LINEE GUIDA PER LA DEFINIZIONE DELLE CONTRAVVENZIONI AMBIENTALI – ART. 318 BIS-OCTIES D. LGS. 152/2006

L’ufficio del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri ha predisposto un prontuario avente ad oggetto linee guida per le procedure di definizione delle contravvenzioni ambientali in relazione alle nuove modifiche intervenute con la Legge 22 maggio 2015 n. 68. Tale normativa ha infatti introdotto anche nel sistema ambientale (al pari di quello sulla sicurezza del lavoro, cfr. d. lgs. 758/94) una procedura di estinzione delle contravvenzioni, la cui disciplina è contenuta negli articoli dal 318 bis al 318 octies del d. lgs. 152/2006.

Di seguito il testo del documento:

Procura della Repubblica

presso il Tribunale di Velletri

– Ufficio del Procuratore della Repubblica –

Prot. n.4527/2016 Velletri 15 giugno 2016

Oggetto: nuove linee guida sulle procedure di definizione delle contravvenzioni ambientali.

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  1. Le novita legislative

Tra le novità introdotte dalla Legge 22 maggio 2015 n. 68, contenente disposizioni in materia di reati contro l’ambiente, vi è anche l’introduzione, nel d.lgs 152/2006, di un meccanismo di estinzione delle contravvenzioni previa regolarizzazione, con una procedura simile a quella delineata per le contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro. La disciplina è contenuta negli articoli dal 318 bis al 318 octies, interpolati nel T.U.A. dalla citata legge 68/15.

L’innovazione è importante perché investe una quota significativa delle comunicazioni di notizie di reato che pervengono a questo Ufficio. Da qui la necessità di diramare alcune raccomandazioni in materia.

L’art 318 bis prescrive che la disciplina della prescrizione a fini di regolarizzazione si applica alle “ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto” (il n. 152 del 2006 T.U.A.), che non hanno cagionato danno o pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”.

Due sono i presupposti fissati dalla normativa per l’applicazione della procedura estintiva.

In primo luogo deve trattarsi di ipotesi contravvenzionali per le quali il legislatore preveda una pena pecuniaria (ammenda) sola o alternativa alla pena detentiva (non essendo altrimenti possibile determinare la misura della somma da versare, ex art 318 quater T.U.A.). La disciplina in questione non trova perciò applicazione ai delitti previsti dal T.U.A. e alle contravvenzioni per le quali sia prevista la pena detentiva, sola o congiunta a quella pecuniaria (1).

In particolare, quindi, la procedura di regolarizzazione risulta possibile per le seguenti ipotesi di reato:

parte seconda del t.u.a.: Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione dell’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione integrata ambientale (IPPC)

  • Art. 29 quattordecies, commi 1 (prima ipotesi) -3-5.

parte terza del t.u.a.: Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche

  • Art. 137, commi 1-7 (prima ipotesi)-9-10-12-14.

parte quarta del t.u.a.: Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati

  • Art. 256, commi 1 lett. a), 2 (in relazione al comma 1 lett. a) – 6 (prima ipotesi);

  • Art. 257, comma 1;

  • Art. 261 bis, commi 8 (prima ipotesi)-9-10-11.

parte quinta del t.u.a.: Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera

  • Art. 279, commi 1 (prima e seconda ipotesi), 2-3-4-6;

  • Art. 296, comma 1 lett. a) e comma 3.

L’altra condizione – questa volta negativa – è che la condotta non abbia cagionato un danno o un pericolo concreto ed attuale di danno.

La procedura estintiva non è infatti applicabile alle contravvenzioni previste dal T.U.A. se l’illecito ha cagionato danno o pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.

Qui si pone uno dei problemi più spinosi della disciplina.

Spetta all’organo di vigilanza che accerta l’illecito la valutazione del danno o del pericolo attuale e concreto e la circostanza finisce per addossare alla p.g. la responsabilità dell’opzione di ammettere o meno il contravventore alla procedura estintiva del reato.

La difficoltà è accentuata dalla mancata previsione di una formale interlocuzione preventiva con il pubblico ministero in ordine alla sussistenza della condizione. Tuttavia l’Arpa Lazio, su richiesta di questa Procura, ha fornito la propria disponibilità ad intervenire, come organo di consulenza in favore della p.g., nella valutazione del danno o del pericolo concreto ed attuale.

La vaghezza della formula normativa è tale da non consentire, all’organo di p.g. in prima battuta e poi al p.m., di ancorare la decisione a specifici parametri, sicché questa va valutata di volta in volta.

Può tuttavia valere, come criterio di larga massima per la valutazione in questione, quello della reversibilità degli effetti del reato.

Se la condotta (attiva o passiva) sanzionata dalla contravvenzione ha generato un danno (o un pericolo di danno attuale e concreto) irreversibile o difficilmente eliminabile, non vi saranno prescrizioni che possano consentire il ripristino dello status quo ante. Se invece una condotta positiva (un facere) del contravventore potrebbe ripristinare in tempi ragionevoli lo stato antecedente, ha senso che vengano impartite delle prescrizioni.

Ovviamente, affinché le prescrizioni possano essere impartire, lo stato di reversibilità dovrà essere compatibile con i tempi processuali, escludendo il ricorso alla procedura estintiva qualora l’attività di ripristino richiedesse periodo lunghi.

E’ appena il caso di notare che la procedura estintiva del reato è un istituto di favore per il contravventore sicché negargliela comporta la conseguenza dell’instaurazione di un procedimento penale a suo carico.

E’ allora necessario che l’organo accertatore, per giustificare la non attivazione della disciplina, enunci, con adeguata motivazione e senza rifugiarsi in formule di stile o apodittiche, le ragioni tecniche che impediscono di impartire le prescrizioni a fini di regolarizzazione.

Se l’organo di p.g. riterrà irreversibili o difficilmente eliminabili gli effetti della condotta, dovrà specificare nella c.n.r. le ragioni dell’impossibilità/difficoltà di rimuovere le sue conseguenze, ossia il danno o il pericolo concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. Il danno, proprio perché irreversibile, deve essere significativo e solo in presenza di questo sarà corretto negare al contravventore la possibilità di definire l’illecito con tale procedura. Il pericolo, come dice la legge, deve essere concreto ed attuale, quindi anch’esso significativo.

In caso di danno o pericolo effettivi dovrà essere inviata la c.n.r. al p.m. che procederà con rito ordinario.

Se il p.m., ricevuta la notizia di reato, dovesse andare in contrario avviso rispetto alla p.g. e ritenere applicabilili le prescrizioni, potrà disporre alla stessa p.g. di avviare la procedura impartendo le prescrizioni. A tale conclusione si giunge considerando che tale procedura interferisce con l’esercizio dell’azione penale, la cui responsabilità compete al p.m. Va peraltro considerato che anologo potere è conferito al p.m. dall’art. 318 quinquies, secondo cui “se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa, ne dà comunicazione … alla polizia giudiziaria affinché provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318 ter e 318 quater”.

In effetti il problema della valutazione del danno o del pericolo è in parte ridimensionato dalla circostanza che le contravvenzioni previste dal T.U.A., suscettibili di estinzione, riguardano, in gran parte, soggetti che hanno operato in difetto di titoli autorizzativi validi o in difformità dagli stessi. Si tratta, per lo più, di reati formali o di pericolo presunto (e non di danno o pericolo concreto) sicché è incriminata la condotta abusiva in sé, prescindendo dalla sua capacità offensiva. In tal caso, in assenza di danno o di pericolo concreto, la prescrizione da impartire – oltre all’eventuale indicazione di misure ex comma 3 del 318 ter – sarà quella di dotarsi dei titoli necessari, assegnando un termine che tenga conto di eventuali lungaggini burocratiche connesse al loro rilascio .

Per le contravvenzioni non formali si pone il problema se il superamento dei limiti soglia previsti dalle tabelle ministeriali precluda l’applicazione della procedura de qua. Questo ufficio ritiene che, in coerenza con la concezione di danno sopra abbozzata, si possano impartire prescrizioni pur in presenza di condotte che abbiano determinato l’emissione di sostanze inquinanti di poco superiori ai limiti di soglia, facendo applicazione analogica della giurisprudenza formatasi in relazione alla oramai ammessa applicabilità dell’istituto ex art 131 bis c.p. anche ai reati che prevedono soglie di punibilità (come nel caso delle contravvenzioni stradali). In tal caso la p.g. se riterrà di non impartire in autonomia le prescrizioni, invierà la c.n.r. al p.m. il quale, opinando diversamente, potrà delegare la p.g ad impartirle, in linea con quanto previsto dall’art. 318 quinques.

Alla stessa conclusione deve giungersi con riferimento ai reati a condotta esaurita, potendosi ritenere che, pur in presenza di effetti già verificatisi e sempre che il danno sia contenuto, sia possibile accedere alla procedura estintiva.

Si ritiene applicabile la procedura anche quando il trasgressore abbia provveduto spontaneamente a regolarizzare la situazione, prima ancora di ricevere le prescrizioni dall’organo accertatore.

Anche se la legge non lo prescrive, è prudente ritenere che la p.g., nei casi dubbi sull’applicabilità della procedura, cerchi un preventivo confronto con il p.m., per evitare che il contravventore – magari dopo aver ottemperato alle prescrizioni – si trovi esposto al rischio di un esito non favorevole a causa di una diversità di vedute tra p.g. e p.m..

2. La procedura

Se la p.g., constatata la contravvenzione, accerta la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della procedura in esame, oltre ad inviare la c.n.r. al p.m., deve, a mente degli artt. 318 ter e segg.:

  1. impartire al contravventore una prescrizione “asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata”, dandone indicazione nella c.n.r. .

Il contravventore potrà essere individuato nel legale rappresentante della società o dell’ente, nel direttore dello stabilimento incaricato della gestione delle questioni ambientali, nel titolare di un’impresa individuale. Qualora il contravventore sia individuato in un soggetto diverso dal legale rappresentante della società incaricata o dell’ente, copia della prescrizione è notificata o comunicata anche a quest’ultimo (art. 318 ter comma 2).

Vi sono due aspetti problematici su cui soffermarsi: quali prescrizioni impartire e quale sia l’organo asseveratore.

A proposito del primo, va considerato che non tutti gli uffici di p.g. hanno un livello di specializzazione tale da consentire di valutare i contenuti tecnici della prescrizione da impartire al contraavventore.

Si impone quindi una raccomandazione da rivolgere a tutta la polizia giudiziaria non specializzata che dovesse avere notizia di fatti suscettibili di integrare una contravvenzione ambientale. Questa potrà rivolgersi per i necessari suggerimenti tecnici agli uffici di p.g. specializzata (il N.O.E. dei Carabinieri, il Corpo Forestale dello Stato, senza escludere eventuali altri organi) oppure alla sezione di p.g. di questa Procura della Repubblica.

Sul secondo aspetto – relativo all’individuazione dell’organo asseveratore – la legge non specifica quale sia l’ente specializzato che dovrà validare le prescrizioni.

Questa Procura della Repubblica, al fine di individuare l’organo competente ad asseverare le prescrizioni ha preso contatti con la Direzione dell’Arpa Lazio che se ne è assunto il compito in via esclusiva.

Sul piano operativo, quindi, la p.g. prima di redigere il modulo con l’indicazione delle prescrizioni del caso e dei relativi tempi di esecuzione, potrà contattare gli uffici dell’Arpa (Segreteria del Direttore di Sezione – tel. 0672961801 / 802) per ottenere gli opportuni suggerimenti tecnici.

Si discute se la prescrizione debba essere asseverata anche quando consista nel ribadire l’obbligo al trasgressore di richiedere un titolo abilitativo mancante. Sul piano logico-sistematico va tenuto presente che la legge richiede che l’asseverazione debba essere relativa ad aspetti tecnici, mentre la mancanza di autorizzazione è un aspetto meramente formale. Sotto questo profilo, non vi è ragione per imporre un passaggio dilatorio e non necessario ai fini del raggiungimento dello scopo della regolarizzazione, sicché si ritiene che l’asseverazione dell’Arpa non sia necessaria per le prescrizioni relative a contravvenzioni formali. Cosa diversa si verifica quando il trasgressore abbia agito in difformità dall’autorizzazione, nel qual caso la valutazione “tecnica” dell’asseveratore è necessaria.

In linea con quanto stabilito dall’art. 318 ter comma 3, – “con la prescrizione l’organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose” – si raccomanda alla p.g. la consultazione dell’Arpa per l’individuazione delle specifiche misure da impartire. La misura potrà consistere anche solo del divieto di prosecuzione dell’attività.

Posto che l’imposizione delle prescrizioni è un atto della p.g., si pone il problema di stabilire chi debba farlo nel caso in cui a rilevare l’infrazione siano direttamente gli organi dell’Arpa in sede di controllo amministrativo. Questi sono spesso privi della qualifica di p.g. e non possono pertanto procedere autonomamente. In tali casi il personale Arpa potrà chiedere ausilio alla sezione di p.g. di questa Procura che, su delega del p.m., individuerà l’organo di p.g. incaricato dell’affiancamento. Resterà comunque in capo all’Arpa la valutazione tecnica sull’applicabilità della procedura (valutazione del danno o del pericolo, prescrizioni applicabili, mccanismi di regolarizzione).

Essendo le prescrizioni contenute in un atto di p.g., esse non sono impugnabili in sede di giustizia amministrativa ed eventuali contestazioni del trasgressore potranno essere fatte valere solo nel procedimento penale.

Le prescrizioni dovranno essere accompagnate dall’ indicazione di un termine di adempimento “non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario” ed anche su questo punto è bene che la p.g. acquisisca le opportune informazioni.

  1. Inviare in ogni caso la c.n.r. all’ufficio del pubblico ministero (art. 318 ter co. 4).

E’ qui il caso di ricordare che, secondo il disposto dell’art. 318 sexies co. 3, la sospensione del procedimento non impedisce gli atti urgenti “né il sequestro preventivo ai sensi degli artt. 321 e seguenti del codice di procedura penale.” La p.g. pertanto, anche nel caso in cui ritenga di avviare una procedura che può culminare in una archiviazione, ben potrà sottoporre a sequestro preventivo l’area o l’impianto, trasmettendo gli atti al p.m. per la convalida.

L’esperienza maturata nel primo anno di applicazione di tale normativa induce a fare una riflessione proprio in tema di sequestro preventivo. Posto che l’imposizione di prescrizioni e il sequestro dell’impianto o del sito possono coesistere sin dal momento del primo intervento della p.g., l’adozione della misura cautelare reale può costituire un incentivo per il contravventore a regolarizzare la propria posizione, anche nell’ottica di riottenere quanto sottoposto a sequestro. Quanto appena detto va inteso in senso appropriato, restando ovvio che il sequestro non può essere usato come indebito mezzo di induzione alla regolarizzazione, ma deve essere adottato solo se sussiste l’esigenza di evitare che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze.

In via esemplificativa può dirsi che lo scarico di acque reflue, effettuato da un soggetto privo di autorizzazione, potrà essere interdetto mediante sequestro del sistema di collettamento, unitamente alla prescrizione di dotarsi del titolo abilitativo. Allo stesso modo il sequestro preventivo potrà essere effettuato in via di urgenza dalla p.g. nei confronti di chi abbia commesso una gestione illecita di rifiuti, ad esempio depositandoli in maniera incontrollata su un sito tecnicamente inidoneo. In entrambi i casi il sequestro potrà indurre il trasgressore a compiere le attività di ripristino dello stato dei luoghi, nella prospettiva di ottenerne la restituzione.

D’altra parte la norma del comma 3 dell’art. 318 sexies, che espressamente prevede la possibilità di sequestro preventivo va letta in parallelo con quella più generale dell’art. 85 disp.att.cp.p.p. che prevede la restituzione della cosa sequestrata all’interessato con l’imposizione di prescrizioni idonee al ripristino della legalità violata. Secondo tale disposizione l’A.G. può restituire la cosa sequestrata, a condizione che siano eseguite specifiche prescrizioni finalizzate a regolarizzare la situazione che aveva determinato l’emissione del sequestro preventivo.

C) Verificare se la prescrizione sia stata adempiuta nel termine fissato (prorogabile su richiesta motivata del contravventore una sola volta e per non oltre 6 mesi) accertando entro sessanta giorni dalla scadenza del termine stesso “se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicato dalla prescrizione” (art. 318 quater co. 1).

Mentre per l’indicazione delle prescrizioni, è previsto che la p.g. coinvolga un “ente specializzato”, per l’adempimento delle stesse l’interlocuzione non è prevista.

Nei casi in cui il contravventore ha operato senza un valido titolo abilitativo, la verifica si riduce ad appurare il successivo ottenimento dello stesso.

Negli altri casi, ad esempio quando la violazione è consistita in un’attività diversa da quella autorizzata, la valutazione diventa più complessa, richiedendo una competenza specialistica che potrà provenire dalla consultazione di altri organi di p.g. specializzati. Per i casi più complessi gli operanti potranno rivolgersi agli uffici dell’Arpa Lazio che hanno asseverato la prescrizione. In particolare, qualora l’Arpa abbia indicato nell’asseverazione le modalità di adempimento della prescrizione, la p.g. dovrà attenersi a quanto stabilito, richiedendo al contravventore la prova documentale dell’avvenuta esecuzione.

D) “quando risulta l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di 30 giorni, una somma pari ad un quarto dell’ammenda stabilita per la contravvenzione” – art 318 quater co. 2.

“Entro centoventi giorni dal termine indicato nella prescrizione, l’organo accertatore comunica al pubblico ministero l’adempimento della prescrizione nonché l’eventuale pagamento della predetta somma”.

Nel caso in cui i contravventori siano più persone, in concorso o cooperazione tra loro, vale il principio per cui il puntuale adempimento da parte di uno qualunque dei soggetti obbligati giova a tutti i contravventori, così come il versamento della somma a titolo di sanzioni, effettuato da uno dei contravventori, estenderà i suoi effetti favorevoli su tutti gli altri, mutuando tale conclusione dalla giurisprudenza formatasi nell’analogo campo dell’estinzione delle violazioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro (art. 21 d.lgs. 758/1994).

Per provare il pagamento della sanzione in via amministrativa, sarà sufficiente che la p.g. trasmetta copia del versamento effettuato.

Il termine di trenta giorni per effettuare il pagamento ha natura perentoria ( in analogia a Cass. sez III n. 7773/2013) e il versamento non è rateizzabile.

Un eventuale pagamento successivo non varrà ai fini della procedura di estinzione del reato, ma potrà essere valutato ai fini dell’oblazione ex 162 bis c.p. in linea con il disposto dell’art. 318 septies comma 3.

Per agevolare il pagamento della sanzione amministrativa l’Arpa Lazio ha messo a disposizione uno specifico servizio – capitolo in entrata n. 2020, Art. 0, denominato “Sanzioni da legge n. 68/2015 – sicché il versamento potrà essere effettuato al seguente IBAN IT 40 E 07601 14600 000036429850.

E) “Quando risulta l’inadempimento della prescrizione, l’organo accertatore darà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro 90 gg dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione” – art. 318 quater co. 3.

E’ appena il caso di notare che sia il termine di 60 gg per la verifica del rispetto della prescrizione, sia quello di 120 gg per comunicare l’adempimento sia quello di 90 gg per comunicare l’inadempimento, sono meramente indicativi e ben possono essere compressi dalla p.g. per accelerare l’iter dell’intera procedura.

Nel primo anno di applicazione di questa normativa pare già invalsa la prassi di concedere in via ordinaria al trasgressore i termini massimi previsti dagli articoli 318 bis e ter. Tale prassi non può essere condivisa, non foss’altro perché finisce per trattare in maniera uguale situazioni disuguali. Dopo il primo termine per ottemperare alle prescrizioni, può apparire congrua la proroga di 180 giorni, qualora si tratti di attendere il rilascio di un’autorizzazone i cui tempi non dipendono dal contravventore, ma dalla pubblica amministrazione. Ben più ristretto potrà essere il tempo da concedere in prima battuta e poi in sede di proroga quando si tratti di ripristinare uno stato dei luoghi “inquinato” per effetto della condotta illecita.

Altrettanto è a dirsi per gli obblighi di comunicazione della p.g. in favore del p.m., ben potendosi comunicare l’adempimento delle prescrizioni prima dei 120 giorni previsti dal comma 2 del 318 quater o dei 90 giorni previsti dal comma 3 dello stesso articolo per informare dell’inadempimento.

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Il procedimento penale, aperto con l’iscrizione della notizia di reato trasmessa dalla p.g. che ha accertato la contravvenzione ambientale e impartito la prescrizione, rimane sospeso sino al momento in cui perviene al pubblico ministero una delle suddette comunicazioni da parte dell’organo di vigilanza.

Se viene comunicato che il contravventore ha adempiuto tempestivamente alla prescrizione e ha provveduto al pagamento della sanzione pecuniaria, il reato si estingue e il p.m. può chiedere l’archiviazione.

Se nei tempi concessi (o prorogati) perviene al p.m. comunicazione negativa sull’adempimento o il pagamento della sanzione, diventa possibile l’esercizio dell’azione penale.

E’ quindi necessario che la c.n.r. trasmessa dalla p.g. contenga, anche nel caso in cui sia stata impartita la prescrizione, tutti gli elementi necessari per valutare la condotta denunciata e la riferibilità della stessa al trasgressore. La procedura di regolarizzazione, infatti, può non andare a buon fine e allora si imporrà la strada del rito ordinario con conseguente necessità di avere una c.n.r. completa di tutti gli elementi strutturali.

E’ infine previsto dalla legge (art. 318 quinques) la possibilità che sia il p.m. a prendere notizia di una contravvenzione di propria iniziativa. In tal caso ne dà comunicazione all’organo di vigilanza o alla p.g. per gli adempimenti che sono stati sopra esposti.

In questa prospettiva si collocano le norme :

  • che obbligano la p.g a riferire al pubblico ministero la notizia del reato ai sensi dell’art. 347 c.p.p. (art. 318 ter co. 4);

  • che impongono al p.m. di procedere all’ iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 c.p.p. (art. 318 sexies, co. 1);

  • che consentono al p.m. di disporre l’archiviazione, di compiere atti urgenti di indagine preliminare o di assumere prove in incidente probatorio, e di eseguire sequestri preventivi (art. 318 sexies, co. 3).

Una volta instaurato il procedimento con rito ordinario può verificarsi una situazione in cui la p.g. sia comunque chiamata a svolgere attività in una fase più avanzata del procedimento penale. Per aderire alla ratio dell’intera riforma portata dal legge 68/2015, quest’Ufficio è orientato a richiedere la definizione dei procedimenti penali mediante decreto penale di condanna a pena sospesa, condizionando però gli effetti di tale sospensione all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ai sensi dell’art. 165 primo comma c.p.. In tal caso la p.g. potrà essere chiamata a verificare l’adempimentro delle prescrizioni che il giudice dovesse applicare per condizionare l’efficacia della sospensione della pena alla rimozione delle conseguenze negative del reato.

L’art 318-octies. (Norme di coordinamento e transitorie) recita “le norme della presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte”.

La disciplina prevista dall’art. 318 bis T.U.A. non ha efficacia retroattiva e deve applicarsi solo ai procedimenti penali iscritti successivamente all’entrata in vigore della L. 68\15 pubblicata su G.U. il 28\5\15.

  1. I compiti della sezione di p.g. della Procura .

Allo scopo di rendere più agevoli i rapporti e i canali informativi sopra delineati, si ritiene opportuno delegare ad alcuni componenti della sezione di p.g. di questa Procura della Repubblica il compito specifico di occuparsi dei procedimenti iscritti per le contravvenzioni ambientali in parola. Tali componenti vengono individuati nelle persone della dott.ssa Varrenti e del dott. Canini. Costoro svolgeranno un compito di raccordo tra la p.g. operante sul territorio e l’ufficio del p.m., in particolare:

  1. forniranno alla p.g. e all’Arpa operante l’ausilio possibile;

  2. seguiranno l’iter della procedura, eventualmente sollecitando la p.g. operante in caso di ritardo;

  3. proporranno al p.m. le soluzioni definitorie del p.p..

  1. La modulistica

Nell’ottica di facilitare il compito della p.g. operante si allega un modulo da utilizzare per gli adempimenti previsti dalla procedura.

Le presenti linee guida sostituiscono quelle emanate da questo ufficio il 15 settembre 2015.

Il Procuratore della Repubblica

Francesco Prete

Nota 1. Questo ufficio ha, sul punto, modificato il proprio orientamento espresso nella prima versione di queste linee guida, ove si era aderito all’opinione che riteneva possibile applicare la procedura estintiva anche alle contravvenzioni punite con pena congiunta. Tale linea interpretativa muoveva dal dato letterale contenuto nell’art. 318 bis che prevede l’applicabilità della disciplina “alle contravvenzioni in materia ambientale previste dal presente decreto”, senza distinzione alcuna. Era subito apparso ovvio che dovessero essere escluse quelle punite con sola pena detentiva, ma alla stessa conclusione deve giungersi con riferimento a quelle punite con pena congiunta.

La mancanza, nel disposto normativo, di un qualunque criterio di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria, induce a ritenere che il giudice, archiviando il procedimento a seguito del pagamento della sola sanzione pecuniaria, finirebbe per amputare la sanzione prevista dalla legge, che prevede anche quella detentiva, in aperta violazione del principio di legalità della pena e di quello di uguaglianza (posto che l’autore di una contravvenzione punita con pena congiunta verrebbe punito meno gravemente rispetto a chi ne avesse commesso una sanzionata solo con pena detentiva).

La soluzione possibilista partiva dalla considerazione per cui un’alta percentuale delle contravvenzioni prevista dal T.U. ambientale è punità con pena congiunta, sicché escluderla dalla disciplina estintiva avrebbe condotto ad un forte ridimensionamento della portata dell’intera riforma. Deve obiettarsi che, in generale, addurre un inconveniente non è una buona ragione per privilegiare una opzione interpretativa scorretta, ma nello specifico bisognerà pur notare che in gran parte delle contravvenzioni la pena congiunta viene prevista quando la condotta riguarda rifiuti pericolosi, mentre resta alternativa se riguarda rifiuti non pericolosi. Ora, se si considera che il presupposto per l’applicazione della procedura estintiva sta nell’assenza di danno o pericolo concreto e attuale, diventa comunque più difficile applicarla in presenza di rifiuti pericolosi.

In ogni caso, se il legislatore si convincerà della necessità di estendere la disciplina alle contravvenzioni punite con pena congiunta, ben potrà intervenire con una norma espressa.