FAMIGLIA E MINORI
Cass. civ., 20 novembre 2024 n. 29838
In tema di dichiarazione giudiziale di paternità naturale, vige il principio della libertà di prova, sancito, in materia dall’art. 269, comma 2, c.c. Secondo tale assunto normativo, non vi è limitazione, ovvero, fissazione di una gerarchia assiologica tra i mezzi istruttori idonei a dimostrare la paternità, ed ancora non esiste alcuna imposizione, riferita al giudice, di dover rispettare un ordine cronologico nell’amissione ed assunzione dei messi istruttori.
Cass. civ., 28 ottobre 2024 n. 27792
L’istituto del fondo patrimoniale riguarda la sola famiglia nucleare, in quanto sulla base del dettato dell’art.171 c.c. lo scioglimento integrale del fondo patrimoniale, anche in assenza di atti dispositivi dei beni, si verifica nel caso del venir meno del vincolo matrimoniale, con l’annullamento o lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Seppure le ipotesi non siano tassative, rilevando anche lo scioglimento per mutuo consenso, la norma è indicativa del fatto che il legislatore ha inteso tutelare con il vincolo di destinazione derivante dal fondo patrimoniale i bisogni del solo nucleo familiare rappresentato dai coniugi e dai figli.
Cass. civ., 18 ottobre 2024 n. 27043
Ai fini della revoca dell’assegno divorzile, la convivenza more uxorio instaurata dall’ex coniuge che ne sia beneficiario, può costituire fattore impeditivo del relativo diritto anche quando non sia sfociata in una stabile coabitazione, purché sia rigorosamente provata la sussistenza di un nuovo progetto di vita dello stesso beneficiario con il nuovo partner, dal quale discendano inevitabilmente reciproche contribuzioni economiche e reciproci obblighi di assistenza morale e materiale, gravando l’onere probatorio sul punto sulla parte che neghi il diritto all’assegno.
Cass. civ., 11 ottobre 2024 n. 26517
In tema di separazione personale, la mera conflittualità tra i coniugi durante la separazione, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre assume connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.
Cass. civ., 17 settembre 2024 n. 24883
Il minore, capace di discernimento, conserva un diritto di manifestare la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano e da ciò deriva l’obbligo dell’autorità giudiziaria di tenere in considerazione l’opinione manifestata dal minore, dovendo anche misurarsi con le caratteristiche del caso concreto e con il “superiore interesse del minore”. Difatti a determinate condizioni, il giudice può anche superare la contingente volontà manifestata dal minore, il quale non è sempre pienamente consapevole di tutte le implicazioni che condizionano il suo equilibrato sviluppo, purché di queste ragioni il giudice dia adeguata motivazione, all’esito di un esame approfondito e accurato di tutti gli aspetti che vengono in rilievo.
Cass. civ., 16 settembre 2024 n. 24811
In tema di separazione, la parte che chiede l’addebito della separazione all’altro coniuge, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, ha l’onere di dimostrare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Al contrario, spetta a chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà.
SUCCESSIONI E DONAZIONI
Cass. civ., 16 dicembre 2024 n. 32682
In tema di revocabilità di una donazione per ingratitudine, nel rapporto tra coniugi, l’ingiuria grave richiesta ex art. 801 c.c., si realizza quando il donatario assuma un comportamento non riconoscente nei confronti del donante, rendendolo palese anche a terzi e mostri un durevole sentimento di disistima nei suoi confronti. Pertanto, in presenza di tali presupposti a nulla rileva la legittimità del comportamento del donatario.
Cass. civ., 13 dicembre 2024 n. 32333
La notifica dell’atto di accettazione è un elemento costitutivo della donazione, prima del quale non si produce alcun effetto traslativo. Inoltre, la notifica dell’atto non ammette equipollenti, non potendosi, dunque, considerare soddisfatto il relativo requisito con l’utilizzo di mezzi diversi dalla stessa.
Cass. civ., 12 dicembre 2024 n. 32077
Ciascun coerede può domandare il pagamento del credito ereditario in misura integrale o proporzionale alla quota di sua spettanza senza che il debitore possa opporsi adducendo il mancato consenso degli altri coeredi, i quali non sono neppure litisconsorti necessari nel conseguente giudizio di adempimento poiché i contrasti sorti tra gli stessi devono trovare soluzione nell’ambito dell’eventuale e distinta procedura di divisione
Cass. civ., 6 dicembre 2024 n. 31610
La dichiarazione di accettazione di eredità con beneficio di inventario resa dal legale rappresentante del minore, anche se non seguita dalla redazione dell’inventario, fa acquisire al minore la qualità di erede, rendendo priva di efficacia la rinuncia all’eredità manifestata dallo stesso una volta raggiunta la maggiore età. L’art. 489 cod. civ., infatti, attribuisce al minore, una volta raggiunta la maggiore età, solo la facoltà di redigere l’inventario nel termine di un anno, non anche di rinunciare all’eredità.
Cass. civ., 24 ottobre 2024 n. 27676
L’erede che abbia accettato l’eredità con beneficio di inventario, benché possa essere convenuto in giudizio dai creditori del de cuius che propongano azioni di accertamento o di condanna, per avere egli comunque acquisito i diritti caduti in successione ed essere divenuto soggetto passivo delle relative obbligazioni, ancorché intra vires hereditatis, – non può – una volta che abbia eseguito la pubblicazione prevista dall’art. 498, terzo comma, c.c.essere assoggettato dai medesimi ad esecuzione forzata (neanche con riferimento ai beni caduti in successione), dovendosi procedere alla liquidazione dei beni ereditari nei modi previsti dagli artt. 499 e segg. c.c.
Cass. civ., 24 ottobre 2024 n. 27585
Prescrivendo la legge, a pena di nullità per la formazione del testamento pubblico, che il testatore dichiari alla presenza dei testimoni la sua volontà e che il notaio, dopo averne curato la redazione in iscritto, debba darne lettura al testatore in presenza dei testimoni stessi, la osservanza di tale duplice formalità, da eseguire entrambe alla simultanea presenza del notaio, del testatore e dei testimoni, è finalizzata a raggiungere la massima garanzia di certezza che il contenuto del testamento sia l’eco fedele della libera e cosciente volontà manifestata dal testatore; pertanto tale finalità, nel caso di testamento già predisposto dal notaio senza la presenza dei testimoni, non è raggiunta se non a condizione che, prima di dare lettura dell’atto, il notaio faccia manifestare di nuovo al testatore la sua dichiarazione di volontà in presenza dei testimoni, senza che ciò possa essere supplito dalla sola lettura dell’atto fatta dal notaio alla presenza dei testimoni e del testatore.
Cass. civ., 16 ottobre 2024 n. 26833
Il coerede che sia stato convenuto in giudizio per il pagamento di un debito ereditario è tenuto ad eccepire la propria qualità di obbligato pro quota, in virtù dell’esistenza di altri coeredi, mentre, laddove tale qualità sia sopravvenuta all’inizio di un processo originariamente introdotto nei confronti del de cuius, tra i coeredi si instaura una condizione di litisconsorzio necessario processuale, applicandosi conseguentemente la regola di cui all’art. 754 c.c., secondo la quale ciascuno di essi risponde, nei confronti del creditore, nei limiti della propria quota ereditaria.
Cass. civ., 3 settembre 2024 n. 23612
Quando in un giudizio debba essere provata l’esistenza e la validità di un testamento olografo, del quale sia stata prodotta una fotocopia non autentica, la cui conformità all’originale sia stata tempestivamente contestata, la parte interessata ha l’onere di produrre l’originale del documento, non potendo la copia essere oggetto né di verificazione né di querela di falso. Nell’ipotesi di perdita della scheda testamentaria, la prova, diretta alla dimostrazione dell’esistenza e alla ricostruzione, totale o parziale, del testamento è, altrimenti, soggetta alla limitazione prevista dal combinato disposto degli artt. 2724, n. 3, e 2725 del codice civile, operando tale limitazione anche nel caso in cui si tratti di accertare se una copia del testamento sia conforme all’originale andato smarrito, tenendo distinte, ai fini del corrispondente onere probatorio, la situazione dell’erede che abbia avuto la detenzione della scheda e quella dell’erede che non l’abbia mai avuta.
PROPRIETA’ E DIRITTI REALI
Cass. civ., 29 ottobre 2024 n. 27891
L’azione costitutiva di servitù coattiva di passaggio va proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono all’accesso alla pubblica via ovvero nei confronti di tutti i comproprietari dell’unico fondo intercludente, poiché la funzione del diritto riconosciuto dall’art. 1051 c.c. al proprietario del fondo intercluso si realizza solo con la costituzione della servitù di passaggio nella sua interezza, pena la pronuncia di una sentenza inutiliter data, non potendo applicarsi in via analogica, in caso di contraddittorio non integro, al fine di evitare detta inutilità, l’art. 1059, comma 2, del codice civile.
Cass. civ., 25 settembre 2024 n. 25638
La dicatio ad patriam, quale modo di costituzione di una servitù di uso pubblico, postula che il proprietario, con un comportamento anche non intenzionalmente diretto a dare vita al predetto diritto, metta volontariamente il proprio bene a disposizione della collettività, con carattere di continuità e non di mera precarietà e tolleranza, assoggettandolo al relativo uso, al fine di soddisfare un’esigenza comune dei membri della collettività considerati uti cives e ciò indipendentemente non solo dai motivi per cui tale comportamento venga tenuto, dalla sua spontaneità e dallo spirito che lo anima, ma anche dal decorso di un congruo periodo di tempo o dall’esistenza di un atto negoziale o un provvedimento ablativo.
Cass. civ., 25 settembre 2024 n. 25630
L’art. 1075 c.c. stabilisce, infatti che la servitù esercitata in modo da trarne un’utilità minore di quella indicata dal titolo si conserva per intero, sicché l’uso parziale della servitù, anche se protratto nel tempo, non vale a ridurne il contenuto nei limiti della minore utilità rispetto a quella consentita dal titolo, in quanto per non uso può cessare solo il diritto, mentre la maggiore quantità, che non è stata utilizzata dal titolare della servitù, non è un diritto, ma una sua componente, sicché la stessa non è suscettibile di estinzione.
COMUNIONE, CONDOMINIO E LOCAZIONI
Cass. civ., 16 dicembre 2024 n. 32696
In caso di nullità del contratto di locazione, il conduttore ha diritto di ripetere, a norma dell’art. 2033 cc., i canoni versati al locatore in esecuzione del contratto. Tuttavia, quest’ultimo può eccepire, ex art. 2041 c.c., la sussistenza di un ingiustificato arricchimento, facendo valere un credito indennitario che va, però, liquidato nei limiti della diminuzione patrimoniale subita nell’erogazione della prestazione e non in misura coincidente con il mancato guadagno che esso avrebbe potuto trarre dall’instaurazione di una valida relazione contrattuale.
Cass. civ., 29 novembre 2024 n. 30713
La presunzione di condominialità, stabilita per i beni elencati nell’art. 1117 c.c., la cui elencazione non è tassativa, deriva sia dall’attitudine oggettiva del bene al godimento comune sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune. Di conseguenza, per vincere tale presunzione, il soggetto che ne rivendichi la proprietà esclusiva ha l’onere di fornire la prova di tale diritto. Pertanto, è necessario un titolo d’acquisto dal quale si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione del bene, mentre non sono determinanti le risultanze del regolamento di condominio, né l’inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino.
Cass. civ., 12 novembre 2024 n. 29199
Il negozio con cui, successivamente alla costituzione del condominio, si imprime ad un immobile, ab origine di proprietà di uno dei condomini, il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere, non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem, difettando il requisito della tipicità, giacché non esiste una disposizione di legge che contempli l’obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile.
Cass. civ., 23 ottobre 2024 n. 27481
La presunzione di condominialità ai sensi dell’art. 1117 c.c. del cortile, destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune, non può essere vinta dalla circostanza che a esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un solo condomino, in quanto l’utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all’edificio condominiale. La presunzione di condominialità posta dall’art.1117 c.c. non è vincibile con qualsiasi prova contraria, ma può essere superata soltanto dalle opposte risultanze del titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali, dal quale deve risultare una chiara e univoca volontà di riservare esclusivamente a uno o più condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri.
Cass. civ., 11 ottobre 2024 n. 26521
In caso di azione ex art. 2051 cod. civ. esperita da un condomino in relazione a danni alla sua proprietà individuale che originino da parti comuni, la domanda risarcitoria può essere proposta, ex art. 2055 cod. civ., nei riguardi di un singolo condomino e non necessariamente dell’intero condominio.
Cass. civ., 26 settembre 2024 n. 25802
La responsabilità per i danni derivanti dal lastrico solare, o della terrazza a livello, il cui uso non sia comune a tutti i condomini va qualificata non nell’ambito dei rapporti di natura obbligatoria che si instaurano nel condominio in forza della coesistenza delle proprietà individuali con quelle comuni, ma nell’ambito della responsabilità aquilana, ex art. 2051 c.c., con la conseguenza che dei relativi danni rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’articolo 2051 del codice civile, sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore ai sensi dell’ art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull’assemblea dei condomini ex art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria.
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
Cass. civ., 18 dicembre 2024 n. 33053
Il semplice riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera da parte dell’appaltatore implica la superfluità della tempestiva denuncia da parte del committente, ma da esso non deriva automaticamente, in mancanza di un impegno in tal senso, l’assunzione in capo all’appaltatore dell’obbligo di emendare l’opera, che, ove configurabile, è una nuova e distinta obbligazione soggetta al termine di prescrizione decennale. Di conseguenza, il predetto riconoscimento non impedisce il decorso dei termini brevi della prescrizione previsti in tema di appalto.
Cass. civ., 15 novembre 2024 n. 29483
La clausola claims made non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 c.c. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile.
Cass. civ., 11 novembre 2024 n. 28895
Qualora l’esistenza d’un contratto venga in rilievo quale presupposto per l’esercizio di diritti nei confronti di terzi (come nel caso in cui l’esistenza d’una locazione commerciale sia presupposto per il versamento da parte della p.a. d’un indennizzo al conduttore), e quel contratto venga dichiarato risolto con una pronuncia costitutiva ex art. 1453 c.c., gli effetti della risoluzione nei confronti dei terzi si devono considerare avvenuti nel momento dell’inadempimento dedotto a fondamento della domanda di risoluzione.
Cass. civ., 7 novembre 2024 n. 28767
Per ritenere integrata la responsabilità precontrattuale occorre che tra le parti siano in corso trattative; che queste siano giunte a uno stadio idoneo ad ingenerare, nella parte che invoca l’altrui responsabilità, il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che esse siano state interrotte, senza un giustificato motivo, dalla parte cui si addebita detta responsabilità; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto. La verifica della ricorrenza di tutti tali elementi si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato.
Cass. civ., 6 novembre 2024 n. 28765
Nell’ambito di un contratto di trasporto e custodia valori, la consegna delle chiavi della cassaforte determina il perfezionarsi di un ordinario contratto di deposito dal quale scaturiscono le relative obbligazioni a carico delle parti. In tal caso, pertanto, oltre all’obbligazione tipica del vettore, sorge anche l’obbligo di custodia tanto delle chiavi che dei valori immessi nella cassaforte e, in caso di furto della cosa depositata, il depositario non è esente da responsabilità ove si limiti a dimostrare di avere usato nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia prescritta dall’art. 1768 c.c., ma deve provare a mente dell’art. 1218 c.c. che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile.
Cass. civ., 5 novembre 2024 n. 28418
In caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, pro solvendo; tuttavia, poiché l’assegno, in quanto titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento.
Cass. civ., 25 ottobre 2024 n. 27702
In materia di responsabilità contrattuale, l’art. 1218 c.c. è strutturato in modo da porre a carico del debitore, per il solo fatto dell’inadempimento, una presunzione di colpa superabile mediante la prova dello specifico impedimento che abbia reso impossibile la prestazione o, almeno, la dimostrazione che, qualunque sia stata la causa dell’impossibilità, la medesima non possa essere imputabile al debitore. Peraltro, perché l’impossibilità della prestazione costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, non basta eccepire che la prestazione non possa eseguirsi per fatto del terzo, ma occorre dimostrare la propria assenza di colpa con l’uso della diligenza spiegata per rimuovere l’ostacolo frapposto da altri all’esatto adempimento.
Cass. civ., 17 ottobre 2024 n. 26931
La clausola risolutiva espressa presuppone che le parti abbiano previsto la risoluzione di diritto del contratto per effetto dell’inadempimento di una o più obbligazioni specificamente determinate, sicché la clausola che attribuisca ad uno dei contraenti la facoltà di dichiarare risolto il contratto per “gravi e reiterate violazioni” dell’altro contraente “a tutti gli obblighi” da esso discendenti va ritenuta nulla per indeterminatezza dell’oggetto.
Cass. civ., 16 ottobre 2024 n. 26821
Stante la natura autonoma del contratto di fideiussione, che ha la specifica funzione di «garanzia», benché accessorio al contratto il cui adempimento garantisce, va ribadita l’esclusione della fideiussione, contratto a causa tipica, dal novero dei contratti bancari regolati come tali dal codice civile o dal testo unico bancario, conduce ad escludere anche l’obbligatorietà della mediazione ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis D.Lgs. 28 del 4 marzo 2010.
Cass. civ., 9 ottobre 2024 n. 26313
Il giudice non può isolare singole condotte di una delle parti per stabilire se costituiscano motivo di inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza dei contraenti. Deve, invece, procedere alla valutazione sinergica del comportamento di questi ultimi, attraverso un’indagine globale e unitaria dell’intero loro agire, anche con riguardo alla durata del protrarsi degli effetti dell’inadempimento, perché l’unitarietà del rapporto obbligatorio a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuno non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta di ciascun contraente, ma esige un apprezzamento complessivo.
Cass. civ., 7 ottobre 2024 n. 26146
In materia di contratto preliminare, il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserve della cosa viziata o difforme, ma può esperire l’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo e, cumulativamente, proporre un’actio quanti minoris per vizi della cosa, chiedendo l’eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo. In tal caso, l’offerta del prezzo, ex art. 2932, comma 2, c.c., non è necessaria, ove il pagamento non sia esigibile prima della conclusione del contratto definitivo.
Cass. civ., 4 ottobre 2024 n. 26053
In tema di contratto preliminare di vendita, il promissario acquirente il quale ignori che il bene, all’atto del preliminare, appartenga in tutto o in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la stipula del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, o acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela. Nel caso in cui la prestazione sia divenuta impossibile per causa non imputabile al debitore ai sensi degli articoli 1256 e 1463 del codice civile, l’obbligazione si estingue; con la conseguenza che non si può agire con l’azione di risoluzione, allegando l’inadempimento imputabile della parte tenuta ad eseguire la prestazione divenuta impossibile.
Cass. civ., 27 settembre 2024 n. 25787
In caso di contratto misto di vendita ed appalto, al fine di stabilire la disciplina applicabile, compresa quella della garanzia per vizi, deve aversi riguardo al criterio della prevalenza causale sulla base della volontà delle parti, sicché si ha appalto quando la prestazione dell’opera ed il lavoro costituiscono lo scopo essenziale, mentre si ha compravendita quando il risultato perseguito dalle parti è essenzialmente il trasferimento del bene, e la prestazione dell’opera è prevista al solo fine di assicurare l’utilità del bene ceduto.
Cass. civ., 26 settembre 2024 n. 25747
Al fine di riscontrare un vizio redibitorio, ai sensi dell’art. 1490, primo comma, c.c., il difetto deve essere ponderato in funzione della sua capacità di rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, alla stregua di una disciplina speciale completa, non integrabile con il principio generale della non scarsa importanza dell’inadempimento rilevante ex art. 1455 c.c. Qualora il difetto non renda la cosa inadatta all’uso per il quale è stata acquistata ovvero non ne riduca in modo consistente il valore, l’actio quanti minoris (e così la risoluzione) ex art. 1492, primo comma, c.c. non è configurabile. In materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all’articolo 1490 del codice civile, il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all’articolo 1492 del codice civile è gravato dell’onere di offrire la prova dell’esistenza dei vizi, anche in applicazione del principio di vicinitas della prova.
Cass. civ., 24 settembre 2024 n. 25491
In tema di condizioni generali di contratto, perché sussista l’obbligo della specifica approvazione per iscritto di cui all’art. 1341, comma 2, c.c., non basta che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del contratto in modo che l’altra parte non possa che accettarlo o rifiutarlo nella sua interezza, ma è altresì necessario che lo schema sia stato predisposto e le condizioni generali siano state fissate per servire ad una serie indefinita di rapporti, sia dal punto di vista sostanziale, perché confezionate da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti, sia dal punto di vista formale, in quanto predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie. Non necessitano, invece, di una specifica approvazione scritta le clausole contrattuali elaborate in previsione e con riferimento a un singolo, specifico negozio da uno dei contraenti, cui l’altro possa richiedere di apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto.
Cass. civ., 23 settembre 2024 n. 25410
L’appaltatore che agisce in giudizio per il pagamento del corrispettivo pattuito ha l’onere di provare di avere esattamente adempiuto la propria obbligazione, cioè di avere eseguito l’opera conformemente al contratto ed alle regole dell’arte. Tale adempimento integra il fatto costitutivo del diritto di credito oggetto della pretesa. Con l’effetto che la sua domanda non può essere accolta nel caso in cui l’altra parte contesti il suo adempimento, come avvenuto nel caso di specie.
Cass. civ., 2 settembre 2024 n. 23471
In tema di azione di ingiustificato arricchimento di cui all’articolo 2041 del codice civile, la deduzione che l’attribuzione patrimoniale asseritamente priva di causa sia conseguenza dell’adempimento di un’obbligazione naturale configura una mera difesa, non un’eccezione, sicché non è soggetta al regime delle preclusioni dettate per il dispiegamento di quest’ultima.
RESPONSABILITA’ CIVILE, DANNI E RISARCIMENTI
Cass. civ., 13 novembre 2024 n. 29245
L’attribuzione al danneggiato del risarcimento per equivalente, invece della richiesta reintegrazione in forma specifica, non viola il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, perché il risarcimento per equivalente, che il giudice del merito può disporre anche d’ufficio, nell’esercizio del suo potere discrezionale, costituisce un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica, con la conseguenza che la relativa richiesta è implicita nella domanda giudiziale di reintegrazione in forma specifica; per contro, non è consentito al giudice, senza violare l’art. 112 c.p.c., ove sia stato richiesto il risarcimento per equivalente, disporre la reintegrazione in forma specifica, non compresa, neppure per implicito, in quella domanda così proposta.
Cass. civ., 5 novembre 2024 n. 28390
Non rappresenta fatto costitutivo di responsabilità risarcitoria l’omessa comunicazione da parte di uno dei due coniugi, prima della celebrazione del matrimonio, dello stato psichico di concreta incertezza circa la permanenza del vincolo matrimoniale e della scelta di contrarre matrimonio con la riserva mentale di sperimentare la possibilità che il detto vincolo non si dissolva.
Cass. civ., 4 novembre 2024 n. 28291
In tema di dolus incidens e con riguardo all’azione di risarcimento del conseguente danno, l’attore, una volta provata l’esistenza di un raggiro su un elemento non trascurabile del contratto, non è tenuto a provare altro ai fini dell’an debeatur, in quanto opera la presunzione iuris tantum che, senza la condotta illecita, le condizioni contrattuali sarebbero state diverse e quindi per lui più favorevoli.
Cass. civ., 22 ottobre 2024 n. 27353
Quando l’elevata percentuale di invalidità permanente renda altamente probabile, se non certa, la menomazione della capacità lavorativa ed il danno ad essa conseguente, il giudice può accertare in via presuntiva la perdita patrimoniale occorsa alla vittima e procedere alla sua valutazione in via equitativa.
Cass. civ., 22 ottobre 2024 n. 27343
In tema di risarcimento del danno da fermo tecnico, che questo non può considerarsi sussistente in re ipsa, quale conseguenza automatica del sinistro, ma necessita, per converso, di esplicita prova, che attiene tanto al profilo della inutilizzabilità del mezzo meccanico in relazione ai giorni in cui esso è stato sottratto alla disponibilità del proprietario, tanto a quello della necessità del proprietario stesso di servirsene, così che dalla impossibilità della sua utilizzazione ne sia derivato un danno, quale, ad esempio, quello riconnesso alla impossibilità dello svolgimento di un’attività lavorativa ovvero all’esigenza di far ricorso a mezzi sostitutivi.
Cass. civ., 27 settembre 2024 n. 25825
In tema di accertamento del nesso causale nella responsabilità sanitaria, il giudizio controfattuale va compiuto ponendo in relazione la condotta alternativa lecita con l’evento concretamente verificatosi, e di cui si duole il danneggiato, ossia chiedendosi se tale specifico danno era evitabile sostituendo la condotta posta in essere con quella alternativa.
Cass. civ., 19 settembre 2024 n. 25200
Deve ritenersi che anche il legame parentale fra nonno e nipote consenta di presumere che il secondo subisca un pregiudizio non patrimoniale in conseguenza della morte del primo (per la perdita della relazione con una figura di riferimento e dei correlati rapporti di affetto e di solidarietà familiare) e ciò anche in difetto di un rapporto di convivenza, fatta salva la necessità di considerare l’effettività e la consistenza della relazione parentale ai fini della liquidazione del danno.
Cass. civ., 6 settembre 2024 n. 24007
In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, qualora essa si sia tradotta nella impossibilità per il cliente di intraprendere l’iniziativa giudiziaria concordata (per omessa proposizione di una impugnazione nei termini, oppure, come nella specie, per omesso rilascio della firma del cliente sul ricorso, dichiarato per questo inammissibile) ai fini della configurabilità del diritto del cliente al risarcimento del danno è necessario all’attore non soltanto provare il comportamento imperito, negligente o imprudente del professionista e il suo rapporto causale con la preclusione della iniziativa giudiziaria, ma anche che, se fosse stata intrapresa, l’iniziativa giudiziaria avrebbe avuto, sulla base di una valutazione ex ante ed applicando la regola probatoria del più probabile che non, ragionevoli probabilità di accoglimento.
Cass. civ., 5 settembre 2024 n. 23843
In materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l’obbligo di verifica di cui all’art. 90, lettera a) del D.Lgs. n. 81 del 2008 non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo.
FALLIMENTO E ALTRE PROCEDURE CONCURSUALI
Cass. civ., 23 dicembre 2024 n. 34044
Ai fini del riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis n. 2 c.c., relativo ad insinuazione al passivo proposta non dal singolo professionista ma da uno studio associato di professionisti, è necessario che il requisito della personalità della prestazione sussista sin dal momento dell’incarico, così che le circostanze del suo conferimento e dunque la scelta del prestatore effettivo, in persona del singolo professionista, già ne rivelino il sicuro tratto dell’intuitus personae; ne consegue che l’eventuale instaurazione del rapporto professionale, formalmente avvenuta in capo allo studio, non è ostativa al detto riconoscimento soltanto se risulti, da un lato, il previo coinvolgimento e la individuazione del professionista da parte del committente, ferme le altre condizioni di pertinenza del credito, che esigono, dall’altro, sia lo svolgimento essenzialmente personale dell’incarico da parte del medesimo professionista sia l’inerenza del credito insinuato proprio alla prestazione per come richiesta e dunque la sostanziale e riconoscibile spettanza della relativa remunerazione a tale prestatore.
Cass. civ., 30 ottobre 2024 n. 27986
A fondamento dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore ma anche in una modificazione qualitativa di esso; a questo proposito, la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro.
DIRITTO DEL LAVORO E PREVIDENZA SOCIALE
Cass. civ., 21 novembre 2024 n. 30079
Nell’ambito del procedimento disciplinare, l’art. 7 della L. n. 300 del 1970 non prevede l’obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione di addebiti di natura disciplinare, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, restando salva la possibilità per il lavoratore di ottenere, nel corso del giudizio ordinario di impugnazione del licenziamento irrogato all’esito del procedimento suddetto, l’esibizione della documentazione stessa. Il datore di lavoro è tenuto, tuttavia, ad offrire in consultazione all’incolpato i documenti aziendali solo in quanto e nei limiti in cui l’esame degli stessi sia necessario al fine di una contestazione dell’addebito idonea a permettere alla controparte un’adeguata difesa.
Cass. civ., 14 novembre 2024 n. 29400
Il lavoratore che lamenti la violazione della prescrizione dell’art. 2087 c.c. è tenuto, sul piano della ripartizione dell’onere probatorio, a riscontrare il fatto costituente inadempimento dell’obbligo in questione e il nesso di causalità materiale tra l’inadempimento stesso ed il danno da lui eventualmente subito. Non è gravato dall’onere della prova relativa alla colpa del datore di lavoro danneggiante; ove denunci la ricorrenza di un’ipotesi di mobbing, egli deve non solo allegare l’inadempimento datoriale e provare il titolo del suo diritto, il danno asseritamente subito e il nesso causale fra detto inadempimento e il pregiudizio lamentato, ma anche dimostrare l’intento persecutorio della controparte.
Cass. civ., 5 novembre 2024 n. 28369
In tema di procedimento disciplinare a carico del lavoratore, il lavoratore ha bensì diritto, avendone fatto richiesta, di essere sentito oralmente dal datore di lavoro, ma non anche, ove il datore a seguito della richiesta lo abbia convocato per una certa data, a un differimento dell’incontro limitandosi ad addurre una mera disagevole o sgradita possibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere la richiesta del lavoratore sussiste solo ove la stessa risponda ad un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile.
Cass. civ., 31 ottobre 2024 n. 28171
In tema di licenziamento disciplinare, è valida l’intimazione del licenziamento inviata all’indirizzo comunicato all’azienda al momento dell’assunzione, nonostante fosse stato cambiato senza informarne il datore di lavoro, il lavoratore ha l’obbligo di comunicare per iscritto le eventuali successive variazioni di residenza o di domicilio, rispondendo ciò, oltre che a una specifica obbligazione traente fonte dal contratto collettivo a un principio di buona fede nel rapporto di lavoro, onde il licenziamento inviato all’indirizzo conosciuto è pienamente efficace, se effettuato entro i termini, operando la presunzione di conoscenza ex articolo 1335 c.c.
Cass. civ., 10 ottobre 2024 n. 26466
Costituisce lavoro giornalistico subordinato quello svolto da fotografi che, nel realizzare, pur con autonomia tecnica, foto a corredo informativo degli articoli, così da arricchire ed integrare il testo scritto, risultano stabilmente inseriti nell’assetto organizzativo del giornale, poiché inviano il prodotto in redazione coprendo in via pressoché esclusiva specifici settori informativi, in modo da assicurare il servizio, tenendosi quotidianamente in contatto con la redazione, dalla quale ricevono indicazioni su cosa fotografare e sull’affiancamento al giornalista.
Cass. civ., 7 ottobre 2024 n. 26208
La sottoposizione del lavoratore a carcerazione preventiva (anche per fatti estranei al rapporto di lavoro) non costituisce inadempimento degli obblighi contrattuali, ma consente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ove, in base ad un giudizio ex ante, tenuto conto di ogni circostanza rilevante ai fini della determinazione della tollerabilità dell’assenza (tra cui le dimensioni dell’impresa, il tipo di organizzazione tecnico-produttiva, le mansioni del dipendente, il già maturato periodo di sua assenza, la ragionevolmente prevedibile ulteriore durata dell’impedimento, la possibilità di affidare temporaneamente ad altri le mansioni senza necessità di nuove assunzioni), non persista l’interesse del datore di lavoro a ricevere le ulteriori prestazioni del dipendente, senza che sia configurabile, inoltre, a carico del datore di lavoro, l’obbligo del cosiddetto repêchage.
Cass. civ., 7 ottobre 2024 n. 26181
In tema di licenziamento per giusta causa, nella valutazione dell’idoneità della condotta ad incidere sulla persistenza dell’elemento fiduciario, occorre avere riguardo anche alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento richiesto dalle mansioni espletate ed è chiaro che nel rapporto di lavoro dirigenziale il profilo del vincolo fiduciario assume peculiare rilievo, con accentuazione degli obblighi di fedeltà e diligenza, stante il rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro, del quale è un alter ego, occupando una posizione di particolare responsabilità e collocandosi al vertice dell’organizzazione aziendale, svolgendo mansioni tali da improntare la vita dell’azienda.
Cass. civ., 27 settembre 2024 n. 25880
La nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale ha precisato che con l’espressione ferie annuali retribuite, contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003, si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, deve essere mantenuta la retribuzione, con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria. Pertanto la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore.
Cass. civ., 16 settembre 2024 n. 24797
L’utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colleghi e dipendenti sul luogo di lavoro non necessita del consenso dei presenti da parte del titolare del trattamento. In un processo, la titolarità del trattamento spetta all’autorità giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo, per cui, se non coincidenti, è il codice di rito a regolare le modalità di svolgimento in giudizio del diritto di difesa.
Cass. civ., 12 settembre 2024 n. 24473
Lo sciopero è un diritto individuale del lavoratore ma suscettibile di esercizio collettivo, in quanto diretto alla tutela di un interesse collettivo. Pertanto, ancorché per l’attuazione dello sciopero non si richieda una formale proclamazione né una preventiva comunicazione al datore di lavoro (salva la eventuale particolare disciplina del codice di autoregolamentazione), è necessario che l’astensione, totale o parziale, del lavoro sia collettivamente concordata, a prescindere da chi prenda l’iniziativa della sua attuazione, in presenza di una situazione conflittuale implicante la tutela di un interesse collettivo. Quest’ultimo costituisce elemento determinante dell’esercizio del diritto di sciopero, pur nella sottolineatura che l’art. 40 cost. attribuisce tale diritto personalmente ai lavoratori, e che lo stesso non incontra – stante la mancata attuazione della disciplina legislativa prevista da detta norma – limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo giustifica e dell’intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti. Pertanto, non si ha sciopero se non in presenza di un’astensione dal lavoro decisa ed attuata collettivamente per la tutela di interessi collettivi – anche di natura non salariale ed anche di carattere politico generale, purché incidenti sui rapporti di lavoro.
Cass. civ., 5 settembre 2024 n. 23850
E’ illegittima la sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione inflitta al Responsabile della sicurezza dei lavoratori ex art. 50 D.Lgs. n. 81/2008 poiché le sue dichiarazioni, apparse su un portale di informazione on-line e su un quotidiano, erano state espresse nei limiti della continenza e riconducibili al diritto di critica, in particolare quello riconosciuto al lavoratore sindacalista che possono anche risultare più aspre e rivendicative rispetto al diritto di critica spettante a ciascun lavoratore. Una volta ritenuto l’esercizio del diritto di critica sindacale rispettoso del principio di continenza formale a tale esercizio è connaturata l’espressione delle proprie opinioni e della propria personale interpretazione dei fatti, anche con espressioni soggettivamente sgradite alla controparte, dovendosi bilanciare l’interesse che si assume leso con quello a che non siano introdotte limitazioni alla libera espressione del pensiero costituzionalmente garantito.
Cass. civ., 5 settembre 2024 n. 23843
In materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l’obbligo di verifica di cui all’articolo 90, lettera a) del D.lgs. n. 81 del 2008 non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo.
PROCEDURE ESECUTIVE
Cass. civ., 14 novembre 2024 n. 29422
Il pignoramento di crediti eseguito con un unico atto presso più terzi realizza un concorso di plurimi pignoramenti, unitariamente trattati ma ad effetti autonomi ed indipendenti, sicché ciascun terzo pignorato è obbligato alla custodia delle somme da lui dovute al debitore nei limiti dell’importo precettato aumentato della metà, salva la eventuale adozione, ad opera del giudice dell’esecuzione e su istanza del debitore, dei provvedimenti di cui all’articolo 546, secondo comma, cod. proc. civ.
Cass. civ., 12 settembre 2024 n. 24550
Con il provvedimento che definisce il giudizio di divisione endoesecutiva (sentenza o ordinanza ex art. 789, terzo comma, c.p.c.) va disposta la condanna del condividente debitore esecutato alla refusione delle spese sopportate in tale lite dal creditore (procedente o intervenuto titolato), da liquidarsi secondo lo scaglione tariffario corrispondente al valore della massa – con cui si identifica il valore della controversia ex art. 5 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55) – e la relativa statuizione costituisce titolo per la collocazione nella distribuzione dell’attivo dell’espropriazione con il privilegio ex articolo 2770 c.c. e con la preferenza garantita dall’art. 2777 c.c.
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE
Cass. civ., 30 dicembre 2024 n. 35127
Il divieto di riproposizione di un secondo appello quando il primo sia inammissibile o improcedibile è correlata – a norma dell’art. 358 c.p.c. – non al momento in cui è stato proposto il primo appello inammissibile o improcedibile, bensì alla dichiarazione di tali inammissibilità o improcedibilità da parte del giudice dell’appello, con la conseguenza che la riproposizione non è impedita dalla pregressa verificazione di una fattispecie di inammissibilità o di improcedibilità del precedente appello che non sia stata ancora dichiarata dal giudice
Cass. civ., 28 dicembre 2024 n. 34788
Le istanze istruttorie rigettate dal giudice del merito devono essere riproposte con la precisazione delle conclusioni in modo specifico e non soltanto con il generico richiamo agli atti difensivi precedenti, dovendosi, in difetto, ritenere abbandonate e non riproponibili con l’impugnazione; tale presunzione può, tuttavia, ritenersi superata qualora emerga una volontà inequivoca di insistere nella richiesta istruttoria in base ad una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo; della valutazione compiuta il giudice è tenuto a dar conto, sia pure sinteticamente, nella motivazione
Cass. civ., 20 dicembre 2024 n. 33531
La liquidazione del danno da responsabilità processuale aggravata, ex articolo 96 cod. proc. civ., postula che la parte istante abbia quantomeno assolto l’onere di allegare gli elementi di fatto, desumibili dagli atti di causa, necessari ad identificarne concretamente l’esistenza ed idonei a consentire al giudice la relativa liquidazione, anche se equitativa.
Cass. civ., 17 dicembre 2024 n. 32952
Nel giudizio avente a oggetto la risoluzione di contratto per inadempimento, la deduzione di un fatto diverso da quello originariamente posto a fondamento della domanda non si traduce in una mera emendatio libelli, ma – comportando l’introduzione di un nuovo tema di indagine – si configura come un vero e proprio mutamento della causa petendi inammissibile in corso di causa, indipendentemente dal fatto che il comportamento successivamente dedotto costituisca, a sua volta, violazione degli obblighi contrattuali.
Cass. civ., 13 dicembre 2024 n. 32382
In tema di giudizio diretto all’accertamento dell’usucapione, la fattispecie del litisconsorzio necessario ricorre esclusivamente nel caso in cui la pluralità soggettiva sia rinvenibile dal lato passivo del rapporto, cioè tra coloro in danno dei quali la domanda è diretta, non anche nell’ipotesi in cui essa si riscontri dal lato attivo, atteso che, in tale evenienza, l’azione proposta è diretta a costituire una situazione compatibile con la pretesa che i soggetti non citati in giudizio potranno eventualmente vantare in futuro.
Cass. civ., 13 dicembre 2024 n. 32319
La circostanza che l’avvocato si sia avvalso della facoltà di difesa personale prevista dall’articolo 86 cod. proc. civ. non incide sulla natura professionale dell’attività svolta e, pertanto, non esclude che il giudice debba liquidare in suo favore, secondo le regole della soccombenza ed in base alle tariffe professionali, i diritti e gli onorari stabiliti per la prestazione resa.
Cass. civ., 10 dicembre 2024 n. 31813
La parte che proponga istanza di verificazione, qualora non disponga di scritture di comparazione, ha facoltà di indicare, come campione, qualunque atto la cui sottoscrizione sia certamente autentica, pur se proveniente dalle altre parti del processo, a cominciare dalla procura alle liti rilasciata dall’autore della scrittura della cui autenticità si controverta.
Cass. civ., 9 dicembre 2024 n. 31566
In presenza di nota spese specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei compensi, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione della riduzione o eliminazione delle voci da lui operata; onere che si traduce nell’esporre le ragioni di fatto e diritto della pronuncia in modo conciso, ovvero, succinto ma non nel dovere di rispondere esplicitamente e pedissequamente ad ogni singola indicazione.
Cass. civ., 7 dicembre 2024 n. 31445
L’omessa indicazione nell’epigrafe della sentenza del nome di una delle parti rende nulla la sentenza quando né
dallo “svolgimento del processo”, né dai “motivi della decisione”, sia dato desumere la sua effettiva partecipazione al giudizio, con conseguente incertezza assoluta nell’individuazione del soggetto nei cui confronti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti.
Cass. civ., 4 dicembre 2024 n. 31133
Dedotto in giudizio con la domanda riconvenzionale un diritto di credito derivante dal medesimo rapporto contrattuale alla base del diritto di credito allegato con la domanda attorea, ove il giudice riconosca che la titolarità attiva di quest’ultimo credito spetti in favore non dell’attore, ma di colui che è volontariamente intervenuto in giudizio allegando di essere lui il titolare del diritto e non l’originario attore, il giudice deve provvedere anche sulla domanda riconvenzionale, intendendo quale parte occupante il lato passivo del relativo rapporto processuale l’interventore, e non più l’originario attore, senza che sia richiesta un’apposita istanza in tal senso del convenuto in riconvenzione
Cass. civ., 4 dicembre 2024 n. 31130
La citazione in giudizio diretta e notificata ad una società di persone estinta per intervenuta cancellazione volontaria dal registro delle imprese è nulla per inesistenza della parte convenuta, ma tale nullità, rilevabile d’ufficio, resta tuttavia sanata per effetto della costituzione in giudizio del socio accomandatario, indipendentemente dalla volontà e dall’atteggiamento processuale di questo, atteso che la vocatio in ius di un soggetto non più esistente, ma nei cui rapporti sia succeduto un altro soggetto, consente comunque di individuare il rapporto sostanziale dedotto in giudizio, realizzando un vizio meno grave rispetto a quello da cui è affetta la vocatio mancante dell’indicazione della parte processuale convenuta, che è sanabile mediante la costituzione in giudizio di chi, malgrado il vizio, si sia riconosciuto come convenuto.
Cass. civ., 29 novembre 2024 n. 30711
Quando la causa viene trattenuta in decisione senza che il giudice istruttore si sia pronunciato espressamente sulle istanze istruttorie avanzate dalle parti, il solo fatto che la parte non abbia, nel precisare le conclusioni, reiterato le dette istanze istruttorie, non consente al decidente di ritenerle abbandonate, ove la volontà in tal senso non risulti in modo inequivoco. In particolare, la volontà inequivoca di non insistere nella richiesta istruttoria va accertata in base ad una valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione tra la richiesta probatoria non esplicitamente riproposta con le conclusioni e la linea difensiva adottata nel processo; di tale valutazione compiuta il giudice è tenuto a dar conto, sia pure sinteticamente, nella motivazione.
Cass. civ., 28 novembre 2024 n. 30635
La prova dell’avvenuta notificazione della sentenza, ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, da offrirsi tramite produzione della relata di notifica, può essere superata dall’ammissione del destinatario – con esplicita dichiarazione o per facta concludentia – che la notificazione sia avvenuta nella data indicata della controparte.
Cass. civ., 25 novembre 2024 n. 30341
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, ai fini dell’individuazione del rito applicabile all’atto di opposizione, deve aversi riguardo al titolo posto a fondamento della domanda proposta in via monitoria, a nulla rilevando né l’eventuale erroneità della sua qualificazione da parte del ricorrente in monitorio, né la successiva diversa qualificazione operata dall’opponente o dal giudice, trattandosi di evenienze successive alla proposizione della domanda, la quale è destinata a cristallizzare i termini della controversia proposta e la conseguente identificazione del rito applicabile per la relativa decisione, secondo la qualificazione datane dal ricorrente.
Cass. civ., 22 novembre 2024 n. 30155
Qualora, in pendenza del procedimento d’appello, dopo la notificazione dell’atto di gravame ancorché non seguita dalla iscrizione a ruolo e dalla costituzione in giudizio, l’appellante notifichi alla controparte, in pari data, rinuncia agli atti del procedimento instaurato con detto gravame, nonché una rinnovazione del gravame medesimo, il perfezionarsi di tale rinuncia, per effetto di accettazione della controparte, ovvero, anche a prescindere dalla accettazione, se la controparte non abbia interesse alla prosecuzione del giudizio, determina l’estinzione di quel procedimento d’appello ed il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, e, quindi, a prescindere dagli eventuali diversi scopi che il rinunciante si fosse proposti, implica l’inidoneità di detta rinnovazione del gravame a riattivare il precedente giudizio di secondo grado, ovvero ad instaurarne uno nuovo, ostandovi il divieto del bis in idem.
Cass. civ., 18 novembre 2024 n. 29627
In sede esecutiva configura abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore che – senza alcun vantaggio o interesse – notifichi plurimi atti di precetto in forza di diversi titoli esecutivi nei confronti del medesimo debitore; in tal caso il giudice dell’esecuzione è tenuto a liquidare al creditore procedente le sole spese e compensi professionali corrispondenti a quelli strettamente necessari per la notifica d’un solo precetto in relazione ad un valore pari alla somma dei titoli esecutivi separatamente azionati, il cui numero può assumere rilievo esclusivamente nella determinazione del compenso tra i valori minimi e massimi della forbice tariffaria prevista, escluso ogni automatismo.
Cass. civ., 15 novembre 2024 n. 29510
La lesione dei diritti alla difesa ed al contraddittorio, verificatasi nell’arco del processo ed in un qualsiasi momento, cagiona la nullità della sentenza resa a definizione dello stesso, per diretta ed immediata trasgressione dei princìpi sanciti dagli articoli 24 e 111 Cost., senza necessità di allegare o dimostrare alcun pregiudizio specifico o ulteriore rispetto al “vulnus” arrecato a tali diritti. Ne consegue la nullità della sentenza emessa dal giudice prima di visionare la memoria di replica di una parte, pur tempestivamente depositata
Cass. civ., 14 novembre 2024 n. 29432
Nel procedimento di correzione degli errori materiali, ex artt. 287-288 e 391 bis c.p.c.., in quanto di natura sostanzialmente amministrativa e non diretto a incidere, in situazione di contrasto tra le parti, sull’assetto di interessi già regolato dal provvedimento corrigendo, non può procedersi alla liquidazione delle spese, non essendo configurabile in alcun caso una situazione di soccombenza, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 91 c.p.c., neppure nella ipotesi in cui la parte non richiedente, partecipando al contraddittorio, opponga resistenza all’istanza.
Cass. civ., 12 novembre 2024 n. 29209
In materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura ad litem o di procura falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo
Cass. civ., 12 novembre 2024 n. 29195
Il principio secondo il quale la morte dell’unico difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, presuppone il concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa
Cass. civ., 4 novembre 2024 n. 28295
La parte rimasta totalmente vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per chiedere il riesame delle domande e delle eccezioni respinte, ritenute assorbite o comunque non esaminate con la sentenza impugnata dalla parte soccombente, essendo sufficiente la riproposizione di tali domande od eccezioni in una delle difese del giudizio di secondo grado.
Cass. civ., 28 ottobre 2024 n. 27817
Il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, essendo sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis.
Cass. civ., 25 ottobre 2024 n. 27701
La rinuncia all’azione non richiede formule sacramentali, può essere anche tacita e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta. Essa presuppone il riconoscimento dell’infondatezza dell’azione, accompagnato dalla dichiarazione di non voler insistere nella medesima. Solo a queste condizioni la rinuncia all’azione determina, indipendentemente dall’accettazione della controparte, l’estinzione dell’azione e la cessazione della materia del contendere.
Cass. civ., 24 ottobre 2024 n. 27584
Per il combinato disposto degli artt. 20 c.p.c. e 1182 c.c., ai fini della determinazione della competenza per territorio, assume rilievo solo il luogo in cui avrebbe dovuto essere adempiuta l’obbligazione dedotta in giudizio al momento della scadenza, mentre il successivo mutamento di tale luogo per ragioni unilaterali del creditore non incide sul criterio di collegamento, soltanto consentendo al debitore di pagare efficacemente nel nuovo luogo qualora questo gli sia stato indicato dalla parte.
Cass. civ., 18 ottobre 2024 n. 27113
La sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell’art. 295 c.p.c., quando la decisione del medesimo dipenda dall’esito di altra causa, nel senso che questo abbia portata pregiudiziale in senso stretto, e cioè vincolante, con effetto di giudicato, all’interno della causa pregiudicata, ovvero che una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo, o comunque elemento fondante della fattispecie di altra situazione sostanziale, sicché occorra garantire uniformità di giudicati, essendo la decisione del processo principale idonea a definire, in tutto o in parte, il thema decidendum del processo pregiudicato.
Cass. civ., 15 ottobre 2024 n. 26727
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la proposizione da parte dell’opposto nella comparsa di risposta di domande alternative a quella introdotta in via monitoria è ammissibile se tali domande trovano il loro fondamento nel medesimo interesse che aveva sostenuto la proposizione della originaria domanda nel ricorso diretto all’ingiunzione.
Cass. civ., 14 ottobre 2024 n. 26652
Nell’interpretazione della domanda giudiziale il giudice del merito incontra un duplice ordine di limiti, consistente nel rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e nel divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella espressamente e formalmente proposta. Egli, pertanto, deve tenere conto dei limiti oggettivi della domanda, quali risultano non soltanto dal contenuto dell’atto introduttivo del giudizio, ma anche dalle conclusioni definitive precisate dopo la chiusura dell’istruzione, poste in relazione con la citazione e con le eventuali modifiche e trasformazioni delle conclusioni originarie, mentre non può desumere il concreto contenuto della domanda giudiziale dalla comparsa conclusionale la quale, ai sensi dell’art. 190 c.p.c. ha un carattere meramente illustrativo delle conclusioni già fissate davanti all’istruttore.
Cass. civ., 8 ottobre 2024 n. 26298
In materia di prova documentale nel processo civile, il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova”
– che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo – comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione.
Cass. civ., 7 ottobre 2024 n. 26173
La proposizione di domande riconvenzionali da parte del convenuto, ovvero la chiamata in causa del terzo, nei cui confronti il convenuto spieghi una o più domande, può – determinando un cumulo oggettivo – incidere sulla competenza. In particolare, ove il convenuto chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore, la domanda attorea si estende automaticamente anche al terzo chiamato, a prescindere dalla specifica istanza da parte dello stesso attore.
Cass. civ., 4 ottobre 2024 n. 26039
Il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico –, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio.
Cass. civ., 3 ottobre 2024 n. 25940
In tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà; ne segue che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione.
Cass. civ., 27 settembre 2024 n. 25866
La valutazione (positiva o negativa) della decisorietà della formula del giuramento decisorio, che – attese le finalità di questo speciale mezzo di prova – deve essere tale che, a seguito della prestazione del giuramento stesso, altro non resta al giudice che verificare l’an iuratum sit, onde accogliere o respingere la domanda sul punto che ne ha formato oggetto, è rimessa all’apprezzamento del giudice del merito, il cui giudizio circa la sua idoneità a definire la lite è sindacabile in sede di legittimità con esclusivo riferimento alla sussistenza di vizi logici o giuridici attinenti all’apprezzamento espresso dal predetto giudice.
Cass. civ., 27 settembre 2024 n. 25860
La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto.
Cass. civ., 26 settembre 2024 n. 25780
L’apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all’oggetto della lite, nonché l’emanazione o meno dell’ordine di cancellazione delle medesime, a norma dell’articolo 89 cod. proc. civ., integrano esercizio di potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità.
Cass. civ., 24 settembre 2024 n. 25521
L’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. è uno strumento istruttorio di natura residuale, utilizzabile esclusivamente allorquando la prova dei fatti non possa essere in alcun modo fornita o acquisita con altri mezzi, e l’iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa; esclusivamente in tale ipotesi il giudice può esercitare il proprio potere discrezionale officioso al riguardo, non potendo la sua iniziativa invero supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’onerato.
Cass. civ., 19 settembre 2024 n. 25231
L’art. 4 del D.M. n. 55 del 2014 riconosce la facoltà, e non l’obbligo, per il giudice di riconoscere la maggiorazione del compenso nel caso di assistenza di più parti. Trattandosi di facoltà, nessun obbligo sussiste, in capo al giudice di merito, di applicare l’incremento, anche in presenza di controversie complesse. La valutazione demandata al giudice di merito, infatti, è finalizzata ad individuare il compenso in concreto adeguato all’attività effettivamente svolta dall’avvocato. Nell’ambito di tale apprezzamento, il meccanismo previsto dall’art. 4 citato è evidentemente teso a bilanciare il diritto del difensore a conseguire un compenso adeguato all’attività espletata e non lesivo della dignità e del decoro della professione forense, con l’opposto interesse dell’assistito a non essere esposto al pagamento di compensi esagerati. Tale esigenza, che vale già all’interno del rapporto tra cliente ed avvocato, è ancor più immanente nel caso del patrocinio a spese dello Stato, posta l’esistenza di un interesse pubblico di evitare l’aggravio, a carico dell’Erario, di somme oggettivamente non proporzionate all’attività difensiva effettivamente svolta dal professionista che assista la parte ammessa al beneficio. Ciò posto, grava comunque sul giudice di merito, investito della richiesta di riconoscere una maggiorazione del compenso professionale ai sensi della citata norma, l’obbligo di motivare le ragioni del riconoscimento, o del diniego, di tale incremento.
Cass. civ., 18 settembre 2024 n. 25131
I princìpi desumibili dalla legge relativi al valore da attribuire alle comunicazioni inviate mediante posta elettronica semplice, possono così riassumersi: (a) il messaggio di posta elettronica sottoscritto con firma “semplice” è un documento informatico ai sensi dell’art. 2712 c.c.; (b) se non ne sono contestati la provenienza od il contenuto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate; (c) se ne sono contestati la provenienza od il contenuto, il giudice non può espungere quel documento dal novero delle prove utilizzabili, ma deve valutarlo in una con tutti gli altri elementi disponibili e tenendo conto delle sue caratteristiche intrinseche di sicurezza, integrità, immodificabilità; la c.d. email semplice è dunque un documento informatico scritto che entra nel processo e che deve essere valutato dal giudice.
Cass. civ., 18 settembre 2024 n. 25092
In tema di liquidazione degli onorari e diritti di avvocato in materia civile, l’ordinanza conclusiva del procedimento ex art. 14 del D.Lgs. n. 150 del 2011 non è appellabile, ma impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il quantum debeatur, sia che la stessa sia estesa all’an della pretesa, trovando anche in tale ultimo caso applicazione il rito di cui al citato art. 14.
Cass. civ., 17 settembre 2024 n. 25029
Ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo ex art. 337, comma 2, c.p.c. indispensabile un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e la critica che ne è stata fatta. Ne consegue che la sospensione discrezionale in parola è ammessa ove il giudice del secondo giudizio motivi esplicitamente le ragioni per le quali non intende riconoscere l’autorità della prima sentenza, già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudicante, chiarendo perché non ne condivide il merito o le ragioni giustificatrici.
Cass. civ., 10 settembre 2024 n. 24329
La notificazione è inesistente quando manchi del tutto, ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbiano alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa mentre laddove sia ravvisabile tale collegamento, essa è affetta da nullità, sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione del convenuto ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice.
Cass. civ., 9 settembre 2024 n. 24088
La speciale disciplina, dettata dagli artt. 287 e segg. c.p.c., per la correzione degli errori materiali incidenti sulla sentenza, la quale attribuisce la competenza all’emanazione del provvedimento correttivo allo stesso giudice che ha emesso la decisione da correggere, mentre non è applicabile quando contro la decisione stessa sia già stato proposto appello dinanzi al giudice del merito, in quanto l’impugnazione assorbe anche la correzione di errori, è invece da osservarsi rispetto alle decisioni impugnate con ricorso per cassazione, atteso che il giudizio relativo a tale ultima impugnazione è di mera legittimità e la Corte di cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito, al quale va, pertanto, rivolta l’istanza di correzione, anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione.
Cass. civ., 6 settembre 2024 n. 24000
Nell’ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di locazione di immobili urbani, soggetta al rito speciale di cui all’art. 447-bis c.p.c., erroneamente proposta con citazione, anziché con ricorso, non opera la disciplina di mutamento del rito di cui all’articolo 4 del D.Lgs. n. 150 del 2011 – che è applicabile quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dai modelli regolati dal medesimo decreto -, producendo l’atto gli effetti del ricorso, in virtù del principio di conversione, se comunque venga depositato in cancelleria entro il termine di cui all’art. 641 del codice di rito.
Cass. civ., 6 settembre 2024 n. 23961
In caso di morte di una delle parti nel corso del giudizio di primo grado, la sua legittimazione attiva e passiva si trasmette agli eredi, i quali vengono a trovarsi, per tutta l’ulteriore durata del processo, in una situazione di litisconsorzio necessario di ordine processuale, sicché, ove l’impugnazione sia stata proposta nei confronti di uno soltanto degli eredi della parte deceduta, il giudice d’appello deve ordinare, anche d’ufficio ed a pena di nullità, l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri coeredi, o comunque ritenere gli stessi legittimati ove si costituiscano spontaneamente.
Cass. civ., 6 settembre 2024 n. 23959
Le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice e, tuttavia, egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del CTU.
Cass. civ., 4 settembre 2024 n. 23809
In materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, nella procedura di risarcimento diretto di cui all’articolo 149 del Dlgs n. 209 del 2005, promossa dal danneggiato nei confronti del proprio assicuratore, sussiste litisconsorzio necessario rispetto al danneggiante responsabile, analogamente a quanto previsto dall’art. 144, comma 3, dello stesso Dlgs, posto che anche l’azione rivolta dal danneggiato nei confronti della assicurazione del veicolo da lui condotto presuppone un accertamento in ordine alla responsabilità del soggetto che ha causato il danno e che tale accertamento – oggetto della domanda giudiziale, del processo e, infine, del decisum – non può non produrre i propri effetti vincolanti anche nei confronti del soggetto della cui responsabilità si tratta con la conseguenza che l’omessa integrazione del contraddittorio, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, comporta l’annullamento della sentenza, ai sensi dell’articolo 383, terzo comma, del codice di procedura civile.
Cass. civ., 4 settembre 2024 n. 23719
Affinché una domanda possa ritenersi presuntivamente abbandonata dalla parte, non basta la sua mancata riproposizione in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi anche accertare se, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate, non emerga una volontà inequivoca di insistere sulla domanda pretermessa.
Cass. civ., 3 settembre 2024 n. 23639
In tema di regolamento delle spese processuali da parte del giudice d’appello, il principio della soccombenza di cui all’articolo 91 cod. proc. civ. letto alla luce del principio dell’infrazionabilità della domanda, comporta che nella domanda di condanna alle spese di lite formulata dall’appellante alla condanna della controparte alla refusione delle spese di lite, deve ritenersi implicita la richiesta di regolamento anche di quelle di primo grado, e la soccombenza dev’essere individuata non avuto riguardo ai singoli segmenti (grado e fase) del giudizio, bensì al processo considerato unitariamente ex post all’esito della lite decisa dal giudice d’appello
Cass. civ., 3 settembre 2024 n. 23565
In mancanza, nelle note depositate in sostituzione dell’udienza, delle espresse “istanze e conclusioni” attraverso cui si realizza la fictio impostata dall’art. 127 ter c.p.c., il giudice può validamente assumere i provvedimenti per i quali l’udienza è stata fissata solo se sia certo, attraverso un’integrale interpretazione dell’atto nel contesto processuale, l’intento delle parti di dare impulso alla trattazione della causa, dovendo altrimenti formulare richiesta di chiarimenti, attraverso il rinvio a tal uopo ad altra udienza, in presenza o, se del caso, in forma sostitutiva scritta o, se sia al contrario già chiaro l’intento di non dare impulso alla causa, disporre ai sensi dell’art. 127 ter, quarto comma, del codice di rito.
Cass. civ., 2 settembre 2024 n. 23465
La validità della sentenza la cui motivazione sia redatta per relationem ad un provvedimento giudiziario reso in un altro processo, presuppone che essa resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica, mentre deve ritenersi nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.., la sentenza che si limiti alla mera indicazione dell’esistenza del provvedimento richiamato, senza esporne il contenuto e senza compiere alcun apprezzamento delle argomentazioni assunte nell’altro giudizio e della loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti, così rendendo impossibile l’individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo
Cass. civ., 2 settembre 2024 n. 23448
Sussistono i presupposti per applicare l’art. 96, comma 3 c.p.c., che non richiede la domanda di parte, né la prova del danno, qualora nel comportamento della ricorrente si ravvisi certamente la colpa grave, sussistente nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, anche in sede di gravame.
DIRITTO E PROCEDURA PENALE
Cass. pen., 18 dicembre 2024 n. 46566
In tema di circolazione stradale, il conducente di un veicolo, in conformità alle regole della comune diligenza e prudenza, deve verificare che il passeggero indossi la cintura di sicurezza. In caso di rifiuto del passeggero ad indossarla, il conducente può rifiutarsi di trasportarlo ed arrestare od omettere l’intrapresa marcia.
Cass. pen., 28 novembre 2024 n. 43662
Non è possibile configurare il reato previsto e punito dall’art. 603-bis c.p. in relazione ai rapporti contrattuali e al tipo di attività lavorativa di tipo intellettuale in quanto il dato testuale della norma preclude l’applicazione della norma a categorie di lavoro che avvalendosi di prestazioni intellettuali, esulano in radice dalla categoria dei lavori manuali, siano essi in ambito agricolo o artigianale o industriale. La norma infatti si riferisce al reclutamento o all’utilizzazione di manodopera, termine semanticamente legato alla manualità e generalmente alla prestazione di lavoro privo di qualificazione
Cass. pen., 15 novembre 2024 n. 42124
Ai fini della configurabilità, in relazione al delitto di rapina (e anche al delitto di estorsione), della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto de quo, che lede non soltanto il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto, con la conseguenza che, solo ove la valutazione complessiva dei pregiudizi arrecati ad entrambi i beni tutelati sia di speciale tenuità, può farsi luogo al riconoscimento della predetta circostanza attenuante.
Cass. pen., 8 novembre 2024 n. 41173
In tema di responsabilità del sanitario per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente, conseguendone che l’esistenza del nesso causale può essere ritenuta quando l’ipotesi circa il sicuro effetto salvifico dei trattamenti terapeutici non compiuti sia caratterizzata da elevata probabilità logica, ovvero sia fortemente corroborata alla luce delle informazioni scientifiche e fattuali disponibili
Cass. pen., 8 novembre 2024 n. 41172
In tema di omicidio colposo da infortunio sul lavoro nell’ambito di appalto in cantiere edile, i doveri relativi alla sicurezza dei lavoratori gravanti sul committente non elidono la posizione di garanzia comunque riconducibile al datore di lavoro, quale primo destinatario della stessa nei confronti dei propri dipendenti, allorquando, anche a fronte di competenze altrui, egli destini gli stessi a mansioni oggettivamente pericolose in ragione del generale contesto in cui esse si svolgono.
Cass. pen., 6 novembre 2024 n. 40682
Nelle società di capitali, gli obblighi a carico del datore di lavoro inerenti la prevenzione degli infortuni gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione anche in presenza di deleghe gestorie ex art. 2381 cod. civ. e di deleghe di funzioni ex art. 16 D.Lgs. n. 81 del 2008 se, come nel caso di specie, l’evento infortunistico sia risultato concreto della totale carenza di effettiva procedimentalizzazione dell’attività produttiva quale politica aziendale volta a subordinare le esigenze della sicurezza rispetto al profitto. Il c.d.a. in presenza di deleghe gestorie e di funzioni, è gravato dal dovere di vigilanza e dall’obbligo inerente alla gestione del rischio essendo titolare del fascio di poteri in grado di incidere su di esso perché su esso influente tramite l’adottata politica aziendale.
Cass. pen., 30 ottobre 2024 n. 40130
In caso di sospensione condizionale della pena subordinata all’adempimento di un obbligo, il termine entro il quale l’imputato deve provvedere allo stesso, che costituisce elemento essenziale dell’istituto, va fissato dal giudice in sentenza ovvero, in mancanza, dal giudice dell’impugnazione, anche d’ufficio, o da quello dell’esecuzione, fermo restando che, ove non venga in tal modo fissato, lo stesso viene a coincidere con la scadenza dei termini di cinque o due anni previsti dall’art. 163 c.p. decorrenti dal passaggio in giudicato della sentenza.
Cass. pen., 29 ottobre 2024 n. 39722
Ricorre il dolo eventuale quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e, ciononostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi; ricorre, invece, la colpa cosciente quando la volontà dell’agente non è diretta verso l’evento, ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l’evento illecito, si astiene dall’agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo
Cass. pen., 29 ottobre 2024 n. 39608
È configurabile il reato di lesioni aggravate a carico del barista che, violando la regola cautelare secondo cui “i prodotti per la pulizia e la disinfezione non devono essere conservati nelle aree dove vengono manipolati alimenti”, lasci dietro il banco una bottiglietta contenente detersivo per lavastoviglie, così consentendo ad un bambino, sfuggito al controllo della madre, intenta a consumare una bevanda al bancone dell’esercizio, di impossessarsene e di berne il contenuto, riportando lesioni. Ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, occorre che l’evento realizzatosi concretizzi il rischio che la regola cautelare violata mirava a prevenire, con la conseguenza che ove la persona offesa dal reato non sia un lavoratore ma un terzo, la circostanza è ravvisabile solo se la regola prevenzionistica sia dettata a tutela di qualsiasi soggetto che entri in contatto con la fonte di pericolo sulla quale il datore di lavoro ha poteri di gestione e non anche quando la regola prevenzionistica sia posta a beneficio precipuo del lavoratore.
Cass. pen., 24 ottobre 2024 n. 38909
In tema di violenza sessuale, il mancato dissenso ai rapporti sessuali con il proprio coniuge, in costanza di convivenza, non ha valore scriminante quando sia provato che la parte offesa abbia subito tali rapporti per le violenze e le minacce ripetutamente poste in essere nei suoi confronti, con conseguente compressione della sua capacità di reazione per timore di conseguenze ancor più pregiudizievoli, dovendo, in tal caso, essere ritenuta sussistente la piena consapevolezza dell’autore delle violenze del rifiuto, seppur implicito, ai congiungimenti carnali.
Cass. pen., 11 ottobre 2024 n. 37447
Il delitto di induzione indebita (articolo 319 quater del Cpp) è caratterizzato, sotto il profilo oggettivo, da una condotta di pressione non irresistibile da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, che lascia al destinatario un margine significativo di autodeterminazione e si coniuga con il perseguimento di un indebito vantaggio per lo stesso, distinguendosi dal reato di concussione, il quale si configura quando la condotta del pubblico ufficiale limita radicalmente la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo. La condotta di “induzione”, che qualifica il reato, si distingue quindi dall’abuso costrittivo che connota il reato di concussione, in quanto consiste in una condotta di persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest’ultimo non si risolva in un’induzione in errore), di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico
Cass. pen., 10 ottobre 2024 n. 37223
È configurabile il concorso di persone nel reato commesso dal c.d. caporale, cosicché il datore di lavoro può rispondere, in concorso con questi, anche della condotta di reclutamento.
Cass. pen., 9 ottobre 2024 n. 37162
La ricezione di assegni con clausola di non trasferibilità falsificati dopo la abolitio criminis effettuata con il decreto legislativo n. 7 del 15 gennaio 2016 non integra il reato di ricettazione perché non sussiste il delitto presupposto, dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa.
Cass. pen., 1 ottobre 2024 n. 36566
Al reato di peculato possono certamente concorrere con l’agente pubblico, ai sensi dell’art. 110 c.p., anche soggetti non qualificati e non è necessario che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio sia l’esecutore materiale della condotta appropriativa, ben potendo questa essere compiuta da un extraneus. Ciò che, tuttavia, è indispensabile è che il correo privo di qualifica soggettiva, per appropriarsi della cosa, sfrutti la relazione “di possesso per ragioni di ufficio o di servizio” del pubblico agente con la res. Infatti, se non vi è lo sfruttamento strumentale di detta relazione propria del pubblico agente non si configura il peculato, ma, al più, altri reati quali il furto o l’appropriazione indebita.
Cass. pen., 27 settembre 2024 n. 36208
Nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte Costituzionale 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito.
Cass. pen., 18 settembre 2024 n. 35008
In tema di reati edilizi, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall’art. 31, comma 9, del D.Pr. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione.
Cass. pen., 13 settembre 2024 n. 34760
Ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità, l’obbligo di disporre le ricerche all’estero sorge soltanto se quelle svolte nel territorio dello Stato consentono di individuare la località ove l’imputato dimora o esercita abitualmente la sua attività e in cui, quindi, può utilmente effettuarsi la ricerca per l’accertamento di un esatto indirizzo.
Cass. pen., 13 settembre 2024 n. 34636
La minaccia di promuovere azioni giudiziarie può integrare il reato di estorsione se la promozione di azioni giudiziarie costituisce lo strumento utilizzato per costringere il convenuto ad accettare accordi “stragiudiziali” palesemente ingiusti, che non sarebbero mai stati considerati, se lo stesso non fosse stato costretto a resistere in un giudizio attivati in modo temerario. In altri termini, se la promozione di azioni temerarie non configura “di per sé” un tentativo di estorsione, l’estorsione, sia in forma tentata, che consumata, può ritenersi integrata qualora l’azione promossa costituisca il mezzo per ottenere un profitto ingiusto “fuori dal giudizio”, essendo funzionale a costringere il convenuto, fiaccandone le resistenze economiche e morali, a consegnare somme a titolo formalmente “transattivo”, ma invero, privo di qualunque giustificazione, e, dunque, ingiusto.
Cass. pen., 13 settembre 2024 n. 34498
In tema di bancarotta, il giudizio relativo alla particolare tenuità – o gravità – del fatto non si riferisce al singolo rapporto che passa tra fallito e creditore ammesso al concorso, né a singole operazioni commerciali o speculative dell’imprenditore decotto, ma va posta in relazione alla diminuzione non percentuale ma globale – che il comportamento del fallito ha provocato nella massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti.
Cass. pen., 12 settembre 2024 n. 34476
Il giudice deve accertare, al fine di verificare l’ammissibilità della richiesta di riesame da parte della società, cosa sia stato effettivamente comunicato all’ente e se l’ente, in concreto, al momento della proposizione della richiesta di riesame, fosse consapevole sia di essere indagato sia della incompatibilità assoluta del suo legale rappresentante, indagato a sua volta, in quanto autore del reato presupposto.
Cass. pen., 11 settembre 2024 n. 34276
Il reato di abuso dei mezzi di coercizione o disciplina presuppone l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali l’esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l’obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate. Esula, invece, dal suo perimetro applicativo qualunque forma di violenza fisica o psichica, ancorché sostenuta da animus corrigendi, atteso che, secondo la linea evolutiva tracciata dalla Convenzione dell’ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, le condotte, connotate da modalità aggressive, sono incompatibili con l’esercizio lecito del potere correttivo ed educativo che mai deve deprimere l’armonico sviluppo della personalità del minore, lì dove invece l’abuso ex art. 571 c.p. presuppone l’eccesso nell’uso di mezzi che siano in sé giuridicamente leciti.
Cass. pen., 11 settembre 2024 n. 34239
La circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 1, numero 7, c.pc, configurata dall’essere i beni oggetto di sottrazione destinati a pubblico servizio, ha natura valutativa e non “autoevidente”, poiché impone una verifica di ordine giuridico sulla natura della res, sulla sua specifica destinazione e sul concetto di pubblico servizio, la cui nozione è variabile in quanto condizionata dalle mutevoli scelte del legislatore. Quindi, in caso di furto di energia elettrica, la destinazione a “pubblico servizio” del bene, la quale giustifica la più severa punizione della condotta di ablazione, non è data dalla fruizione pubblica del bene, bensì dalla dimensione pubblica e collettiva dell’interesse attinto nel caso concreto, trattandosi di un bene che, per volontà del proprietario o del detentore, ovvero per intrinseca qualità, serve ad un uso di pubblico vantaggio, ovvero a un servizio fruibile dal pubblico: ciò che si realizza, nello specifico, quando si sia in presenza di una condotta di furto di energia posta in essere mediante allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ ente gestore; rete capace di dare luogo ad un “servizio” e destinata a raggiungere le utenze terminali di un numero indeterminato di persone, per soddisfare una esigenza di rilevanza pubblica
Cass. pen., 9 settembre 2024 n. 34032
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza di cui all’art 570 bis c.p., si configura anche quando l’imputato non ottemperi agli obblighi di natura economica imposti dal giudice, indipendentemente dalle sue condizioni di bisogno e dall’entità della somma dovuta. Difatti, il mancato assolvimento agli obblighi di mantenimento dovuto dall’indigenza totale non esclude il dolo del reato, dovendosi valutare se il soggetto abbia effettivamente la possibilità di assolvere ai propri obblighi senza rinunciare ad una esistenza dignitosa.
Cass. pen., 9 settembre 2024 n. 34027
Il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato da comportamenti reiterati, ancorché non sistematici, che, valutati complessivamente, siano volti a ledere, con violenza fisica o psicologica, la dignità e identità della persona offesa, limitandone la sfera di autodeterminazione. Ciò che caratterizza il reato in esame non è quindi la circostanza che le offese siano o meno reciproche, quanto, piuttosto, l’asimmetria di posizione, nel contesto della coppia, che si genera per effetto dei comportamenti di una parte nei confronti dell’altra: rileva, cioè, il contesto diseguale di coppia in cui si consumano le condotte. In questa prospettiva, i maltrattamenti in famiglia si distinguono dalle liti ordinarie in quanto nel primo caso un soggetto, in posizione “sovraordinata” impedisce all’altra di esprimere il proprio essere; nelle liti ordinarie, invece, le parti si confrontano, anche con veemenza, ma in posizione paritaria. È pertanto possibile che il soggetto “maltrattato” sia sottomesso e tuttavia reagisca e, a sua volta, offenda l’altra parte, ma ciò non esclude il reato, perché anche in tali casi continua ad esservi una posizione di disuguaglianza tra le parti e continua ad esservi un soggetto sopraffattore e un soggetto sopraffatto.
Cass. pen., 6 settembre 2024 n. 34001
La totale perdita della milza integra l’ipotesi di lesione gravissima prevista dall’art. 583, comma 2, numero 3, c.p., atteso che le numerose funzioni da essa assolte non possono ritenersi supplite, nella loro entità globale, da singole attività svolte separatamente da organi diversi. Le funzioni della milza, infatti, sebbene tutte compensabili, tuttavia, non possono ritenersi propriamente vicariate, nella loro entità globale, da singole attività svolte separatamente da diversi organi.
Cass. pen., 6 settembre 2024 n. 33986
Integrano il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p. anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la “reiterazione” richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale. Il delitto di atti persecutori può essere integrato da un’opera di reiterata delegittimazione della persona offesa realizzata dal soggetto attivo attraverso una serie protratta di condotte diffamatorie e moleste realizzate attraverso l’invio di numerosi post diffamatori su social network, anche allorquando la persona offesa non abbia la possibilità di accedere al profilo dell’agente, purchè quest’ultimo agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga comunque informata e nella consapevolezza della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.
Cass. pen., 4 settembre 2024 n. 33691
La fattispecie di reato prevista all’art. 443 c.p. sanziona il commercio o la somministrazione di medicinali guasti o imperfetti, ossia medicinali deterioratisi o non preparati secondo la tecnica farmaceutica o comunque difettosi della giusta dosatura o di qualsiasi altro elemento necessario per il raggiungimento dell’effetto terapeutico. La nozione di imperfezione, in particolare, si correla alla difformità del farmaco somministrato dalle prescrizioni scientifiche e dai principi della scienza medica e alla mancanza delle condizioni necessarie per escludere pericoli nell’uso del farmaco.
Cass. pen., 4 settembre 2024 n. 33584
Commette l reato peculato, rivestendo la qualità di incaricato di pubblico servizio, il presidente di una cooperativa Onlus svolgente un servizio pubblico di assistenza sociale, che, avendo per ragione del suo ufficio, la disponibilità della carta bancomat collegata al conto della cooperativa, si appropri del denaro che veniva utilizzato per l’acquisto di generi alimentari, trattenendoli per sé invece di destinarli agli ospiti della cooperativa, nonché della autovettura di proprietà della cooperativa di cui pure aveva la disponibilità.
DIRITTO TRIBUTARIO
Cass. civ., sez. trib., 3 ottobre 2024 n. 25986
La società appaltatrice di un Comune per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti non ha diritto all’esenzione dalla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche prevista dall’art. 49 lettera a) del D.Lgs. n. 507/93. Difatti, si tratta dello svolgimento di un servizio pubblico per conto del Comune, in cui il suolo demaniale non costituisce l’oggetto dell’intervento appaltato, ma viene occupato in via continuativa con strutture e macchinari. Conseguentemente, l’occupazione non è direttamente riconducibile all’ente locale.
Cass. civ., sez. trib., 10 settembre 2024 n. 24278
La sospensione necessaria del processo, di cui all’art. 295 c.p.c, è applicabile anche al processo tributario, qualora risultino pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità, tale che la definizione dell’uno costituisca indispensabile presupposto logico-giuridico dell’altro, nel senso che l’accertamento dell’antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto di giudicati.
Cass. civ., sez. trib., 2 settembre 2024 n. 23489
Il termine trasferimento contenuto nell’art. 1, della tariffa allegata al D.P.R. n. 131/86, è stato utilizzato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento e non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma una compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo dominante. L’aliquota dell’imposta di registro da applicare agli atti costitutivi di servitù su terreni agricoli è del 9%, e non il 15%.