Rifiuti. Il proprietario del mezzo utilizzato per attività illecita deve sempre provare la sua buona fede. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 36819 del 25 luglio 2017 (ud. del 4 luglio 2017)

Pres. Savani, Est. Ramacci

Rifiuti. Rifiuti speciali. Conferimenti nei cassonetti dei rifiuti urbani. Gestione non autorizzata. Art. 256, comma 1, d. lgs. n. 152/2006. Veicolo di proprietà di terzi. Sequestro strumentale alla confisca. Art. 259, d. lgs. n. 152/2006. Richiesta di restituzione. Onere di provare la buona fede. Sussistenza.

Il terzo estraneo al reato che, qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale sul mezzo sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, ne invochi la restituzione in suo favore, ha l’onere di provare la propria buona fede, ovvero che l’uso illecito della “res” gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente (Sez. 3, n. 12473 del 02/12/2015 (dep.2016), Liguori, Rv. 26648201; Sez. 3, n. 1851 5 del 16/1/2015, Ruggeri, Rv. 26377201; Sez. 3, n. 9579 del 17/01/2013 – dep. 28/02/2013, Longo, Rv. 25474901 ed altre prec. conf.).

COMMENTO:

Nella fattispecie in esame la condotta ha riguardato l’attività illecita di un conducente di un veicolo adibito a trasporto di rifiuti il quale è stato sorpreso a conferire, all’interno di cassonetti per la raccolta di rifiuti urbani, 30 Kg di rifiuti speciali pericolosi. Il proprietario del mezzo sosteneva che il trasporto e l’abbandono dei rifiuti fosse stato effettuato su iniziativa del conducente del mezzo, il quale dipendeva da una ditta individuale che usufruiva della stessa area di parcheggio della società da lui rappresentata, lamentando di non essere stato messo al corrente di tale attività illecita. Il conducente del mezzo aveva però subito contattato il titolare dell’azienda dopo essere stato fermato dagli operanti di polizia giudiziaria, indice del fatto che non si potesse sostenere una tesi secondo cui lo stesso avesse agito all’oscuro del proprietario del veicolo. Ciò comporta che i non possa essere invocata la buona fede da parte del proprietario del mezzo, elemento essenziale per poter dimostrare l’estraneità al reato e per escludere un comportamento negligente o colpevole.

 

 

 

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 36819 del 25 luglio 2017 (ud. del 4 luglio 2017)

SENTENZA

sul ricorso proposto da: RICEVUTI ANGELO nato il 11/08/1958 a PALERMO nel procedimento a carico di quest’ultimo avverso l’ordinanza del 29/12/2016 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO

sentita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;

lette le conclusioni del PG Perla LORI 

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Palermo con ordinanza del 29/12/2016 ha rigettato l’istanza di riesame avverso il decreto 2/12/2016, con il quale il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un veicolo Fiat Ducato adibito al trasporto di persone e di proprietà della “Mediterranea Touring s.r.l.”, della quale Angelo RICEVUTI è legale rappresentante, ipotizzandosi, nei suoi confronti e del conducente del mezzo, il reato di cui all’art. 256 d. lgs. 152\06, conseguente alla sorpresa in flagranza del trasporto in assenza di titolo abilitativo e del conferimento, all’interno di cassonetti per la raccolta di rifiuti urbani, di 30 Kg di rifiuti speciali pericolosi (un grosso filtro d’aria esausto di camion/pullman, alcune latte di solventi vuote ed ancora intrise di sostanza inquinate, cartoni intrisi di idrocarburi, parti di carrozzeria di pullman). Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione e la violazione di legge, osservando che il trasporto e l’abbandono dei rifiuti sarebbe stato effettuato su iniziativa del conducente del mezzo, il quale dipende da una ditta individuale che usufruisce della stessa area di parcheggio della società da lui rappresentata. Aggiunge che le modalità del trasporto e del conferimento dei rifiuti, effettuato autonomamente da un soggetto non titolare di impresa o ente, configurerebbe un mero illecito amministrativo, specificando, altresì, le ragioni per le quali avrebbe dovuto ritenersi che l’uso del mezzo sarebbe avvenuto a sua insaputa.

3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta l’insussistenza del periculum in mora, osservando che il Tribunale avrebbe preso in considerazione la sola confiscabilità del mezzo, senza null’altro specificare. Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato. Occorre preliminarmente rilevare, con riferimento al primo motivo di ricorso, che la costante giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606 lettera e) cod. proc. pen., pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali (Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 . V. anche Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916; Sez. 5, n. 8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255). Da ciò consegue che le argomentazioni, peraltro articolate in fatto, sviluppate in ricorso per evidenziare le carenze motivazionali nelle quali sarebbero incorsi i giudici del riesame, non possono trovare ingresso in questa sede.

2. In ogni caso, nell’ordinanza impugnata vengono specificamente indicate le ragioni per le quali la versione dei fatti sostenuta dal ricorrente non è stata ritenuta credibile. In particolare, evidenzia il Tribunale come dagli atti di indagine sia risultato che il conducente del mezzo era stato sorpreso mentre conferiva i rifiuti speciali pericolosi trasportati sul mezzo del ricorrente nei cassonetti per i rifiuti solidi urbani ed aveva spontaneamente dichiarato al personale di polizia giudiziaria intervenuto di aver prelevato i rifiuti presso un’area di parcheggio poco distante di proprietà della società del ricorrente. Aggiungono i giudici del riesame che il conducente del mezzo accompagnava i verbalizzanti presso il parcheggio, da dove contattava telefonicamente il ricorrente, che veniva così informato dell’accaduto dagli stessi operanti. Date tali premesse, osserva il Tribunale come la versione dei fatti fornita dall’istante, nella quale si ipotizza l’utilizzo del mezzo all’insaputa e contro la volontà del proprietario da parte di soggetto estraneo alla società da lui rappresentata e dipendente di altra azienda, risulti incompatibile con la acclarata disponibilità delle chiavi dell’automezzo, dall’immediato, unico contatto telefonico instaurato dal conducente con il ricorrente pur in assenza di un rapporto di lavoro e dall’assenza di denunce di furto del mezzo, chiaramente indicativi, invece, di un preventivo assenso all’uso del veicolo.

3. Si tratta, ad avviso del Collegio, di argomentazioni che evidenziano con chiarezza le ragioni per le quali i giudici del riesame hanno ritenuto del tutto priva di riscontri la versione dei fatti fornita dal ricorrente. Correttamente, dunque, il Tribunale ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di trasporto illecito di rifiuti, il terzo estraneo al reato che, qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale sul mezzo sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, ne invochi la restituzione in suo favore, ha l’onere di provare la propria buona fede, ovvero che l’uso illecito della “res” gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente (Sez. 3, n. 12473 del 02/12/2015 (dep.2016), Liguori, Rv. 26648201; Sez. 3, n. 1851 5 del 16/1/2015, Ruggeri, Rv. 26377201; Sez. 3, n. 9579 del 17/01/2013 – dep. 28/02/2013, Longo, Rv. 25474901 ed altre prec. conf.).

4. Va inoltre rilevato come, riguardo al reato di cui all’art. 256, comma 1 d.lgs. 152\06, si sia chiarito che la condotta in esso sanzionata è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle : assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità (Sez. 3, n. 29992 del 24/6/2014, P.M. in proc. Lazzaro, Rv. 26026601). A tale proposito si è ulteriormente specificato che, trattandosi, nel caso dell’art. 256, comma 1 d.lgs. 152\06, di reato istantaneo, è sufficiente anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma, potendosi tuttavia escludere l’occasionalità della condotta da dati significativi, quali l’ingente quantità di rifiuti, denotanti lo svolgimento di un’attività implicante un “minimum” di organizzazione necessaria alla preliminare raccolta e cernita dei materiali (Sez. 3, n. 8193 del 11/2/2016, P.M. in proc. Revello, Rv. 26630501).

5. Va peraltro rilevato che agli elementi significativi precedentemente indicati per individuare la natura non occasionale del trasporto vanno considerati, anche alternativamente, altri elementi univocamente sintomatici, quali, ad esempio, la provenienza del rifiuto da una determinata attività imprenditoriale esercitata da colui che effettua o dispone l’abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto quando risultino indicative di precedenti attività preliminari, quali prelievo, raggruppamento, cernita, deposito.

6. Nel caso di specie, come correttamente osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria, la situazione riscontrata, ancorché riferibile ad un unico episodio, era caratterizzata dal conferimento di rifiuti riferibili ad un’attività di autotrasporto, effettuata tanto dalla società del ricorrente che dalla ditta dalla quale dipendeva il ricorrente, correlando entrambi i soggetti coinvolti ad una specifica attività imprenditoriale. Inoltre, la tipologia dei rifiuti (un grosso filtro d’aria esausto di camion/pullman, alcune latte di solventi vuote ed ancora intrise di sostanza inquinate, cartoni intrisi di idrocarburi, parti di carrozzeria di pullman), oltre a ricondurre alle suddette attività imprenditoriali, consente di ritenere, quanto meno con riferimento alle parti meccaniche e di carrozzeria, che le stesse siano state precedute da altre attività prodromiche al trasporto ed al successivo conferimento.

7. Per ciò che concerne, invece, il secondo motivo di ricorso, va ricordato come il sequestro strumentale alla confisca previsto dall’art. 321, secondo comma, cod. proc. pen. costituisca figura specifica ed autonoma rispetto al sequestro preventivo regolato dal primo comma dello stesso articolo. La sua particolarità consiste nel fatto che non richiede necessariamente la presenza dei presupposti di applicabilità previsti per il sequestro preventivo “tipico” (pericolo che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati), ma basta il presupposto della confiscabilità: ossia la condizione che si tratti di cose di cui è consentita la confisca a tenore del codice penale o delle leggi speciali (cfr. Sez. 2, n. 31229 del 26/6/2014, Borda, Rv. 26036701; Sez. 3, n. 1810 del 2/5/2000, Maccarone, Rv. 21768201; Sez. 6, n. 4114 del 21/10/1994 (dep.1995), Giacalone, Rv. 20085401; Sez. 6, n. 3343 del 25/9/1992, Garofalo ed altri, Rv. 19286201). Nel caso di specie, la confiscabilità del mezzo è pacificamente desumibile dal combinato disposto dell’art. 259, ultimo comma, il quale stabilisce, come è noto, che alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.

8. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma il 4 luglio 2017.

Scarica in pdf il testo della sentenza: cass. pen. sez. 3 n. 36819-2017