Diritto alimentare. Nocività e alterazione di sostanze alimentari, pericolo per la salute pubblica, superamento dei livelli consentiti, fattispecie di reato. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 4522 del 31 gennaio 2017 (ud. 6 dicembre 2016)

Pres. Amoresano, Est. Di Stasi

Diritto alimentare. Nocività e alterazione di sostanze alimentari. Pericolo per la salute pubblica. Alimenti non genuini. Configurabilità del reato di cui all’art. 5 lett. d) e 6 l. n. 283/62. Superamento dei livelli consentiti. Fattispecie: utilizzo per il consumo olio di frittura alterato nei suoi componenti.

Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 5 lett. d) L. 30 aprile 1962, n.283, sulla disciplina igienica degli alimenti, l’alterazione del prodotto può essere desunta anche dal superamento dei livelli consentiti da una circolare del Ministero della Sanità, che ha recepito il parametro elaborato dalla comunità scientifica internazionale (Cass. Sez.3, n. 17613 del 11/04/2006). Fattispecie: configurabilità del reato di cui all’art. 5 lett. d) e 6 l. n. 283/1962, in quanto all’interno di un centro commerciale veniva utilizzato per il consumo olio di frittura alterato nei suoi componenti con tenore di composti polari superiore al limite previsto dalla Circolare del Ministero della Sanità n.1 dell’11 gennaio 1991.
 
Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 4522 del 31 gennaio 2017 (ud. 6 dicembre 2016)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da SAMMARONE ANTONIETTA, nata a Napoli il 05/06/1940;
avverso la sentenza del 28/10/2014 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 28.10.2014, il Tribunale di Napoli dichiarava Sammarone Antonietta responsabile del reato di cui all’art. 5 lett. d) e 6 l n. 283/1962 – perché quale legale rappresentante della “NUMEROUNO BY MU.NA. srl, all’interno del centro commerciale AUCHAN, utilizzava per il consumo olio di frittura alterato nei suoi componenti in quanto risultato con tenore di composti polari superiore al limite previsto dalla Circolare del Ministero della Sanità n. 1 dell’11.1.1991 – e la condannava alla pena di euro 5.000,00 di ammenda.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Sammarone Antonietta, per il tramite del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 5 lett. d) e 6 l. n. 283/1962, lamentando la genericità della norma incriminatrice e la necessità di demandare alla Circolare del Ministero della Sanità la determinatezza del contenuto precettivo.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al diniego della sospensione condizionale della pena, lamentando che sul punto la motivazione della sentenza impugnata è del tutto apparente.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va rigettato.
2. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va osservato che questa Corte ha già esaminato la questione di legittimità costituzionale per indeterminatezza della fattispecie relativa alla ipotesi di reato prevista dall’art. 5 lett.d della legge 30.4.1962, n. 283 sulla disciplina igienica degli alimenti, per violazione dell’art. 25 della Costituzione, e ne ha rilevato la manifesta infondatezza.
E’ stato osservato che la norma contiene in sè la nozione di “nocività”, intesa con riferimento a quelle sostanze alimentari che possono creare un pericolo per la salute pubblica per non essere genuine, e quella di “alterazione”, e cioè della presenza di un processo modificativo di una sostanza alimentare che diviene altra da sè per un fenomeno di spontanea degenerazione. Non si tratta pertanto di una norma penale in bianco, dovendosi considerare le eventuali indicazioni contenute in circolari del Ministero della Sanità un parametro scientificamente valido al quale ancorare il giudizio (Sez.III, n.11828 del 13/11/1997, Rv. 209724).
Correttamente, poi, il Giudice di merito ha ricavato la prova dell’alterazione dell’olio usato per la frittura facendo riferimento al risultato delle analisi che avevano accertato un contenuto di sostanze polari pari al 38%, a fronte del limite massimo del 25% indicato in una circolare del Ministero della Sanità n. 1 dell’11 gennaio 1991.
E’ stato, in proposito, osservato che ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 5 lett. d) L. 30 aprile 1962, n.283, sulla disciplina igienica degli alimenti, l’alterazione del prodotto può essere desunta anche dal superamento dei livelli consentiti da una circolare del Ministero della Sanità, che ha recepito il parametro elaborato dalla comunità scientifica internazionale (Sez. III, n.17613 del 11/04/2006, Rv.234307).
3. Il secondo motivo di ricorso è generico.
Il Tribunale ha denegato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena sulla base di un negativo giudizio prognostico con motivazione stringata ma adeguata.
La ricorrente, peraltro, propone doglianza che si profila di assoluta genericità in quanto non esplicita i motivi per i quali avrebbe avuto diritto alla concessione del beneficio in questione.
Il motivo, quindi, caratterizzandosi per assoluta genericità, integra la violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “I motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. e), determina, per l’appunto, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Sez. VI, 30/10/2008, n. 47414, rv. 242129; Sez. VI, 21/12/2000, n. 8596, rv. 219087).
4. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc .pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6 dicembre 2016