RIFIUTI. Sversamento e prerogative degli enti pubblici: quando sono considerati responsabili? Consiglio di Stato n. 8054/2020.

Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 8054 del 15 dicembre 2020 (ud. del 3 dicembre 2020)

La disponibilità dei beni da parte di soggetti pubblici, tanto più se esercitino un pubblico servizio verso una moltitudine di cittadini, consente di ritenere esigibili e non sproporzionate tutte le iniziative necessarie ad impedire o, quantomeno a limitare, gli illeciti sversamenti di rifiuti da parte di terzi. Infatti, quando l’area non sia nella disponibilità di una persona fisica privata, ma di una società pubblica, l’esigibilità delle condotte preventive va parametrata alle capacità organizzative e gestionali della società. La società dovrebbe essere in grado di funzionalizzare, anche quale esempio del rispetto della legalità, le proprie risorse economiche a disposizione secondo un ordine di priorità, nell’ambito del quale l’incuria gestionale che si traduca in degrado ambientale – anche senza arrivare ad ipotizzare pericolo per l’incolumità pubblica e privata – si pone in diretta violazione di valori presidiati dalla carta costituzionale.

Il presidio della proprietà pubblica non può che partire dai soggetti istituzionalmente preposti alla sua gestione, i quali non possono essere considerati immuni da responsabilità per non aver materialmente cagionato gli illeciti sversamenti di rifiuti riscontrati negli ambiti di propria pertinenza, ma debbono essere considerati responsabili in solido con gli autori dell’illecito per non aver adeguatamente vigilato sul territorio e/o per non aver adottato tempestivamente tutte le iniziative necessarie ad impedire e/o limitare gli illeciti e a bonificare le aree illecitamente occupate dai rifiuti.

 

Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 8054 del 15 dicembre 2020 (ud. del 3 dicembre 2020)

N. 08054/2020REG.PROV.COLL.

N. 00792/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 792 del 2016, proposto dall’Ente Autonomo Volturno S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gherardo Marone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luigi Napolitano in Roma, via Girolamo da Carpi, n. 6,

contro

il Comune di Marigliano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Leone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Paolo Leone in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. 4877 del 2015, resa tra le parti, concernente rimozione e smaltimento di rifiuti speciali, e non, ex art. 192 d.lgs. n. 152 del 2006.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Marigliano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2020, il Cons. Giuseppa Carluccio;

FATTO e DIRITTO

1. Oggetto della presente controversia è lo scrutinio in ordine alla legittimità, o meno, dell’ordinanza n. 15 del 23 gennaio 2015 emanata – ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 – dal Commissario straordinario del Comune di Marigliano.

1.1. L’ordinanza – notificata il 9 marzo 2015 – è stata disposta sulla base del verbale di sopralluogo della Polizia Municipale in data 16 gennaio 2015 (prot. n. 961), attestante l’abbandono di rifiuti di diversa natura (indifferenziati, pneumatici, oggetti ingombranti, secchi di vernice) nelle stazioni della Circumvesuviana di via Vittorio Veneto e di via Forno Vecchio, in Marigliano.

1.2. Il Commissario straordinario: – ha ordinato all’Ente Autonomo Volturno S.r.l. di provvedere entro un termine alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti speciali, e non, abbandonati probabilmente da ignoti nelle aree di pertinenza delle stazioni della Circumvesuviana suddette; – ha disposto l’esecuzione d’ufficio, in danno dell’intimato, per il caso di inottemperanza.

2. Il ricorso al T.a.r. proposto dall’Ente è stato rigettato con la sentenza n. 4877 del 2015.

3. L’Ente ha proposto appello avverso la suddetta sentenza, articolando più profili di censura.

3.1. Il Comune si è costituito chiedendo il rigetto.

3.2. Entrambe le parti hanno depositato memorie, anche di replica.

4. All’udienza pubblica del 3 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

5. Il T.a.r. ha così essenzialmente argomentato il rigetto del ricorso:

a) il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la condotta illecita del terzo non è sufficiente ad escludere la responsabilità del proprietario per la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva, né ad interrompere il nesso di causalità tra la sua condotta colposa e l’evento verificatosi, quando questo costituisce un fatto prevedibile e prevenibile (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10 giugno 2014, n. 2977);

b) nel caso di specie, l’Ente ricorrente – che ha incorporato per fusione l’azienda ferroviaria Circumvesuviana S.r.l. – pur avendo pacificamente la titolarità e disponibilità delle aree nelle quali si sono verificati gli illeciti sversamenti da parte di terzi ignoti, non fornisce la prova di aver intrapreso nel tempo alcuna iniziativa significativa diretta ad impedire o limitare l’illecito sversamento di rifiuti da parte dei terzi;

b1) esso si è limitato a segnalare: – con fax del 3 settembre 2012, alla Polizia municipale di Marigliano e ai Carabinieri di Marigliano la presenza di cittadini stranieri senza fissa dimora nella stazione di Vittorio Veneto; – con nota del 22 dicembre 2014, al Sindaco del Comune di Napoli e alla Provincia di Napoli lo sversamento e l’abbandono illegale di rifiuti da parte di ignoti sulle aree ferroviarie di propria pertinenza;

b2) esso non ha posto in essere alcuna iniziativa preventiva, quali, ad esempio, l’installazione di sistemi di video sorveglianza, di recinzioni con regolamentazione dell’accesso alle stazioni ferroviarie, di vigilanza da parte di personale autorizzato, ovvero ogni altro mezzo idoneo a prevenire gli sversamenti illeciti di rifiuti da parte di terzi; la presenza di recinzioni cui fa riferimento il ricorrente non vale ad escludere la responsabilità se l’accesso alle stazioni ferroviarie avviene in maniera indiscriminata e senza alcuna vigilanza nei confronti di soggetti che accedono agli spazi di pertinenza;

c) il presidio della proprietà pubblica non può che partire dai soggetti istituzionalmente preposti alla sua gestione, i quali non possono essere considerati immuni da responsabilità per non aver materialmente cagionato gli illeciti sversamenti di rifiuti riscontrati negli ambiti di propria pertinenza, ma debbono essere considerati responsabili in solido con gli autori dell’illecito per non aver adeguatamente vigilato sul territorio e/o per non aver adottato tempestivamente tutte le iniziative necessarie ad impedire e/o limitare gli illeciti e a bonificare le aree illecitamente occupate dai rifiuti;

c1) in definitiva, l’ente ricorrente non può disinteressarsi delle stazioni ferroviarie di propria pertinenza, ma deve segnalare tempestivamente tutte le anomalie rilevate nella gestione delle stesse e assumere tutte le iniziative volte a garantirne la salvaguardia e la tutela;

d) le censure relative alla dedotta violazione delle garanzie partecipative e alla mancata instaurazione del contraddittorio non possono essere condivise sul piano sostanziale, perché:

d1) la nota della Polizia municipale del Comune di Marigliano del 16 gennaio 2015 (prot. n. 7), con la quale si segnala la presenza di rifiuti nelle stazioni di via Vittorio Veneto e di via del Forno Vecchio, è stata indirizzata anche all’Ente ricorrente ed è stata dallo stesso ricorrente allegata al ricorso;

d2) in riscontro alla predetta comunicazione, il Direttore generale dell’Ente – con nota interna n. 83 del 2 febbraio 2015 – ha chiesto al Direttore operativo del medesimo Ente di provvedere, previo accertamento della effettiva proprietà dei suoli, alla rimozione dei rifiuti e alla pulizia delle aree di pertinenza delle stazioni in questione; ne consegue che, avendo avuto conoscenza dell’avvenuto accertamento, l’Ente avrebbe potuto intervenire nel relativo procedimento;

d3) né a conclusioni differenti può pervenirsi sulla base delle argomentazioni svolte da questa Sezione nella sentenza n. 4066/2015 (depositata dalla difesa all’udienza pubblica), atteso che la suddetta decisione ha per oggetto una diversa fattispecie, costituita dall’abbandono di rifiuti su un fondo appartenente ad un privato, recintato da muri di tufo e da un cancello, ripetutamente divelto da parte di ignoti.

6. Con l’articolato motivo di appello, l’Ente ripropone criticamente le censure prospettate in primo grado sotto due essenziali profili.

6.1. Il primo, logicamente preliminare, attiene alla mancanza dell’avviso dell’avvio del procedimento, nonché alla diretta violazione dell’art. 192 cit., stante l’assenza dell’accertamento della responsabilità in contraddittorio con l’Ente proprietario, come espressamente richiesto dalla disposizione in argomento.

6.2. Con il secondo profilo, che costituisce il nucleo centrale del merito della controversia, l’appellante sostiene che – nell’ambito del pacifico presupposto che lo sversamento dei rifiuti è avvenuto ad opera di terzi restati ignoti – il primo giudice ha errato nel non fare applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza consolidata in ordine alla corresponsabilità del proprietario dell’area.

6.2.1. Secondo l’Ente appellante, anche nel caso di specie, al proprietario non può richiedersi una diligenza che vada oltre quella media e ordinaria del buon padre di famiglia; aggiunge che, anche a voler ipotizzare come esigibili comportamenti preventivi, quali quelli individuati dal primo giudice, rileverebbe – al fine di escludere l’imputabilità degli sversamenti all’Ente – l’interruzione del nesso causale tra le omissioni attribuite all’Ente e lo sversamento effettuato da terzi, avendo lo stesso ente proprietario provveduto a segnalare alle autorità competenti l’abbandono di rifiuti da parte di ignoti nelle stazioni della Circumvesuviana nel dicembre del 2014, prima dell’accertamento che ha dato luogo all’ordinanza impugnata.

6.3. Le censure sono entrambe infondate.

7. Quanto al primo profilo, il Collegio condivide la prospettiva, per così dire sostanzialista, che ha assunto il primo giudice.

7.1. Se è vero che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza, quello secondo cui ai procedimenti preordinati all’emanazione dell’ordinanza di rimozione e smaltimento dei rifiuti si deve applicare la disciplina sulla comunicazione di avvio del procedimento, ex art. 7 e ss. l. n. 241 del 1990, in quanto adempimento obbligatorio, con conseguente illegittimità dell’ordinanza non preceduta dalla comunicazione stessa; non può negarsi che nella fattispecie la suddetta comunicazione avrebbe costituito una inutile duplicazione.

7.1.1. Infatti, l’Ente intimato è stato prontamente informato dell’esito del sopralluogo, effettuato dalla Polizia Municipale insieme all’architetto addetto al Settore ambiente il 16 gennaio 2015, mediante l’invio della comunicazione di servizio indirizzata contestualmente, oltre che all’Ente, al Commissario Straordinario del Comune, al responsabile del settore ambiente del Comune e, per conoscenza, al Comando dei Carabinieri di Marigliano.

7.2. Analoga condivisibile prospettiva sostanzialistica è stata seguita dal primo giudice, rispetto alla necessità che gli accertamenti vengano effettuati dai soggetti preposti al controllo in contraddittorio con i soggetti interessati.

7.2.1. Il Collegio è a conoscenza della consolidata giurisprudenza, secondo la quale l’ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente in base agli accertamenti effettuati dai soggetti preposti al controllo in contraddittorio con i soggetti interessati. L’art. 192 cit., infatti, condiziona l’imputabilità a titolo di dolo o colpa della corresponsabilità dei proprietari e dei titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni oggetto di “sversamenti” di rifiuti ad un accertamento sullo stato dei luoghi che si sia svolto in contraddittorio con gli interessati. La ratio è evidentemente rinvenibile nella garanzia che i titolari dei diritti sui beni possano esplicare al massimo il diritto di difesa, rispetto alla situazione di fatto dei luoghi nei quali, altri soggetti, specie se restati ignoti, abbiano effettuato un abbandono di rifiuti.

7.2.2. Nella fattispecie concreta, se si fosse provveduto a ripetere l’accertamento dello stato dei luoghi in contraddittorio con i rappresentanti dell’Ente, si sarebbe concretizzato solo un allungamento dei tempi per l’emanazione dell’ordinanza di rimozione; con sicuro pregiudizio per l’ambiente e persistenza del “pericolo per la pubblica e privata incolumità e per la circolazione dei veicoli” rilevato dal sopralluogo della Polizia Municipale, senza alcun concreto vantaggio per l’Ente chiamato a rispondere dello stato dei luoghi come corresponsabile.

7.2.2.1. La mancanza di ogni limitazione del diritto di difesa può legittimamente inferirsi dalla stessa linea difensiva assunta dall’Ente in giudizio. Infatti, non è stata mai contestata: – l’esistenza dei rifiuti e lo stato di degrado ambientale delle aree; – la proprietà o, comunque, la disponibilità delle aree dove i rifiuti sono stati abbandonati da terzi restati ignoti; – l’esistenza di recinzioni, riconosciuta anche dal primo giudice. Né è stata dedotta l’autonoma rimozione dei rifiuti, prima della conoscenza dell’accertamento, o l’adozione di un qualunque mezzo volto, quantomeno, a scoraggiare in via preventiva l’abbandono di rifiuti.

7.2.2.2. Anzi, dagli atti posti in essere dall’Ente prima del giudizio, emerge, piuttosto, la piena conoscenza consapevole del problema dell’abbandono di rifiuti da parte di soggetti non identificati presso le stazioni della Circumvesuviana dell’intera Regione, posto che si chiede: a) l’intervento delle forze dell’ordine (nota del 3 settembre del 2012) proprio in una delle aree oggetto dell’ordinanza; b) o si segnala – al Comune di Napoli, alla Provincia e, per conoscenza, alla Regione – l’emanazione di diverse ordinanze da parte dei Comuni interessati; si argomenta sulla mancanza di responsabilità dell’ente, sulla non configurabilità di un obbligo di misure preventive, sulla non attuabilità e, comunque, sulla non obbligatorietà, perfino di una recinzione delle aree; si sostiene che l’onere della rimozione dei rifiuti indebitamente sversati grava sui Comuni preposti alla tutela e salvaguardia ambientale (nota del 22 dicembre 2014).

8. Anche il secondo e centrale profilo di censura dell’appello è infondato.

8.1. Il Collegio condivide la prospettiva del primo giudice, volta a differenziare il grado di diligenza richiesta a seconda che il possibile corresponsabile a titolo di colpa sia il privato proprietario, o titolare di altri diritti sul bene, o un soggetto pubblico.

8.2. Non è intenzione del Collegio mettere in discussione gli approdi della giurisprudenza consolidata, che si condivide (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. II, n. 6326 del 2020; sez. IV n. 4781 e 3430 del 2018; n. 2027 del 2017) la quale: – da un lato, in nome delle esigenze di tutela ambientale sottese alla norma, ha allargato la platea dei soggetti corresponsabili sino a comprendere qualunque soggetto si trovi con l’area interessata in un rapporto anche di mero fatto; – dall’altro, ha svolto un’opera di perimetrazione della diligenza richiesta al fine di escludere una responsabilità da posizione, a valenza sostanzialmente oggettiva, del proprietario (o titolare di altro diritto sul bene o in rapporto di mero fatto); tipo di responsabilità che sarebbe in chiaro contrasto con l’art. 192 cit.

8.2.1. Correttamente, infatti, si è affermato: – che è necessario un serio accertamento della responsabilità colposa, quale colpa specifica, sia pure fondata su presunzioni; – che il requisito della colpa ben può consistere proprio nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area, così impedendo che possano essere indebitamente depositati rifiuti nocivi; – che non sia ravvisabile un generale obbligo di recinzione, venendo in rilievo la ragionevole esigibilità e la possibile sproporzione di tale onere (Cons. Stato, sez. V, n. 4504 del 2015); – che non sia ravvisabile un obbligo di rimuovere sversamenti di terzi (ibidem, n. 3786 del 2014).

8.3. Ritiene il Collegio che proprio l’applicazione rigorosa di questi principi a fattispecie nelle quali il bene sia nella “disponibilità” di un soggetto pubblico, essendo l’Ente Autonomo Volturno una società a totale partecipazione della Regione Campania, che gestisca un pubblico servizio, quale il trasporto ferroviario della Circumvesuviana, imponga di prescindere dall’ordinario criterio di imputabilità a titolo di colpa, misurato con il metro della diligenza media del buon padre di famiglia, come sostiene l’appellante.

8.3.1. La disponibilità dei beni da parte di soggetti pubblici, tanto più se esercitino un pubblico servizio verso una moltitudine di cittadini, consente di ritenere esigibili e non sproporzionate tutte le iniziative, quali quelle esemplificate dal primo giudice, necessarie ad impedire o, quantomeno a limitare, gli illeciti sversamenti di rifiuti da parte di terzi.

Infatti, quando l’area non sia nella disponibilità di una persona fisica privata, ma di una società pubblica, l’esigibilità delle condotte preventive va parametrata alle capacità organizzative e gestionali della società. La società dovrebbe essere in grado di funzionalizzare, anche quale esempio del rispetto della legalità, le proprie risorse economiche a disposizione secondo un ordine di priorità, nell’ambito del quale l’incuria gestionale che si traduca in degrado ambientale – anche senza arrivare ad ipotizzare pericolo per l’incolumità pubblica e privata – si pone in diretta violazione di valori presidiati dalla carta costituzionale.

8.3.2. D’altra parte, il fondamento dell’obbligo di garanzia – consistente nell’impedire a terzi di abbandonare rifiuti sul fondo di cui si ha la disponibilità – che l’art. 192 cit. presuppone, è individuabile nei principi generali espressi dall’art. 2 Cost., ove si prevedono doveri di solidarietà economica e sociale, tra i quali rientra oggi anche quello di solidarietà ambientale, e nell’art. 3-ter del d.lgs. n. 152 del 2006. Quest’ultimo, infatti, costituisce un’applicazione in materia ambientale dell’art. 2 Cost., prevedendo che la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalla persone fisiche e giuridiche pubbliche e private., “mediante una adeguata azione che sia informata ai principi delle precauzione, dell’azione preventiva, della correzione… dei danni causati all’ambiente”.

8.4. Resta da dire che non può condividersi la tesi dell’appellante, secondo cui, anche a voler ipotizzare come esigibili i comportamenti preventivi individuati dal primo giudice, l’imputabilità degli sversamenti all’Ente sarebbe esclusa per avere lo stesso ente proprietario provveduto a segnalare alle autorità competenti l’abbandono di rifiuti da parte di ignoti nelle stazioni della Circumvesuviana nel dicembre del 2014, prima dell’accertamento che ha dato luogo all’ordinanza impugnata, così interrompendo il necessario nesso causale tra le omissioni attribuite all’Ente e lo sversamento effettuato da terzi.

8.4.1. E’ evidente che idonei ad interrompere il nesso causale e, quindi ad escludere l’imputabilità delle omissioni, possono essere solo quei comportamenti finalizzati, quantomeno, a ridurre l’evento dannoso. Certamente non hanno questa natura e funzione, né la nota dell’Ente del dicembre del 2014, né la segnalazione del settembre 2012, delle quali si è già detto (§7.2.2.2.).

9. In conclusione, l’appello è infondato e va rigettato.

10. In ragione della parziale novità della questione di diritto trattata, le spese del grado sono integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa integralmente le spese del secondo grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso dal Consiglio di Stato, in collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2020, con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere

Nicola D’Angelo, Consigliere

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppa Carluccio, Consigliere, Estensore

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