RUMORE. Operatività della condotta lesiva dell’art. 659 c.p. e differenze tra la produzione da attività professionale o da attività privata. Cassazione Penale n. 2258/2021.

Cass. Pen., Sez. III , s ent. n. 2258 del 2 0 gennaio 2021 ( ud. del 17 novembre 2020)
Pres. Aceto Est. Semeraro

Rumore. Disturbo del riposo e delle occupazioni altrui. Idoneità della condotta rumorosa. Diffusività. Art. 659 c.p. .
La condotta sanzionata dal secondo comma dell’art. 659 cod. pen. è soltanto quella costituita dalla violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell’autorità che disciplinano l’esercizio della professione o del mestiere, mentre l’emissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone rientra nella previsione del comma 1, indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l’abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 2258 del 20 gennaio 2021 (ud. del 17 novembre 2020)

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza del 13 giugno 2019 il Tribunale di Aosta ha condannato Stefano D’Anello alla pena di 150 euro di ammenda ed al risarcimento del danno alla parte civile Alessandro Pescetto per il reato ex art. 659 cod. pen. perché, nella qualità di amministratore della One More Night s.r.l., gestore della discoteca Club House 80, ometteva di adottare misure idonee ad impedire la propagazione di musica, rumori e schiamazzi. In Courmayeur il 7 dicembre 2017.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato.
2.1. Con il primo motivo si impugnano, unitamente alla sentenza, le due ordinanze in tema di costituzione di parte civile ex art. 606 lett. c) cod. proc. pen.
2.1.1. Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sufficiente il mero richiamo al capo di imputazione, in violazione dell’artt. 78 lett. d) cod. proc. pen., mentre l’atto di costituzione sarebbe generico, non essendo state indicate le motivazioni in base alle quali l’istante aveva interesse alla costituzione; vi sarebbe stato solo un generico richiamo al capo di imputazione nel quale però non è indicato quale fosse il ruolo della persona offesa. Il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la costituzione di parte civile.
2.1.2. Inoltre, il Tribunale, anziché pronunciarsi sull’eccezione di nullità per la mancata sottoscrizione della procura speciale da parte della persona offesa ex art. 100 cod. proc. pen., avrebbe autorizzato la parte civile a sottoscrivere la procura speciale, nonostante l’opposizione della difesa dell’imputato e successiva nuova eccezione.
La decisione del Tribunale sarebbe stata emessa in violazione dell’art. 100 cod. proc. pen. perché la dichiarazione di costituzione di parte civile era nulla per la mancata sottoscrizione della procura speciale da parte della persona offesa.
Il Tribunale avrebbe consentito alla persona offesa di sanare la nullità, nonostante la tempestiva eccezione della difesa.
2.2. Con il secondo motivo si deducono la violazione dell’art. 659 cod. pen. ed il vizio della motivazione ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
Dalla sentenza di primo grado emergerebbe che nella notte tra il 7 e 8 dicembre 2017 solo la famiglia Pescetto denunciò l’elevato volume proveniente dalla discoteca (cfr. l’esame del teste Alessandro Pescetto, di Giuseppe Ballistreri della Stazione CC di Courmayeur, di Armando De Luca amministratore del condominio).
Il Tribunale sarebbe incorso nel travisamento della prova per omissione quanto alla testimonianza di Giuseppe Ballistreri nella parte in cui ha riferito che per quella notte non furono presentate denunce o ricevute lamentele; che in passato i Carabinieri avevano ricevuto delle lamentele cessate dopo l’esecuzione di lavori per evitare la propagazione.
Il travisamento concernerebbe anche l’analisi dei rilievi dell’Arpa che sarebbero antecedenti all’esecuzione dei lavori di insonorizzazione.
Il Tribunale avrebbe erroneamente applicato l’art. 659 comma 1 cod. pen. perché avrebbe ritenuto che una sola famiglia, composta da due persone, sia stata molestata, in contrasto con la giurisprudenza citata nel ricorso sulla necessità del disturbo ad un numero indeterminato di persone ed alla natura del bene protetto dalla norma.
2.3. Con il terzo motivo si deduce l’omessa motivazione sull’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. richiesta dal pubblico ministero in udienza ed in via subordinata dalla difesa, nonostante la speciale tenuità del fatto, i limiti edittali, l’entità della pena e del risarcimento del danno inflitto (100 euro).

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è solo parzialmente fondato.
1.1. Dal verbale risulta la presenza in udienza della persona offesa, che ha sottoscritto l’atto di costituzione di parte civile e solo successivamente la procura: pertanto, la costituzione di parte civile è corretta perché deve ritenersi avvenuta personalmente.
1.2. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, l’assenza di legittimazione all’esercizio dell’azione civile da parte del difensore, per difetto di procura speciale, ovvero da parte del sostituto processuale, per difetto dei relativi poteri sostanziali, è sanata mediante la presenza in udienza della persona offesa, che consente di ritenere la costituzione di parte civile come avvenuta personalmente: cfr. Sez. 4, n. 24455 del 22/04/2015, Plataroti, Rv. 26373001; Sez. 4, n. 41790 del 11/06/2009, Valerio, Rv. 24553401.
Tale principio è stato ribadito da Sez. U, n. 12213 del 21/12/2017 – dep. 2018, Zucchi, Rv. 27216901, anche se in fattispecie diversa («Il sostituto processuale del difensore al quale il danneggiato abbia rilasciato procura speciale al fine di esercitare l’azione civile nel processo penale non ha la facoltà di costituirsi parte civile, salvo che detta facoltà sia stata espressamente conferita nella procura ovvero che la costituzione in udienza avvenga in presenza del danneggiato, situazione questa che consente di ritenere la costituzione come avvenuta personalmente».)
1.3. Sull’omessa indicazione della causa petendi il motivo è fondato.
Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione del principio, pure richiamato, per cui, in tema di costituzione di parte civile, l’indicazione delle ragioni che giustificano la domanda risarcitoria è funzionale esclusivamente all’individuazione della pretesa fatta valere in giudizio, non essendo necessaria un’esposizione analitica della causa petendi, sicché per soddisfare i requisiti di cui all’art. 78, lett. d), cod. proc. pen., è sufficiente il mero richiamo al capo di imputazione descrittivo del fatto, allorquando il nesso tra il reato contestato e la pretesa risarcitoria azionata risulti con immediatezza (Sez. 2, n. 23940 del 15/07/2020, Rosati, Rv. 27949001)
1.3. Orbene, la motivazione sul rigetto dell’eccezione non tiene conto in alcun modo che il nome del soggetto che esercita l’azione civile non risulta nel capo di imputazione; non risulta neanche se abbia subito una condotta del ricorrente; neanche dalla documentazione allegata alla costituzione di parte civile vi sono riferimenti al fatto accaduto il 7 dicembre 2017, unico fatto oggetto del capo di imputazione. Nemmeno può farsi riferimento alla residenza, posto che la parte civile afferma nell’atto di costituzione di risiedere in una città diversa da quella in cui si sono verificati i fatti.
Manca dunque quel rapporto di immediatezza tra pretesa risarcitoria e reato contestato.
2. Nel merito il secondo motivo è fondato; la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
2.1. Con il capo di imputazione si contesta il reato di cui al comma 1 dell’art. 659 cod. pen., poiché vi è il riferimento al disturbo del riposo delle persone.
La condotta sanzionata dal secondo comma dell’art. 659 cod. pen. è soltanto quella costituita dalla violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell’autorità che disciplinano l’esercizio della professione o del mestiere, mentre l’emissione di rumori eccedenti la normale
tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone rientra nella previsione del comma 1, indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l’abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso.
2.2. Per la ricostruzione dell’ambito applicativo dell’art. 659 comma 1, del comma 2 dell’art. 659 cod. pen. e dell’art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, può richiamarsi Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Montoli, Rv. 263433.
Nel reato previsto dall’art. 659 cod. pen. l’oggetto della tutela penale è dato dall’interesse dello Stato alla salvaguardia dell’ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica, consistente in quella condizione psicologica collettiva, inerente all’assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale.
Il bene giuridico protetto viene offeso dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, cagionato mediante rumori, e cioè da suoni intensi e prolungati, di qualunque specie e natura, atti a determinare il turbamento della tranquillità pubblica, o da schiamazzi.
Secondo la giurisprudenza, invero, per integrare il reato di cui all’art. 659, comma 1, è necessario che il fastidio non sia limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa (Sez. 3 n. 23529 del 13/0552014, Ioniez, Rv. 259194), o agli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante alla fonte di propagazione (Sez. 1 n. 45616 del 14/10/2013, Virgillito, Rv. 257345), occorrendo invece la prova che la propagazione delle onde sonore sia estesa quanto meno ad una consistente parte degli occupanti l’edificio, in modo da avere una diffusa attitudine offensiva ed una idoneità a turbare la pubblica quiete.
La rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l’incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l’interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare.
2.3. Tanto premesso, dalla sentenza impugnata risulta che nel giorno oggetto del capo di imputazione la condotta avrebbe disturbato il riposo del solo nucleo familiare di Alessandro Pescetto, composto da due persone: non risulta pertanto motivato né sussistente il requisito della diffusività; come già indicato, l’evento di disturbo deve essere potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone. Il fastidio non deve essere limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa.
L’assenza del requisito della diffusività, quanto al giorno oggetto della contestazione, risulta anche dalla testimonianza del teste Giuseppe Ballistreri, all’epoca comandante della Stazione CC di Courmayeur che ha effettivamente riferito, come indicato nel ricorso, che non vi furono altre segnalazioni per la notte oggetto dell’imputazione (cfr. il verbale allegato al ricorso).
2.4. La sentenza poi fa riferimento a condotte pregresse, non oggetto del capo di imputazione; sul punto però è stata effettivamente omessa la valutazione della testimonianza del teste Ballistrieri il quale, oltre all’assenza di segnalazioni per la notte oggetto dell’imputazione, ha fatto riferimento alle precedenti denunce ma anche ai lavori «per evitare la propagazione» successivamente svolti dalla discoteca.
3. Dunque, in assenza di prova del requisito della diffusività, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Così deciso il 17 novembre 2020.

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