L’eterna guerra tra tutela dei diritti degli utenti della strada e Pubblica Amministrazione si arricchisce di un nuovo capitolo inerente il tema più delicato, discusso e sentito: la rilevazione della velocità tramite apparecchi elettronici.
La diatriba nasceva da una sentenza di un Giudice di Pace, il quale dava ragione ad un cittadino ricorrente avverso un verbale di accertamento di infrazioneall’art. 142, comma 8 c.d.s. per eccesso di velocità tramite rilevazione di apparecchiatura elettronica non preventivamente omologata ai sensi di legge.
Avverso tale provvedimento veniva proposto appello e il Tribunale (in funzione di Giudice di appello per le sentenze del Giudice di Pace), rigettava l’impugnazione proposta dal Comune “confermando la legittimità della pronuncia di primo grado, con la quale era stato annullato il verbale opposto, poiché l’accertamento dell’indicata infrazione era avvenuto con la citata apparecchiatura elettronica senza che fosse stata preventivamente omologata ai sensi di legge, non risultando rilevante allo scopo la mera approvazione preventiva di tale mezzo di rilevazione, siccome non equipollente all’omologazione ministeriale, posto che quest’ultima autorizza la riproduzione in serie del prototipo di un apparecchio testato in laboratorio, mentre la semplice approvazione è riconducibile ad un procedimento di tipo semplificato che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o previste da particolari previsioni del regolamento“.
La vertenza proseguiva in Cassazione, e la Corte rigettava con ordinanza (Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 10505 del 29 febbraio 2024) il ricorso propostodal Comune.
Se non fosse che il Ministero dell’Interno, nonostante la chiarezza della pronuncia ed in pieno dispregio dell’osservanza della giurisprudenza (di merito e di legittimità) formatasi sul tema, persiste nel sostenere che vi sarebbe identità tra le procedure di omologazione ed approvazione degli apparecchi di rilevamento della velocità.
Facendo seguito alle pronunce sul tema della Corte di Cassazione, il Ministero ha infatti richiesto un parere all’Avvocatura dello Stato, la quale in data 18/12/2024 si è espressa ritenendo una sostanziale piena omogeneità tra le procedure tecnico-amminsitrative alla base dell’omologazione con quelle proprie dell’approvazione, divergendo le due procedure per mero dato formale, consigliando di contestare tale questione in sede di giudizio con elementi documentali che nel procedimento di legittimità che ha dato seguito all’ordinanza suindicata non sarebbero stati considerati in quanto non depositati agli atti.
La circolare ha inoltre indicato come sia stato predisposto un Tavolo Tecnico presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per definire univocamente le procedure di omologazione del prototipo, di taratura e verifica di funzionalitàù dei dispositivi per gli apparecchi e dei mezzi tecnici di rilevazione della velocità ex art. 201, comma 1-bis, lett. e) e f) del Codice della Strada.
E’ interessante notare come nonostante questa tesi si fondi sulla presunta legittimità di quanto asserito, venga sconsigliato di proporre impugnazione in sede di legittimità contro provvedimenti del genere in quanto “la proposizione di un ricorso per Cassazione, volto a censurare il recente indirizzo giurisprudenziale, sia pur riferendosi a disposizioni normative che non sono state oggetto di immediato esame in tali precedenti, si esporrebbe a una elevata alea di inammissibilità ex art. 360-bis, comma 1, n. 1 c.p.c., o quantomeno infondatezza“.
Fatta la debita premessa, sarebbe giusto il caso di rimarcaredue “piccole” dimenticanze nella valutazione operata da parte del Ministero dell’Interno che si ricavano per tabulas dalla lettura dell’ordinanza n. 10505/2024 della Cassazione.
La prima riguarda la gerarchia delle fonti normative: le circolari ministeriali non possono avere influenza sul piano interpretativo tale da derogare alle fonti normative primarie, con buona pace della presunta equipollenza tra le procedure di omologazione e approvazione, basate su un approccio “che, per l’appunto, non trova supporto2nelle suddette fonti primarie e che, in quanto tali, non possono derogate da fonti secondarie o da circolari di carattere amministrativo“.
La seconda riguarda l’ambito squisitamente normativo. La Corte di Cassazione ha infatti precisato che l’oggetto delle doglianze sia il seguente: “la questione diritto sottoposta all’attenzione del Collegio consiste nello stabilire se possa ritenersi, sul piano giuridico, equipollente all’omologazione la sola preventiva approvazione dell’apparecchio“, premettendo che “Per affrontare adeguatamente la specifica tematica che viene in rilievo in questa sede è necessario porre, imprescindibilmente, riferimento alle norme legislative di ordine primario” e argomentando su due argomentazioni definite INDISCUTIBILI:
1) l’art. 142, comma 6, c.d.s.riguarda soltanto “apparecchiature debitamente omologate”, le cui risultanze sono “fonti di prova” per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità;
2)l’art. 192 del Regolamento c.d.s. (d.P.R. n. 495/1992), il quale è norma complementare ed esplicativa del c.d.s. stesso, disciplina i “controlli ed omologazioni” e contempla 5 su 8 attività distinte e funzioni diverse relativamente ai procedimenti di approvazione e di omologazioni (con differenti effetti.
Il 2° comma dell’arrt. 192 Reg. c.d.s. prevede inoltre che la rispondenza e l’efficacia dell’oggetto da omologare debbano essere accertati dall’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero dei lavori pubblicianche mediante prove, con la conseguenza che l’approvazione è un passaggio propedeutico (e comunque autonomo) per procedere all’omologazione dell’apparecchio.
Il 3° comma dell’art. 192 Reg. c.d.s. indica che il Ministero dei lavori pubblici, per approvare un prototipo, debba seguire le procedure del comma 2 quando si tratti di richiesta per elementi per cui il Regolamento non stabilisca caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni.
Infine, il 7° comma dell’art. 192 Reg. c.d.s. stabilisce che “su ogni elemento conforme al prototipo omologato o approvato deve essere riportato il numero e la data del decreto ministeriale di omologazione o di approvazione ed il nome del fabbricante”.
Le due procedure hanno perciò presupposti e finalità differenti: l’omologazione autorizza al produzione in serie di un apparecchio già testato in laboratorio, ed è una procedura avente natura mista (amministrativa e tecnica), fnalizzata alla verifica della perfetta funzionalità e precisione dell’apparecchio; l’approvazione non richiede invece la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.
Un ultimo appunto merita il riferimento alla funzionalità degli apparecchi di rilevamento della velocità.
La garanzia della perfetta funzionalità dello strumento in dotazione alle forze di polizia che lo utilizzano per elevare contestazioni costituisce condizione indispensabile per la legittimità dell’accertamento stesso, e la sua piena e conforme funzionalità deve essere dimostrata dalla Pubblica Amministrazione in caso di contestazione (cfr. ex multis Cass. Civ., Sez. 2, ord. n. 14597 del 26 maggio 2021).
Inoltre, il Giudice è tenuto a verificare, in caso di contestazione sull’affidabilità dell’apparecchio di misurazione della velocità, se le verifiche di rito siano o meno state effettuate, senza che la P.A. possa indicare metodi diversi dalle certificazioni di omologazione e conformità né prova dell’esecuzione delle verifiche sulla funzionalità e sulla stessa affidabilità dello strumento di rilevazione elettronic, men che meno riferirsi al semplice verbale di accertamento come prova della regolarità delle operazioni prescritte dalle norme (cfr. Cass. Civ., Sez. 2, ord. n. 3335 del 6 febbraio 2024).
Perciò continuate a difendere i vostri diritti, sono in buone mani.
Scarica in pdf il testo dei provvedimenti: