Scritti anonimi e minacce aggravate, in condominio intervengono i RIS. Cassazione Penale n. 57760/2017.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale ha determinato la condanna a tre mesi di reclusione per minacce aggravate (art. 612, 339 c.p.) nei confronti di un condomino, reo di aver gravemente minacciato un altro condomino con scritti anonimi.

Cass. Pen., Sez. v, sent. n. 57760 del 28 dicembre  2017 (ud. 24 novembre 2017)

L’imputato propone ricorso avverso la sentenza, sollevando diverse censure, tra le quali il travisamento dell’esito delle indagini dei RIS.

A determinare la punibilità del condomino è stata una perizia grafologica operata da parte dei RIS, i quali si sono avvalsi dell’ElectrostaticDetectionApparatus (E.S.D.A.) per attribuirela grafia del soggetto anonimo minacciante al condomino condannato.

Nella fattispecie in esame, è emerso dalle risultanze probatorie che le minacce in forma anonima fossero state rivolte “da un soggetto che faceva riferimento a delle vicende chiaramente collegate al contesto in cui lo stesso viveva”, alludendo a questioni di parcheggio, lavaggio auto e vita condominiale in genere. I risultati della perizia grafologica accertavano che le scritture minatorie fossero riconducibili alla grafia dell’imputato.

Il condomino accusato proponeva ricorso per Cassazione deducendo il mancato utilizzo di apparecchiature tecnico-scientifiche quali il microscopio elettronico,raggi infrarossi e ultravioletti, filtri etc. , ma la Suprema Corte rigettava il ricorso statuendo che ciò che rileva non è tanto la metodologia scelta ma le risultanze probatorie. Il ricorrente pertanto «ha l’onere di contestare l’esito della prova, non già per sostituire alla tecnica adoperata dal perito e convalidata dal giudice di merito un’altra e diversa metodologia reputata di maggiore autorevolezza ed elevata persuasività, ma esclusivamente per invalidarla, dimostrando l’insufficienza di essa a poter essere posta, nel caso specifico, a fondamento delragionamento probatorio».

Scarica in pdf il testo della sentenza: Cass. Pen., Sez. V, n. 5760-2017