Rifiuti. Potere di controllo della Provincia. TAR Marche.

TAR Marche, Sez. I, sent. n. 446 del 7 giugno 2017 (ud. del 12 maggio 2017)

Pres. Filippi, Est. Capitanio

Rifiuti. Potere di controllo affidato alla Provincia. Art. 197 d. lgs. n. 152/2006.

Il potere di controllo attualmente affidato alle Province sia esercitabile anche in caso di accertamento successivo alla decorrenza dei termini di inizio attività, qualora si verifichino irregolarità o il mancato rispetto della normativa tecnica a presupposto della quale viene svolta l’attività, senza che sia necessaria la rimozione del provvedimento di assenso tacito.

TAR Marche, Sez. I, sent. n. 446 del 7 giugno 2017 (ud. del 12 maggio 2017)

N. 00446/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00695/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 695 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Riccardi Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Antonella Storoni, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Giuseppe Tansella, in Ancona, corso Garibaldi, 16;

contro

Provincia di Pesaro e Urbino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Beatrice Riminucci, con domicilio eletto presso lo studio Avv. Nicola Sbano, in Ancona, via San Martino, 23;
Albo Nazionale Gestori Ambientali, Albo Nazionale Gestori Ambientali, Sezione Regionale delle Marche, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati presso la sede della stessa, in Ancona, piazza Cavour, 29;

per l’annullamento

delle note prot. n. 31777 del 18 maggio 2009 e n. 52537 dell’8 agosto 2009, recanti il divieto di prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti urbani,

e per l’accertamento

del diritto della ricorrente ad essere iscritta all’Albo dei Gestori Ambientali dall’8 gennaio 2007.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pesaro e Urbino, dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali e dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali – Sezione Regionale delle Marche;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2017 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La ditta ricorrente, che opera nel settore delle costruzioni edili, impugna in questa sede i provvedimenti con cui la Provincia le ha inibito lo svolgimento dell’attività di recupero di rifiuti urbani, attività che presuppone l’iscrizione nell’Albo dei Gestori Ambientali, ai sensi e per gli effetti degli artt. 214 e ss. del T.U. n. 152/2006.

2. La ditta Riccardi, in punto di fatto, espone che:

– in data 8 gennaio 2007 essa aveva presentato all’allora competente Albo Nazionale dei Gestori Ambientali – Sezione Regionale di Ancona, la comunicazione di inizio attività finalizzata all’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti non pericolosi derivanti dall’attività edilizia, allegando alla stessa tutta la documentazione prescritta dalla normativa di riferimento. Tale comunicazione non è stata riscontrata dalla Sezione Regionale nel termine di cui agli artt. 214, comma 9, e 216, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 (testo originario) e pertanto si è formato il silenzio-assenso, con conseguente diritto di essa ricorrente ad essere iscritta all’Albo con decorrenza 8 gennaio 2007;

– per effetto della normativa sopravvenuta, la competenza in materia è stata trasferita alle Province. In data 18 maggio 2009 il Servizio Ambiente della Provincia di Pesaro e Urbino ha reso noti alla ditta Riccardi gli esiti di un sopralluogo svolto il giorno 4 marzo 2009 presso l’impianto in cui avrebbe dovuto essere svolta la suddetta attività ed ha rilevato che la domanda presentata alla Sezione Regionale nel 2007 conteneva numerose omissioni ed imprecisioni, prescrivendo l’invio entro 60 giorni della documentazione integrativa e preavvisando che l’omesso tempestivo riscontro avrebbe implicato l’impossibilità della ditta Riccardi di essere iscritta all’Albo provinciale e di esercitare l’attività per cui è causa.

3. La citata nota del 18 maggio 2009 è stata impugnata con il ricorso introduttivo, affidato alle seguenti censure:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 216, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006;

– violazione e falsa applicazione dell’art. 216 del D.Lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti e difetto di motivazione.

La ricorrente propone altresì la domanda di accertamento del suo diritto ad essere iscritta all’Albo dei Gestori Ambientali con decorrenza 8 gennaio 2007.

4. Peraltro, in data 16 luglio 2009 la ditta Riccardi si era dichiarata disponibile a produrre la documentazione richiesta dalla Provincia, pur senza prestare acquiescenza all’operato dell’amministrazione e solo in un’ottica di composizione bonaria della vicenda.

Tuttavia, nelle more del perfezionamento della predetta documentazione, la Provincia ha adottato la nota prot. n. 52537 dell’8 agosto 2009, che reca il divieto di inizio/prosecuzione dell’attività fino all’avvenuto deposito del certificato di compatibilità urbanistica.

5. La nota dell’8 agosto 2009 è stata impugnata con i motivi aggiunti, in cui sono dedotte le seguenti censure:

– eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni della stessa amministrazione;

– eccesso di potere per perplessità dell’azione amministrativa. Violazione e falsa applicazione dell’art. 216 del T.U. n. 152/2006.

6. Si è costituita la Provincia di Pesaro e Urbino, eccependo la parziale inammissibilità delle domande proposte e chiedendone per il resto il rigetto.

Si è costituito anche l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, in ragione dell’avvenuto trasferimento delle competenze alla Provincia.

Alla pubblica udienza del 12 maggio 2017 la causa è passata in decisione.

7. Il ricorso e i motivi aggiunti vanno in parte dichiarati inammissibili per carenza di interesse e in parte respinti.

L’eccezione di difetto di legittimazione passiva rassegnata dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali va disattesa in quanto la domanda di accertamento del diritto all’iscrizione all’Albo regionale a far data dall’8 gennaio 2007 è formulata nei confronti dell’autorità che all’epoca era competente in materia, ossia lo stesso Albo Nazionale.

8. Ciò premesso, l’inammissibilità concerne la domanda di accertamento del diritto della ditta ricorrente ad essere iscritta alla Sezione Regionale dell’Albo a far data dall’8 gennaio 2007 ed essa discende dal fatto che la Provincia di Pesaro e Urbino non ha mai messo in discussione tale aspetto.

Premesso che la ricorrente non chiarisce in cosa consista l’interesse all’accertamento della data di iscrizione all’Albo (se si tratti, ad esempio, di requisito curriculare da spendere in gare ad evidenza pubblica o a fini pubblicitari, visto che di fatto l’attività non è stata mai svolta per una libera scelta imprenditoriale), nel verbale di sopralluogo eseguito dalla Polizia Provinciale il giorno 4 marzo 2009, depositato in data 16 settembre 2009, si menziona espressamente l’iscrizione all’Albo dall’8 gennaio 2007 e si indicano quali sono le operazioni di cui al D.M. 5 febbraio 1998 che la ditta Riccardi è abilitata a svolgere in forza di tale iscrizione.

Nel preambolo dell’impugnata nota del 18 maggio 2009 la Provincia espone invece solo una circostanza di fatto emergente dal verbale di sopralluogo e probabilmente riferita dal dipendente della ditta Riccardi che era presente alle operazioni, ossia che la ricorrente non avrebbe avviato l’attività in assenza di un espresso riscontro da parte della Sezione Regionale dell’Albo alla comunicazione di inizio attività. Si tratta dunque di una mera congettura, che non inficia il contenuto provvedimentale dell’atto. Nella parte dispositiva la Provincia ha preavvisato invece la mancata “conferma” dell’iscrizione nel caso in cui la ricorrente non avesse depositato la documentazione mancante e chiarito gli altri profili controversi.

9. Ma – e con questo si passa ad esaminare le censure che invece sono ammissibili – il fatto che la ditta fosse formalmente iscritta all’Albo non impediva alle autorità competenti ratione temporis di verificare la permanenza nel tempo dei requisiti imposti dalla legge per lo svolgimento dell’attività assentita per silentium.

9.1. A questo riguardo, si deve evidenziare che:

– l’art. 197 del D.Lgs. n. 152/2006 attribuisce espressamente alle Province, fra gli altri, il compito di procedere alla verifica ed al controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate, con le modalità di cui ai successivi artt. 214, 215 e 216;

– l’art. 216, comma 4, prevede che “La provincia, qualora accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1 [che rimanda a sua volta all’art. 214, commi 1, 2 e 3 – N.d.R.], dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall’amministrazione”;

– la giurisprudenza amministrativa (ex multis, TAR Liguria, n. 88/2015 e Cons. Stato, n. 4689/2013) è assolutamente consolidata nel senso di ritenere che le attività in parola debbono risultare conformi anche dal punto di vista urbanistico e ciò alla luce dell’ampia formulazione del comma 3 dell’art. 214 (il quale stabilisce che “Le norme e le condizioni di cui al comma 2 e le procedure semplificate devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell’uomo e da non recare pregiudizio all’ambiente”).

9.2. Quanto poi alla perentorietà del termine entro cui va effettuata la verifica, la giurisprudenza (TAR Milano, n. 2311/2011) ritiene che, nonostante la comunicazione di che trattasi, in assenza di specifici divieti o richieste di integrazioni documentali da parte dell’Albo regionale o della Provincia, produce effetto già per il decorso del termine di 90 giorni, la stessa soggiace comunque alle disposizioni di cui agli artt. 214 e 216 del T.U. Ambiente. Si deve pertanto ritenere che il potere di controllo attualmente affidato alle Province sia esercitabile anche in caso di accertamento successivo alla decorrenza dei termini di inizio attività, qualora si verifichino irregolarità o il mancato rispetto della normativa tecnica a presupposto della quale viene svolta l’attività, senza che sia necessaria la rimozione del provvedimento di assenso tacito.

Si aggiunga, per incidens, che se anche volesse ritenersi necessaria, ex art. 21-nonies della L. n. 241/1990, la previa eliminazione del provvedimento di assenso tacito, nella specie il primo provvedimento provinciale impugnato è intervenuto dopo un tempo che è sostanzialmente uguale a quello attualmente previsto dall’art. 21-nonies, come modificato dalla L. n. 124/2015 (norma che ovviamente non è applicabile ratione temporis alla presente controversia) e che va ritenuto comunque ragionevole se si pensa che la Provincia ha ereditato le competenze dell’Albo solo a seguito della novella di cui al D.Lgs. n. 4/2008.

9.3. Quanto al fatto che nella nota dell’8 agosto 2009 siano state esposte circostanze ostative non evidenziate nella precedente nota del 18 maggio 2009, si tratta di profilo non rilevante, visto che nella nota da ultimo citata la Provincia aveva espressamente menzionato l’assenza del certificato di compatibilità urbanistica ed aveva invitato la ditta ricorrente a produrre tale documento utilizzando il fac-simile allegato alla nota.

La ricorrente era dunque perfettamente in grado di comprendere quale fosse il documento che la Provincia riteneva indispensabile ai fini dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività in parola.

9.4. Nel merito, si osserva che vi è una profonda differenza fra il certificato di destinazione urbanistico-territoriale e il certificato di compatibilità urbanistica, seppure entrambi gli atti promanano dal Comune.

In effetti, il primo si limita a fotografare la destinazione urbanistica delle particelle catastali a cui si riferisce, mentre il secondo presuppone una valutazione da parte del Comune che tiene conto della natura dell’attività da svolgere sulla porzione di territorio a cui si riferisce la certificazione.

9.5. Con riguardo alle restanti censure svolte nell’atto di motivi aggiunti, va osservato che:

– è certamente vero che il richiamo da parte della Provincia alla categoria della nullità appare improprio, ma anche in questo caso si tratta di un profilo che non incide sulla legittimità degli atti impugnati;

– la competenza a dichiarare la compatibilità dell’area allo svolgimento dell’attività di recupero dei rifiuti appartiene al Comune e non alla Provincia, il che si desume proprio dalla sentenza di questo TAR n. 175/2011, richiamata dalla difesa della ditta ricorrente nel corso della discussione orale. Con tale sentenza, infatti, il Tribunale aveva annullato l’art. 58 delle NTA del PRG approvato dal Comune di Fano nel 2009, invitando l’ente a riformulare la norma in modo da tenere adeguatamente conto delle attività produttive già insediate nella zona in cui si trova l’impianto della ditta Riccardi. Poiché non è noto quale sia stato il successivo sviluppo della vicenda, è chiaro che non si è formato alcun giudicato circa il fatto che l’area in questione sia vocata ad ospitare un impianto per il recupero dei rifiuti;

– ne consegue che del tutto legittimamente la Provincia poteva dubitare della compatibilità ambientale dell’impianto per cui è causa fino a che la ditta ricorrente non avesse prodotto il relativo certificato (certificato che peraltro non è stato mai né prodotto, né tantomeno richiesto al Comune di Fano). Dalla citata sentenza n. 175/2011 si desume il principio per cui allorquando il Comune recepisce i rilievi formulati dalla Provincia ai sensi dell’art. 26 della L.R. n. 34/1992, tali rilievi si connotano anche come una decisione comunale;

– e poiché nella specie si è in presenza della procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del T.U. n. 152/2006 non era onere della Provincia acquisire ex officio il suddetto certificato dal Comune di Fano. Ciò avrebbe infatti trasformato la procedura semplificata (che si fonda sostanzialmente sul meccanismo del silenzio-assenso e che dunque presuppone la completezza della domanda) in un ordinario procedimento autorizzativo.

9.6. Per cui, se anche taluni dei rilievi di cui alla nota del 18 maggio 2009 possono ritenersi superati o comunque erronei (si pensi, per tutte, alla questione della tipologia dell’impianto di frantumazione degli inerti), i provvedimenti impugnati non sono passibili di annullamento, fondandosi su più presupposti autonomi di cui almeno uno resiste alle censure formulate dalla ditta ricorrente.

10. In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti vanno in parte dichiarati inammissibili e in parte respinti.

Le spese di giudizio si possono però compensare, attesa la novità di alcune delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:

– in parte li dichiara inammissibili e in parte li respinge;

– compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

Giovanni Ruiu, Consigliere

Scarica in pdf il testo della sentenza: tar marche sez. 1 sent. n. 446-2017