Rifiuti, ricorso a speciali forme di gestione, reiterazione di ordinanze contingibili e loro legittimità. TA.R. Sicilia.

T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, sentenza n. 3239 del 14 dicembre 2016 (ud. 30 novembre 2016)

Pres. Guzzardi – Est. Boscarino

Rifiuti. Ricorso a speciali forme di gestione. Reiterazione di ordinanze contingibili. Legittimità.

La legittimità di ordinanze con le quali viene assicurato il servizio di igiene urbana (ferma restando la necessità di prevedervi un corrispettivo adeguato) deve intendersi limitata nel tempo, poiché il sistema di reiterare per anni ordinanze contingibili e urgenti per la gestione del servizio comporta uno snaturamento di tale strumento (previsto per fronteggiare situazioni straordinarie, imprevedibili e di immediato pericolo), che così viene a porsi in insanabile conflitto con i principi comunitari, attesa l’evidente compromissione delle esigenze di imparzialità, trasparenza e concorrenzialità.

T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, sentenza n. 3239 del 14 dicembre 2016 (ud. 30 novembre 2016)

N. 03239/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02980/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 2980 del 2014, proposto da:
Giorgio Puccia, , n.q. di titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dagli avvocati Margherita Guccione C.F. GCCMGH68E45H163V ed Antonino Gentile C.F. GNTNNN60M11I535D, con domicilio eletto presso l’avv. Mariano Leonora in Catania, via Perugia n. 10;

contro

Comune di Modica, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Miriam Dell’Ali C.F. DLLMRM68S45F258K, con domicilio eletto presso l’avv. Ignazio Scuderi in Catania, via V. Giuffrida, 37;

per l’annullamento

della nota del Comune di Modica, XII Settore – “Ecologia, Ambiente, Igiene Urbana”, prot. n. 51442 del 24 ottobre 2014 a firma del Responsabile P.O. Ing. Carmelo Denaro e dell’Istruttore Direttivo Amministrativo, dott. Giuseppe Di Stefano, avente ad oggetto “Servizio di raccolta e trasporto dei r.s.u. di nettezza urbana ed accessori. Avvio del procedimento di recupero delle somme erroneamente liquidate a titolo revisione prezzi”, comunicata a mezzo PEC in data 24.10.2014 ;

di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ivi comprese:

la nota prot. n. 46431 del 2 ottobre 2014 a firma del Responsabile P.O. Ing. Carmelo Denaro, del Segretario Generale Dott.ssa Ferro Carolina e dell’Avvocato Comunale Avv. Miriam Dell’Ali, avente ad oggetto “Attuazione sentenza n. 2069/2014 sul silenzio inadempimento –Ricorso della ditta Puccia”, comunicata a mezzo PEC in pari data;

la successiva nota prot. n. 52122 del 26 ottobre 2014 a firma dell’Istruttore direttore amministrativo e del responsabile P.O. del Comune di Modica avente ad oggetto “Servizio di raccolta e trasporto dei r.s.u. di nettezza urbana ed accessori –Invio documentazione contabilità mese di luglio 2014 e richiesta nota di credito ft. 193/2014” ed allegata relazione a firma del medesimo Istruttore direttore amministrativo, inviata a mezzo racc. A/R in data 30/10 – 10/11/2014;

la determinazione del Responsabile P.O. del XII Settore n. 3059 del 30 ottobre 2014 avente ad oggetto “servizio di raccolta e trasporto rifiuti solidi urbani ed accessori. Impegno spesa occorrente per il periodo settembre – dicembre 2014”, con cui viene impegnata la somma di € 1.360.000,00 per servizio ed € 136.000,00 per IVA al 10% per effetto della riconduzione del canone mensile ad € 336.004,81 oltre IVA (in luogo di € 373.660,68) per il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani ed accessori di cui all’ordinanza sindacale n. 1412/OR del 7.10.2009 .

per l’accertamento

del diritto della Ditta Puccia Giorgio, odierna ricorrente a trattenere la somma pari a complessivi € 1.786.972,66 che l’Amministrazione comunale, con l’impugnata nota prot. n. 46431 del 2.10.2014, asserisce essere stata “erroneamente liquidata a titolo di revisione prezzi”;

della conseguente illegittima riconduzione del canone del servizio ad € 336.004,81 (in luogo di € 373.660,68) sulla base delle impugnate note prot. n. 46431 del 2.10.2014 e n. 51442 del 24.10.2014 ed in modo retroattivo sulle fatture già emesse dalla ditta con riferimento al servizio svolto nei mesi di luglio agosto e settembre 2014 in relazione alle quali l’Amministrazione comunale fa richiesta di emissione di nota di credito;

del diritto della medesima ricorrente al giusto risarcimento di tutti i pregiudizi di natura economica subiti a causa dei sostenuti maggiori costi del servizio conseguenti all’aumentata incidenza -debitamente documentata in atti- dei prezzi dei fattori di produzione (primo fra tutti del vertiginoso aumento del costo della manodopera a seguito dell’avvicendarsi di due rinnovi dei CC.NN.L. e del costo del carburante) nel corso dello svolgimento del servizio di durata oramai quinquennale, rispetto ai costi iniziali vigenti all’epoca di affidamento del servizio di raccolta e trasporto dei rsu per conto del Comune di Modica in forza dell’Ordinanza sindacale n. 1412/OR di assegnazione del servizio, incrementato di un ragionevole margine di utile, oltre interessi e rivalutazione;

in subordine del diritto della medesima ricorrente al risarcimento dei predetti pregiudizi di natura economica subiti a causa dei maggiori costi del servizio sostenuti -in conseguenza dell’aumentata incidenza dei prezzi dei fattori di produzione- ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2041 c.c. (indebito arricchimento);

per la conseguente condanna

del Comune di Modica a corrispondere in favore del ricorrente tutte le somme come sopra al medesimo spettanti a titolo di risarcimento danni, nella misura di € 1.880.661,48, come da relazione tecnica di parte a firma dell’Ing. Antonio Pluchino e sulla base della documentazione di riferimento che si deposita in atti, o in quell’altra somma maggiore o minore che risulterà di seguito all’effettuazione di specifica consulenza tecnica di natura contabile che sin d’ora si chiede di voler disporre .

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Modica;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 novembre 2016 la dott.ssa Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l’art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente premette di aver partecipato alla gara per pubblico incanto svoltasi in data 31 agosto 2006 per l’affidamento del servizio di “raccolta e trasporto dei r.s.u. di nettezza urbana ed accessori”, che veniva aggiudicata all’ATI Impresa Ecologica Busso Giuseppe – ECO. S.I.

Con sentenza n. 1851/2007 questo TAR, in accoglimento del ricorso proposto da altra società che aveva partecipato alla gara (AGESP S.p.A.), annullava l’aggiudicazione all’ATI sopra indicata.

Il Comune in un primo momento perveniva alla stipula del contratto di appalto con l’Impresa Puccia Giorgio, in data 17 giugno 2009, ma, poco dopo (nell’agosto 2009), procedeva alla revoca del contratto.

Con ordinanza sindacale 1412/OR emessa ai sensi dell’art. 54 del TUEL in data 7 ottobre 2009, il Sindaco del Comune di Modica, dopo aver acquisito manifestazione di disponibilità richiesta preventivamente dall’Amministrazione comunale e fornita dalla ditta, ordinava alla ricorrente impresa Puccia Giorgio lo svolgimento dell’attività di raccolta e trasporto dei r.s.u., di nettezza urbana ed accessori per il periodo tecnico occorrente al subentro della ditta appaltatrice del servizio di cui alle procedure di affidamento in corso da parte dell’ATO Ambiente Ragusa, con lo stesso ribasso d’asta (8,88%) e agli stessi patti e condizioni del progetto originario e della successiva variante al servizio approvata dal Dirigente competente con parere n. 1 del 16.1.2008.

La ditta Puccia, con il ricorso introduttivo del presente giudizio (notificato il 1.12.2014), lamenta di essersi ritrovata a dover svolgere il servizio pubblico per cui è causa in forza di una ordinanza sindacale, protrattasi ormai da un quinquennio (alla data di proposizione del ricorso).

La ricorrente, con formale atto di invito e messa in mora notificato al Comune di Modica in data 24.11.2010, chiedeva la revisione del prezzo del servizio in conseguenza dell’intervenuto aumento del costo del lavoro (considerato che in un servizio qual è quello in oggetto, il costo del personale ha un’incidenza percentuale sul costo complessivo dello stesso servizio pari all’87,68%).

Avviata da parte della resistente Amministrazione l’istruttoria sull’istanza, con relazione dell’Istruttore direttore amministrativo, in data 24.3.2011 si proponeva di “non accogliere la richiesta dell’Impresa Puccia Giorgio riguardo agli aumenti retributivi mensili stabiliti dal nuovo contratto nazionale dei lavoratori addetti ai servizi ambientali ma, attesa la mancata elaborazione da parte dell’ISTAT di un indice semestrale di aggiornamento dei prezzi previsto dall’art. 6 comma 4° e 6° della L. 537/93, di procedere al calcolo delle somme dovute a titolo di revisione del prezzo dell’appalto per il periodo 13.10.2009 – 28.02.2011, sulla base dell’indice FOI a partire dal 31.12.2007”, quantificando, nella “Tabella A” allegata alla predetta relazione, in complessivi € 328.674,52 + IVA al 10% la somma da liquidare alla ditta Puccia Giorgio per il periodo 13.10.2009 – 28.02.2011 nonché in € 362.179,59 più IVA al 10% la rata mensile spettante all’impresa per l’anno 2011.

In realtà detta rata mensile maggiorata (€ 362.179,59 più iva) veniva corrisposta solo nei mesi di dicembre 2011, gennaio e febbraio 2012. Con successiva nota prot. n. 14797 del 14 Marzo 2012, in riscontro ad ulteriore richiesta di adeguamento dei prezzi del servizio avanzata dalla ricorrente con nota prot. n. 8869 del 13 Marzo 2012, l’Amministrazione rideterminava, per l’anno 2012, in € 373.660,68 più Iva al 10% il prezzo del servizio (tenendo conto, ancora una volta, dell’indice FOI).

Con successiva istanza, prot. n. 33522 del 14.6.2012, la ditta Puccia comunicava all’Amministrazione comunale l’ulteriore rinnovo del CCNL del settore, sottoscritto il 21.03.2012, di durata triennale con decorrenza 1.1.2011 e scadenza 31.12.2013 relativamente alla parte economica, invitando nuovamente la stessa Amministrazione a tenere conto dei nuovi rilevanti aumenti del costo del personale (in percentuale pari al 25 % circa del costo iniziale).

Nel mese di dicembre del 2012, con nota prot. n. 66824 del 6.12.2012, il Dirigente del IX Settore Ambiente del Comune di Modica comunicava l’avvio di “ una nuova istruttoria in relazione alla revisione contrattuale ex art. 115 codice dei contratti pubblici”.

L’Impresa Puccia, frattanto, rappresentava più volte all’Amministrazione di non poter più proseguire nello svolgimento del servizio in assenza di un giusto adeguamento del corrispettivo, essendo il servizio medesimo divenuto antieconomico e gravemente pregiudizievole per la stessa impresa, a causa dell’imprevedibile, eccezionale aumento, nel corso degli anni, dei costi dei fattori di produzione rispetto al costo che gli stessi (fattori) avevano all’assunzione del servizio (ottobre 2009).

All’istanza faceva seguito una istruttoria da parte del Dirigente del IX Settore che sostanzialmente rilevava, con nota prot. n. 553 del 5 Gennaio 2013, la inidoneità del mero indice FOI a remunerare adeguatamente l’Impresa, a fronte dell’aumentato costo del lavoro (dal medesimo Dirigente quantificato in percentuale pari al 17-18%) per effetto del susseguirsi dei rinnovi contrattuali, nonché delle maggiori percorrenze chilometriche effettuate dalla ricorrente su aree esterne al perimetro riportato nelle planimetrie allegate al capitolato tecnico e foglio patti e condizioni disciplinante il servizio, proponendo -quindi- di corrispondere in favore della stessa, per il triennio ottobre 2009- ottobre 2012 la somma di € 362.526,04 oltre IVA al 10% in eccedenza rispetto al corrispettivo già contabilizzato a titolo di adeguamento del prezzo sulla base del solo indice FOI.

All’istruttoria di cui sopra non conseguiva l’adozione di alcun “provvedimento espresso”.

Seguivano trattative tra le parti, volte a comporre transattivamente la vicenda, ma stante l’inerzia dell’Ente nel definire la questione la ricorrente impugnava dinanzi a questo TAR, ai sensi dell’art. 31 C.P.A., il silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza formulata dalla ricorrente a mezzo nota prot. n. 19715 del 3 maggio 2013. Con sentenza n. 02069/2014 del 9/23 luglio 2014, questo TAR ordinava al Comune di Modica di “pronunciarsi con provvedimento motivato in ordine alla domanda di compenso revisionale proposta dalla ricorrente”.

Con l’impugnata nota prot. n. 46431 del 2 ottobre 2014 avente ad oggetto “Attuazione sentenza n. 2069/2014 sul silenzio inadempimento –Ricorso della ditta Puccia” il Comune di Modica negava alla ricorrente il diritto ad ottenere la revisione dei prezzi del servizio, ritenendo ostativa la circostanza che il servizio stesso trovi fondamento amministrativo in una ordinanza sindacale contingibile ed urgente.

Inoltre, l’Amministrazione disponeva di “ricondurre il prezzo del servizio a quello previsto dalla manifestazione di interesse e dall’ordinanza 1412/OR (dell’ottobre 2009)”, così decurtandolo degli adeguamenti revisionali riconosciuti in favore della ditta fino all’anno 2012, rideterminando in € 336.004,81 oltre IVA al 10% ( invece di € 373.660,68, oltre IVA) il canone mensile del servizio. Con la stessa nota il Comune di Modica si riservava, altresì, di avviare il procedimento di recupero delle somme liquidate a titolo di revisione prezzi negli anni precedenti.

Infine, l’Amministrazione, con nota prot. n. 52122 del 26 ottobre 2014, ha ricalcolato l’importo delle spettanze per il servizio svolto dalla ditta nel mese di luglio 2014, detraendo dallo stesso (importo) la somma pari ad € 37.655,87, riconducendo il canone mensile di luglio 2014 da € 373.660,68 ad € 328.264,82.

Con il ricorso in epigrafe la ricorrente ha impugnato tutti gli atti in premesse indicati, chiedendone l’annullamento e la rideterminazione dei corrispettivi, oltre al riconoscimento del diritto al compenso revisionale già riconosciuto dal Comune.

Con il primo motivo si lamenta “Eccesso di potere per sviamento, manifesta ingiustizia, violazione degli artt. 23 e 41 della Costituzione, violazione dei principi di correttezza e buon andamento, difetto di idonea e sufficiente motivazione”.

La ricorrente invoca il principio giurisprudenziale di carattere generale secondo cui in materia di provvedimenti contingibili ed urgenti deve essere arrecato al privato destinatario dell’ordinanza il minor sacrificio possibile rispetto all’interesse pubblico. Ciò comporta l’obbligo per l’Amministrazione di non imporre, attraverso il ricorso ai poteri extra ordinem, corrispettivi ancorati a valori risalenti nel tempo e non preceduti dalla previa verifica della loro idoneità a remunerare con carattere di effettività il servizio reso.

Il provvedimento contingibile ed urgente non può, invero, giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall’Amministrazione al privato, in contrasto con i principi desumibili dall’art. 23 della Costituzione, dovendo all’obbligo di proseguire nell’espletamento del servizio essere connessa la corresponsione di un giusto compenso per il destinatario del provvedimento.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione del principio di tutela del legittimo affidamento. Violazione degli articoli 23 e 41 Costituzione, eccesso di potere per sviamento, manifesta ingiustizia, difetto di istruttoria, violazione dei principi di correttezza e buon andamento e difetto di motivazione”.

Con la domanda risarcitoria la ricorrente, dopo aver sottolineato l’illegittimità dell’operato del Comune di Modica, per aver coattivamente imposto all’impresa ricorrente lo svolgimento delle proprie prestazioni dietro un corrispettivo ancorato a costi del servizio risalenti a quasi un decennio precedente (i costi unitari del servizio sono quelli del 2005), afferma il proprio diritto ad essere risarcita del danno economico corrispondente alla differenza tra il costo reale del servizio affidatole -giusta relazione tecnica prodotta con allegate documentazione fiscale e contabile – ed il canone fissato con l’ordinanza n. 1412/OR del 7.10.2009, pari ad euro 336.004,81 oltre Iva, danno economico registratosi anche nel periodo in cui è stato concesso dall’Amministrazione l’adeguamento secondo gli indici FOI maturato sino al 2012.

Il rilevato pregiudizio di carattere economico deriva, in particolare, dalla maggiore onerosità della prestazione, a causa degli aumenti del costo del personale per effetto dei rinnovi contrattuali (CCNL del 5.4.2008 e CCNL del 21.3.2012) susseguitisi nel tempo, dell’aumento del costo del carburante, nonché della richiesta dell’Amministrazione (con disposizioni di servizio) di svolgere il servizio anche su area ricadente al di fuori delle planimetrie allegate al contratto.

Oltre al predetto risarcimento volto alla mera copertura dei maggiori costi sopportati per l’espletamento del servizio impostole dal Comune di Modica con ordinanza sindacale 1412/OR del 7 ottobre 2009, l’impresa ricorrente chiede il riconoscimento del diritto ad un ragionevole margine di utile.

In via subordinata, la richiesta risarcitorio-indennitaria viene proposta ai sensi ed agli effetti della fattispecie sussidiaria di cui all’art. 2041 c.c. (indebito arricchimento).

Il Comune di Modica si è costituito in giudizio, opponendosi alle richieste della ricorrente, sia perché il rapporto è regolato non da un contratto di servizio e fornitura a prestazione periodica, ma da un’ordinanza contingibile ed urgente per motivi legati all’igiene e alla salute pubblica, peraltro divenuta definitiva a causa della mancata impugnazione da parte dell’impresa Puccia , sia perché, comunque, l’ordinanza sindacale attributiva del servizio (1412/OR del 7.10.2009), nel richiamare le norme pattizie di cui al precedente contratto, comporta l’operatività dell’art. 12, a termini del quale “non è ammessa alcuna revisione dei prezzi contrattuali”, e l’art. 17 del Foglio Patti e Condizioni della Perizia di variante, che prevede che “il canone d’appalto (…) resterà immutato per tutto il periodo dell’appalto”.

Il Comune si oppone altresì alla richiesta risarcitoria, ritenendone insussistenti i presupposti.

Con ordinanza n. 23/2015 è stata concessa la sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati.

Alle eccezioni del Comune la ricorrente ha replicato con memoria, osservando, tra l’altro, che non avrebbe avuto alcun motivo nell’ottobre del 2009 di impugnare un’ordinanza sindacale che le affidava lo svolgimento del servizio pubblico in oggetto “per il periodo tecnico occorrente al subentro della ditta appaltatrice del servizio di cui alle procedure di affidamento in corso da parte dell’ATO Ambiente Ragusa”, e che invece poi l’ha costretta al servizio per oltre un quinquennio.

Inoltre l’impresa rappresenta che con ulteriori giudizi ha impugnato successive ordinanze di proroga del servizio pubblico per cui è causa -frattanto emesse nei confronti della stessa dal Comune di Modica- per la parte relativa alla invarianza del corrispettivo rispetto a quello previsto dalla prima ordinanza sindacale di attribuzione del servizio stesso (n. 1412/OR del 7.10.2009); nel primo di tali giudizi (n. 340/2015 Reg. Ric.) è stata disposta verificazione, al fine di accertare la posizione debitoria del Comune di Modica nei confronti della ditta ricorrente, verificazione dalla quale è emerso un maggior costo del servizio (pari ad € 506.502,81, comprensive di spese generali, oneri per la sicurezza ed IVA al 10%, escluso utile d’impresa) rispetto al corrispettivo unilateralmente imposto dal Comune di Modica (€ 336.004,81 oltre IVA).

Con ord. Coll. 885/2016 è stata disposta l’acquisizione di documentazione.

Parte ricorrente ha ulteriormente argomentato le proprie difese con memoria in vista dell’udienza.

Infine, all’udienza pubblica del giorno 30 novembre 2016, esaurita la discussione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

I. Richiamate le premesse di fatto, è qui sufficiente focalizzare i punti essenziali della complessa vicenda in esame.

Il Comune di Modica, al fine di garantire lo svolgimento del servizio di igiene urbana nell’ambito del proprio territorio, avviava una procedura di evidenza pubblica per individuare l’operatore economico cui affidare il relativo incarico. A seguito di un contenzioso giurisdizionale, che conduceva all’annullamento dell’aggiudicazione all’ATI Impresa Ecologica Busso Giuseppe – ECO. S.I, il Comune di Modica dapprima stipulava il contratto con la ditta Puccia Giorgio, ma subito dopo procedeva alla revoca dello stesso; di conseguenza, per garantire lo svolgimento del servizio di igiene urbana nell’ambito del territorio comunale il Comune adottava l’ordinanza contingibile ed urgente n. 1412/OR del 07/10/2009 emessa ai sensi dell’art. 54 del D. Lgs. n. 267/2000 nei confronti della ditta Puccia Giorgio.

Poiché a tale provvedimento non faceva seguito il completamento della nuova procedura di evidenza pubblica per l’individuazione del soggetto cui affidare l’appalto in questione, il servizio proseguiva per anni in virtù della citata ordinanza sindacale ed alle medesime condizioni economiche da quella previste.

Con il ricorso in epigrafe l’impresa ricorrente si duole del comportamento dell’Amministrazione comunale di Modica, la quale, atteso il protrarsi dello svolgimento del servizio e dato l’aumento dei costi, ha:

1) dapprima concesso alla ricorrente gli adeguamenti ISTAT (FOI) maturati sino al 2012 (adeguamenti comunque ritenuti dalla ricorrente insufficienti a remunerare adeguatamente il servizio);

2) successivamente (nota prot. n. 553 del 5 gennaio 2013) formulato alla ricorrente una proposta transattiva avente ad oggetto la corresponsione (parziale) degli aumenti di tutti i costi del servizio;

3) per poi pervenire -malgrado l’accettazione della proposta da parte della ricorrente- alla emanazione degli impugnati provvedimenti di diniego di ogni adeguamento del corrispettivo, con richiesta della restituzione di quanto sino a quel momento ricevuto (solo fino al 2012) a mero titolo di adeguamento del canone secondo gli indici FOI.

Con il presente ricorso si impugnano tutti i citati atti.

Preliminarmente, deve ribadirsi il principio (invero pacifico in Giurisprudenza) secondo il quale la controversia avente per oggetto la domanda di riconoscimento delle somme spettanti a titolo di revisione prezzi, previo accertamento della nullità della clausola negoziale limitativa di tale istituto, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (tra le più recenti, T.A.R. Napoli, Sez. VIII, n. 3504 dell’ 8 luglio 2016).

Deve quindi essere esaminata l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dal Comune, ma la stessa risulta infondata, in quanto il ricorso risulta notificato entro il prescritto termine decadenziale decorrente dalla piena conoscenza delle note impugnate.

Il Collegio prende in esame le censure formulate in ricorso, e ritiene di svolgere alcune considerazioni preliminari.

In primo luogo, deve rilevarsi che la Sez.IV di questo Tribunale si è espressa, con decisione n. 2609/2015, emessa tra le stesse parti, sull’impugnazione delle successive ordinanze con le quali il Sindaco del Comune di Modica ha ulteriormente prorogato il servizio per cui è causa nell’anno 2015, mantenendo ferme le modalità di cui al progetto di raccolta e trasporto dei r.s.u. e di nettezza urbana, approvato dal dirigente competente con determina n.1614 del 14/6/06, ed alla successiva perizia di variante del 17/1/08 e secondo le prescrizioni contenute nella ordinanza sindacale n.1412 del 7/10/09.

La Sezione IV adita ha affermato la legittimità dell’esercizio dei poteri d’urgenza attribuiti all’autorità comunale dagli artt. 191, primo comma, del D.Lgs. n. 152/2006 e 50, quinto comma, del D.Lgs. n. 267/2000, trattandosi non solo di interessi pubblici ma anche di diritti soggettivi fondamentali (quali il diritto alla salute e all’incolumità personale) minacciati da emergenze sanitarie o di igiene pubblica, sicchè, pur in assenza di specifici parametri normativi di riferimento, o comunque del formale recepimento in atti normativi di determinate prescrizioni di carattere igienico-sanitario, le stesse ordinanze appaiano idonee a prevenire situazioni di pericolo alla salute o all’ambiente; ma ha rilevato che “quell’esigenza di tutela non può spingersi sino alla nullificazione di posizioni giuridiche di pari rilevanza costituzionale: quali, nel caso di specie, quelle guarentigiate dagli artt. 23 e 41 della vigente Carta Fondamentale”, osservando altresì che “né l’art. 191 del D.Lgs. n. 152/2006, né gli artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000, autorizzano il Sindaco a porre in essere provvedimenti che, pur perseguendo scopi senz’altro meritevoli, ciò facciano mediante disposizioni attraverso le quali si realizzino effetti analoghi a quelli di un provvedimento di requisizione di servizi adottato in danno della ditta ricorrente, in assenza delle garanzie che l’ordinamento specificamente prevede in relazione a tale fattispecie”.

La Sezione ha quindi affermato che l’amministrazione intimata avrebbe dovuto procedere a dettare una disciplina dei propri rapporti economici con il destinatario della relativa ordinanza che fosse rispettosa del principio generale << secondo il quale in materia di provvedimenti contingibili ed urgenti deve essere arrecato al privato destinatario dell’ordinanza il minor sacrificio possibile>> e che ciò << comporta l’obbligo di non imporre, attraverso il ricorso ai poteri extra ordinem, corrispettivi ancorati a valori risalenti nel tempo e non preceduti dalla previa verifica della loro idoneità a remunerare con carattere di effettività il servizio reso. >> (cfr. TAR Lazio, Roma, II, 6/11/12, n.9062), con la conseguenza che << il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall’Amministrazione al privato, dovendo all’obbligo di proseguire nell’espletamento del servizio essere connessa la corresponsione di un giusto compenso per il destinatario del provvedimento. L’imposizione di una prestazione ad un prezzo non più corrispondente ai prezzi di mercato determinerebbe, infatti, un ingiustificato sacrificio dell’iniziativa economica privata a beneficio della p.a., con violazione dei principi desumibili dall’art. 41 Cost.>> .

La Sezione ha quindi dichiarato l’illegittimità delle ordinanze sindacali impugnate, nella parte in cui esse rinviano al contenuto della ordinanza sindacale n. n. 1412 del 07/10/2009 per la disciplina dei rapporti economici fra il Comune di Modica e la ditta Puccia Giorgio.

Quanto alla domanda di accertamento del “giusto corrispettivo del servizio”, la Sezione, dopo aver precisato che l’accertamento dei diritti di credito spetta all’A.G.O., stante la natura di diritto soggettivo perfetto della relativa posizione giuridica (nonché la mancanza di una prefigurata giurisdizione esclusiva del G.A. in materia), ha, nel caso specifico, ritenuto (nell’esercizio dei poteri di cui al secondo paragrafo del secondo comma dell’art. 32 c.p.a, alla cui stregua “il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali. Sussistendone i presupposti il giudice può sempre disporre la conversione delle azioni”) di provvedere alla riqualificazione della proposta domanda di accertamento del “giusto corrispettivo del servizio” come domanda di risarcimento del danno (per equivalente pecuniario) causato alla ditta ricorrente dall’illegittimità delle ordinanze contingibili e urgenti del Sindaco del Comune di Modica nn. 2 del 02/01/2015 e 474 del 29/04/2015, nella parte in cui avevano determinato il corrispettivo per il servizio di igiene urbana svolto da tale ditta con riferimento alle tariffe di cui all’ordinanza n. 1412 del 07/10/2009, e per tale via, riconosciuto il diritto della ricorrente a percepire le somme corrispondenti ai maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio “de quo” relativamente ai periodi coperti dalle ordinanze impugnate.

L’ineccepibile ricostruzione giuridica operata dalla IV Sez. di questo T.A.R. va condivisa, dandosi altresì atto di ulteriori precedenti (sostanzialmente ispirati agli stessi principi) della sez. V del Consiglio di Stato:

– la decisione n. 6486 dell’8/9/2010, che, premettendo la statuizione in primo grado che aveva evidenziato l’illegittimità della proroga dell’affidamento del servizio agli stessi patti e condizioni del contratto non più remunerativo “in contrasto con l’esigenza del giusto compenso e con il principio secondo cui la potestà di ordinanza deve in linea di massima limitarsi ad imporre misure tali da comportare minori sacrifici possibile per il destinatario”, ha riconosciuto, in favore dell’impresa, il risarcimento del danno pari alla differenza tra il corrispettivo percepito e il reale costo del servizio, da individuarsi secondo i valori di mercato;

– e la n. 2610/2015 del 26/5/2015, con la quale, dopo aver richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco può essere emessa per tutelare il bene supremo della pubblica incolumità, e, di fronte all’urgenza del provvedere all’eliminazione della situazione di pericolo, prescinde dall’accertamento dell’eventuale responsabilità della provocazione di quest’ultimo, poiché non ha natura sanzionatoria, ha ribadito che «il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall’Amministrazione al privato; all’obbligo di proseguire nell’espletamento del servizio si ricollega un’esigenza di giusto compenso per il destinatario del provvedimento» e «che la situazione di urgenza non giustifica la definizione in via autoritativa e definitiva dell’importo dei canoni da corrispondere al gestore, poiché il profilo economico del rapporto in alcun modo può essere attratto dai presupposti di contingibilità e urgenza, posti a fondamento dell’ordinanza».

Il Collegio intende affermare la propria adesione agli orientamenti fin qui riportati, con una precisazione.

La legittimità di ordinanze in questione (ferma restando la necessità di prevedervi un corrispettivo adeguato) deve intendersi limitata nel tempo, poiché il sistema di reiterare per anni ordinanze contingibili e urgenti per la gestione del servizio comporta uno snaturamento di tale strumento (previsto per fronteggiare situazioni straordinarie, imprevedibili e di immediato pericolo), che così viene a porsi in insanabile conflitto con i principi comunitari, attesa l’evidente compromissione delle esigenze di imparzialità, trasparenza e concorrenzialità.

Il Collegio non intende sottovalutare la situazione di difficoltà nella quale hanno operato le Amm.ni locali siciliane negli anni in questione, a causa dell’avvicendarsi di disposizioni normative che hanno reso estremamente difficile rispettare i criteri di ordinaria programmazione negli acquisti dei servizi: è, al riguardo, sufficiente ricordare che con la L.R. 8/4/2010, n. 9 sono stati posti in liquidazione i consorzi e le società d’ambito costituiti ai sensi dell’articolo 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 45 della legge regionale 8 febbraio 2007, n. 2, è stato disposto che, per l’esercizio delle funzioni di gestione integrata dei rifiuti, la provincia ed i comuni ricompresi in ciascun ambito territoriale ottimale costituissero, per ogni ATO (ambito territoriale ottimale), una società consortile di capitali per l’esercizio delle funzioni affidate alla società stessa con la presente legge (Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti, con acronimo S.R.R.).

Per disciplinare il passaggio al nuovo regime l’articolo 19, dopo aver disposto l’efficacia interinale delle norme amministrative e tecniche relative alla gestione integrata dei rifiuti alla data di entrata in vigore della legge 9/2010, ha, in un primo momento, stabilito che fino al definitivo avvio del servizio di gestione integrata dei rifiuti con le nuove modalità ovvero fino alla soppressione delle autorità d’ambito (e comunque per un periodo massimo di un anno), i soggetti già deputati alla gestione integrata del ciclo dei rifiuti, o comunque nella stessa coinvolti, avrebbero continuato a svolgere le competenze loro attribuite ; poi,con la L.R. 9 gennaio 2013, n. 3, il legislatore regionale ha prorogato tale regime transitorio fino al 30 settembre 2013.

Sulla questione è anche intervenuto il Presidente della Regione Siciliana, con ordinanza numero 8 del 27 settembre 2013, ove, preso atto del ritardo nella costituzione dei nuovi organismi, ha disposto l’insediamento di commissari straordinari per gestire il passaggio ai nuovi soggetti giuridici.

Tale quadro normativo, e le connesse criticità economiche derivanti dalle complesse situazioni creditorie/debitorie tra le società d’ambito e i soggetti pubblici coinvolti nella gestione integrata dei rifiuti, che hanno dato luogo a molteplici pronunciamenti anche di questo Tribunale, hanno imposto ai comuni di assicurare la continuità dei servizi, onde scongiurare il pericolo della paralisi degli stessi, nella complessa fase di transizione, in un quadro di incertezza normativa ed amministrativa.

Pur riconoscendo la particolarità della situazione, tuttavia si deve rilevare che il giusto contemperamento tra le (pressanti) esigenze delle Amm.ni locali (tali da giustificare gli affidamenti diretti dei servizi mediante ordinanza) ed il rispetto dei principi di parità di trattamento e tutela della concorrenza deve individuarsi nell’imposizione di un limite temporale al ricorso allo strumento contingibile ed urgente.

Sicchè, se appare condivisibile l’orientamento giurisprudenziale che ritiene legittimo l’utilizzo del potere di ordinanza a salvaguardia della salute pubblica, deve altresì ritenersi che tale legittimità incontri un limite temporale, stimabile nell’arco di qualche mese, o al più un anno; periodo di tempo sufficiente per avviare e concludere (quanto meno) una indagine di mercato o indire una procedura negoziata anche senza pubblicazione di bando, pervenendo così, se necessario, agli ulteriori affidamenti temporanei (nelle more dell’espletamento delle ordinarie procedure di gara) in un quadro di maggior rispetto dei principi di evidenza pubblica e rotazione tra gli operatori economici.

Diversamente, si assisterebbe (come si è assistito) al protrarsi per anni di affidamenti diretti di appalti ben consistenti, al di fuori di ogni procedura di evidenza pubblica, con la sottrazione di rilevanti fette di mercato alle ordinarie regole concorrenziali.

In ogni caso, anche laddove si siano verificate situazioni oggettivamente caratterizzate dall’incombente urgenza di non interrompere un pubblico e fondamentale servizio, connotato da aspetti di emergenze igienico sanitaria, deve ribadirsi l’illegittimità di una definizione in via autoritativa e definitiva dell’importo dei canoni da corrispondere al gestore, specie se agganciati, come nel caso in esame, a capitolati tecnici risalenti negli anni.

II. Ciò detto, il limite all’applicazione di tali principi al caso in esame viene correttamente individuato dall’Amm.ne comunale, che eccepisce l’inoppugnabilità dell’ordinanza sindacale n. 1412/OR del 7.10.2009.

Vero è che, come giustamente osserva la ricorrente, l’Impresa Puccia espresse la manifestazione di interesse all’affidamento del servizio mediante ordinanza sindacale rispondendo all’invito (nota prot. n. 51639 del 29.09.2009) in tal senso formulato dal Comune di Modica, invito ove il Comune di Modica aveva specificato che l’affidamento mediante ordinanza sindacale contingibile ed urgente era finalizzato “al fine di garantire la pulizia e l’igiene del territorio comunale nelle more dell’espletamento della nuova gara d’appalto”.

E dunque in applicazione di elementari canoni di buona fede e affidamento nella legalità dell’azione amministrativa, l’impresa non poteva certo prefigurarsi che la situazione di stallo sarebbe perdurata per oltre 6 anni. Per cui non aveva avuto ragione di impugnare l’ordinanza sindacale n. 1412/OR del 7.10.2009, emessa, al contrario, sulla base della disponibilità manifestata dalla stessa impresa.

Ma resta il fatto che l’inoppugnabilità dell’ordinanza preclude ogni intervento da parte di questo Giudice, impedendo altresì l’esame delle domande volte al riconoscimento del giusto compenso, che si sarebbero potute delibare, conformemente al modello delineato dalla richiamata decisione della IV Sez. di questo TAR n. 2609/2015, solo se riqualificabili, ex art.32 c.p.a., in funzione risarcitoria, ma sempre sul presupposto dell’annullamento dell’ordinanza contingibile ed urgente, annullamento che, come detto, non può, in questo caso, avvenire.

Alla delibazione di tale domanda, quindi, osta il profilo di giurisdizione su cui si veda infra, nell’ultimo capo di questa statuizione.

III. Da quanto fin qui detto non derivano però le ulteriori conclusioni argomentate dal Comune.

Il Collegio, infatti, ritiene fondato il ricorso nella parte in cui impugna le note in epigrafe, volte a disconoscere il diritto alla revisione prezzi, ed accoglibile la domanda relativa a tale compenso.

L’Amministrazione comunale, come esposto sopra, in un primo momento aveva riconosciuto in favore della ricorrente il diritto a compensi revisionali, richiedendone successivamente la ripetizione, ponendo a base della propria decisione la natura non contrattuale del titolo giuridico posta a base del servizio svolto dall’impresa Puccia, con la conseguente inapplicabilità dell’istituto della revisione prezzi.

Ora, la ricostruzione operata dall’Amm.ne comunale non può essere condivisa, in quanto sconta il vizio logico di ritenere non contrattualmente delimitate le reciproche obbligazioni discendenti dall’affidamento del servizio mediante la più volte citata ordinanza contingibile ed urgente n.

1412/OR del 7.10.2009, la quale, invece, ha espressamente richiamato norme pattizie .

Precisamente, l’ordinanza ha disposto lo svolgimento del servizio agli stessi patti e condizioni di cui al progetto originario ed alla successiva variante al servizio di raccolta e trasporto dei r.s.u. E di nettezza urbana ed accessori approvato dal Dirigente competente con parere n. 1 del 16.1.2008.

La variante risulta depositata quale doc.30 all. al ricorso introduttivo, e si compone di n.8 elaborati, tra i quali il foglio patti e condizioni, che reca una compiuta regolamentazione dell’appalto, ivi compresi il corrispettivo (definito immutabile dall’art.17) e tutte quelle disposizioni indispensabili quali i prezzi unitari, gli obblighi dell’appaltatore, penalità, cauzioni, corrispettivi per le opere occasionali, disciplina degli orari e del personale, disciplina del subappalto, norme e prescrizioni per l’esecuzione dei servizi .

Pertanto, risulta evidente come l’attività sia stata regolata dall’ordinanza contingibile ed urgente “completata” dalle previsioni del foglio patti e condizioni, ove si è inteso consensualmente regolare il rapporto nella sua parte “discrezionale”, incluso l’importo da corrispondere all’impresa (quanto alla durata, invece, la stessa ordinanza ha ancorato il rapporto al tempo occorrente per l’espletamento della gara d’appalto, clausola sulla cui legittimità non si ritiene utile, ai fini della presente decisione, soffermarsi).

Questo T.A.R. Catania, sez. II, con sentenza del 27/10/2004, n. 2985, ha avuto occasione di affermare che a fronte di un’attività amministrativa, quale quella adottabile nelle ipotesi di provvedimento contingibile ed urgente, caratterizzata dalla necessità improrogabile di un intervento immediato da parte del sindaco, il quale, da ufficiale del Governo, poteva (e può) adottare, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico, detto tipo di provvedimento in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini, sussiste un’area residuale a spessore eminentemente discrezionale, che può essere “riempita” dall’accordo integrativo delle parti, con particolare riferimento alla determinazione consensuale dell’eventuale corrispettivo.

Ed è, in effetti, il caso che occupa il Collegio.

Dall’esame dell’ordinanza emerge la chiara intenzione delle parti di completare detto atto contingibile ed urgente (di per se lacunoso e privo di ogni indicazione essenziale circa la regolamentazione del servizio), regolando (fra l’altro) il corrispettivo mediante rinvio al foglio patti e condizioni.

Risulta, in altri termini, che le parti hanno inteso stabilire convenzionalmente una parte accessoria del rapporto (quale quella dell’indicazione del corrispettivo), che, però, è rimasto sorretto da un provvedimento autoritativo cui l’imprenditore non si è potuto sottrarre.

Dunque, la fattispecie esula dallo schema tenuto presente dalla Giurisprudenza (citata dal Comune) che esclude l’operatività della revisione prezzi nei casi di affidamento mediante ordinanza contingibile ed urgente, poiché la vicenda va più correttamente inquadrata in termini di accordo integrativo (cfr. sentenza n. 2985/2004 citata).

Dunque, l’accordo tra le parti ha previsto (art. 17 del Foglio Patti e Condizioni della Perizia di variante) che “il canone d’appalto (…) resterà immutato per tutto il periodo dell’appalto”.

Tale previsione era confluita e specificata nell’art. 12 del contratto, a termini del quale “non è ammessa alcuna revisione dei prezzi contrattuali”.

Deve allora rilevarsi come tale previsione risulti illegittima, per come ripetutamente chiarito dalla Giurisprudenza (anche di questo Tribunale).

Di recente, il Consiglio di Stato, sez. VI, 17/03/2016, n. 1091, dopo aver premesso che “l’art. 6, l. 24 dicembre 1993, n. 537 (come sostituito dall’art. 44, l. 23 dicembre 1994, n. 724 e il cui comma 2 è stato modificato dall’art. 23, l. 18 aprile 2005, n. 62, poi abrogato dall’art. 256, d.lg. n. 163/2006), nel vietare il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, comminandone la nullità, e nel consentirne (fino alla modificazione introdotta dalla cit. l. n. 62/2005) la rinnovazione espressa in presenza di ragioni di pubblico interesse, stabilisce che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo” ha ribadito che “ la norma di cui all’art. 6, l. n. 537/1993 ha natura imperativa, per cui si inserisce automaticamente e prevale addirittura sulla regolamentazione pattizia, cosicché nessuna preclusione è configurabile in ordine al diritto che trova titolo e disciplina nella legge”.

In particolare, trattandosi di norma imperativa, la stessa è destinata, come tale, ad operare anche in assenza di specifica previsione tra le parti ovvero in presenza di previsioni contrastanti, con la conseguenza che le disposizioni negoziali contrastanti con tale disposizione legislativa non solo sono colpite dalla nullità ex art. 1419 cc, ma sostituite de iure, ex art. 1339 c.c., dalla disciplina imperativa di legge (Consiglio di Stato, sez. V, 21/07/2015, n. 3594).

Anche questa Sezione ha affermato, con riferimento all’istituto della revisione dei prezzi, la cui previsione venne resa obbligatoria dal comma 4 dell’art. 44 della L. n. 724/94, come richiamato dall’art. 115 cod. contratti, che la stessa nei contratti di durata è da considerarsi inserita de iure poiché mira alla tutela dell’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano nel tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta, con conseguente incapacità per il fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni ed opera anche ove non sia espressamente enunciata, in applicazione del meccanismo previsto dall’art. 1339 del c.c. (in termini TAR Sicilia Catania, sent. n. 5327 del 2/11/2010 e giurisprudenza in essa richiamata).

Pertanto, la disposizione contenuta nell’art. 115 (“adeguamenti dei prezzi”), ai sensi del quale “tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’art. 7, comma 4, lett. c) e comma 5” si impone sulle richiamate pattuizioni tra le parti, modificandone ed integrandone la volontà contrastante con la stessa.

Di recente, si è espressa in tal senso questa Sezione (peraltro accogliendo altro ricorso proposto contro il medesimo Comune) con sent. n. 1923 del 19/07/2016.

Ne consegue che la clausola difforme (nello specifico, invariabilità del corrispettivo di cui al foglio patti e condizioni) è nulla per contrasto con norma imperativa, e la nullità non investe l’intero regolamento contrattuale, in applicazione del principio “utile per inutile non vitiatur” di cui all’art. 1419 c.c., ma colpisce la clausola contrastante con la norma considerata.

Da tutto quanto fin qui esposto, deriva l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti impugnati, volti a negare alla ricorrente la revisione prezzi ed a recuperare gli importi revisionali già erogati, avendo la ricorrente il diritto ad ottenere la revisione del corrispettivo dell’appalto.

Per completezza, va richiamato quanto precisato nella citata decisione n. 1923/2016 di questa Sezione:

<poiché la disciplina legale dettata dall’art. 6, commi 4 e 6, della L. 537/1993 non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l’elaborazione, da parte dell’ISTAT, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, la lacuna, per giurisprudenza costante, è stata colmata mediante il ricorso al suddetto “indice F.O.I.”. Come già affermato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, n. 2052/2012; Cons. Stato, n. 91/2015) “l’utilizzo di quest’ultimo parametro non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale”; “laddove, pertanto, l’impresa dimostri, durante l’istruttoria, l’esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino la deroga all’indice F.O.I., la quantificazione del compenso revisionale potrà effettuarsi con il ricorso a differenti parametri statistici”. Il tutto, però, “salva la verifica da condurre in concreto attraverso la specifica istruttoria di competenza cui la singola Amministrazione committente non può sottrarsi”, in quanto l’utilizzazione di detto indice “non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale”>.

Inoltre:

<“data la natura di debito di valuta propria del compenso a titolo di revisione dei prezzi in materia di contratti ad esecuzione periodica o continuativa, lo stesso è soggetto alla corresponsione degli interessi di mora per ritardato pagamento dal momento in cui sono dovuti e sino all’effettivo soddisfo, in applicazione del d.lgs. 9 ottobre 2002 n. 23 (T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 11 marzo 2013, n. 215), di attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento della P.A. nelle transazioni” (cfr. T.A.R. Campania Napoli Sez. V, 21/12/2015, n. 5835, che richiama T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 13.09.2013, n. 1926)>.

Conclusivamente, il ricorso dev’essere accolto in parte qua, con il conseguente annullamento degli atti impugnati.

IV. Viene in esame la domanda volta ad accertare il diritto della ricorrente al risarcimento dei pregiudizi di natura economica subiti a causa dei maggiori costi del servizio sostenuti in conseguenza dell’aumentata incidenza dei prezzi dei fattori di produzione (oltre quanto riconoscibile a titolo revisionale).

Pare al Collegio che tale questione sia sottratta alla cognizione di questo G.A. adito (cfr. T.A.R. Napoli, Sez. VIII , sent. n.3504 dell’ 8 luglio 2016, secondo la quale è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente per oggetto la domanda di rimborso dei maggiori costi sostenuti in conseguenza dell’incremento dell’orario di lavoro e del corrispondente aggravio di retribuzione a favore della manodopera impiegata in un appalto pubblico).

Il Collegio, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., solleva pertanto d’ufficio l’esistenza di una possibile causa di inammissibilità del ricorso in parte qua per difetto di giurisdizione e, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., assegna alle parti un termine di dieci giorni, decorrenti dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza, per il deposito di eventuali memorie vertenti su quest’unica questione.

Rinvia il regolamento delle spese al definitivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e limiti di cui in motivazione, per gli effetti annullando i provvedimenti impugnati;

riservata la decisione sulla domanda risarcitoria di cui in motivazione, assegna alle parti il termine di dieci giorni, decorrente dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, per il deposito di eventuali memorie sulla questione evidenziata in motivazione.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Gabriella Guzzardi, Presidente

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Giuseppa Leggio, Consigliere