Sicurezza sul lavoro. Gestore di un bar, DVR, regolare manutenzione tecnica, esclusione della tenutià del fatto per condotta abituale. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 51899 del 6 dicembre 2016 (ud. 8 settembre 2016)
Pres. Carcano, Est. De Nicola
Sicurezza sul lavoro. Documento valutazione rischi (DVR). Gestore di bar. Elaborazione del documento. Assenza. Regolare manutenzione tecnica. Art. 29, 55, 63, 64, 68 D.L.vo  n.81/2008. Esclusione della particolare tenutià del fatto in presenza di condatta abituale.
Si configura il reato previsto dagli articoli 29, comma 1, e 55, comma 1, lettera a) decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 per colui che rivestendo la qualità di rappresentante legale, (nella specie ditta esercente attività di bar), non effettua la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28 del medesimo decreto; in particolare, non effettua la valutazione di rischi collegati allo stress lavoro-correlati nonché del reato previsto dagli articoli 64, comma 1, lettere a) e e), e 68 decreto legislativo 81 del 2008. Nella specie, in qualità di rappresentante legale, non provvedeva affinché i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3 ed inoltre non provvedeva affinché i luoghi di lavoro venissero sottoposti a regolare manutenzione tecnica e venissero eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che avrebbero potuto pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori.
L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, e giudicati nel medesimo procedimento, configurando anche il reato continuato una ipotesi di “comportamento abituale”, ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 43816 del 01/07/2015, Amadeo, Rv. 265084; Sez. 3, n. 29897 del  28/05/2015, Gau, Rv. 264034).

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 51899 del 6 dicembre 2016 (ud. 8 settembre 2016)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA 
sul ricorso proposto da Muscetti Giuseppe, nato a Benevento il 12-01-1947
avverso la sentenza del 16-03-2015 del tribunale di Benevento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Antonio Balsamo che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Giuseppe Muscetti ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale il tribunale di Benevento lo ha condannato alla pena di euro 3.000,00 di ammenda per il reato previsto dagli articoli 29, comma 1, e 55, comma 1, lettera a) decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 perché, in qualità di rappresentante legale della omonima ditta, esercente attività di bar, non effettuava la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28 del medesimo decreto; in particolare, non effettuava la valutazione di rischi collegati allo stress lavoro-correlati nonché del reato previsto dagli articoli 64, comma 1, lettere a) e e), e 68 decreto legislativo 81 del 2008 perché, nella qualità in precedenza indicata, non provvedeva affinché i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di cui all’articolo 63, commi 1, 2 e 3 ed inoltre non provvedeva affinché i luoghi di lavoro venissero sottoposti a regolare manutenzione tecnica e venissero eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che avrebbero potuto pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori. In Benevento il 19 settembre 2011.
2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza il ricorrente solleva, tramite il difensore, un unico complesso motivo di gravame, qui enunciato ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Con esso il ricorrente lamenta l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 131-bis del codice penale (articolo 606, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale), sul rilievo che nel frattempo è sopravvenuta, con l’introduzione dell’articolo 131-bis del codice penale, una causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, applicabile nel caso di specie e potendo la questione della particolare tenuità del fatto essere proposta anche nel giudizio di legittimità ai sensi dell’articolo 609, comma 2, del codice di procedura penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato nei limiti di seguito precisati.
2. La Corte di cassazione ha affermato che la esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, e giudicati nel medesimo procedimento, configurando anche il reato continuato una ipotesi di “comportamento abituale”, ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 43816 del 01/07/2015, Amadeo, Rv. 265084; Sez. 3, n. 29897 del  28/05/2015, Gau, Rv. 264034).
Nel caso in esame, la pluralità delle violazioni è stata sussunta dal Tribunale nell’ambito del medesimo disegno criminoso concretizzando pertanto il comportamento abituale che preclude l’ingresso alla causa di non punibilità reclamata.
3. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/09/2016