RIFIUTI. Ordinanza di bonifica basata sul mero deferimento in sede penale e illegittimità del provvedimento amministrativo per mancato accertamento dei soggeti responsabili dell’inquinamento. T.A.R. Abruzzo n. 27/2019.

T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, sent. n. 27 del 5 febbraio 2019 (ud. del 25 gennaio 2019)

Pres. ed Est. Tramaglini

RIFIUTI. Amianto. Ordinanza di bonifica. Individuazione dei soggetti destinatari dell’ordinanza in base al mero deferimento in sede penale. Illegittimità dell’atto amministrativo. Artt. 192, 242, 244, 250 d. lgs. n. 152/2006.

Gli artt. 242 (“il responsabile dell’inquinamento mette in opera…”), 244 (co. 4: “Se il responsabile non sia individuabile…”), 250 (“Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano…”), 192 del d.lgs. 152/2006, pur richiamati dall’ordinanza n. 1, al contrario evidenziano che le misure di bonifica gravano sui soggetti “ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa”, per cui l’ordinanza che le impone presuppone necessariamente una valutazione autonoma dei fatti “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo” (art. 192 cit.). Le indagini degli organi “preposti al controllo” hanno dunque la natura di atti della fase istruttoria, sulla cui base il titolare del potere di ordinanza deve formare la sua motivata decisione individuando gli specifici fatti contestati ed esponendo l’iter logico che sostiene l’attribuzione della loro responsabilità.

 

 

T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, sent. n. 27 del 5 febbraio 2019 (ud. del 25 gennaio 2019)

N. 00027/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00126/2018 REG.RIC.

N. 00168/2018 REG.RIC.

N. 00093/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 126 del 2018, proposto da
Antonio Altobelli, rappresentato e difeso dall’avvocato Fausto Troilo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Felicetta De Gregorio in Pescara, via G. Galilei 48;

contro

Comune di San Vito Chietino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Stefania Antonelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Lanciano, via Polidoro di Mastro Renzo n. 5;

nei confronti

Elena Nativio non costituita in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 168 del 2018, proposto da
Antonio Pasquini, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio La Pace, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio La Pace in Ripa Teatina, via Roma n.9;

contro

Comune di San Vito Chietino, rappresentato e difeso dall’avvocato Stefania Antonelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefania Antonelli in Lanciano, via Polidoro di Mastro Renzo n. 5;

sul ricorso numero di registro generale 93 del 2018, proposto da
Corrado Verì, Alberto Bucco, rappresentati e difesi dagli avvocati Aldo La Morgia, Stefano La Morgia, Mauro Razzotti, Fausto Troilo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Felicetta De Gregorio in Pescara, via G. Galilei 48;

contro

Comune di San Vito Chietino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Stefania Antonelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefania Antonelli in Lanciano, via Polidoro di Mastro Renzo n. 5;

nei confronti

Elena Nativio non costituita in giudizio;

per l’annullamento

– del provvedimento del Sindaco prot. 0002256/2018 del 21.02.2018, notificato il 23.02.2018, di integrazione e modifica della ordinanza sindacale n. 1 del 29.01.2018;

– dell’ordinanza sindacale n. 1 del 29.01.2018, avente ad oggetto “Procedure da adottare per lo smaltimento/bonifica di siti per presenza di rifiuti pericolosi contenenti amianto che hanno potenzialmente contaminato le matrici ambientali. Località “Bufara” di San Vito Chietino;

– di tutti gli altri atti presupposti, connessi e/o consequenziali.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Vito Chietino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2019 il dott. Alberto Tramaglini e uditi gli avv. Fausto Troilo e Antonio La Pace per i ricorrenti e Stefania Antonelli per l’amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – Con ordinanza del 29 gennaio 2018 il Sindaco del Comune di San Vito Chietino, “riscontrate le responsabilità di BUCCO Alberto e VERI’ Corrado”, ha ordinato ai medesimi di provvedere alla “messa in sicurezza del sito”, nonché alla rimozione “dei rifiuti illecitamente giacenti sui fondi agricoli oggetto di sequestro” e ciò sulla base di nota del 24 novembre 2017 della Stazione Carabinieri Forestali di Lanciano, con cui si comunicava “l’attività di accertamento ambientale” esperita in data 7 novembre 2017 su fondi agricoli di proprietà della Sig.ra Nativio Elena, al cui esito “venivano deferiti alla competente Procura della Repubblica di Lanciano” i Sigg.ri Verì e Bucco “per le rispettive illecite condotte perpetrate, in funzione alle attività e responsabilità esercitate, in relazione alla presenza/gestione dei rifiuti in amianto”.

A seguito di contestazioni sollevate dai destinatari, che avevano sostenuto la illegittimità dell’atto in quanto assumeva che le loro responsabilità erano state “riscontrate”, il Sindaco ha quindi adottato provvedimento del 21 febbraio 2018, con il quale ha integrato la precedente ordinanza includendo i sigg. Pasquini e Altobelli tra i destinatari dell’ordine di ripristino e precisando che “il riscontro delle responsabilità non rientra nell’ambito delle competenze sindacali”.

Le due ordinanze sono state impugnate con distinti ricorsi dai sigg. Bucco e Verì (nella loro rispettiva qualità di titolare della Ditta omonima e di Responsabile del Settore assetto del territorio dello stesso Comune di S. Vito Chietino), Pasquini (dipendente del Comune) e Altobelli (dipendente della Ditta), che ne hanno dedotto la illegittimità per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 54 d.lgs. 267/2000 e 192 d.lgs. 152/2016, nonché eccesso di potere per travisamento, falsità dei presupposti e irragionevolezza.

2 – I ricorsi vanno riuniti data la loro evidente connessione.

Va premesso che in sede cautelare è stato ritenuto “che non si prospettino nelle more pregiudizi irreparabili, essendo da tempo inutilmente decorso il termine assegnato ai ricorrenti per provvedere e considerato che ciò implica, salva l’imputazione delle relative spese, che i necessari interventi di bonifica dell’area vadano realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente, ai sensi dell’art. 250 d.lgs. 152/2006, come preannunciato dalla stessa ordinanza”, sicché la domanda è stata accolta ai soli fini della fissazione dell’udienza di discussione dei ricorsi ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a. Per cui i ricorrenti non hanno affatto “conseguito l’invocata tutela cautelare e per l’effetto ottenuto che fosse il Comune di San Vito Chietino a provvedere alla bonifica del sito contaminato in luogo dei responsabili dell’inquinamento”, come invece sostiene il Comune nella memoria conclusiva, dato che l’esecuzione d’ufficio non è la conseguenza di una misura cautelare, bensì di un preciso obbligo del Comune nel caso in cui i soggetti intimati non provvedano ad eseguire l’ordine (art. 250 d.lgs. 152/2006).

L’avvio delle procedure di esecuzione in danno non incide del resto sulla materia del contendere, posto che in caso di rigetto del ricorso l’ente sarebbe legittimato a recuperare dai soggetti intimati le spese sostenute per la bonifica dell’area. Persiste dunque l’interesse di tutte le parti in causa alla decisione.

3 – Quanto al merito, i ricorsi sono manifestamente fondati.

È infatti del tutto evidente che l’ordinanza impugnata, così come successivamente rettificata, individua i suoi destinatari sulla base dell’unica circostanza che gli stessi sono “interessati dal procedimento penale”. Che non si sia inteso effettuare alcuna valutazione in ordine alle responsabilità è del resto espressamente precisato nell’atto di rettifica (“il riscontro delle responsabilità non rientra nell’ambito delle competenze sindacali”), per cui il provvedimento si è limitato a prendere atto dei nominativi deferiti all’autorità giudiziaria ingiungendo ad essi la bonifica dell’area.

Gli artt. 242 (“il responsabile dell’inquinamento mette in opera…”), 244 (co. 4: “Se il responsabile non sia individuabile…”), 250 (“Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano…”), 192 del d. lgs. 152/2006, pur richiamati dall’ordinanza n. 1, al contrario evidenziano che le misure di bonifica gravano sui soggetti “ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa”, per cui l’ordinanza che le impone presuppone necessariamente una valutazione autonoma dei fatti “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo” (art. 192 cit.). Le indagini degli organi “preposti al controllo” hanno dunque la natura di atti della fase istruttoria, sulla cui base il titolare del potere di ordinanza deve formare la sua motivata decisione individuando gli specifici fatti contestati ed esponendo l’iter logico che sostiene l’attribuzione della loro responsabilità.

La esplicita volontà di escludere ogni valutazione sulle specifiche responsabilità di per sé evidenzia la illegittimità dei provvedimenti, i quali risultano manifestamente carenti della chiara individuazione dei presupposti di fatto e di diritto che giustificano l’esercizio del potere a carico dei destinatari.

Si trattava infatti di individuare, sulla base dei rapporti dei soggetti preposti al controllo, lo specifico comportamento illecito addebitabile a ciascun destinatario, e tale contestazione doveva essere nella fattispecie particolarmente accurata in considerazione dei diversi ruoli rivestiti dagli interessati (il titolare della ditta esecutrice, un dipendente della stessa, un dirigente e un dipendente dello stesso Comune), che imponevano la chiara indicazione della specifiche condotte imputabili a ciascuno.

L’ordinanza invece si limita alla generica evocazione di un concorso tra i destinatari “per le rispettive illecite condotte perpetrate, in funzione delle attività e responsabilità esercitate in relazione alla presenza/gestione dei rifiuti in amianto”, senza tuttavia chiarire quali fossero in concreto tali attività e responsabilità e dunque non specificando le condotte materiali od omissive che hanno concorso a causare la contaminazione ambientale. Non risultano in particolare specificate le condotte attribuite ai dipendenti comunali, non essendo chiarito se si imputano ad essi le pregresse omissioni dell’Ente (indicate dalla citata nota dei Carabinieri: “il Comune di San Vito non ha recintato l’area oggetto di illecito abbandono ed attuato le procedure previste. E’ risultato inadempiente … agli obblighi di Legge e non ha neanche segnalato il potenziale pericolo, ovvero la presenza dei tubi in amianto, giacenti sul fondo … il Comune di San Vito Chietino nonostante il mandato conferito all’impresa Bucco … non ha avvisato/segnalato del pericolo”) oppure/anche condotte concomitanti o successive alla frantumazione del materiale inquinante (che non risultano dalla segnalazione e invece evocate nell’ordinanza n. 1, dove si assume –genericamente- che i destinatari, “successivamente all’illecito evento … non hanno attuato le procedure previste…”).

Le suddette carenze non possono essere del resto colmate da argomentazioni difensive, trattandosi di valutazioni che spettano esclusivamente al titolare del potere di ordinanza e che quindi devono essere necessariamente espresse nel provvedimento.

In accoglimento delle predette censure va pertanto disposto l’annullamento delle impugnate ordinanze, fatto salvo il rinnovato esercizio del potere.

Data la peculiarità della fattispecie, le spese di giudizio vanno compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa loro riunione, li accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati. Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Alberto Tramaglini, Presidente, Estensore

Renata Emma Ianigro, Consigliere

Massimiliano Balloriani, Consigliere