RIFIUTI. Imposizione degli obblighi di bonifica al responsabile dell’inquinamento e facoltà in capo al proprietario e/o gestore dell’area. T.G.R.A. Trento n. 154/2019.

T.R.G.A. Trentino Sez. Unica, sent. n. 154 del 15 novembre 2019 (ud. del 7 novembre 2019)

Pres. Vigotti, Est. Polidori

Rifiuti. Interventi di messa in sicurezza bonifica e ripristino.  Obblighi del responsabile dell’inquinamento e facoltà del proprietario e/o gestore dell’area. Attuazione delle misure di prevenzione. Analisi del rischio. Riqualificazione dell’area inquinata. Art. 242 d. lgs. n. 152/2006.

La differente disciplina individuata dagli articoli 242 e ss. d. lgs. 152/2006 – ossia la previsione dell’obbligo di porre in essere le suddette procedure operative e amministrative in capo responsabile dell’inquinamento, da un lato, e la previsione di una mera facoltà di porre in essere tali procedure in capo agli altri soggetti interessati, ivi compreso il proprietario o il gestore dell’area, non responsabili dell’inquinamento, cui è imposto solo l’obbligo di “attuare le misure di prevenzione”, dall’altro va intesa nel senso che l’obbligo di bonifica dei siti contaminati grava sul responsabile dell’inquinamento (in base al principio “chi inquina paga”), e non sul proprietario dell’area, con la conseguenza che, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione, gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza o definitiva, di bonifica, di ripristino e di ripristino ambientale possono essere imposti solo ai soggetti responsabili dell’inquinamento, ossia a coloro che abbiano causato, in tutto o in parte, la contaminazione con un comportamento, commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità.

mentre gli obblighi relativi messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano soltanto sul responsabile dell’inquinamento, invece anche il proprietario o il gestore dell’area non responsabili dell’inquinamento (al pari del responsabile dell’inquinamento) sono tenuti, ai sensi dell’art. 245, comma 2, del d. lgs. n. 152/2006, ad attuare le “misure di prevenzione” di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), del d. lgs. n. 152/2006. Tuttavia non può sottacersi che l’art. 244 del d. lgs. n. 152/2006 (che radica il potere attribuito al Comune) fa espresso riferimento soltanto al responsabile dell’inquinamento quale destinatario dell’ordinanza, senza menzionare il proprietario o il gestore dell’area non responsabili dell’inquinamento. Parimenti l’art. 245 del d. lgs. n. 152/2006 (che disciplina la posizione dei “soggetti non responsabili della potenziale contaminazione”) non richiama affatto il potere di ordinanza di cui all’art. 244 del d. lgs. n. 152/2006.

Laddove il proprietario o il gestore dell’area non responsabili dell’inquinamento non attivino spontaneamente le misure di prevenzione di cui all’art. 245, comma 2, del d. lgs. n. 152/2006, l’unico rimedio possibile per imporre a tali soggetti l’attuazione di tali misure sia l’adozione di un’ordinanza ministeriale ai sensi dell’art. 304, comma 3, del d. lgs. n. 152/2006, ove ne sussistano i presupposti.

 

 

T.R.G.A. Trentino Sez. Unica, sent. n. 154 del 15 novembre 2019 (ud. del 7 novembre 2019)

N. 00154/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00061/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 61 del 2019, integrato con motivi aggiunti, proposto dalla società Sequenza S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maddalena Mazzoleni, Dieter Schramm e Franz Complojer, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

– il Comune di Trento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Angela Colpi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il predetto avvocato in Trento, via Belenzani n. 19, sede dell’Avvocatura comunale;
– la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicolò Pedrazzoli, Viviana Biasetti e Giuliana Fozzer, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, Piazza Dante n. 15, presso l’Avvocatura della Provincia;
– il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro pro tempore, per legge rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trento, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio ex lege in Trento, Largo Porta Nuova n. 9;
– l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente della Provincia autonoma di Trento, non costituita in giudizio;
– l’Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento, non costituita in giudizio;

nei confronti

Consorzio di bonifica e sviluppo Trento nord, società consortile a responsabilità limitata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Sanguini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’accertamento

quanto al ricorso principale, dell’illegittimità dell’inerzia serbata dal Comune di Trento nel concludere il procedimento amministrativo avviato con la nota prot. C-L378/S053/21786 in data 27 gennaio 2017, con conseguente ordine all’Amministrazione comunale di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso entro il termine prefissato e nomina di un commissario ad acta che, in caso di ulteriore inezia, provveda in via sostitutiva;

nonché, quanto al ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento della nota del Comune di Trento prot. C-L378/RFS053/0126460 in data 13 maggio 2019, avente il seguente oggetto: «Sito di interesse nazionale di Trento nord: avvio del procedimento amministrativo di data 27 gennaio 2017 n. 21786 ai sensi della legge provinciale 23/1992 e smi, del Dlgs 152/06 “Norme in materia ambientale” e smi e del Decreto del Presidente della Giunta Provinciale 1-41/Legisl del 26/01/1987 “Testo unico in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti”. Comunicazione di archiviazione», con la quale è stata disposta l’archiviazione procedimento amministrativo avviato con la suddetta nota del 27 gennaio 2017, con conseguente accertamento della perdurante inerzia dell’Amministrazione comunale, ordine alla stessa di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso entro il termine prefissato e nomina di un commissario ad acta che, in caso di ulteriore inezia dell’Amministrazione comunale, provveda in via sostitutiva;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Trento, della Provincia Autonoma di Trento, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Consorzio di Bonifica e Sviluppo Trento Nord;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il dott. Carlo Polidori e uditi l’avvocato Maddalena Mazzoleni, per la società ricorrente, l’avvocato Angela Colpi, per il Comune di Trento, l’avvocato Viviana Biasetti, per la Provincia Autonoma di Trento, l’avvocato dello Stato Davide Volpe, per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e l’avvocato Massimo Sanguini, per il Consorzio di Bonifica e Sviluppo Trento Nord;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società ricorrente è proprietaria di un terreno ubicato nel territorio del Comune di Trento, in via Vittime delle Foibe, a sud del c.d. sito ex SLOI e con esso confinante. Tale sito nel 2001 è stato inserito all’interno del perimetro del sito d’interesse nazionale (di seguito “SIN”) di “Trento Nord” (incluso nell’elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale dal D.M. 18 settembre 2001, n. 468, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 426/1998) ed è gestito, ai fini della bonifica, dal Consorzio di bonifica e sviluppo Trento Nord (di seguito denominato “Consorzio”) per conto dei proprietari dei terreni, mentre il terreno di proprietà della ricorrente, mai utilizzato a scopi industriali e mai edificato, è sempre rimasto esterno al perimetro del SIN di “Trento Nord”. Ciononostante la pianificazione urbanistica comunale ha subordinato l’uso del terreno di proprietà della ricorrente all’avvenuta integrale bonifica del SIN di “Trento Nord”. In particolare l’art. 42-quater, commi 4 e 5, delle NTA al PRG del Comune di Trento (relativo alla zona C6 – zona soggetta alla riqualificazione urbana di Trento Nord) dispone come segue: “4. In questa zona, nel rispetto delle disposizioni del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471, sono ammesse le seguenti destinazioni d’uso: servizi pubblici, residenze private e pubbliche con relativi servizi, verde pubblico e verde privato, artigianato di servizio, attività terziarie pubbliche e private, attività ricettive, attività commerciali come disciplinate dagli articoli contenuti all’interno del Titolo V delle presenti norme, pubblici esercizi. 5. L’edificazione di quest’area è subordinata all’approvazione di un piano attuativo esteso all’intera zona C6 redatto ai sensi della legislazione urbanistica provinciale vigente e nel rispetto della scheda zona C6 contenuta nell’Allegato 4.1. alle presenti norme. L’approvazione di tale piano è subordinata all’avvenuta bonifica del sito inquinato di Trento nord e ad esso deve essere allegata la certificazione di cui all’art. 12 del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 attestante il completamento dell’intervento di bonifica e di ripristino ambientale e la sua conformità al progetto approvato”.

2. Nel 2007 la ricorrente ha avviato un procedimento di bonifica del terreno di sua proprietà; ha, quindi, caratterizzato il sito ed ha elaborato l’analisi di rischio. Il procedimento si è concluso nel 2010 con la delibera della Giunta Provinciale n. 976/2010, che ha attestato la non necessità di provvedere ad alcun intervento di bonifica per l’utilizzo dell’area a fini edificatori, e quindi il Comune di Trento ha ipotizzato un’integrazione delle previsioni dello strumento urbanistico in modo da consentire un utilizzo temporaneo del terreno, nelle more dell’approvazione del piano attuativo previsto dal suddetto art. 42-quater, comma 5. Tuttavia nel corso della campagna di monitoraggio della falda acquifera dell’autunno 2014 l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (di seguito “APPA”) ha rilevato nel piezometro 536, posto a valle del terreno di proprietà della ricorrente, lungo la direttrice di scorrimento della falda acquifera da nord verso sud, valori di piombo dietile e trietile (composti riconducibili al piombo tetraetile) al di sopra dei limiti di tollerabilità e, quindi, il Comune di Trento ha bloccato la procedura per l’utilizzo temporaneo del terreno, subordinandone la riapertura all’esecuzione di una nuova indagine e di una nuova analisi di rischio. Inoltre il Comune con la nota prot. C-L378/S053/21786 del 27 gennaio 2017 – nell’invitare il Consorzio a «verificare la sorgente del piombo dietile e trietile in falda, onde eventualmente approntare efficaci sistemi di contenimento … degli inquinanti», ai sensi dell’art. 243 del decreto legislativo n 152/2006 – ha comunicato l’avvio del procedimento finalizzato all’adozione, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, di un’ordinanza di diffida ad adottare «misure di contenimento degli inquinanti» al confine sud del SIN di “Trento Nord”, comparto ex SLOI.

3. A fronte di tale situazione la ricorrente con nota del 12 luglio 2017 ha presentato una nuova caratterizzazione ed una nuova analisi di rischio, approvata con la delibera della Giunta Provinciale n. 731/2018, che ha preso atto della presenza del piombo dietile e trietile nella falda, ed ha contestualmente ripreso a coltivare la richiesta di utilizzo temporaneo del terreno. Invece il procedimento finalizzato all’imposizione a carico del Consorzio di misure di contenimento degli inquinanti è stato sospeso dal Comune di Trento con nota del 6 marzo 2017, su richiesta del Consorzio stesso, fino al 31 maggio 2017. La ricorrente, venuta a conoscenza della sospensione, ha chiesto al Comune di intervenire nel procedimento e di ricevere ogni informazione relativa allo stesso, e la richiesta è stata accolta dal Comune con nota del 19 settembre 2017, ove è stato precisato che il procedimento risulta «essere attualmente sospeso», senza però indicare il termine di conclusione del procedimento stesso. Inoltre la ricorrente, venuta a conoscenza del parallelo svolgimento, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (di seguito denominato Ministero dell’ambiente), di riunioni tecniche per la prosecuzione della bonifica del SIN di “Trento nord”, comparto ex SLOI, ha chiesto copia dei relativi verbali ed ha rinnovato la richiesta di essere informata dello stato del procedimento avviato con la nota del 27 gennaio 2017. A fronte della risposta del Comune di Trento, che ha confermato la sospensione sine die del procedimento, la ricorrente si è rivolta direttamente al Ministero dell’ambiente, che però con nota del 22 novembre 2018 si è limitato a comunicare la convocazione di un tavolo tecnico «sulla base di una proposta tecnico-scientifica che il Consorzio dovrà trasmettere», così confermando la sospensione sine die. Il Ministero con altra nota del 22 novembre 2018 ha chiesto al Consorzio di trasmettere, entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta, la documentazione concordata nell’ambito dell’audizione del 24 luglio 2018.

4. A fronte di una nuova richiesta della ricorrente, il Ministero con nota del 10 gennaio 2019 ha trasmesso copia di una richiesta di proroga formulata dal Consorzio ed ha contestualmente chiesto al Consorzio stesso di trasmettere entro 15 giorni la documentazione in precedenza richiesta. In seguito il Ministero con nota del 30 gennaio 2019 ha comunicato l’avvenuta trasmissione, da parte del Consorzio, della proposta di metodo analitico alternativo ed ha contestualmente chiesto al Consorzio di trasmettere agli enti preposti il metodo analitico proposto, accompagnato dalla relazione di equivalenza al metodo seguito dall’APPA. Inoltre, a seguito di un’ulteriore richiesta della ricorrente, il Comune di Trento con nota del 7 febbraio 2019 ha dato notizia di una riunione con il Ministro dell’ambiente, confermando la perdurante sospensione del procedimento. Da ultimo la ricorrente con nota del 28 febbraio 2019 ha diffidato tutte le amministrazioni interessate – Ministero dell’Ambiente, Comune di Trento, Provincia di Trento e APPA – a definire le questioni tecniche ostative al riavvio del procedimento finalizzato all’adozione di misure di contenimento degli inquinanti.

5. In ragione della perdurante inerzia del Comune di Trento la società Sequenza con il ricorso principale (depositato il 21 aprile 2019) – premesso che il proprio interesse alla conclusione del procedimento, di competenza dell’Amministrazione comunale, finalizzato all’adozione di misure di contenimento degli inquinanti è palesato dal fatto che il terreno di sua proprietà è inquinato per effetto della mancata adozione di misure di contenimento dell’inquinamento nel confinante SIN di “Trento nord”, comparto ex SLOI, e dal fatto che l’utilizzo, anche solo provvisorio, del suo terreno dipende dalla definizione del procedimento avviato con la suddetta nota del 27 gennaio 2017 – ha chiesto a questo Tribunale di accertare l’obbligo del Comune di concludere il procedimento, con conseguente condanna a provvedere e nomina di un commissario ad acta, deducendo le seguenti censure.

I) Violazione degli articoli 244, 245 e 242 del decreto legislativo n 152/2006, nonché degli articoli. 2, 16 e 17 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per ingiustizia manifesta, contraddittorietà, violazione del principio di correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa.

Il procedimento avviato con la nota del 27 gennaio 2017 – finalizzato all’adozione, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, di una diffida nei confronti del Consorzio – avrebbe dovuto concludersi entro il termine di 30 giorni, con l’emanazione di un’ordinanza di provvedimento di diffida, oppure con un provvedimento di archiviazione. Invece il Consorzio ha chiesto una proroga, concessa dal Comune solo fino al 31 maggio 2017, sicché la sospensione dell’iter procedurale – legittima nei limiti di quanto previsto dall’art. 2, comma 7 della legge n. 241/1990 – è divenuta illegittima nel momento in cui si è trasformata in una sospensione sine die. La mancata indicazione del termine per il riavvio del procedimento determina una situazione di incertezza in ordine alla possibilità che il terreno di proprietà della ricorrente venga messo al riparo dagli inquinanti e alla possibilità che venga preso in considerazione l’utilizzo, anche solo temporaneo, del terreno stesso.

II) Violazione degli articoli 1 e 2 della legge n. 241/1990; violazione del principio di correttezza e buon andamento della pubblica amministrazione; eccesso di potere per ingiustizia manifesta.

A distanza di più di due anni dall’avvio del procedimento non è più tollerabile, né per la ricorrente, né per la collettività, che un procedimento finalizzato a prevenire il diffondersi e l’aggravamento dell’inquinamento delle acque di falda acquifera non si concluda, o con una diffida, o con l’archiviazione del procedimento. Difatti delle due l’una: o la contaminazione esiste, sia nel sito dell’ex SLOI, sia nel terreno di proprietà della ricorrente, e allora l’Amministrazione comunale deve intervenire; oppure, se non vale il metodo analitico utilizzato dall’APPA e la contaminazione non esiste, allora la ricorrente può utilizzare il terreno senza alcun vincolo.

7. Il Ministero dell’ambiente si è costituito in giudizio con memoria depositata in data 13 maggio 2019 eccependo, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione passiva, perché la ricorrente si duole dell’inerzia serbata dall’Amministrazione comunale.

In via subordinata il Ministero ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, perché la ricorrente in realtà mira ad ottenere una modifica dello strumento urbanistico comunale, sì da garantirsi un utilizzo temporaneo dell’area di sua proprietà indipendentemente dall’avvenuta integrale bonifica dell’area ex SLOI, senza però considerare che, secondo la giurisprudenza, l’azione di cui all’art. 31, comma 1, cod. proc. amm. non può essere strumentalmente impiegata per indurre l’attivazione di un procedimento di pianificazione, perché le scelte in materia urbanistica rientrano nella discrezionalità dell’autorità competente in materia di governo del territorio.

In via ulteriormente subordinata il Ministero ha precisato che non è configurabile una colpevole inerzia dell’Amministrazione statale in quanto: A) in data 22 febbraio 2016, 15 marzo 2017, 25 maggio 2017 e 10 luglio 2018 si sono svolte presso il Ministero, con la partecipazione delle Amministrazioni interessate, riunioni tecniche per l’esame dello stato di avanzamento del procedimento di bonifica del SIN di “Trento nord”; B) nel corso dell’ultima di tali riunioni i rappresentanti del Comune di Trento e dell’APPA hanno evidenziato una situazione di stallo nel procedimento di bonifica, dovuta al fatto che il Consorzio ha contestato, tra l’altro, il metodo di analisi utilizzato dal laboratorio dell’APPA per la determinazione del piombo dietile e trietile nelle acque di falda; C) la competente Direzione generale del Ministero con nota del 30 gennaio 2019 ha, quindi, sollecitato il Consorzio a trasmettere entro il 15 febbraio 2019 la proposta alternativa di metodo analitico per la determinazione dei parametri piombo dietile e trietile, ma il Consorzio con nota del 15 febbraio 2019 ha chiesto una proroga del termine; D) la predetta Direzione generale, considerati i continui rinvii richiesti dal Consorzio, ha convocato una riunione tecnica, rinviata al giorno 3 aprile 2019, al fine di definire le possibili misure di prevenzione a tutela della salute e dell’ambiente; E) all’esito di tale riunione, le Amministrazioni presenti hanno concordato che il Ministero dell’ambiente avrebbe valutato l’avvio del procedimento volto all’adozione di un’ordinanza dispositiva di misure di prevenzione e, per quanto riguarda il procedimento di valutazione delle analisi di rischio, avrebbe convocato una conferenza di servizi istruttoria per il giorno 20 maggio 2019, assegnando al Consorzio il termine del 3 maggio 2019 per la trasmissione della documentazione sul proprio metodo alternativo e la relativa relazione di equivalenza.

Lo stesso Ministero dell’ambiente, a conferma dell’inconfigurabilità di una colpevole inerzia dell’Amministrazione statale, con memoria depositata in data 6 giugno 2019 ha prodotto copia del verbale della conferenza di servizi istruttoria svoltasi il giorno 20 maggio 2019.

8. Anche la Provincia autonoma di Trento, costituitasi in giudizio in data 6 giugno 2019, con memoria depositata in data 18 giugno 2019 ha preliminarmente eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, perché la società ricorrente lamenta un’inerzia imputabile esclusivamente al Comune di Trento, fermo restando che nel presente giudizio è cessata la materia del contendere perché il Comune con la nota prot. C-L378/RFS053/0126460 in data 13 maggio 2019 ha archiviato il procedimento avviato nel gennaio 2017.

Nel merito la Provincia ha evidenziato – tra l’altro – che, nonostante i molteplici solleciti del Ministero, a pochi giorni dalla conferenza di servizi istruttoria fissata per il 20 maggio 2019 il Consorzio non aveva ancora trasmesso la documentazione allo stesso richiesta.

9. Il Comune di Trento si è costituito in giudizio in data 7 giugno 2019 per resistere al ricorso, producendo copia della suddetta nota prot. C-L378/RFS053/0126460 del 13 maggio 2019 ove sono riportate – a supporto della decisione di archiviare il procedimento avviato nel gennaio 2017 per «carenza di competenza specifica del comune ai fini dell’applicazione dell’art 245 del D.Lgs. 152/2006» – le seguenti motivazioni: A) parallelamente all’attività di bonifica avviata dal Consorzio, è stata «più volte richiamata la possibilità di procedere imponendo misure di prevenzione»; B) in particolare nella riunione tecnica del 3 aprile 2019 è emerso che «la messa in sicurezza di emergenza e gli obblighi di bonifica sono in capo al responsabile della contaminazione, che risulta non sia stato possibile individuare in passato. Le misure di prevenzione sono un obbligo in capo al soggetto proprietario, a prescindere se sia responsabile o meno della contaminazione. La misura di prevenzione è una misura volta ad impedire una minaccia di danno ambientale definita come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale. Il Ministero chiede sempre al proprietario, dal momento che è un suo obbligo, di valutare se è necessario o meno adottare le misure di prevenzione. Viceversa, qualora fosse il Ministero a dover imporre le misure di prevenzione con una ordinanza del Ministro (Parte VI del D. Lgs. 152/06) è necessario fare una istruttoria tecnica che fissi i punti su cui basare il provvedimento: a. esistenza della contaminazione; b. esistenza della minaccia di danno ambientale; c. identificazione delle misure di prevenzione da attuare. Il Comune, nel caso di specie, ha la competenza di individuare il responsabile della contaminazione, ai sensi dell’art. 244 del D.Lgs. 152/06. L’ordinanza sulle misure di prevenzione è di competenza del Ministero, che provvede ad emanarla, qualora ve ne siano i presupposti, sulla base di un accertamento che il Ministero svolge con il supporto degli organismi tecnici di cui può avvalersi, ad es. ARPA e ISPRA»; C) sempre nel corso della riunione è stato ribadito, in merito all’eventuale applicazione dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, che «il responsabile della contaminazione era stato a suo tempo individuato nelle società ex SLOI ed ex Carbochimica, che successivamente sono uscite di scena in quanto non più esistenti, secondo la ricostruzione fatta nella nota già trasmessa al Ministero. Nel 2012 è stato sottoscritto un accordo non con i soggetti responsabili, ma con i soggetti subentrati nella proprietà delle aree, non responsabili della contaminazione»; D) in definitiva, per quanto di competenza del Comune, «già nei primi anni 2000 si erano ricercati i responsabili dell’inquinamento ai fini dell’emanazione delle ordinanze comunali per i comparti ex SLOI e ex Carbochimica in vigenza del D.Lgs. 22/1997 e del D.M. 471/1999. Tale ricerca è stata più di recente rinnovata, ai sensi dell’art. 244 del D.Lgs. 152/2006, per mero scrupolo e diligenza, senza alcun risultato, anche per il lungo tempo trascorso dalla dismissione delle attività industriali inquinanti. Pertanto si conferma che quanto svolto per l’individuazione dei responsabili dell’inquinamento storico non ha consentito di reperire soggetti per cui dare applicazione all’art. 244 del D.lgs. 152/2006».

10. Il Consorzio di bonifica e sviluppo Trento nord si è costituito con memoria depositata in data 20 giugno 2019 per resistere al ricorso.

11. La società Sequenza con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 1° luglio 2019 ha impugnato la suddetta nota del Comune di Trento prot. C-L378/RFS053/0126460 in data 13 maggio 2019, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

I) Violazione degli articoli 244, 245 e 242 del decreto legislativo n. 152/2006, nonché dell’art. 102-quater, comma 6, del Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti; eccesso di potere per illogicità, insufficienza della motivazione e contraddittorietà con l’attività pregressa della stessa e delle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento.

L’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006, cui rinvia il successivo art. 245, stabilisce le procedure “spontanee” applicabili per l’attuazione di misure di prevenzione a carico del proprietario non responsabile dell’inquinamento, mentre l’art. 244, su cui si fonda il procedimento avviato dal Comune di Trento nel 2017, delinea la procedura “d’ufficio” – di competenza comunale ai sensi dell’art. 102-quater, comma 6, del Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, di cui al D.P.G.P. 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl. – applicabile per il caso di mancata attivazione da parte dell’obbligato. Ciò posto, la competenza del Comune in materia di imposizione di misure di prevenzione non è mai stata messa in discussione nella corrispondenza tra la ricorrente e le Amministrazioni interessate ed è stata più volte confermata dalla stessa Amministrazione comunale (con le note prot. n. C-L378/S503/4115 del 21 febbraio 2017 e n. C-L378/S503/63967 del 5 marzo 2019). Anche il Ministero dell’ambiente (con le note prot. n. 0024347/STA del 4 dicembre 2018 e prot. n. 0003301/STA/del 19 febbraio 2019) ha espressamente invitato il Comune a procedere in conformità agli articoli 242, 244 e 245 del d.lgs. n. 152/2006. Né rileva in senso contrario la posizione assunta dallo stesso Ministero dell’ambiente nel corso della riunione tecnica del 3 aprile 2019, secondo la quale sarebbe il Ministero stesso a dover imporre le misure di prevenzione con un’ordinanza del Ministro: difatti il Comune si è attivato in base a quanto previsto della parte IV del d.lgs. n 152/2006 in materia di bonifica dei siti contaminati, mentre il Ministero fa espresso riferimento alla propria competenza in materia di danno ambientale, di cui alla parte VI del d.lgs. n. 152/2006. In definitiva, l’impugnato provvedimento di archiviazione – fondato sulla asserita «carenza di competenza specifica del comune ai fini dell’applicazione dell’art 245 del D.Lgs. 152/2006» – è illegittimo per violazione le norme sulla bonifica dei siti contaminati, oltre ad essere illogico e in contrasto con precedenti atti del Comune di Trento e delle altre Amministrazioni interessate.

II) Violazione della legge n. 241/1990; violazione principio di correttezza e buon andamento della pubblica amministrazione; eccesso di potere per ingiustizia manifesta.

Secondo la giurisprudenza nel giudizio avverso il silenzio si verifica la cessazione della materia del contendere solo quando viene adottato un provvedimento che interrompe l’inerzia dell’amministrazione. Invece l’impugnato provvedimento di archiviazione, non essendo in alcun modo un satisfattivo dell’interesse fatto valere in giudizio, non determina la cessazione della materia del contendere; anzi non interrompe l’inerzia dell’Amministrazione Comunale e non determina il venir meno dell’obbligo di concludere il procedimento avviato nel 2017.

11. Il Comune di Trento con memoria depositata in data 4 ottobre 2019 ha preliminarmente riferito che fin dai primi anni 2000 l’Amministrazione comunale ha cercato e individuato i responsabili della contaminazione nelle società ex SLOI ed ex Carbochimica. Tuttavia di entrambe le società non vi era più traccia, in quanto risultavano estinte molti anni prima, né è stato possibile rintracciare i legali rappresentanti delle stesse perché irreperibili. Tale ricerca è stata rinnovata anche di recente, con il medesimo esito negativo. In ragione di quanto precede non è stato possibile adottare l’ordinanza prevista dall’art. 244 del d.lgs. n 152/2006, con la quale l’Amministrazione competente (che nella Provincia di Trento è il Comune, ai sensi dell’art. 102-quater, comma 6, del Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti), ricevuta la comunicazione del superamento dei valori di concentrazione soglia di contaminazione, “dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere”.

Quindi il Comune stesso si è rivolto agli attuali proprietari delle aree ricomprese nel SIN, non responsabili della contaminazione, riuniti nel Consorzio, con i quali in data 9 dicembre 2002 era stato sottoscritto un accordo di programma (successivamente modificato e da ultimo approvato con delibera della Giunta provinciale n. 1370 del 28 giugno 2012), in base al quale il Consorzio si è impegnato a predisporre l’analisi di rischio e il progetto operativo di bonifica e ripristino ambientale del sito, mentre il Comune, a fronte di tale impegno, ha riconosciuto in sede di pianificazione urbanistica un bonus volumetrico al “comparto C6”, incrementandone la capacità edificatoria a copertura dei costi della bonifica. In particolare il Comune con nota del 27 gennaio 2017 ha avviato nei confronti dei proprietari delle aree ricomprese nel SIN di “Trento Nord” il procedimento volto all’emanazione di una diffida, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, per l’adozione di misure di contenimento degli inquinanti al confine sud del comparto ex S.L.O.I. Tuttavia, nel corso della riunione del 3 aprile 2019 è stato definitivamente chiarito che «il Comune, nel caso di specie, ha la competenza di individuare il responsabile della contaminazione, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. 152/06. L’ordinanza sulle misure di prevenzione è di competenza del Ministero, che provvede ad emanarla, qualora ve ne siano i presupposti». Ai sensi dell’art. 304, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006, il “Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in qualsiasi momento, ha facoltà di: a) chiedere all’operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente; b) ordinare all’operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire; c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie”. Per tale ragione con l’impugnato provvedimento del 13 maggio 2019 è stata disposta l’archiviazione del procedimento avviato nel 27 gennaio 2017, fermo restando che sarà il Ministero, alla luce degli elementi richiesti nel corso della riunione, a valutare, in relazione alla contaminazione a valle delle aree del S.I.N. di “Trento Nord”, l’avvio del procedimento per l’adozione di una ordinanza dispositiva di misure di prevenzione.

In ragione di quanto precede il Comune di Trento ha conclusivamente eccepito la propria carenza di legittimazione passiva e, comunque, quanto al ricorso principale, l’improcedibilità dello stesso per carenza di interesse, evidenziando che «l’adozione di un provvedimento esplicito anche non satisfattivo, costituisce valida manifestazione della potestà amministrativa e fa venire meno i presupposti per la declaratoria dell’obbligo di provvedere, rendendo inutile il meccanismo di tutela giurisdizionale avverso il silenzio»; quanto al ricorso per motivi aggiunti, l’infondatezza delle suesposte censure, perché «l’eventuale decisione di adottare un’ordinanza dispositiva delle misure di prevenzione nei confronti degli attuali proprietari dell’ex SLOI è di competenza ministeriale», fermo restando che, a prescindere dalla competenza in materia di misure di prevenzione, ai sensi dell’art. 34, comma 2, cod. proc. amm. il giudice amministrativo non può pronunciarsi su poteri non ancora esercitati e, quindi, «la ricorrente non può pretendere dal Giudice l’emissione di un provvedimento satisfattivo dell’interesse fatto valere, in quanto la decisione di ordinare misure di prevenzione dipende dall’effettuazione di ulteriori approfondimenti istruttori rientranti nella discrezionalità tecnico-amministrativa delle amministrazioni preposte alla cura di interessi sensibili».

12. La Provincia autonoma di Trento con memoria depositata in data 7 ottobre 2019 – dopo aver illustrato vicende successive all’adozione dell’impugnato provvedimento di archiviazione (precisando, in particolare, che «il Consorzio non è ancora stato in grado di presentare una vera e propria procedura alternativa equivalente rispetto al metodo di analisi di APPA») ed aver insistito per l’accoglimento della propria eccezione di carenza di legittimazione passiva – ha sostenuto che, nell’ambito della procedura di bonifica dei siti contaminati, le ordinanze di cui all’art. 244 «attengono agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale e possono riguardare sia il responsabile della (potenziale) contaminazione, sia il cd. proprietario incolpevole»; tuttavia per i SIN come quello di “Trento Nord” «non è applicabile l’art. 244 …, bensì l’art. 252, comma 4, del D.Lgs. 152/2006», secondo il quale la procedura di bonifica è attribuita alla competenza del Ministero dell’ambiente.

13. Il Ministero dell’ambiente con memoria di replica depositata in data 14 ottobre 2019 ha insistito nella propria eccezione di carenza di legittimazione passiva, osservando poi che la ricorrente lamenta l’inerzia del Comune di Trento, che peraltro ha adottato l’impugnato provvedimento di archiviazione sul presupposto della competenza ministeriale in ordine all’adozione di misure di prevenzione, senza considerare però che il Ministero aveva espressamente invitato il Comune stesso a procedere secondo gli articoli 242, 244 e 245 del d.lgs. n. 152/2006. In particolare, secondo la difesa del Ministero, sebbene il Comune abbia archiviato il procedimento a seguito di quanto emerso nella riunione tecnica del 3 aprile 2019, tuttavia nella riunione il Ministero ha fatto riferimento «alla parte VI del decreto legislativo 152/06, ossia quella relativa alle norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente, e non alla parte IV, inerente alla bonifica dei siti inquinati, sulla cui scia si è mosso invece il Comune», ossia alla procedura, relativa alle ipotesi di pericolo di danno ambientale, che «dispiega la sua efficacia in un ambito diverso rispetto a quello previsto dalla parte IV».

Inoltre il Ministero, ad ulteriore riprova della fondatezza della propria eccezione evidenzia che il terreno di proprietà della ricorrente si trova all’esterno del SIN di “Trento Nord”, costituito da tre aree omogenee: l’area industriale dismessa ex SLOI, che produceva principalmente piombo tetraetile; l’area industriale chimica ex Carbochimica che produceva naftalina, olii per la preparazione del legno e pesi e distillava catrame; le Rogge demaniali, costituite da un reticolo di canali realizzati per il drenaggio delle campagne e trasformatesi, a seguito di urbanizzazione, in collettori di raccolta delle acque meteoriche. Dunque, se è vero che all’interno del SIN di “Trento Nord” è competente il Ministero, è anche vero che riguardo al terreno di proprietà della ricorrente la competenza non è del Ministero, bensì del Comune, ai sensi dell’art 102-quater, comma 6, del Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti; del resto è stata la pianificazione urbanistica comunale a subordinare l’utilizzazione del terreno di proprietà della ricorrente alla bonifica del sito ex SLOI.

14. Il Comune di Trento con memoria di replica depositata in data 17 ottobre 2019 ha eccepito l’inammissibilità della memoria di replica depositata dal Ministero dell’ambiente in data 14 ottobre 2019, osservando che la facoltà di replica, ai sensi dell’art. 73, comma 1, cod. proc. amm., discende dall’esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare una memoria conclusionale nel termine di trenta giorni prima dell’udienza di merito, con la conseguenza che, laddove tale facoltà non sia stata esercitata (come nel caso in esame), non può consentirsi la produzione di una memoria definita di replica, così dilatando il termine di produzione della memoria conclusionale.

Inoltre il Comune ha insistito per la declaratoria di improcedibilità del ricorso principale, per l’accoglimento della propria eccezione di carenza di legittimazione passiva, e per il rigetto dei motivi aggiunti, osservando che: A) pur competendo ai Comuni della Provincia di Trento l’adozione delle ordinanze di cui all’art. 244 del d. lgs. n. 152/2006, tuttavia tali ordinanze possono essere adottate solo nei confronti del responsabile dell’inquinamento, mentre nel caso in esame i responsabili sono risultati irreperibili; B) in ogni caso l’art. 102-quater, comma 6, del Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti non trova applicazione nel caso di un SIN come quello di “Trento Nord”, per il quale deve applicarsi l’art. 252 del d. lgs. n. 152/2006, che attribuisce alla competenza del Ministero dell’ambiente la procedura di bonifica; C) fermo restando quanto precede, avendo il Consorzio sottoscritto un accordo di programma, ai sensi dell’art. 245 del d.lgs. n. 152/2006, per attuare un progetto di bonifica su base volontaria, comunque il Ministero non potrebbe imporre la bonifica del sito ma, se ve ne fossero i presupposti, potrebbe imporre l’adozione di misure di prevenzione; D) la ricorrente ben potrebbe esperire i rimedi in materia di immissioni, previsti dall’art. 844 cod. civ., qualora l’inquinamento proveniente dal fondo confinante arrecasse un vulnus intollerabile al proprio diritto di proprietà.

15. Alla pubblica udienza del 7 novembre 2019 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Ai fini dell’esame delle complesse questioni sottoposte all’attenzione del Collegio, giova preliminarmente ricostruire il quadro normativo in cui vanno ad innestarsi le domande giudiziali formulate dalla società ricorrente nei confronti del Comune di Trento e, in particolare, la domanda di annullamento del provvedimento in data 13 maggio 2019, con il quale è stato archiviato, per «carenza di competenza specifica del comune ai fini dell’applicazione dell’art 245 del D.Lgs. 152/2006», il procedimento finalizzato all’adozione di un’ordinanza di diffida ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, volta ad imporre al Consorzio l’attuazione di misure di contenimento degli inquinanti al confine sud del SIN di “Trento Nord”, comparto ex SLOI.

2. Innanzi tutto l’art. 240, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 tiene ben distinte le “misure di prevenzione”, definite alla lett. i), come “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia” dalle altre tipologie di interventi previsti in materia di bonifica dei siti contaminati (cfr. la rubrica del titolo V della parte IV del d.lgs. n. 152/2006), quali: A) la “messa in sicurezza d’emergenza”, definita alla lett. m), come “ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente”; B) la “messa in sicurezza operativa”, definita alla lett. n) come “l’insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell’attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all’esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione delle contaminazioni all’interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l’efficacia delle soluzioni adottate”; C) la “bonifica”, definita alla lett. p) come “l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio”; D) gli interventi di “ripristino e ripristino ambientale”, definiti alla lett. q) come “gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici”.

Inoltre l’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006 pone in capo al “responsabile dell’inquinamento” l’obbligo di porre in essere le “procedure operative ed amministrative” finalizzate, in particolare, a prevenire i rischi di inquinamento (comma 1) e ad attuare gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza (comma 7), mentre il successivo art. 243, nel richiamare l’art. 242, si occupa delle specifiche procedure volte ad “impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati”. In particolare l’art. 243, comma 1, dispone – per quanto interessa in questa sede – che per impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati “devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall’articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette”.

L’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, a sua volta, prevede che la Provincia – laddove sia stato accertato che i livelli di contaminazione di un sito sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione fissati dalla normativa vigente – deve individuare il responsabile dell’inquinamento e diffidarlo, con ordinanza motivata, a provvedere ai sensi del titolo V del d.lgs. n. 152/2006 (comma 2), specificando che l’ordinanza “è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 253” (comma 3) e che, se il responsabile dell’inquinamento non è individuabile o non provvede e non provvede neppure il proprietario del sito né altro soggetto interessato, “gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall’amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall’articolo 250” (comma 4). Nella Provincia di Trento la competenza ad adottare le ordinanze previste dall’art. 244 è attribuita ai Comuni ai sensi del sesto comma dell’art. 102-quater (rubricato “Disposizioni in materia di rifiuti e di bonifica di siti contaminati”) del Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, approvato con il D.P.G.P. 26 gennaio 1987, n. 1-41/Legisl..

Diversa dalla posizione del responsabile dell’inquinamento è quella dei “soggetti non responsabili della potenziale contaminazione”, ai quali si riferisce l’art. 245 del d.lgs. n. 152/2006, prevedendo (al comma 1) che “Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili” e (al comma 2) che “Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’articolo 242, il proprietario o il gestore dell’area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all’articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l’identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell’ambito del sito in proprietà o disponibilità”.

Tale differente disciplina – ossia la previsione dell’obbligo di porre in essere le suddette procedure operative e amministrative in capo responsabile dell’inquinamento, da un lato, e la previsione di una mera facoltà di porre in essere tali procedure in capo agli altri soggetti interessati, ivi compreso il proprietario o il gestore dell’area, non responsabili dell’inquinamento, cui è imposto solo l’obbligo di “attuare le misure di prevenzione”, dall’altro – è stata in più occasioni posta in rilievo dalla giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2016, n. 4099; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. IV, 6 novembre 2017, n. 2088; T.A.R. Sardegna Cagliari, Sez. I, 16 dicembre 2011, n. 1239) nel senso che l’obbligo di bonifica dei siti contaminati grava sul responsabile dell’inquinamento (in base al principio “chi inquina paga”), e non sul proprietario dell’area, con la conseguenza che, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione, gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza o definitiva, di bonifica, di ripristino e di ripristino ambientale possono essere imposti solo ai soggetti responsabili dell’inquinamento, ossia a coloro che abbiano causato, in tutto o in parte, la contaminazione con un comportamento, commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità.

In sostanza, secondo tale condivisibile giurisprudenza, non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva in capo al proprietario o al gestore del sito in ragione di tale sola qualità, dal suesposto quadro normativo emergono le seguenti regole: A) il proprietario o il gestore dell’area, non responsabili dell’inquinamento, sono tenuti soltanto ad adottare le misure di prevenzione (art. 245, comma 2); B) gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano solo sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l’inquinamento (art. 244, comma 2); C) se il responsabile non è individuabile o non provvede, gli interventi necessari sono adottati dall’amministrazione competente (art. 244, comma 4); D) le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate agendo in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito dopo l’esecuzione degli interventi medesimi (art. 253, comma 4); E) a garanzia di tale diritto di rivalsa, il sito è gravato da un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare (art. 253, comma 2).

3. Giova poi evidenziare che per i SIN – come quello di “Trento Nord” – l’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 dispone che “La procedura di bonifica di cui all’articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle attività produttive. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi anche dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente delle regioni interessate e dell’Istituto superiore di sanità nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati” (comma 4) e che “Nel caso in cui il responsabile non provveda o non sia individuabile oppure non provveda il proprietario del sito contaminato né altro soggetto interessato, gli interventi sono predisposti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, avvalendosi dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), dell’Istituto superiore di sanità e dell’E.N.E.A. nonché di altri soggetti qualificati pubblici o privati” (comma 5).

4. Distinta dalla disciplina in materia di “bonifica dei siti contaminati”, di cui al titolo V della parte IV del d.lgs. n. 152/2006, è quella in materia di “tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente”, di cui alla parte VI del d.lgs. n. 152/2006. Nell’ambito di tale disciplina rilevano in questa sede le norme in materia di prevenzione del danno ambientale (definito dall’art. 300, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 come “qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima”).

In particolare ai sensi dell’art. 304, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 il Ministro dell’ambiente – nell’ambito dell’azione di prevenzione del danno ambientale di sua competenza – “in qualsiasi momento, ha facoltà di: a) chiedere all’operatore di fornire informazioni su qualsiasi minaccia imminente di danno ambientale o su casi sospetti di tale minaccia imminente; b) ordinare all’operatore di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, precisando le metodologie da seguire; c) adottare egli stesso le misure di prevenzione necessarie”. Ai sensi del comma 4 dello stesso art. 304, “Se l’operatore non si conforma agli obblighi previsti al comma 1 o al comma 3, lettera b), o se esso non può essere individuato, o se non è tenuto a sostenere i costi a norma della parte sesta del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha facoltà di adottare egli stesso le misure necessarie per la prevenzione del danno, approvando la nota delle spese, con diritto di rivalsa esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, se venga individuato entro il termine di cinque anni dall’effettuato pagamento”.

5. Passando all’esame del ricorso, si deve innanzi tutto rammentare che anche nel processo amministrativo trova applicazione, in forza del rinvio esterno di cui all’art. 39 cod. proc. amm. il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ. (secondo il quale “il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa”). Inoltre, secondo l’art. 34, comma 2, cod. proc. amm. “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

Pertanto il Collegio può e deve pronunciarsi soltanto sulle domande giudiziali formulate nei confronti del Comune di Trento, limitandosi a verificare se il potere di ordinanza di cui all’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006 sia stato correttamente esercitato dall’Amministrazione comunale.

6. Ciò posto, in via preliminare devono essere accolte le eccezioni di carenza di legittimazione passiva sollevate dal Ministero dell’ambiente e dalla Provincia di Trento nelle rispettive difese, eccezioni riferibili anche all’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente e all’Azienda provinciale per i servizi sanitari (che non si sono neppure costituite in giudizio).

Difatti la società Sequenza con il ricorso principale chiede esclusivamente l’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia serbata dal Comune di Trento nel concludere il procedimento avviato d’ufficio dal Comune stesso ai fini dell’eventuale adozione, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, di un’ordinanza di diffida nei confronti del Consorzio, e con il ricorso per motivi aggiunti chiede esclusivamente l’annullamento del provvedimento con cui il Comune di Trento ha disposto l’archiviazione di tale procedimento. Dunque le uniche parti necessarie del presente giudizio sono da individuare nel Comune di Trento, in quanto amministrazione titolare del potere che non sarebbe stato correttamente esercitato nella fattispecie, e nel Consorzio, da qualificare come un controinteressato formale.

7. Non si può invece dubitare della legittimazione e dell’interesse ad agire della ricorrente, palesati dal fatto che il terreno di sua proprietà è inquinato per effetto della mancata adozione di misure di contenimento dell’inquinamento nel confinante SIN di “Trento nord”, comparto ex SLOI e, quindi, l’utilizzo, anche solo provvisorio, del terreno stesso dipende, per le ragioni innanzi evidenziate, dalla definizione del procedimento avviato dal Comune nei confronti del Consorzio al fine di porre rimedio all’inquinamento della falda acquifera.

8. Sempre in via preliminare il ricorso principale deve essere dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, perché il procedimento avviato dal Comune nel gennaio 2017 si è concluso con l’adozione della nota in data 13 maggio 2019, con la quale il Servizio urbanistica e ambiente del Comune ha disposto l’archiviazione del procedimento, per «carenza di competenza specifica del comune ai fini dell’applicazione dell’art 245 del D.Lgs. 152/2006», invocando gli esiti della riunione svoltasi il 3 aprile 2019 presso il Ministero dell’ambiente, nel corso della quale è emerso – secondo quanto afferma il Comune nelle proprie difese – che nel caso di specie all’Amministrazione comunale spettava soltanto il compito di individuare il responsabile della contaminazione, ai fini dell’adozione di un’ordinanza ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. 152/2006, mentre l’eventuale adozione, nei confronti del Consorzio (che rappresenta i proprietari non responsabili dell’inquinamento) di un’ordinanza con cui vengono disposte misure di prevenzione spetta al Ministero dell’ambiente.

Ne consegue che, essendo il ricorso principale volto esclusivamente l’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia serbata dal Comune di Trento nel concludere il procedimento avviato nel gennaio 2017, la società Sequenza non ha più alcun interesse ad una pronuncia di merito, perché il suo interesse si è spostato sulla domanda di annullamento della nota in data 13 maggio 2019, impugnata con il ricorso per motivi aggiunti, teso a dimostrare l’erroneità delle ragioni che hanno determinato l’archiviazione del procedimento. Del resto, secondo una consolidata e condivisibile giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III 27 agosto 2014, n. 4396), l’adozione di un provvedimento esplicito, ancorché non satisfattivo dell’interesse fatto valere in giudizio, rende il ricorso improcedibile, perché determina il superamento della situazione di inerzia procedimentale e di violazione dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro i termini all’uopo previsti, ferma restando la possibilità, per l’interessato di proseguire il giudizio con il rito ordinario impugnando il provvedimento ai sensi dell’art. 117 comma 5, cod. proc. amm. (com’è avvenuto nel caso in esame).

9. Passando all’esame della domanda proposta con i motivi aggiunti, il Collegio ritiene che le suesposte censure possano essere trattate congiuntamente, ma non possano essere accolte, sicché si può prescindere dall’esame dell’eccezione sollevata dal Comune di Trento con riferimento alla memoria di replica depositata dal Ministero dell’ambiente in data 14 ottobre 2019.

10. La ricorrente afferma che il Comune avrebbe erroneamente disposto l’archiviazione del procedimento in base a quanto emerso nel corso della riunione tecnica del 3 aprile 2019, perché l’art. 244 del d.lgs. 152/2006 può trovare applicazione – quantomeno ai fini dell’imposizione dell’obbligo di attuare misure di prevenzione (che l’art. 240, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 152/2006 definisce come “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”) – in ogni caso di mancata attivazione spontanea da parte dell’obbligato, ossia non solo nei confronti del responsabile dell’inquinamento, ma anche nei confronti del proprietario o del gestore del sito inquinato, seppure non responsabili dell’inquinamento. In particolare la ricorrente sostiene che la competenza del Comune in materia di imposizione di misure di prevenzione non è mai stata messa in discussione nella corrispondenza con le Amministrazioni interessate ed è stata più volte confermata dal Ministero dell’ambiente e dalla stessa Amministrazione comunale. Del resto, il Ministero nel corso della riunione del 3 aprile 2019 ha fatto riferimento alla propria competenza in materia di danno ambientale, di cui alla parte VI del d.lgs. n. 152/2006, mentre il Comune nel gennaio 2017 si è attivato in base a quanto previsto della parte IV del d.lgs. n 152/2006, in materia di bonifica dei siti contaminati. In definitiva l’impugnato provvedimento di archiviazione sarebbe viziato per violazione delle norme sulla bonifica dei siti contaminati, nonché da eccesso di potere, in quanto contrastante con precedenti atti dello stesso Comune di Trento e delle altre Amministrazioni interessate.

La tesi della ricorrente sembra trovare conforto nelle difese del Ministero dell’Ambiente e, almeno in parte, in quelle della Provincia. In particolare il Ministero a riprova della competenza del Comune di Trento ai fini dell’adozione di un ordinanza ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. 152/2006, nel confermare di aver espressamente invitato il Comune stesso a procedere secondo gli articoli 242, 244 e 245 del d.lgs. n. 152/2006, ha precisato che nella riunione tecnica del 3 aprile 2019 il proprio rappresentante ha fatto riferimento «alla parte VI del decreto legislativo 152/06, ossia quella relativa alle norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente, e non alla parte IV, inerente alla bonifica dei siti inquinati, sulla cui scia si è mosso invece il Comune», ed ha affermato di essere competente all’interno del delle aree SIN di “Trento Nord”, mentre il terreno di proprietà della ricorrente ricade all’esterno di tali aree e, quindi, rientra nella competenza del Comune di Trento.

La Provincia, a sua volta, ha affermato, in termini generali, che nell’ambito delle “procedure operative ed amministrative” di cui alla parte IV del d.lgs. n 152/2006 le ordinanze di cui all’art. 244 «attengono agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale e possono riguardare sia il responsabile della (potenziale) contaminazione, sia il cd. proprietario incolpevole» (sicché potrebbe ritenersi che il Comune possa attivarsi nei confronti del Consorzio, sebbene si tratti di un soggetto non responsabile dell’inquinamento), ma ha poi precisato che per i SIN come quello di “Trento Nord” «non è applicabile l’art. 244 …, bensì l’art. 252, comma 4, del D.Lgs. 152/2006», secondo il quale la procedura di bonifica di cui all’art. 242 è attribuita alla competenza del Ministero dell’ambiente.

11. La tesi della ricorrente, che individua nel Comune l’amministrazione competente a provvedere, a ben vedere non può essere accolta per tre distinti ordini di motivi.

Innanzi tutto è vero che, mentre gli obblighi relativi messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano soltanto sul responsabile dell’inquinamento, invece anche il proprietario o il gestore dell’area non responsabili dell’inquinamento (al pari del responsabile dell’inquinamento) sono tenuti, ai sensi dell’art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, ad attuare le “misure di prevenzione” di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 152/2006. Tuttavia non può sottacersi che l’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006 (che radica il potere attribuito al Comune) fa espresso riferimento soltanto al responsabile dell’inquinamento quale destinatario dell’ordinanza, senza menzionare il proprietario o il gestore dell’area non responsabili dell’inquinamento. Parimenti l’art. 245 del d.lgs. n. 152/2006 (che disciplina la posizione dei “soggetti non responsabili della potenziale contaminazione”) non richiama affatto il potere di ordinanza di cui all’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006. Ciò spiega, a giudizio del Collegio, perché lo stesso Ministero dell’ambiente nel corso della riunione tecnica del 3 aprile 2019 – premesso che «Il Ministero chiede sempre al proprietario, dal momento che è un suo obbligo, di valutare se è necessario o meno adottare le misure di prevenzione» – abbia fatto riferimento alla possibilità che «fosse il Ministero a dover imporre le misure di prevenzione con una ordinanza del Ministro (Parte VI del D. Lgs. 152/06)», così confermando la propria competenza ad imporre coattivamente ai “soggetti non responsabili della potenziale contaminazione” l’attuazione delle misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 152/2006, seppure attraverso l’esercizio del diverso potere previsto dall’art. 304, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006.

Deve allora conclusivamente ritenersi che, laddove il proprietario o il gestore dell’area non responsabili dell’inquinamento non attivino spontaneamente le misure di prevenzione di cui all’art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, l’unico rimedio possibile per imporre a tali soggetti l’attuazione di tali misure sia l’adozione di un’ordinanza ministeriale ai sensi dell’art. 304, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006, ove ne sussistano i presupposti.

In via subordinata – anche a voler ritenere che l’ordinanza di cui all’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006 possa essere adottata anche nei confronti del proprietario o del gestore dell’area, non responsabili dell’inquinamento, in ragione della mancata spontanea attuazione delle necessarie misure di prevenzione – comunque il Comune di Trento, a distanza di anni della campagna di monitoraggio della falda acquifera dell’autunno 2014, non potrebbe imporre al Consorzio l’attuazione di misure di prevenzione, essendo l’inquinamento della falda già in essere. Infatti con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame una condivisibile giurisprudenza (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. IV, 6 novembre 2017, n. 2088) – premesso che le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 152/2006 vanno distinte dagli interventi di messa in sicurezza e di bonifica (che gravano solo sul responsabile dell’inquinamento) – ha precisato che le misure imposte con il provvedimento oggetto del ricorso non erano «destinate a impedire un imminente evento dannoso, nel contenuto intervallo di tempo tra quando il proprietario dell’area contaminata ha acquisito consapevolezza della minaccia, e l’Autorità competente è posta in grado di affrontare l’evento critico», perché alla ricorrente venivano richiesti «interventi di riparazione e di messa in sicurezza, non contingenti ma continuativi, e evidentemente non riferibili alla fase iniziale di una emergenza»; per tale ragione è stato ritenuto illegittimo il provvedimento che mirava ad «ampliare gli oneri gravanti sul proprietario rispetto a quelli stabiliti per legge, senza tener conto che le misure di prevenzione sono dirette a contrastare una minaccia ambientale imminente, che possa realizzarsi in un futuro prossimo, e non riguardano, dunque, né situazioni in cui l’inquinamento sia un fenomeno già ampiamente diffuso, né interventi che richiedano soluzioni tecniche incompatibili con la salvaguardia immediata del bene».

Ne consegue che le «misure di contenimento degli inquinanti» alle quali si riferisce il Comune di Trento nella comunicazione di avvio del procedimento del gennaio 2017 vanno identificate con misure diverse dalle misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), del d.lgs. n. 152/2006, ossia con le misure volte ad “impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati”, di cui all’art. 243 del d.lgs. n. 152/2006 e che, proprio per tale ragione, il Comune ha correttamente riconosciuto la propria incompetenza ad adottare un’ordinanza ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006 nei confronti del Consorzio, trattandosi di un soggetto che rappresenta i proprietari delle aree dalle quali dipende la contaminazione, ma che non risultano responsabili dell’inquinamento (sul punto non vi è contestazione).

In aggiunta a quanto precede, un’ulteriore ragione ostativa all’adozione, da parte del Comune di Trento, di un’ordinanza ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006 è costituita dal fatto che – come evidenziato nelle difese della Provincia e del Comune – la fonte dell’inquinamento del terreno di proprietà della ricorrente si trova a sud del sito ex SLOI ed è con esso confinante, perché la presenza di piombo dietile e trietile è stata rilevata in un piezometro posto a valle del terreno di proprietà della ricorrente, lungo la direttrice di scorrimento della falda acquifera da nord verso sud (anche su questo punto non vi è contestazione). Erra allora il Ministero quando afferma che nella fattispecie sussiste la competenza del Comune di Trento perché il terreno di proprietà della ricorrente ricade all’esterno delle aree ricomprese nel SIN. Il Ministero non considera, da un lato, che nel caso di siti di interesse nazionale (come quello di Trento Nord”) ai sensi dell’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006 la procedura di bonifica “è attribuita alla competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle attività produttive”; dall’altro, che l’art. 243, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 – nel prevedere che per impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati “devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall’articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette”, si riferisce evidentemente al sito nel quale si trova la fonte della contaminazione (nel caso in esame il sito ex SLOI) e non al sito che risulta inquinato per effetto dello scorrimento delle acque di falda.

Ne consegue che non si comprende come il Comune di Trento potrebbe imporre (mediante un’ordinanza ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006) al Consorzio l’attuazione delle «misure di contenimento degli inquinanti» di cui alla comunicazione di avvio del procedimento del gennaio 2017, senza invadere la competenza del Ministero dell’ambiente (fissata dall’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006), tanto più se si considera che il Consorzio ha sottoscritto un accordo di programma in base al quale si è impegnato a predisporre l’analisi di rischio e il progetto operativo di bonifica e ripristino ambientale.

12. In definitiva, il ricorso per motivi aggiunti deve essere respinto in quanto il Comune di Trento con l’impugnata nota in data 13 maggio 2019 ha correttamente riconosciuto la propria incompetenza ad adottare un’ordinanza ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, volta ad imporre al Consorzio l’obbligo di attuare misure volte ad impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee provenienti dal sito ex SLOI, ed ha legittimamente concluso con un provvedimento espresso di archiviazione il procedimento avviato nel gennaio 2017 nei confronti del Consorzio.

13. Nonostante la reiezione del ricorso per motivi aggiunti, sussistono comunque i presupposti per compensare integralmente, tra la ricorrente, il Comune di Trento ed il Consorzio, le spese del presente giudizio, sia in ragione della complessità delle questioni trattate, sia perché il procedimento avviato dal Comune nel gennaio 2017 si è concluso soltanto in data 13 maggio 2019, nonostante le molteplici sollecitazioni della ricorrente e comunque solo dopo la proposizione del ricorso principale. Nulla si deve disporre nei confronti delle altre Amministrazioni, che non sono parti necessarie e sono state evocate in giudizio per mero tuziorismo.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino – Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 61/2019 e sul ricorso per motivi aggiunti in epigrafe indicato, dichiara il primo improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e respinge il secondo perché infondato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Roberta Vigotti, Presidente

Carlo Polidori, Consigliere, Estensore

Antonia Tassinari, Consigliere

Scarica in pdf il testo della sentenza: t.g.r.a. trento, sez. unica, sent. n. 154-2019