Trasporto di rifiuti, tenuità del fatto e presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 48317 del 16 novembre 2016 (ud. 11 ottobre 2016)

Pres. Fiale, Est. Ramacci

Rifiuti. Trasporto di rifiuti – Giudizio sulla tenuità del fatto . Art. 256 comma 1 d. lgs. 152/2006. Presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità. Valutazione della modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo – Art. 133, comma 1 c.p. .  Requisiti della motivazione in genere. Controllo critico sulla sussistenza di un valido percorso giustificativo.

Il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa, che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto (Cass. SS. UU., n. 13681 del 25 febraio 2016, Tushaj). Inoltre, l’assenza dei presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. può essere rilevata anche con motivazione implicita (fattispecie in materia di trasporto abusiva di rifiuti).

In relazione ai requisiti della motivazione in genere, si sia specificato che la sentenza costituisce un tutto coerente ed organico, con la conseguenza che, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di un valido percorso giustificativo, ogni punto non può essere autonomamente considerato, dovendo essere posto in relazione agli altri, con la conseguenza che la ragione di una determinata statuizione può anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito (cfr. Cass. Pen., Sez. IV n. 4491 del 17 ottobre 2012 (dep. 2013), Pg in proc. Spezzacatena e altri; cfr. anche Sez. V, n. 8411 del 21 maggio 1992, Chirico ed altri). Pertanto, la sentenza di merito non è tenuta a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. Pen., Sez. IV n. 26660 del 13 maggio 2011, Caruso e altro; Sez. VI, n. 20092 del 4 maggio 2011, Schowick).

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 48317 del 16 novembre 2016 (ud. 11 ottobre 2016)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA 
sul ricorso proposto da SCOPAZZO SANTINO nato il 01/08/1974 a AIDONE;
avverso la sentenza del 22/01/2016 del TRIBUNALE di ASTI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICAUDIENZA del 11/10/2016, la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLO CANEVELLI che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Asti, con sentenza del 22/1 /2016 ha riconosciuto Santino SCOPAZZO responsabile del reato di cui all’art. 256, comma 1 d.lgs. 152\06 e lo ha condannato alla pena dell’ammenda per avere effettuato attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi, consistenti, per lo più, in rottami ferrosi, in assenza del necessario titolo abilitativo (in Castiglione d’Asti, luogo di conferimento dei rifiuti, nel corso dell’anno 2012).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia.
2. Con un unico motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza per avere il giudice del tutto omesso di pronunciarsi sulla richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a mente dell’art. 131-bis cod. pen.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Occorre preliminarmente rilevare che, come emerge dalla indicazione delle conclusioni delle parti riportata in sentenza, la difesa dell’imputato aveva richiesto, in via principale, la “assoluzione ex art. 131-bis cod. pen.” (ed, in subordine, il riconoscimento delle attenuanti generiche, il minimo della pena ed i benefici di legge).
Va altresì osservato che l’applicabilità della causa di non punibilità prevista dalla richiamata disposizione codicistica all’esito del giudizio è espressamente ammessa dalla legge, come si ricava dal contenuto d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, il quale, pur non stabilendo specifiche procedure, ha comunque disposto, con l’art. 3, comma 1, lett. b), l’introduzione, nel codice di rito, dell’art. 651-bis, il quale riconosce l’efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno, richiamando espressamente “la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento”.
2. Per l’applicazione dell’istituto, come è noto, si richiede al giudice di rilevare se, sulla base dei due «indici-requisiti» della modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui al primo comma dell’articolo 133 cod. pen., sussista l’«indice-criterio» della particolare tenuità dell’offesa e, con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità.
Come osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudizio sulla tenuità del fatto richiede una valutazione complessa, che ha ad oggetto le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen, richiedendosi una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all’entità dell’aggressione del bene giuridico protetto (Sez. U., n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590).
3. Ciò posto, deve altresì ricordarsi come, in relazione ai requisiti della motivazione in genere, si sia specificato che la sentenza costituisce un tutto coerente ed organico, con la conseguenza che, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di un valido percorso giustificativo, ogni punto non può essere autonomamente considerato, dovendo essere posto in relazione agli altri, con la conseguenza che la ragione di una determinata statuizione può anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito (v. Sez. 4, n. 4491 del 17/10/2012 (dep. 2013), Pg in proc. Spezzacatena e altri, Rv. 255096, conf. Sez. 5, n. 8411del21/5/1992, Chirico ed altri, Rv. 191487).
Più in generale, si è affermato che la sentenza di merito non è tenuta a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 4, n. 26660 del 13/5/2011, Caruso e altro, Rv. 250900; Sez. 6, n. 20092 del 4/5/2011, Schowick, Rv. 250105).
4. Nel caso in esame emerge chiaramente, dalla complessiva analisi della sentenza impugnata, che il giudice, nel valutare la condotta contestata all’imputato, ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’invocata causa di non punibilità, dando  espressamente conto della sussistenza di plurimi elementi ostativi.
In particolare, viene posto in evidenza che l’imputato aveva proceduto a più conferimenti di materiale ferroso per complessivi Kg 41.105 e, a fronte di tale dato fattuale, il giudice considera la quantità di materiale come “assolutamente significativa”, osservando che quanto accertato “depone nel senso di un’abitualità dell’attività”.
Esclusa, inoltre, la sussistenza della buona fede, il Tribunale ha quantificato la pena, pur concedendo le attenuanti generiche, in misura superiore al minimo edittale, indicato dall’art. 256, comma 1 d.lgs. 152\06, per l’ammenda, in misura pari a 2.600,00 euro, applicando all’imputato la pena finale di 4.000,00 euro di ammenda.
5. E’ dunque evidente, sulla base delle considerazioni svolte in sentenza, che il giudice del merito ha chiaramente indicato dati fattuali implicitamente dimostrativi della insussistenza dei necessari requisiti della tenuità dell’offesa e della non abitualità della condotta richiesti per l’applicazione dell’art.131-bis cod. pen., dovendosi dunque escludere la dedotta mancanza assoluta di motivazione e potendosi nel contempo affermare che l’assenza dei presupposti per /’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. può essere rilevata anche con motivazione implicita.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
 
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in data 11.10.2016