Rifiuti. Nozione di deposito temporaneo, luogo di produzione rilevante, collegamento funzionale all’impresa. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 16441 del 31 marzo 2017 (ud. 10 novembre 2016)

Pres. Ramacci, Est. Liberati

RIFIUTI – Materiali provenienti da demolizione – Deposito temporaneo – Luogo di produzione rilevante – Disponibilità dell’impresa produttrice funzionalmente collegato al luogo di produzione – Requisiti minimi e condizioni di sicurezza – Fattispecie – Artt. 183 e 256, d. lgs. n. 152/2006.
In tema di rifiuti, per luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo, ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. bb), d.lgs. n. 152 del 2006, deve intendersi quello in cui i rifiuti sono prodotti, ovvero che si trovi nella disponibilità dell’impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato al luogo di produzione e dotato dei necessari presidi di sicurezza. Nella specie non ravvisabili, in considerazione sia della diversa titolarità dell’area di produzione e dell’area di deposito (essendo irrilevante al riguardo la riferibilità delle due società proprietarie del cantiere e del luogo di deposito alla medesima persona fisica), sia della insussistenza di un collegamento funzionale tra l’area di produzione dei rifiuti e quella di deposito (non ravvisabile nella sola difficoltà di eseguire il trasporto dei rifiuti dal luogo di produzione, che non determina un nesso derivante dalla attività a seguito della quale sono stati prodotti i rifiuti); proprio sulla base della ricostruzione compiuta dal ricorrente il deposito in esame risulta privo delle caratteristiche di deposito temporaneo, non essendo stato chiarito il titolo in base al quale esso sia nella disponibilità dell’impresa produttrice, e non essendo tale luogo funzionalmente, cioè sulla base di un collegamento con l’attività produttiva, legato a quello di produzione dei rifiuti, con la conseguenza che risultano evidentemente insussistenti i presupposti per poter ravvisare un deposito temporaneo di rifiuti.
Per deposito controllato o temporaneo si intende ogni raggruppamento di rifiuti, effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, nel rispetto delle condizioni dettate dall’art. 183, comma 1, lett. bb), d.lgs. n. 152 del 2006 (secondo cui costituisce deposito temporaneo “il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo”): ne consegue che, in difetto anche di uno dei requisiti normativi, il deposito non può ritenersi temporaneo (cfr. Sez. 3, n. 38676 del 20/05/2014, Rodolfi), ma deve essere qualificato, a seconda dei casi, come “deposito preliminare” (se il collocamento di rifiuti è prodromico ad un’operazione di smaltimento), come “messa in riserva” (se il materiale è in attesa di un’operazione di recupero), come “abbandono” (quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero) o come “discarica abusiva” (nell’ipotesi di abbandono reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi).
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA 
sul ricorso proposto da Benenati Carlo, nato a Roma il 13/6/1960;
avverso la sentenza del 18/12/2013 del Tribunale di Siena visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi per il ricorrente gli avvocati Piero Rita e Gianni Lopez, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 18 febbraio 2013 il Tribunale di Siena ha condannato Carlo Benenati alla pena di euro 2.000,00 di ammenda in relazione al reato di cui all’art. 256, commi 1, lett. a), e 2, d.lgs. n. 152 del 2006 (per avere concorso nella realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi, costituiti da circa dieci metri cubi di materiale proveniente da demolizione).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato violazione dell’art. 256 d.lgs. 152 del 2006 e vizio di motivazione, in quanto quello alla cui realizzazione aveva concorso l’imputato doveva essere qualificato come deposito temporaneo ai sensi dell’art. 183, lett. m), d.lgs. 152 del 2006, in quanto i rifiuti in questione erano stati trasportati in un terreno distante poche centinaia di metri dal luogo della loro produzione, con la conseguente ravvisabilità di un deposito temporaneo, funzionalmente collegato al luogo di produzione dei rifiuti, in quanto tale trasporto era stato eseguito con un piccolo mezzo allo scopo di consentire, in un secondo momento, il trasporto dei rifiuti altrove con un mezzo di trasporto di maggiori dimensioni, che non poteva accedere al luogo di produzione dei rifiuti, posto nel centro storico della Città di Pienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile a causa della sua manifesta infondatezza.
2. Va ricordato che per deposito controllato o temporaneo si intende ogni raggruppamento di rifiuti, effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, nel rispetto delle condizioni dettate dall’art. 183, comma 1, lett. bb), d.lgs. n. 152 del 2006 (secondo cui costituisce deposito temporaneo “il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo”): ne consegue che, in difetto anche di uno dei requisiti normativi, il deposito non può ritenersi temporaneo (cfr. Sez. 3, n. 38676 del 20/05/2014, Rodolfi, Rv. 260384), ma deve essere qualificato, a seconda dei casi, come “deposito preliminare” (se il collocamento di rifiuti è prodromico ad un’operazione di smaltimento), come “messa in riserva” (se il materiale è in attesa di un’operazione di recupero), come “abbandono” (quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero) o come “discarica abusiva” (nell’ipotesi di abbandono reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi).
E’ stato, inoltre, precisato che per luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo ai sensi della disposizione citata deve intendersi quello in cui i rifiuti sono prodotti, ovvero che si trovi nella disponibilità dell’impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato al luogo di produzione e dotato dei necessari presidi di sicurezza (Sez. 7, Ordinanza n. 17333 del 18/03/2016, Passarelli, Rv. 266911, relativa a fattispecie nella quale è stato ritenuto penalmente rilevante il deposito sulla pubblica via di rifiuti di amianto contenuti in sacchi, in area accessibile a tutti ed in assenza dei requisiti minimi per lo stoccaggio temporaneo del materiale in condizioni di sicurezza; conf. Sez. 3, n. 8061 del 23/01/2013, Ercolani, Rv. 254754; Sez. 3, n. 35622 del 11/07/2007, Pili, Rv. 237388).
3. Ora, nella vicenda in esame, è stata ravvisata la realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti in conseguenza del trasporto di materiale proveniente da lavori di ristrutturazione edilizia prelevati da un cantiere, della S.r.l. Iside, e del deposito di tale materiale in altro terreno, di proprietà della S.r.l. Mistral, distante alcune centinaia di metri dal luogo di produzione dei rifiuti.
Al riguardo il ricorrente, oltre a sottolineare che tali società sono controllate dalla stessa persona fisica, con la conseguente sussistenza di un collegamento tra il luogo di produzione dei rifiuti e quello nel quale è stato realizzato il loro deposito temporaneo, e la breve distanza tra tali luoghi, ha anche evidenziato che gli stessi si trovano nel centro storico del Comune di Pienza, che ha una struttura urbanistica che rende difficoltosa la circolazione dei mezzi pesanti, che in molte zone non hanno neppure la possibilità di accedere a causa delle ridotte dimensioni delle strade, che aveva reso necessario il trasporto dei detriti con un piccolo mezzo fino a un’area alla quale potesse accedere un mezzo di maggiori dimensioni, che li avrebbe trasportati al luogo di smaltimento, con la conseguente sussistenza di un nesso funzionale tra il luogo di produzione e quello di deposito temporaneo dei rifiuti.
Tali rilievi, peraltro volti a censurare la ricostruzione della vicenda sul piano storico e dunque non consentiti nel giudizio di legittimità, non tengono conto del ricordato orientamento giurisprudenziale a proposito delle caratteristiche del deposito temporaneo, nella specie non ravvisabili, in considerazione sia della diversa titolarità dell’area di produzione e dell’area di deposito (essendo irrilevante al riguardo la riferibilità delle due società proprietarie del cantiere e del luogo di deposito alla medesima persona fisica), sia della insussistenza di un collegamento funzionale tra l’area di produzione dei rifiuti e quella di deposito (non ravvisabile nella sola difficoltà di eseguire il trasporto dei rifiuti dal luogo di produzione, che non determina un nesso derivante dalla attività a seguito della quale sono stati prodotti i rifiuti); proprio sulla base della ricostruzione compiuta dal ricorrente il deposito in esame risulta privo delle caratteristiche di deposito temporaneo, non essendo stato chiarito il titolo in base al quale esso sia nella disponibilità dell’impresa produttrice, e non essendo tale luogo funzionalmente, cioè sulla base di un collegamento con l’attività produttiva, legato a quello di produzione dei rifiuti, con la conseguenza che risultano evidentemente insussistenti i presupposti per poter ravvisare un deposito temporaneo di rifiuti.
3. Ne consegue, in definitiva, l’inammissibilità del ricorso, a causa della manifesta infondatezza dell’unico motivo cui è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cast. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 2.000,00
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10/11/2016