n.152/2006.
Di contro, se i rifiuti non costituiscono una fonte potenziale di contaminazione per le matrici ambientali, stabilendo che qualora non sussista la fattibilità tecnica ed economica per la rimozione si deve procedere con interventi di chiusura superficiale e ripristino ambientale e con eventuali monitoraggi, le Linee guida non fanno altro che precisare quanto sopra specificato, ossia l’esigenza di operare in conformità alla normativa sulla gestione dei rifiuti e non solo a quella di cui al, già richiamato, Titolo V della Parte IV. Ne consegue che la Linea L6 del Progetto MiTE “Mettiamoci in RiGA” ben potrà essere tenuta in considerazione nella valutazione delle operazioni da porre in essere in caso di rifiuti abbandonati, purché sia interpretata alla luce e in conformità alla sopra esposta normativa ambientale, in riferimento alla quale non può essere derogatoria.
Con il quarto ed ultimo quesito, infine, in merito al procedimento normativo di riferimento da applicare e, di conseguenza, all’autorità competente per l’eventuale approvazione dei progetti in parola, alla luce di quanto sopra esposto, pare evidente che sia necessario distinguere a seconda che vi sia o meno un procedimento del Titolo V della Parte IV del D. lgs. n.152/2006.
Nella prima ipotesi, ovvero nel caso di sito potenzialmente contaminato e/o contaminato per effetto dei rifiuti, si rimettono le seguenti osservazioni.
Sulla possibilità di autorizzare, a legislazione vigente, la messa in sicurezza permanente di rifiuti si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza 24 marzo 2023, n. 50. La Corte, per quanto di interesse ai fini del presente riscontro, ha ricostruito il quadro normativo di riferimento nei termini di seguito riportati: “l’istituto della messa in sicurezza permanente, nella sua originaria configurazione, consisteva, secondo
la definizione offerta dall’art. 2, lettera i), del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 in un insieme di interventi, posti in essere nel corso della bonifica di un sito inquinato, atti ad isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti, qualora le fonti inquinanti fossero costituite da rifiuti stoccati e non fosse possibile procedere alla rimozione degli stessi a costi sopportabili, pur applicando le migliori tecnologie disponibili. La messa in sicurezza permanente era, dunque, originariamente riferita ai soli materiali, presenti in un sito inquinato, qualificabili come rifiuti.
Fra le misure che contraddistinguevano i richiamati interventi di isolamento vi era, in particolare, quella della realizzazione di discariche per la messa in sicurezza permanente e di impianti di trattamento dei rifiuti prodotti in corso di bonifica; operazione da effettuare seguendo i criteri e le modalità prescritti dal D. lgs. n. 36 del 2003, di attuazione della direttiva 1999/31/CE. Secondo l’art. 3, comma 1, dello stesso decreto legislativo, infatti, … Dal combinato disposto di queste previsioni normative emerge, dunque, che le discariche per la messa in sicurezza permanente sono ricomprese nell’ambito di applicazione del D. lgs. n. 36 del 2003 e che ad esse si applicano criteri e modalità ivi previsti.
3.2.- Più di recente, il D. lgs. n. 152 del 2006, all’art. 240, comma 1, lettera o), ha ridefinito la messa in sicurezza permanente in termini maggiormente comprensivi, stabilendo che essa si concreta nell'”insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente”.
Attualmente, pertanto, gli interventi in questione, in aggiunta a quelli già sopra delineati, possono riguardare anche fonti inquinanti non qualificabili come rifiuti, come, ad esempio, il suolo contaminato (art. 185, comma 1, lettera b, cod. ambiente) o matrici materiali di riporto (art. 3, comma 1, del D.L. n. 2 del 2012, come convertito)”.
In sintesi, secondo la Corte, la definizione di messa in sicurezza permanente di cui al citato art. 240 ha una portata estensiva avendo riguardo sia a fonti di contaminazione costituiti da rifiuti (come già previsto dal DM n. 471/1999), sia da fonti inquinanti non qualificabili come rifiuti (portata innovativa della norma).
Per quanto concerne la normativa applicabile, si ritiene debbano distinguere due casi in base alla tipologia di intervento sulla fonte di contaminazione costituita dai rifiuti:
1° caso: qualora si tratti di interventi di messa in sicurezza in situ, effettuati senza rimozione dei rifiuti,
essi potranno essere attuati secondo le modalità previste dall’Allegato 3 al Titolo V della Parte IV del D. lgs. n. 152 del 2006, secondo le modalità descritte nella risposta all’atto di interpello proposto dalla Provincia di Verona 14 gennaio 2022, prot. n. 3866/MITE. Conseguentemente, il relativo progetto dovrà essere autorizzato dall’Autorità competente ai sensi dell’art. 242, comma 7, D. lgs. n. 152 del 2006, e per i SIN ai sensi dell’art. 252, comma 4, del medesimo decreto legislativo.
2° caso: qualora, si preveda la realizzazione di una discarica esclusivamente per la messa in sicurezza permanente dei rifiuti, ossia mediante interventi ex situ tramite la rimozione e il conferimento dei rifiuti in una nuova area adibita allo smaltimento dei medesimi, la normativa di riferimento è costituita dal D. lgs. n. 36/2006; tuttavia, trattandosi di un impianto per l’attuazione della bonifica, il relativo progetto dovrà essere autorizzato ai sensi dell’art. 242, comma 7, D. lgs. n. 152 del 2006, la cui approvazione ha carattere sostitutivo di tutti gli atti di assenso, e per i SIN ai sensi dell’art. 252, comma 4, del medesimo decreto legislativo, con effetto ricomprensivo degli atti di assenso.
Nella seconda ipotesi, ossia in assenza del superamento dei valori di attenzione, invece, dovrà aversi riguardo al procedimento previsto dal legislatore per l’adozione dei relativi provvedimenti amministrativi di approvazione del progetto di gestione dei rifiuti e per il rilascio dei titoli necessari alla realizzazione degli interventi.
Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3- septies del D. lgs. n.152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.
Scarica in pdf il testo dell’interpello: interpello abientale regione veneto del 20-08-2024