Rifiuti. Traffico illecito, mezzo utilizzato per il trasporto, terzo estraneo, onere di dimostrare l’estraneità, sequestro preventivo. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 38688 del 3 agosto 2017 (ud. 9 maggio 2017)

Pres. Ramacci, Est. Andreazza

Rifiuti. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Mezzo utilizzato per l’abbandono e il trasporto di rifiuti speciali. Terzo estraneo al reato. Sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria. Effetti anche con riguardo a chi il reato non abbia commesso. Attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Artt. 256, 260 ter comma 5, d. lgs. n. 152/2006. Artt. 240, comma 3, c.p., e 321, comma 2, c.p.p. .

L’art. 260 ter, comma 5, del d. lgs. n. 152 del 2006 prevede che a seguito della confisca del veicolo o di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto consegue obbligatoriamente anche all’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’art. 256 d. lgs. n. 152/2006. A fronte dunque di una tale misura obbligatoria e dei suoi effetti anche con riguardo a chi il reato non abbia commesso, incombe sul terzo estraneo al reato che, qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale sul mezzo sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, ne invochi la restituzione in suo favore, l’onere di provare la propria buona fede, ovvero che l’uso illecito della “res” gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente (Cass., Sez. III, n. 12473 del 02/12/2015, dep. 24/03/2016, Liguori; Sez. III, n. 18515 del 16/01/2015, dep. 05/05/2015, Ruggeri).


Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 38688 del 3 agosto 2017 (ud. 9 maggio 2017)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso proposto da Gattuso Pietro, n. a Reggio Calabria il 14/08/1979;
avverso la ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria in data 21/11/2016;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G. Mazzotta, che ha concluso per il rigetto;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Gattuso Pietro ha proposto ricorso avverso l’ordinanza emessa in sede di esecuzione dal G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria in data 21/11/2016 di rigetto dell’opposizione presentata avverso il rigetto della richiesta di revoca della confisca dell’autocarro di sua proprietà, disposta con sentenza di applicazione della pena a carico di Gattuso Andrea per il reato di cui all’art. 260 ter, comma 5, del d. lgs. n. 152 del 2006, in quanto mezzo utilizzato per l’abbandono e il trasporto di rifiuti speciali.
2. Con un unico motivo lamenta la violazione degli artt. 240, comma 3, cod. pen., e 321, comma 2, cod. proc. pen. per essere stata disposta la misura della confisca di un bene pur non intrinsecamente pericoloso o illecito (nella specie l’autocarro di proprietà dell’instante) a carico di persona estranea al reato attesa la sua buona fede deducibile dall’inconsapevolezza del ricorrente, che si è limitato a suo tempo a prestare l’autocarro a Gattuso Andrea, circa il carico e scarico dei rifiuti e dall’assenza di un vantaggio economico per lo stesso derivante dalla commissione del reato.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che nella specie è stata fatta applicazione dell’art. 260 ter, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006 secondo cui la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto consegue obbligatoriamente anche all’accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell’art. 256 cit. A fronte dunque di una tale misura obbligatoria e dei suoi effetti anche con riguardo a chi il reato non abbia commesso, questa Corte ha ripetutamente precisato incombere sul terzo estraneo al reato che, qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale sul mezzo sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, ne invochi la restituzione in suo favore, l’onere di provare la propria buona fede, ovvero che l’uso illecito della “res” gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente (tra le altre, Sez. 3, n. 12473 del 02/12/2015, dep. 24/03/2016, Liguori, Rv. 266482; Sez. 3, n. 18515 del 16/01/2015, dep. 05/05/2015, Ruggeri, Rv. 263772).

Nella specie, invece, il ricorrente si è limitato a fare mera affermazione del fatto che egli non sapesse dove si sarebbero effettuati il trasporto e lo scarico, per il resto richiamando concetti generali e pronunce di questa Corte, affermazione, comunque, motivatamente smentita dal provvedimento impugnato che, richiamando informativa agli atti del procedimento nei confronti di Gattuso Pietro conclusosi con sentenza di applicazione della pena, ha posto in evidenza che questi ebbe a dichiarare di avere effettuato le condotte ascrittegli su ordine del titolare dell’impresa per cui egli lavorava, ovvero appunto Gattuso Andrea, a sua volta richiesto di ciò da Falduto Vicenza; ha aggiunto poi come sia risultato avere lo stesso Falduto confermato tali circostanze.
L’ordinanza impugnata si sottrae dunque a qualsiasi possibile censura sì che il ricorso, per la sua manifesta infondatezza deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2017