RIFIUTI. Traffico illecito organizzato e corresponsabilità dei microconferitori consapevolmente occulti. Cassazione Penale, n. 44128/2019.

Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 44128 del 30 ottobre 2019 (ud. del 3 ottobre 2019)

Pres. , Est.

RIFIUTI. Traffico illecito di rifiuti. Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti. Corresponsabilità microconferitori consapevolmente occulti – Trasporto senza autorizzazione e conferimento illecito in mancanza di documenti sulla tracciabilità dei rifiuti. Art. 452-quaterdecies c.p. .

La consapevolezza da parte dei microconferitori va individuata altresì nell’assenza dei documenti relativi alla tracciabílità dei rifiuti. In altri termini, l’irregolarità è una chiara manifestazione dell’assenza della documentazione inerente all’attività di gestione dei rifiuti. In tal senso va rilevato che il “FIR”, formulario di identificazione dei rifiuti, è un documento di accompagnamento del trasporto dei rifiuti, effettuato da un trasportatore autorizzato, che contiene tutte le informazioni relative alla tipologia del rifiuto, al produttore, al trasportatore ed al destinatario.

COMMENTO:

La mancanza di tracciabilità dei documenti per i rifiuti trasportati da microconferitori, i quali non apparivano mai nei formulari di identificazione dei rifiuti, comporta la sussistenza del concorso di persone nel reato ex art. 452-quaterdecies c.p. in tema di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti.

Nella fattispecie concreta, l’amministratore della società autorizzata al trasporto di rifiuti non pericolosi aveva posto in essere un’attività di commercio illecito di rifiuti anche pericolosi dietro pagamento di un corrispettivo in favore di società che trasportavano rifiuti in qualità di microconferitori occulti, senza che questi ultimi venissero indicati nei formulari di identificazione dei rifiuti.

L’attività criminosa veniva gestita ed organizzata tramite istruzioni che il conferitore riceveeva dall’amministratore della società “committente” durante lo scarico illecito dei rifiuti di ignota provenienza.

 

Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 44128 del 30 ottobre 2019 (ud. del 3 ottobre 2019)

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BEVILACQUA RINALDO nato a REGGIO CALABRIA il 21/08/1975

avverso l’ordinanza del 16/04/2019 del TRIB. LIBERTA di CATANZARO

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;

sentite le conclusioni del PG dr. GIULIO ROMANO, che conclude per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Rinaldo Bevilacqua ricorre, tramite difensore, per la cassazione dell’ordinanza con cui il Tribunale per il riesame di Catanzaro il 16 aprile – 7 maggio 2019, decidendo in sede di rinvio dalla S.C. (Sez. 3, n. 15031 del 28/02/2019), in parziale riforma dell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro del 5 luglio 2018 con la quale è stata applicata a Bevilacqua, indagato, in concorso con altri, per la violazione dell’art. 452-quaterdecies cod. pen. (“Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”: articolo introdotto dall’art. 3, comma 1, lett. a, del d. lgs. 10 marzo 2018, n. 21, in vigore dal 6 aprile 2018; già art. 260 del d. lgs. n. 2006, n. 152, abrogato dall’art. 7 del citato d. lgs. n. 21 del 2018), la misura dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza, ha sostituito la misura con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

2. Rinaldo Bevilacqua è indagato, come si è accennato, in concorso con altri, per la violazione dell’art. 452-quaterdecies, comma 1, cod. pen., che punisce «Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti e’ punito con la reclusione da uno a sei anni».

3. In sintesi, gli antefatti della presente vicenda processuale.

3.1. Il 5 luglio 2018 il G.i.p. del Tribunale di Catanzaro ha applicato a Rinaldo Bevilacqua in relazione alla ipotizzata violazione dell’art. 452- quaterdecies, comma 1, cod. pen., la misura dell’obbligo di dimora nel Comune di Lannezia Terme.

3.2. Presentato ricorso al Tribunale per il riesame di Catanzaro, il 19 luglio – 4 agosto 2018, in parziale riforma dell’ordinanza genetica, la misura è stata sostituita con quella dell’obbligo quotidiano di presentazione alla polizia giudiziaria per due volta al giorno. Il Tribunale distrettuale, infatti, ha ritenuto sussistente il prescritto quadro indiziario e le esigenze cautelari, salvaguardabili con la misura indicata.

3.3. Proposto ricorso per cassazione, la S.C. il 28 febbraio 2019 ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato, per le ragioni che si vedranno analiticamente in prosieguo nel “considerato in diritto”.

3.4. Fissata nuovamente udienza camerale, il Tribunale per il riesame di Catanzaro il 16 aprile – 7 maggio 2019, in parziale riforma dell’ordinanza genetica, ha disposto nei confronti di Rinaldo Bevilacqua la medesima misura, già applicata dal Tribunale per il riesame il 19 luglio – 4 agosto 2018, dell’obbligo di presentazione alla p.g., in buona sostanza rigettando il ricorso.

4. La motivazione dell’ordinanza del Tribunale per il riesame del 16 aprile – 7 maggio 2019, richiamata in sintesi la motivazione della sentenza di annullamento della S.C., muove della constatazione che nei fotogrammi del 5 aprile 2017 e del 24 aprile 2017 Rinaldo Bevilacqua viene ripreso mentre è in procinto di scaricare rifiuti e ritiene che lo stesso era a conoscenza della irregolarità delle attività poste in essere dalla Beda s.r.l. e conseguentemente anche dei “microconferitori”, tra i quali, appunto, lo stesso Rinaldo Bevilacqua. A proposito della società Beda appare opportuno rammentare che, come viene riferito nella motivazione della richiamata sentenza della S.C. (p. 2), le emergenze investigative erano nel senso che la «BEDA S.r.l. [… fosse] autorizzata unicamente al trasporto di rifiuti non pericolosi. In particolare, quale unico socio, amministratore ed unico dipendente della società, il BERLINGERI riceveva quotidianamente ingenti quantitativi di ferro, acciaio ed, in alcuni casi, anche di rifiuti speciali e pericolosi, dietro il pagamento di un corrispettivo a soggetti con feritori (tra i quali l’odierno ricorrente), i quali effettuavano verso la BEDA S.r.l. trasporti non autorizzati di rifiuti di ignota provenienza. Successivamente, al fine di occultare tali forme di ricettazione, il BERLINGERI ometteva la compilazione del formulario obbligatorio relativo al trattamento di rifiuti di cui all’art. 258 d.lgs. 152/2006, ovvero ne falsificava il contenuto, sovente annotando, ove è richiesta l’indicazione della provenienza, la stessa società quale “produttore/detentore” di rifiuti. Successivamente, dopo aver esercitato anche l’attività di stoccaggio, lavorazione di rifiuti anche speciali e pericolosi, nonché di scarico delle acque reflue direttamente sul suolo, attività per le quali la società è sprovvista di autorizzazioni, sempre il BERLINGERI trasportava ferro ed acciaio presso la società “Silipo Luciano S.r.l.” ed altre società del settore della lavorazione del ferro, per rivenderli ad un maggior prezzo, lucrando sulla differenza, gestendo in questo modo abusivamente ingenti quantitativi di tali rifiuti a fini di profitto (in Lamezia Terme, in data anteriore al 3 aprile 2017, con condotta perdurante)»). Ebbene, il Tribunale per il riesame di Catanzaro sviluppa al riguardo un ragionamento che (lo si vedrà analiticamente nel “considerato in diritto”) si incentra, in sintesi, sulle seguenti circostanze: sull’avere Rinaldo Bevilacqua conferito i rifiuti in entrambe le occasioni (5 e 24 aprile 2017) nello stesso punto, come si evince dalle fotografie; sull’essere il secondo dei due conferimenti successivo al sequestro, che risale all’il aprile 2017;sull’essere, in ogni caso, in occasione del secondo conferimento, la illiceità dell’attività evidente ed agevolmente conoscibile; sulla constatata assenza di qualsiasi documento relativo alla provenienza, al trasporto ed al conferimento dei rifiuti; sull’avere Massimo Berlingieri fornito a Rinaldo Bevilacqua istruzioni in occasione dello scarico dei rifiuti.

5. Ciò posto, ricorre per la cassazione dell’ordinanza l’indagato, tramite difensore, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo, con il quale denunzia violazione di legge (art. 452-quaterdecies cod. pen.), travisamento del fatto, mancanza di gravi indizi di colpevolezza, erronea interpretazione degli stessi, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Quanto allo spostamento dell’attività di raccolta rifiuti poco più in la dell’area che era stata posta sotto sequestro dalla polizia giudiziaria (cui si fa riferimento alla p. 2 dell’ordinanza impugnata), assume il ricorrente che non ve ne sia prova in atti e che – anzi – vi sarebbe prova certa che in occasione di entrambi i conferimenti da parte dell’odierno indagato, avvenuti il 5 ed il 24 aprile 2017, il luogo sia stato lo stesso, poiché nelle immagini videoriprese si nota il medesimo piccolo manufatto; con la specificazione che il secondo dei due conferimenti è avvenuto dopo il sequestro, che risale all’il aprile 2017. Poiché – sottolinea il ricorrente – «Lo spazio di lavoro della Beda è Io stesso [… ne consegue che] la motivazione è viziata per travisamento del fatto ed è insufficiente a dimostrare che Bevilac qua Rinaldo si sia reso conto che la Beda srl era sotto sequestro e operava illecitamente anche se avesse per ipotesi spostato la sua attività di qualche metro. Il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, ha travisato i fatti in ordine allo spostamento dello spazio di attività societaria di qualche metro, inoltre la circostanza (se fosse vera) che l’attività si sia spostata di qualche metro, in assenza di nastri e sigilli, nel frattempo rimossi, non è un elemento idoneo a provare la consapevolezza del Bevilac qua Rinaldo di partecipare all’attività illecita posta in essere dalla Beda s.r.l.» (così alle pp. 2-3 del ricorso). Il ricorrente, poi, censura la seconda parte del ragionamento svolto nell’ordinanza impugnata, incentrato sulla mancanza dei documenti relativi alla tracciabilità dei rifiuti, non avendo Bevilacqua né ricevuto dalla Beda s.r.l. il formulario di identificazione dei rifiuti (F.I.R.) né avendo un proprio F.I.R., poiché ripeterebbe, in sostanza, la stessa giustificazione già ritenuta inadeguata dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio ove si legge (al punto n. 3 del “considerato in diritto”) che «Invero, sebbene risultino dimostrati i due conferimenti e la evidente illiceità della condotta posta in essere dal ricorrente antecedentemente alla consegna dei rifiuti, avendo l’indagato proceduto alla raccolta o, quanto meno, al trasporto degli stessi in assenza di valido titolo abilitativo, non risulta tuttavia adeguatamente dimostrato un effettivo contributo causale alle attività organizzate e finalizzate al traffico illecito poste in essere dal coindagato per il tramite della società della quale è legale rappresentante né, tanto meno, il cosiddetto dolo di partecipazione». La motivazione dell’ordinanza impugnata, ad avviso del ricorrente, sarebbe insufficiente, in quanto Rinaldo Bevilacqua ha effettuato due soli smaltimenti senza la presenza di altri microconferitori, come emerge dalle indagini, in particolare dalle immagini videoriprese, e, dunque, non si sarebbe mai potuto rendere conto che la società faceva lo stesso con altri conferitori. Ancora: si assume che «Bevilacqua Rinaldo non aveva il FIR perché non svolgeva e non svolge l’attività inerente alla gestione dei rifiuti: il materiale smaltito era stato rinvenuto a seguito di un’attività di pulitura di un giardino (come riferito in sede di interrogatorio) e portato in via del tutto occasionale con un’autovettura ad uso privato» (così alla p. 3 del ricorso). Il ricorrente ritiene, in definitiva, non essere stata spiegata in maniera logica la partecipazione concorsuale al reato. Anche il passaggio motivazionale incentrato sulla circostanza che la gravità indiziaria si desumerebbe dalla circostanza che Massimo Berlingieri impartiva istruzioni al ricorrente mentre scaricava i rifiuti sarebbe viziata, «perché sul punto la Corte di cassazione si è già espressa anzi occorre ribadire che l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro non solo riprende un argomento già affrontato dalla Suprema Corte ma addirittura lo contesta e ne prende le distanze senza fondamento» (così alla p. 4 del ricorso). In definitiva, insomma, «Non si comprende su quali elementi seri e concreti si desume la gravità indiziaria per il solo fatto che un con feritore, recatosi presso la società di smaltimento rifiuti, sia coinvolto nei suoi traffici illeciti, di cui è ignaro, solo perché ha ottemperato a una disposizione inerente […] lo scarico dei rifiuti. Non è possibile il concorso in un reato doloso da altri predisposto e realizzato ove la condotta del ricorrente non sia caratterizzata dalla consapevolezza dell’attività delittuosa posta in essere dai soggetti attivi del reato, in altri termini che non sia accompagnata da una precisa volontà di partecipare al traffico illecito dei rifiuti» (così alla p. 4 del ricorso). Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.

2. Appare preliminarmente opportuno riferire, per completezza informativa, la motivazione della sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza in precedenza emessa dal Tribunale per il riesame: «1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.

3. La vicenda in esame si colloca nell’ambito di diversi procedimenti cautelari posti all’attenzione di questa Corte ed aventi ad oggetto il delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. La condotta oggetto di contestazione riguarda, in particolare, la persona di Antonio BERLINGERI perché, secondo il capo di incolpazione, al fine di conseguire un ingiusto profitto avvalendosi della disponibilità di mezzi riferibili alla società BEDA S.r.l., quali gru ed autocarri, nella maggior parte dei casi neppure autorizzati al trasporto di rifiuti, questi realizzava una vera e propria filiera del commercio illecito di ferro ed acciaio, dietro lo schermo della società BEDA S.r.l., autorizzata unicamente al trasporto di rifiuti non pericolosi. In particolare, quale unico socio, amministratore ed unico dipendente della società, il BERLINGERI riceveva quotidianamente ingenti quantitativi di ferro, acciaio ed, in alcuni casi, anche di rifiuti speciali e pericolosi, dietro il pagamento di un corrispettivo a soggetti con feritori (tra i quali l’odierno ricorrente), i quali effettuavano verso la BEDA S.r.l. trasporti non autorizzati di rifiuti di ignota provenienza. Successivamente, al fine di occultare tali forme di ricettazione, il BERLINGERI ometteva la compilazione del formulario obbligatorio relativo al trattamento di rifiuti di cui all’art. 258 d. lgs. 152/2006, ovvero ne falsificava il contenuto, sovente annotando, ove è richiesta l’indicazione della provenienza, la stessa società quale “produttore/detentore” di rifiuti. Successivamente, dopo aver esercitato anche l’attività di stoccaggio, lavorazione di rifiuti anche speciali e pericolosi, nonché di scarico delle acque reflue direttamente sul suolo, attività per le quali la società è sprovvista di autorizzazioni, sempre il BERLINGERI trasportava ferro ed acciaio presso la società “Silipo Luciano S.r.l.” ed altre società del settore della lavorazione del ferro, per rivenderli ad un maggior prezzo, lucrando sulla differenza, gestendo in questo modo abusivamente ingenti quantitativi di tali rifiuti a fini di profitto (in Lamezia Terme, in data anteriore al 3 aprile 2017, con condotta perdurante). Secondo quanto evidenziato nell’ordinanza impugnata, l’odierno ricorrente è collocato tra i cosiddetti “microfornitori” della BEDA S.r.l. e risulta essere stato ripreso dalle telecamere installate dalla polizia giudiziaria nel corso dell’attività investigativa mentre effettuava conferimenti di rifiuti in due diverse occasioni (il 5/4/2017 ed il 24/4/2017).Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di indizi sufficienti per l’applicazione della misura cautelare, che indica nella conoscenza della illecita attività svolta dalla società del coindagato, desumibile dal fatto che il ricorrente aveva effettuato uno dei conferimenti dopo il sequestro e dalle modalità dei conferimenti medesimi, eseguiti posizionando il mezzo di trasporto su una pesa, prima e dopo lo scarico dei rifiuti, per quantificarne il peso ed il successivo corrispettivo in denaro. I giudici del riesame, dunque, ritengono il ricorrente inserito in quel contesto criminale, all’illecita attività del quale avrebbe contribuito alimentando il flusso dei rifiuti illecitamente gestiti.

4. Ciò posto, ritiene il Collegio che le argomentazioni sviluppate dai giudici del riesame non siano sufficienti per giustificare il mantenimento della misura, risultando contraddittorie. Invero, sebbene risultino dimostrati i due conferimenti e la evidente illiceità della condotta posta in essere dal ricorrente antecedentemente alla consegna dei rifiuti, avendo l’indagato proceduto alla raccolta o, quanto meno, al trasporto degli stessi in assenza di valido titolo abilitativo, non risulta tuttavia adeguatamente dimostrato un effettivo contributo causale alle attività organizzate e finalizzate al traffico illecito poste in essere dal coindagato per il tramite della società della quale è legale rappresentante né, tanto meno, il cosiddetto dolo di partecipazione. Ciò in quanto gli elementi che i giudici del riesame valorizzano per ritenere il pieno coinvolgimento del ricorrente in tali attività sono indicati, come detto, in maniera contraddittoria. Una prima contraddizione è quella, evidenziata dalla difesa, nel motivo di ricorso ove lamenta il fatto che l’ordinanza, dopo aver specificato che il BERLINGERI era stato filmato mentre toglieva i sigilli al sito, afferma poi che la consapevolezza dell’illecita attività in capo al ricorrente era dimostrata anche dal fatto che uno dei conferimenti era avvenuto dopo il sequestro, poiché proprio la denunciata rimozione del nastro posto dalla polizia giudiziaria, evidentemente per delimitare l’area sequestrata, sottrae consistentemente rilievo alla precedente affermazione. Altro elemento di criticità, ad avviso del Collegio, si rinviene laddove l’ordinanza, nel dare contezza del fatto che i rifiuti venivano conferiti secondo modalità indicative di un medesimo modus operandi, non tiene conto del fatto che anche tale affermazione si pone in contraddizione con quanto evidenziato poco prima nel descrivere ciò che è rappresentato nel fotogramma del 24 aprile 2017, dove il ricorrente è stato ripreso “mentre scarica rifiuti dopo aver ottenuto le indicazioni da BERLINGERI Massimo”, indicazioni che, però, non sarebbero necessarie per l’effettuazione di una operazione secondo una procedura nota.Ne consegue che, se non si considerano, per le ragioni appena dette, questi due significativi dati fattuali, la posizione dell’indagato quale concorrente nel delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. resta ancorata a mere supposizioni.

5. Tale evenienza rende pertanto necessario l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo esame» (così, testualmente ed integralmente, il “considerato in diritto” di Sez. 3, n. 15031 del 28/02/2019, Bevilacqua).

6. Il Tribunale per il riesame di Catanzaro, a seguito dell’annullamento con rinvio, ha così motivato la conferma della sussistenza del quadro indiziario a carico di Rinaldo Bevilacqua (pp. 2-4 del provvedimento impugnato): «La consapevolezza delle illiceità da parte dei microconferitori [tra i quali Rinaldo Bevilacqua] va individuata non tanto nel momento della rimozione dei sigilli da parte del Berlingieri (e quindi sul conferimento nonostante i sigilli), quanto piuttosto nella circostanza che dopo l’apposizione dei sigilli la stessa attività era stata spostata di qualche metro appena fuori dallo spazio dagli stessi delimitato. Ne discende, dunque, che dopo l’11 aprile [2017] l’illiceità dell’attività di conferimento era evidente e agevolmente conoscibile. Oltre a tale dato, prettamente empirico, la consapevolezza da parte dei microconferitori va individuata altresì nell’assenza dei documenti relativi alla tracciabílità dei rifiuti. In altri termini, l’irregolarità è una chiara manifestazione dell’assenza della documentazione inerente all’attività di gestione dei rifiuti. In tal senso va rilevato che il “FIR”, formulario di identificazione dei rifiuti, è un documento di accompagnamento del trasporto dei rifiuti, effettuato da un trasportatore autorizzato, che contiene tutte le informazioni relative alla tipologia del rifiuto, al produttore, al trasportatore ed al destinatario. Tanto premesso, dagli atti di indagine emerge che i microconferitori, compreso il Bevi/acqua, nei FIR della Beda non compaiono mai (v. i FIR in sequestro). Tale “assenza”, dunque, va individuata nella circostanza che, essendo tale attività irregolare, gli stessi non potevano comparire, non essendo la Beda abilitata a smaltire rifiuti prodotti da altri ma solo rifiuti prodotti da sé stessa (v. visura Beda in cui si dà atto delle autorizzazioni in suo possesso e sul fatto che può smaltire solo suoi rifiuti, e non rifiuti prodotti e conferiti da altri). Va altresì sottolineato che i rifiuti, per come disciplinato dal d. lgs. 152/2006, devono sempre “viaggiare” con i relativi documenti, appunto i FIR da cui è possibile stabilire chi è il produttore ed i vari passaggi relativi allo smaltimento. Ragionando inferenzialmente, se quella prima cessione fosse stata lecita, la Beda avrebbe dovuto annotare nella apposita casella chi è il produttore (e non sé stessa come invece ha fatto) e poi rilasciare i relativi documenti ai microconferitori (che al contrario non hanno mai ricevuto nulla per come emerge dalle telecamere oltre che dai FIR in sequestro alla Beda che, come detto, segnava sè stessa come produttrice dei rifiuti). Inoltre, i microconferitori avrebbero dovuto poi ricevere i FIR relativi allo smaltimento, ma ciò non avveniva. In altri termini, per smaltire lecitamente e legalmente, i con feritori dovevano disporre di documenti che, nel caso in esame, non ricevevano e, di conseguenza, non firmavano. Pertanto, risulta che i c.d. microconferitori, compreso il Bevi/acqua, conferivano in modo illecito, non tracciabile, senza mai comparire come produttori e senza mai ricevere le attestazioni relative all’avvenuto smaltimento, rimanendo così consapevolmente con feritori occulti. Infine, l’ulteriore prova della consapevolezza di porre in essere una condotta illecita è che a loro volta i microconferitori dovevano avere un FIR da cui poter evincersi la provenienza dei rifiuti che poi conferivano alla Beda, in cui indicare i produttori dei rifiuti o in alternativa la provenienza degli stessi. Alla luce degli elementi suesposti, risultano quindi pacifici i gravi indizi di colpevolezza del reato contestato all’imputazione provvisoria. In ossequio al principio stabilito dalla Suprema Corte nella sentenza di annullamento con rinvio, gli elementi suesposti consentono di ritenere integrata la gravità indiziaria nei termini di contributo causale conferito dal Bevi/acqua e altresì di consapevolezza di partecipare ad un’attività illecita. Va evidenziato, peraltro, che le valutazioni innanzi svolte consentono allo stesso tempo di ritenere superate le contraddizioni del provvedimento annullato individuate dalla Suprema Corte. Infatti, la gravità indiziaria viene integrata da elementi ulteriori rispetto alla apposizione dei sigilli, mentre, con riferimento alla circostanza che l’indagato aveva ricevuto istruzioni dal Berlingieri, elemento questo valorizzato dalla Suprema corte nella sentenza di annullamento poiché ritenuto manifestazione della avulsione dal circuito delinquenziale collaudato, il collegio osserva che tale elemento corrobora la gravità indiziaria, poiché espressione del contatto tra il Bevi/acqua e il Berlingieri. In altri termini, il ricevere istruzioni in occasione del secondo conferimento manifesta il coinvolgimento dell’indagato, in quanto tale circostanza rappresenta la completa messa a disposizione dello stesso a svolgere tale attività illecita seguendo le indicazioni fornite dal Berlingieri. Pertanto, [va] ritenuta la sussistenza della gravità indiziaria […]».

7. Tanto premesso, il provvedimento impugnato resiste alle censure mosse. Al di là del formale richiamo da parte del ricorrente alle categorie della violazione di legge e del travisamento dei fatti, vizi nemmeno puntualmente descritti ed argomentati nell’atto di impugnazione, il ricorso, a ben vedere, è tutto costruito su di un preteso difetto motivazionale, difetto che, in realtà, non esiste. La motivazione del provvedimento impugnato si incentra, come si è già visto, su di una serie di circostanze fattuali – di per sé direttamente inaccessibili alla S.C. – dalle quali i giudici di merito traggono la prova, nella attuale, fluida, fase cautelare, della emersione del concorso di Bevilacqua con altri nel reati ipotizzato, e cioè: avere Rinaldo Bevilacqua conferito i rifiuti sia il 5 che il 24 aprile 2017 nello stesso punto, come si evince dalle foto; essere il secondo dei due conferimenti successivo al sequestro, che è avvenuto l’11 aprile 2017; essere la illiceità dell’attività evidente ed agevolmente conoscibile in occasione del secondo conferimento; mancanza di qualsiasi documento relativo alla provenienza, al trasporto ed al conferimento dei rifiuti; avere Massimo Berlingieri fornito a Rinaldo Bevilacqua istruzioni in occasione dello scarico dei rifiuti. Si tratta di motivazione non manifestamente illogica e che offre congrua risposta ai temi evidenziati nella sentenza di annullamento con rinvio.

8. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 3 ottobre 2019.

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