Rifiuti. Obbligo di bonifica e proprietario incolpevole. Limite del valore di mercato per il rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione pubblica.

TAR Toscana, Sez. I, sentenza n. 1635 del 11 novembre 2016 (ud. 26 ottobre 2016)
Pres. Pozzi, Est. Bellucci
Rifiuti. Obbligo di bonifica e proprietario incolpevole. Art. 253 comma 4 d. lgs. 152/2006. Rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione pubblica. Limite del valore di mercato. Art. 16 Direttiva n. 2004/35/CE.

Lo status di proprietario incolpevole preclude all’amministrazione di imporgli misure di prevenzione e di riparazione, ma non anche di richiedergli il rimborso delle spese sostenute per la bonifica eseguita d’ufficio.
Sul punto rileva l’art. 253, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, secondo cui “il proprietario non responsabile dell’inquinamento può essere tenuto a rimborsar le spese degli interventi adottati dall’autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi”, con la conseguenza che nei confronti del proprietario incolpevole non sussiste una generale esenzione dagli oneri economici di bonifica. Del resto, l’art. 16 della direttiva n. 2004/35/CE (ispirata al principio “chi inquina paga”) stabilisce che la direttiva stessa “non preclude agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni più severe in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, comprese l’individuazione di altre attività da assoggettare agli obblighi di prevenzione e di riparazione previsti dalla presente direttiva e l’individuazione di altri soggetti responsabili”, in tal modo ammettendo l’introduzione, nei singoli ordinamenti nazionali, di una disciplina più rigorosa in tema di danni ambientali, anche attraverso la chiamata a responsabilità di soggetti diversi dall’autore dell’inquinamento, sui quali far gravare l’obbligo di tenere indenne l’ente pubblico dei costi da questo sostenuti per l’esecuzione delle operazioni di bonifica.

TAR Toscana, Sez. I, sentenza n. 1635 del 11 novembre 2016 (ud. 26 ottobre 2016)
N. 01635/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01464/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1464 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Parco delle Cascine s.r.l. (ora Fallimento Fidia s.p.a.), rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Stancanelli C.F. STNGPP32S26G273I e Antonio Stancanelli C.F. STNNTN67P24D612V, con domicilio eletto presso il loro studio in Firenze, via Masaccio n. 172;

contro

Comune di Firenze, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Minucci C.F. MNCNLS65R70D612B e Andrea Sansoni C.F. SNSNDR54H14B509X, con domicilio eletto presso la Direzione dell’Avvocatura comunale;

per l’annullamento

– del provvedimento dirigenziale n. 2007/DD/04608 del 30.5.2007, pubblicato sul sito web del Comune di Firenze in data 18.6.2007, per la parte con la quale è stato disposto che l’Amministrazione provveda al recupero delle somme, per la bonifica di un’area destinata all’edificazione pubblica, nei confronti della società “Parco delle Cascine s.r.l.”;

e per l’annullamento, chiesto con i motivi aggiunti depositati in giudizio il 6 ottobre 2011:

-dell’invito al pagamento della somma di euro 989.715,00, contenuto nella raccomandata del 21.06.2011 prot. n. 0053800 della Direzione nuove infrastrutture e mobilità, Servizio programmazione progettazione e controllo avanzamento lavori, a firma del RUP;

nonché per l’annullamento, chiesto con motivi aggiunti depositati in giudizio l’8 febbraio 2012:

-del provvedimento dirigenziale n. 2011/DD10418 del 17.11.2011, notificato l’1.12.2011, con cui è stato ingiunto a Fidia S.p.A. (ex Parco delle Cascine s.r.l.) il pagamento della somma di euro 999.058,20.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2016 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I proprietari di un’area situata in Firenze, via Toscanini e via Respighi, nella quale si trovava lo stabilimento della società Sime, presentarono una proposta di programma di riqualificazione urbana.

Tale proposta fu accolta dal Comune di Firenze con deliberazione consiliare n. 855 del 6.3.1996 e ammessa al finanziamento dal CER, previa intesa con la Conferenza Stato-Regione, mediante protocollo d’intesa.

I proponenti provvidero quindi alla progettazione definitiva delle opere e, in data 2.2.2000, sottoscrissero con il Comune di Firenze la convenzione attuativa del programma di riqualificazione urbana dell’ex area Sime (documento n. 2 allegato al ricorso). Per effetto di essa i soggetti attuatori si impegnavano a cedere gratuitamente al Comune mq. 22.900 di aree, libere da vincoli, pesi ed ipoteche, ed a consegnare il terreno su cui sarebbe stato realizzato l’intervento di edilizia residenziale pubblica entro 30 giorni dalla richiesta del Comune stesso, con la precisazione che la cessione definitiva sarebbe avvenuta a opere di urbanizzazione concluse (art. 5, commi 1 e 3).

La stessa convenzione stabiliva che le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sarebbero state realizzate a scomputo degli oneri di urbanizzazione (art. 7 comma 2), con la precisazione che le spese di eventuale bonifica dei terreni destinati all’ubicazione delle suddette opere sarebbero state riconosciute come opere di urbanizzazione.

Ai soggetti attuatori firmatari della convenzione succedette la Parco delle Cascine s.r.l..

L’Arpat, con nota del 30.10.2001 (documento n. 11 depositato in giudizio dal Comune), fece presente all’amministrazione che si trovavano, nelle aree in argomento, numerose cisterne interrate, che vi erano imbrattamenti del suolo e che il terreno risultava contaminato con policlorobifenili, con pericolo di superamento dei limiti di concentrazione previsti dal D.M. n. 471/1999; su tale premessa l’Arpat evidenziò la necessità di svuotare in sicurezza le cisterne onde evitare il trafilamento nel suolo sottostante, di eliminare gli imbrattamenti di suolo, smaltire i materiali di risulta delle operazioni e gli altri rifiuti.

Il Sindaco del Comune di Firenze, con ordinanza n. 7297 del 31.10.2001 (documento n. 12 depositato in giudizio dal medesimo), ordinò alla società Parco delle Cascine gli interventi di svuotamento delle cisterne, di eliminazione degli imbrattamenti e lo smaltimento.

La Conferenza dei Servizi, in data 10.2.2004, espresse parere favorevole all’approvazione del progetto definitivo di bonifica presentato dalla società Parco delle Cascine, avente ad oggetto, quale lotto n. 2, la zona interessata dall’intervento di edilizia residenziale pubblica (documento n. 13 del Comune).

La giunta comunale, con deliberazione n. 114 del 2.3.2004 (documento n. 14), approvò tale progetto, cosicché il responsabile del servizio gestione rifiuti, in data 11.3.2004, autorizzò la società Parco delle Cascine ad eseguire la bonifica prevista nel citato progetto (documento n. 15).

Il Comune di Firenze, con missiva datata 15.7.2004 (documento n. 3 allegato all’impugnativa), precisò che, ai sensi dell’art. 5, comma 1, della convenzione e dell’art. 20, commi 2 e 3, della L.R. n. 25/1998, le spese di caratterizzazione e trattamento del materiale dovevano essere messi a carico dell’operatore privato; tale posizione fu ribadita con lettera dell’8.10.2004 (documento n. 4 prodotto dalla deducente). Nel frattempo il Comune, con provvedimento dirigenziale del 27.8.2004 (documento n. 17 depositato in giudizio dal Comune stesso), approvò la variante al progetto di bonifica, richiesta dalla società istante in data 18.6.2004.

Quest’ultima, per la prima volta, con missiva datata 13.10.2004 (documento n. 20 prodotto dalla parte resistente), nel rispondere alla lettera dell’8.10.2004, obiettò che non potevano essere messe a suo carico le spese di bonifica delle aree destinate alla realizzazione dell’edilizia residenziale pubblica.

Il Comune replicò con nota del 6.12.2004 (documento n. 21 da esso depositato in giudizio), evidenziando tra l’altro che la società Parco delle Cascine aveva depositato un enorme cumulo di terreno (cumulo CD) inquinato sino a 48,6 microg/kg di PCB, sul lotto destinato all’edilizia pubblica, già bonificato nella parte inquinata.

L’Ente, con raccomandata del 30.12.2004 (documento n. 22), segnalò alla controparte che avrebbe conferito l’incarico di bonifica all’impresa Sicureco (già incaricata dalla ricorrente per altri interventi), con addebito delle spese alla controparte stessa.

In data 10.3.2005 la ricorrente ha consegnato al Comune di Firenze l’area ERP per la quale era necessaria la bonifica (documento n. 8 allegato al gravame).

Dalle relazioni tecniche presentate dalla società Sicureco è risultato che nel 2006 vi erano valori di inquinamento più alti che nel 2005 (documenti n. 25, 26 e 27 depositati in giudizio dall’amministrazione; si vedano le pagine 7 e 8 della memoria difensiva prodotta da quest’ultima in data 25.2.2012).

Vi è stato un successivo scambio di corrispondenza tra le parti, in ordine alla modalità di scomputo dei costi di bonifica relativi alle opere di urbanizzazione (documenti n. 9, 10, 11, 12, 13 e 14 allegati al gravame) ed alla questione della bonifica dell’area ERP (documenti n. 15, 16, 17, 18 e 19 depositati in giudizio dalla parte istante).

Il Comune, con determinazione del 30.5.2007 (documento n. 31 dal medesimo depositato in giudizio), ha avviato la procedura di gara per la scelta del contraente cui affidare il servizio di raccolta e recupero dei terreni relativi all’edificazione pubblica ed ha disposto il recupero delle spese concernenti tale servizio nei confronti della Parco delle Cascine s.r.l..

Avverso tale provvedimento la ricorrente è insorta deducendo:

1) violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990;

2) falsa applicazione della convenzione del 2.2.2000: travisamento dei fatti;

3) eccesso di potere per travisamento dei fatti;

4) falsa applicazione dell’art. 20, comma 3, della L.R. n. 25/1998; violazione di legge; violazione del giusto procedimento.

In pendenza del gravame il responsabile unico del procedimento, con nota del 21.6.2011, ha invitato la ricorrente a corrispondere al Comune la somma di euro 989.715 (IVA inclusa), relativa al servizio di raccolta e recupero dei terreni destinati ad edificazione pubblica, in esecuzione del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo.

La ricorrente (Fidia s.p.a., già Parco delle Cascine s.r.l.) è insorta avverso la sopravvenuta determinazione con motivi aggiunti depositati in giudizio il 6.10.2011, incentrati sulle censure precedentemente dedotte in via principale.

Successivamente il Comune di Firenze, con ordinanza del 17.11.2011, ha ingiunto a Fidia s.p.a. il pagamento dell’importo di euro 999.058,20.

Il suddetto provvedimento è stato impugnato con ulteriori motivi aggiunti, depositati in giudizio l’8.2.2012, incentrati sulle stesse censure precedentemente dedotte.

Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze.

Questo TAR, con ordinanza n. 149 del 29.2.2012, ha respinto l’istanza cautelare proposta con i secondi motivi aggiunti.

Tale pronuncia è stata confermata dal Consiglio di Stato, con ordinanza n. 1746 del 9.5.2012.

Nelle more del giudizio è stato dichiarato il fallimento di Fidia s.p.a..

Con memoria depositata in giudizio in data 23.9.2016 si è costituito il curatore del fallimento.

All’udienza del 26 ottobre 2016 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.

Il Comune ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto tardivamente, sull’assunto che già con missiva del 15.7.2004 e determina dirigenziale datata 27.8.2004 (che confermava l’estensione dell’obbligo di bonifica all’area e.r.p.) erano dettati i tempi di bonifica, mentre il progetto di bonifica presentato dalla ricorrente era approvato con deliberazione della giunta comunale n. 114 del 2.3.2004 (documenti n. 14, 16 e 17), peraltro preceduta dall’ordinanza del 31.10.2001, contenente l’ordine di presentare il piano di caratterizzazione (documento n. 12).

L’eccezione è infondata.

Le successive missive inoltrate dal Comune alla ricorrente, di risposta alle obiezioni sollevate dall’interessata, hanno portato ad un riesame delle questioni sollevate ed a repliche basate su rinnovate argomentazioni motivazionali, talvolta riferite agli obblighi di convenzione, talaltra all’art. 20, comma 2, della L.R. n. 25/1998, ed altre volte ancorate alla disponibilità della società istante a fornire un ausilio in ordine alla ricerca di soluzioni idonee a minimizzare i costi di smaltimento delle terre inquinate. Rileva, nell’insieme, un vasto scambio di corrispondenza (documenti da 15 a 20 allegati all’impugnativa) dimostrante l’ampio contraddittorio svoltosi tra le parti prima dell’adozione degli atti impugnati, i quali si basano su una rinnovata istruttoria, come dimostra la comunicazione di avvio del procedimento del 4.6.2007 (successiva all’adozione dell’impugnato provvedimento del 30.5.2007).

Occorre altresì considerare, comunque, che la controversia in esame verte su diritti ed obblighi delle parti conseguenti alla stipulazione della convenzione di riqualificazione urbana (ricalcante sostanzialmente lo schema e la causa tipica delle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della legge 17 agosto 1942 n. 1150), come del resto rimarcato nella contestata ingiunzione del 17.11.2011 (laddove è precisato che il Comune di Firenze aveva in precedenza invitato la società istante a procedere alla bonifica in quanto l’area sulla quale doveva sorgere l’edificio residenziale pubblico doveva essere bonificata a spese dell’operatore privata “come da convenzione”). Pertanto, sotto tale profilo la pretesa della ricorrente di sottrarsi alle richieste economiche del Comune è sottoposta al termine di prescrizione proprio dei diritti soggettivi, e non al termine di decadenza assunto a presupposto dell’eccezione sollevata dalla parte resistente.

Entrando nel merito della trattazione del ricorso principale e dei motivi aggiunti (accomunati da identiche censure), si osserva quanto segue.

La prima censura si incentra sulla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990; in particolare, la ricorrente deduce che la lettera del 4.6.2007, con la quale è stata data comunicazione di avvio del procedimento, è tardiva rispetto all’impugnata determina dirigenziale preordinata al recupero delle somme.

Il rilievo è infondato.

Il Comune, con la contestata determinazione, da un lato ha indetto la gara per la rimozione dei terreni oggetto di bonifica, dall’altro ha disposto il recupero, nei confronti della ricorrente, delle somme che sarebbero state erogate all’aggiudicatario.

Il recupero coattivo, pur previsto nell’atto impugnato, è quindi necessariamente successivo, essendo condizionato dall’aggiudicazione e, in relazione al quantum, dal ribasso offerto e dagli oneri effettivi conseguenti all’esecuzione dell’appalto.

Ne discende che la richiamata comunicazione di avvio del procedimento è anteriore alla fase procedimentale in cui il Comune, ad esito dell’aggiudicazione, dell’esecuzione in appalto delle operazioni di bonifica e del rendiconto finale sul relativo costo, procederà a farsi rimborsare dalla ricorrente le spese sostenute, cosicché prima del perfezionamento di quest’ultima l’interessata è posta in condizione di presentare le proprie ulteriori osservazioni.

In ogni caso, l’ampio scambio di corrispondenza che vi è stato ancor prima della citata comunicazione di avvio del procedimento, dimostra un pregresso ampio contraddittorio tra le parti, talché le garanzie procedimentali di cui agli artt. 7 e seguenti della legge n. 241/1990 sono state pienamente assicurate alla deducente.

Con il secondo rilievo l’istante sostiene che la convenzione stipulata (in particolare gli artt. 5 e 7 della stessa) non consente di accollare al privato attuatore gli oneri di bonifica dell’area ERP ceduta gratuitamente; secondo la ricorrente la bonifica di tale area è collegata alla sua utilizzazione edificatoria da parte del Comune, che deve subirne i costi.

La doglianza non è condivisibile.

L’art. 5 della convenzione prevede che le aree siano cedute al Comune libere da vincoli e pesi, facendo con ciò riferimento alla necessità di consegnare l’area idonea alla realizzazione dell’intervento di edilizia residenziale pubblica, richiamato dall’art. 5 comma 3. E’ evidente che l’inquinamento del terreno costituirebbe un peso tale da precludere l’edificabilità prevista, e quindi tale da rendere inutile la prevista cessione.

D’altro canto il successivo art. 7, nel riconoscere alle spese riguardanti la bonifica dei terreni su cui sorgeranno le opere di urbanizzazione la natura di opere di urbanizzazione, ammette la possibilità di scomputo dagli oneri di urbanizzazione, prevista dal medesimo art. 7 nei commi n. 2, 3, 4 e 5, sul presupposto che, trattandosi di intervento (quello di bonifica in parte qua) strettamente connesso e propedeutico alla realizzazione di dette opere, esso è assimilabile alle stesse, seguendone pertanto le sorti ai fini dello scomputo eccezionalmente consentito dall’ordinamento.

Trattasi di regola che l’art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 e, coerentemente, la convenzione circoscrivono alle opere di urbanizzazione, e quindi non può essere estesa ad interventi preordinati o funzionali alla realizzazione dell’edilizia residenziale pubblica, di certo non qualificabile come opera di urbanizzazione.

Il fatto che la suddetta norma pattizia non contempli i costi della bonifica relativa alle aree su cui ricadranno le opere di edilizia residenziale pubblica non significa che essi debbano restare a carico del Comune, ma semplicemente che, non essendo assimilabili ad opere di urbanizzazione, non sono scomputabili dai contributi economici a queste relativi.

In definitiva, alla luce del combinato disposto del sopra richiamato art. 5 e dell’art. 7 le spese di bonifica cui fanno riferimento gli atti impugnati devono intendersi a carico del proprietario cedente, senza possibilità di scomputo.

In tal senso si pongono l’impugnato provvedimento dirigenziale, laddove richiama gli obblighi reciproci assunti con la convenzione, e l’ingiunzione di pagamento finale, laddove fa riferimento alla circostanza che l’area destinata ad edificio residenziale pubblico doveva essere bonificata a spese dell’operatore privato come da convenzione.

Con il terzo mezzo la ricorrente richiama la lettera del Comune datata 6.12.2004, secondo cui la ricorrente stessa avrebbe depositato un cumulo di terra inquinata sul lotto adibito all’edificazione pubblica, e lamenta che tale conclusione ricompare nell’impugnato provvedimento dirigenziale, laddove qualifica la società istante come “soggetto che ha provocato l’inquinamento” senza che sussista al riguardo alcuna prova, palesandosi in tal modo un travisamento dei fatti.

Il motivo non può essere accolto.

Il provvedimento dirigenziale oggetto del ricorso introduttivo richiama, tra l’altro, la diffida ad adempiere indirizzata alla ricorrente in qualità di proprietaria e di soggetto che ha provocato l’inquinamento.

Tuttavia, il riferimento alla suddetta diffida ed alle sue motivazioni non costituisce l’unico argomento posto a suffragio della richiesta di rimborso delle spese di bonifica: rileva al riguardo anche il riferimento agli obblighi reciproci assunti con la convenzione, il quale come visto è sufficiente a sostenere la legittimità dell’atto impugnato.

La quarta censura si incentra sulla violazione dell’art. 20, comma 3, della L.R. n. 25/1998 e sulla violazione del giusto procedimento: secondo la ricorrente il citato art. 20 riguarda solo le aree inserite nell’elenco a breve termine del piano provinciale dei rifiuti, estranee al caso in esame, ed ammette l’iniziativa d’ufficio del Comune solo in relazione alla presentazione del progetto di bonifica e sul presupposto di una verifica dell’ARPAT, mancante nella fattispecie in esame.

La doglianza non può essere accolta.

L’obbligo di bonifica a carico del proprietario non responsabile dell’inquinamento può, in via generale, avere una fonte contrattuale (TAR Lombardia, Milano, III, 29.6.2016, n. 1297). A tal proposito il riferimento è, come visto, all’art. 5 della convenzione, il quale è sufficiente a sorreggere la legittimità dell’atto impugnato.

Del resto, l’iniziativa d’ufficio e il procedimento di riscossione coattiva trova il proprio presupposto giuridico negli artt. 2 e seguenti del R.D. n. 639/1910, richiamati nell’atto oggetto dei secondi motivi aggiunti. L’ingiunzione di pagamento, in cui è culminata la richiesta di pagamento rivolta alla ricorrente, è uno strumento che cumula caratteristiche ed effetti del decreto ingiuntivo e del precetto, in deroga all’ordinario procedimento di riscossione che necessita della previa iscrizione a ruolo e della notifica della cartella di pagamento (Cons. Stato, VI, 14.4.2015, n. 1918).

In ogni caso la necessità di effettuare gli interventi di bonifica è supportata da adeguata attività istruttoria, come risulta dagli accertamenti e dalle valutazioni svolte dall’ARPAT in data 26.10.2001 (documento n. 11 depositato in giudizio dal Comune) e in data 5.7.2004 (documento n. 17), dalla Conferenza dei Servizi del 6.7.2004 (documento n. 17) e dalle relazioni del responsabile del progetto di bonifica e della direzione dei lavori di bonifica datate 30.1.2006, 8.9.2006, 14.9.2006 e 27.2.2007 (documenti n. 25, 26, 27 e 30).

Nello sviluppare le proprie censure la ricorrente, nelle due ultime memorie difensive, sottolinea che non esiste un obbligo legislativo, per il proprietario incolpevole, di sostenere gli oneri della bonifica.

Tuttavia, lo status di proprietario incolpevole preclude all’amministrazione di imporgli misure di prevenzione e di riparazione, ma non anche di richiedergli il rimborso delle spese sostenute per la bonifica eseguita d’ufficio.

Sul punto rileva l’art. 253, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, secondo cui “il proprietario non responsabile dell’inquinamento può essere tenuto a rimborsare…le spese degli interventi adottati dall’autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell’esecuzione degli interventi medesimi”, con la conseguenza che nei confronti del proprietario incolpevole non sussiste una generale esenzione dagli oneri economici di bonifica. Del resto, l’art. 16 della direttiva n. 2004/35/CE (ispirata al principio “chi inquina paga”) stabilisce che la direttiva stessa “non preclude agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni più severe in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, comprese l’individuazione di altre attività da assoggettare agli obblighi di prevenzione e di riparazione previsti dalla presente direttiva e l’individuazione di altri soggetti responsabili”, in tal modo ammettendo l’introduzione, nei singoli ordinamenti nazionali, di una disciplina più rigorosa in tema di danni ambientali, anche attraverso la chiamata a responsabilità di soggetti diversi dall’autore dell’inquinamento, sui quali far gravare l’obbligo di tenere indenne l’ente pubblico dei costi da questo sostenuti per l’esecuzione delle operazioni di bonifica.

Del resto la stessa Corte di Giustizia (sentenza della sez. III, del 4.3.2015) ha statuito che “la direttiva 2004/35 deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale…la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi”.

Inoltre, il principio “chi inquina paga” interpretato entro il suddetto limite vale ai fini del rimborso dei costi di bonifica imposto al proprietario in quanto tale, e non anche ai diversi fini degli obblighi scaturenti da una convenzione secondo cui i terreni sono trasferiti dal cedente al cessionario con garanzia di inesistenza di pesi e vincoli: in quest’ultimo caso il privato è tenuto ad eseguire le misure di riparazione o, in alternativa, a rimborsare all’ente pubblico i costi di bonifica senza il beneficio del sopra citato limite del valore di mercato delle aree.

In conclusione, il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere respinti.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono determinate come indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso principale ed i motivi aggiunti.

Condanna la ricorrente al pagamento, a favore del Comune di Firenze, della somma di euro 5.000 (cinquemila) oltre accessori di legge, a titolo di spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Armando Pozzi, Presidente

Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore

Pierpaolo Grauso, Consigliere