URBANISTICA. Sbancamento e scavo per costruzione di parcheggio in zona agricola e sottoposta a vincolo paesaggistico: necessità di titolo e abuso edilizio. Cassazione Penale n. 38759/2022.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 38579 del 13 ottobre 2022 (ud. del 5 luglio 2022)

Pres. Liberati, Estr. Zunica

Urbanistica. Attività di sbancamento e scavo in zona agricola con vincolo paesaggistico. Necessità di titolo edilizio. Art. 44 comma 1 lett. c) D.P.R. n. 380/2001. Art. 181 d. lgs. n. 42/2004.

 In tema di reati urbanistici, le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli, in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio, sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 38579 del 13 ottobre 2022 (ud. del 5 luglio 2022)

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24 novembre 2021, il Tribunale del Riesame di Brindisi confermava il decreto del G.I.P. del Tribunale di Brindisi del 27 ottobre 2021, che aveva disposto il sequestro preventivo dell’area di terreno sita in Ostuni, foglio 52, particelle 403, 15, 134 e 161, in relazione ai reati di cui agli art. 44 lett. C del d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004, reati contestati a OMISSIS, per avere, il primo quale proprietario dei terreni e il secondo quale legale rappresentante della ditta “OMISSIS”, realizzato una lottizzazione abusiva mediante la trasformazione urbanistica delle aree, destinate a zona agricola e sottoposte a vincolo paesaggistico, in parcheggio con custodia con corrispettivo, sulla base di un scia sospesa il 7 luglio 2021 dal S.U.A.P. del Comune di Ostuni, che aveva emesso espressa diffida dall’esercitare la predetta attività il 30 maggio 2021.

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale pugliese, OMISSIS OMISSIS, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui la difesa deduce la violazione degli art. 321 cod. proc. pen., 6 comma 1, 23, 30, 44 comma 1 lett. C del d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 del d. lgs. n. 42 del 2004, osservando, dopo un’ampia ricostruzione della vicenda, che la paventata variazione di destinazione del terreno da “pascolo” a “parcheggio con custodia” è assolutamente errata, posto che dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Ostuni il 10 settembre 2021 si evince che il terreno in questione è destinato a “espansione estensiva”.

Il cambio di destinazione da pascolo a parcheggio sarebbe dunque inesistente, sia perché nel vigente piano regolatore generale il terreno non è destinato a pascolo, sia perché le norme tecniche di attuazione del P.R.G. prevedono proprio la realizzazione di un parcheggio pubblico nel comparto di cui fa parte il terreno.

Del resto, osserva la difesa, il terreno adiacente, di proprietà del Comune di Ostuni, è censito in catasto come terreno seminativo, sebbene anche tale terreno sia adibito a parcheggio comunale, concesso in gestione a privati con avviso pubblico per l’esercizio del parcheggio a pagamento, dovendosi pertanto ritenere che la Polizia locale abbia operato sulla scorta della visura catastale, senza alcuna ulteriore e più approfondita indagine di carattere urbanistico.

Il Tribunale, inoltre, avrebbe degradato a provvedimenti di mero indirizzo le delibere esecutive della Giunta comunale, lasciando intendere tuttavia che sino al 2020 non vi sarebbe stata lottizzazione, che sarebbe venuta fuori solo nel 2021.

Non sarebbe quindi configurabile il reato di cui all’art. 44 comma 1 lett. C del d.P.R. n. 380 del 2001, non essendo affatto mutata la destinazione urbanistica del terreno, rimasta sempre nella categoria turistico-residenziale (50%) e alberghiera (50%) e non nella categoria rurale, fermo restando che la realizzazione di parcheggi provvisori nella fascia costiera a 300 mt. dal mare non costituisce una lottizzazione a scopo edilizio e non determina ostacolo alla futura pianificazione del territorio, non essendo stata effettuata alcuna opera, rientrando l’uso temporaneo ad area di sosta nei mesi estivi di tali terreni tra le attività di edilizia libera ai sensi dell’art. 6 comma 1 lett. E bis del d.P.R. n. 380 del 2001 e dalla legislazione successiva (d. lgs. 222/2016 e D.M. 2 marzo 2018).

Neanche il reato di cui all’art. 181 del d. lgs. n. 42 del 2004 sarebbe configurabile, non essendo stata realizzata alcuna opera che necessitava di autorizzazione paesaggistica, non essendo stato eseguito alcuno spianamento.

L’eventuale mancato rispetto delle norme paesaggistiche riferite a tali aree è in ogni caso disciplinato dall’art. 167 del d. lgs. n. 42 del 2004, che prevede l’ordine di rimessione in pristino e il versamento di una indennità pecuniaria; quanto al periculum in mora, si evidenzia poi che l’attività svolta dal ricorrente è limitata al solo periodo estivo di 90 giorni, da giugno ad agosto, come dichiarato nella scia, essendosi peraltro in presenza di opere che non alterano l’orografia dei terreni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. In via preliminare, occorre richiamare la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez.  2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656), secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Non può invece essere dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di cui alla lett. E) dell’art. 606 cod. proc. pen. (in tal senso, cfr. Sez. Un. n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710).

2. Tanto premesso, deve ritenersi che nel caso di specie, rispetto alla valutazione del fumus commisi delicti, non sia configurabile né una violazione di legge, né un’apparenza di motivazione, avendo il Tribunale del Riesame adeguatamente illustrato le ragioni poste a fondamento della propria decisione.
In proposito, sono stati innanzitutto richiamati nell’ordinanza impugnata gli esiti delle attività investigativa della Polizia Municipale di Ostuni che, in data 12 luglio 2021, eseguiva un sopralluogo presso il terreno di proprietà di Pietro Semeraro (censito al Catasto al foglio 52, particella 403, esteso 28 ha.), dove veniva accertata la variazione della destinazione urbanistica dell’area, da pascolo a parcheggio con custodia su corrispettivo, attività gestita dalla “OMISSIS”, ditta di cui era legale rappresentante Cataldo OMISSIS.

Gli operanti accertavano, da un lato, che il terreno ricade in area sottoposta a vincoli paesaggistici, tra cui quelli di un’area di rispetto di boschi e pascoli naturali e, dall’altro, che l’area in questione, cui si accedeva mediante un transito su cui è installata la postazione degli addetti nonché apposita segnaletica orizzontale, era recintata e spianata; dall’esame della documentazione amministrativa risultava altresì che OMISSIS OMISSIS, nella qualità di legale rappresentante della ditta “OMISSIS”, aveva presentato una scia per l’apertura di un parcheggio a cielo aperto in località Santa Lucia, mentre, con provvedimento del 7 luglio 2021, il Dirigente del S.U.A.P. del Comune di Ostuni imponeva il divieto della prosecuzione dell’attività oggetto di scia, rilevando l’esistenza di motivi ostativi all’esercizio del parcheggio in quell’area.

Con successiva informativa del 16 luglio 2021, la Polizia Municipale di Ostuni segnalava che analoga attività di parcheggio era esercitata dal ricorrente su altri terreni (censiti in Catasto al foglio 52, particelle 15, 134 e 161), destinati a seminativo/pascolo; all’atto del sopralluogo, emergeva che l’area, gestita dalla ditta di OMISSIS OMISSIS, qualificatosi conduttore dei terreni, anch’essi sottoposti a vincoli paesaggistici, era a sua volta completamente spianata e delimitata da apposita segnaletica, con presenza degli addetti al parcheggi.
Ciò posto, i giudici dell’impugnazione cautelare hanno confermato il giudizio sulla configurabilità dei reati provvisoriamente contestati, osservando, in replica alle deduzioni difensive, che nel caso di specie vi era stata una utilizzazione del suolo tale da determinare una nuova definizione dell’assetto urbanistico preesistente, posto che le visure catastali danno atto di un’esclusiva vocazione agricola dei terreni in questione, in quanto destinate a seminativo/pascolo, risultando la parallela “espansione estensiva” riferibile al terreno censito al foglio 52 particella 403, non conciliabile con l’uso esclusivo delle aree a parcheggio pubblico, sia pure stagionale, tanto più ove si consideri che lo strumento urbanistico consente la destinazione a parcheggi pubblici solo di metà della quota riservata a “servizi”.

In ordine poi alla portata delle delibere della Giunta comunale richiamate dalla difesa, nell’ordinanza impugnata è stato osservato che le stesse riguardavano solo i terreni di cui alle particelle 403 e 161, mentre le restanti particelle 15 e 134 non risultavano incluse tra quelle individuate per la destinazione a parcheggio; rispetto a queste aree, dunque, manca persino la copertura formale dell’atto di mero indirizzo dell’organo di gestione dell’ente locale, per cui sul punto non poteva invocarsi l’affidamento scusante nell’operato del Comune.

Quanto alla delibera n. 190 del 5 giugno 2014, si è evidenziato che la stessa non poteva giustificare l’esecuzione degli interventi, ponendosi come condizione di legittimità dell’intervento di modifica della destinazione urbanistica del sito solo l’approvazione del piano di lottizzazione, mentre, quanto alla delibera n. 204 del 23 luglio 2015, si è rivelato che la stessa autorizzava la stipula di contratti di locazione della durata di cinque anni, dunque fino al 2020, laddove non risulta documentato alcun rapporto tra i ricorrenti e l’amministrazione comunale riferibile anche alla stagione estiva 2021, essendovi anzi in atti una nota del 23 febbraio 2018, indirizzata a Semeraro, a firma del Dirigente del Settore Patrimonio del Comune di Ostuni, in cui è scritto: “si comunica la rescissione della scrittura privata sottoscritta il 3 agosto 2015 per locazione terreno di vs. proprietà ubicato in agro di Ostuni alla contrada Lamasanta, distinto in Catasto al foglio 52, part. 402, 403, 404 e 406, così come contemplato dalla medesima scrittura privata”, desumendosi da ciò la cessazione del rapporto locativo.

Il Tribunale del Riesame ha inoltre superato l’argomento difensivo circa l’assenza di qualsivoglia intervento sulle aree in sequestro al fine di renderle compatibili con lo svolgimento dell’attività di parcheggio pubblico, valorizzando sia i rilievi fotografici allegati alle informative, che raffigurano aree in cui il piano carrabile era livellato, ciò a conferma del fatto che qualche intervento di estirpazione della vegetazione e di spianamento era avvenuto, sia la querela sporta il 20 marzo 2020 da OMISSIS OMISSIS nei confronti di OMISSIS, che vantava titoli di proprietà sull’area in questione, nella quale l’indagato, dopo aver premesso di essere un imprenditore nel settore turistico e di aver avuto l’autorizzazione a gestire un area di parcheggio sita nel Comune di Ostuni al foglio 52 e alla particella n. 161, ha esposto di aver raggiunto l’area quella mattina per verificare se un trattorista, cui aveva dato l’incarico di effettuare dei lavori, avesse eseguito i compiti affidatigli, risultando tale affermazione una sorta di ammissione del fatto che il sito de quo necessitasse di interventi che il conduttore aveva commissionato e che sarebbero stati eseguiti successivamente, come desumibile del resto dagli accertamenti della P.G. .

Ora, se è innegabile che il comportamento del Comune nei confronti dei gestori dei parcheggi non è stato del tutto lineare, posto che, almeno fino al 2021, l’attività dell’indagato sembra essere stata quantomeno tollerata, deve tuttavia rilevarsi che ciò non toglie che il cambio della destinazione d’uso di quelle aree è avvenuto in modo illegittimo e che, almeno ai fini della valutazione richiesta nella fase cautelare reale, non può affatto escludersi l’esistenza di profili di colpa in capo al ricorrente rispetto all’omessa verifica della sussistenza dei titoli abilitativi necessari per la tipologia di interventi da compiere nelle zone interessate.

Peraltro, proprio in ragione dell’esistenza di lavori, il G.I.P. ha ritenuto sussistente il periculum in mora (profilo non espressamente affrontato dal Tribunale ma neanche contestato in maniera specifica nel ricorso), osservando, in maniera non illogica, che, trattandosi di attività economica in atto, era plausibile che la libera disponibilità dei terreni avrebbe comportato il rischio di prosecuzione dell’attività illecita in corso, ma soprattutto l’aggravamento delle conseguenze dei reati già commessi, con aggravio del carico urbanistico.

Da ultimo, è stato escluso nell’ordinanza impugnata che nel caso di specie si versasse in un’ipotesi di “attività edilizia libera” riconducibile alle previsioni di cui al d.P.R. n. 31 del 2017 (“regolamento recante l’individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”), non potendo gli interventi per cui si procede ricondursi ai casi, di impatto notevolmente inferiore, di “occupazione temporanea mediante installazione di strutture e manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione, per manifestazioni, spettacoli, eventi o per esposizione e vendita di merci per il solo periodo di svolgimento della manifestazione e comunque non superiore a 120 giorni nell’anno solare”,  dovendosi in ogni caso considerare che, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità con orientamento opportunamente richiamato dal Tribunale del Riesame, le opere di scavo, sbancamento e livellamento del terreno, finalizzate a usi diversi da quelli agricoli, sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio (cfr. in termini Sez. 3, n. 4916 del 13/11/2014, dep. 2015, Rv. 262475).
In definitiva, fermo restando che i temi dedotti dalla difesa ben potranno essere ulteriormente approfonditi nel proseguo del procedimento penale in corso, deve ribadirsi che l’apparato motivazionale dell’ordinanza impugnata, nella quale non sono state ignorate le deduzioni difensive, non presenta profili di incoerenza o di irrazionalità argomentativa, non potendosi sottacere che le censure articolate nel ricorso si muovono perlopiù nell’orbita non tanto della violazione di legge, ma piuttosto della manifesta illogicità o della erroneità della motivazione, profilo questo che, come detto, non è deducibile con il ricorso per cassazione proposto contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio.

3. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, ribadita l’assenza di profili di illegittimità dell’ordinanza impugnata, il ricorso di OMISSIS deve essere rigettato, con conseguente onere

per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 05/07/2022

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