Rifiuti, differenza tra deposito incontrollato e temporaneo, onere della prova all’interessato dell’esclusione della natura di rifiuto, veicolo in stato di abbandono. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 47262 del 10 novembre 2016 (ud. del 8 settembre 2016)

Pres. Carcano, Est. Aceto

Rifiuti, Deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi. Veicolo in stato di abbandono. Esonero del giudice dalla necessità di indagare l’intenzione del detentore. Caratteristiche di rifiuto normativamente stabilite. Onere dell’interessato fornire la prova rigorosa della sussistenza dei presupposti per escludere la natura di rifiuti. Artt. 182, 183, 256, 258 d. lgs. 152/2006. Attività di raccolta di rifiuti. Differenza tra deposito incontrollato e deposito temporaneo.

Lo stato di abbandono in cui versa il veicolo esonera il giudice dalla necessità di indagare l’intenzione del detentore, posto che deve essere considerato “fuori uso” in base alla disciplina di cui all’art. 3 del d. lgs. n. 209 del 2003, sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privo delle targhe di immatricolazione, anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, sia quello che risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata (cfr. Cass. Pen., Sez. III, n. 40747 del 2 aprile 2013, De Mariani; Sez. III, n. 22035 del 13 ottobre 2010, Brilli; Sez. III, n. 33789 del 23 gugno 2006, Bedini; Sez. III, n. 21963 del 4 marzo 2005, D’Agostino). Peraltro, quando una cosa corrisponde alle caratteristiche di rifiuto normativamente stabilite, è onere dell’interessato fornire la prova rigorosa della sussistenza dei presupposti per escludere tale natura o comunque fruire di un regime più favorevole. (Secondo un principio generale già applicato in giurisprudenza: in tema di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 152/2006 (cfr. Cass. Pen., Sez. III, n. 5504 del 12 gennaio 2016, Lazzarini), di deposito temporaneo di rifiuti (cfr. Cass. Pen., Sez. III, n. 29084 del14 maggio 2015, Favazzo), di terre e rocce da scavo (cfr. Cass. Pen., Sez. III, n. 16078 del 10 marzo 2015, Fortunato), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (cfr. Cass. Pen., Sez. III, n. 3943 del 17 dicembre 2014, Aloisio), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (cfr. Cass. Pen., Sez. III, n. 3202 del 2 ottobre 2014, Giaccari; Sez. III, n. 41836 del 30 settembre 2008, Castellano), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall’art. 258 comma 15 del d. lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (cfr. Cass. Pen., Sez. III, n. 6107 del 17 gennaio 2014, Minghini), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali, Sez. III, n. 35138 del 18 giugno 2009, Bastone).
L’attività di raccolta di rifiuti, come definita dall’art. 183, comma 1, lett. o), d.lgs. n. 152 del 2006 (prelievo, cernita e raggruppamento per il trasporto), è attività ben diversa dal <<deposito incontrollato>> (a sua volta diverso dal <<deposito temporaneo>>, come definito dalla successiva lett. bb della stessa norma). Non v’è dunque alcuna corrispondenza, nemmeno sul piano naturalistico, tra il fatto così come contestato (deposito incontrollato) e quello ritenuto (raccolta di rifiuti) e ciò a prescindere dalla considerazione che la rubrica imputi formalmente la violazione dell’art. 6, comma 1, lett. d), d.l. n. 172 del 2008, dovendosi a tal fine aver riguardo alla condotta così come descritta (cfr. Cass. Sez. III, n. 3115 del 16 novembre 2005, Costanzo).
 
Cass. Pen., Sez. III, sentenza n. 47262 del 10 novembre 2016 (ud. del 8 settembre 2016)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA 
sul ricorso proposto da Marinelli Luca, nato a Avellino il 15/12/1971;
avverso la sentenza del 09/05/2014 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratoregenerale Antonio Balsamo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza;
udito per l’imputato l’avv. Raffaele Tecce, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il sig. Luca Marinelli ricorre per l’annullamento della sentenza del 09/05/2014 della Corte di appello di Napoli che ha confermato la condanna alla pena di sei mesi di reclusione e 1.000,00 euro di multa inflittagli 01/03/2012 dal Tribunale di Avellino per il reato di cui all’art. 6, comma 1, lett. d), d.l. 6 novembre 2008, n.172, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, commesso in Mercogliano il 24/04/2009, perché, in qualità di legale rappresentante della <<Società Immobiliare Marinelli > >, in assenza della prescritta autorizzazione, aveva operato un deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi ed, in particolare, di carcasse di veicoli, metalli, vetri, inerti e materiale edile.
1.1. Con il primo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), ed e) cod. proc. pen., erronea applicazione della legge penale, vizio di motivazione carente e manifestamente illogica sul punto, e travisamento del fatto.
Deduce, al riguardo, che la Corte di appello ha illogicamente desunto la sua qualità di legale rappresentante della società dal sol fatto che fosse intervenuto al momento del sequestro o avesse chiesto il successivo dissequestro dell’area. Si tratta di fatti non idonei a supportare una tale conclusione che avrebbe dovuto essere tratta, semmai, da una visura storica della società.
1.2. Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, la mancanza e/o la contraddittorietà della motivazione circa l’affermazione della penale responsabilità per il reato di attività illecita di raccolta di rifiuti, il travisamento del fatto contestato.
Deduce, a tal fine, che l’imputazione gli attribuisce la condotta di deposito incontrollato di rifiuti e non un’attività di stoccaggio, né di raccolta di rifiuti (condotta, quest’ultima, ritenuta dal Giudice di primo grado e per la quale è stato condannato). Si tratta, prosegue, di condotte totalmente diverse che presuppongono l’una il deposito di rifiuti propri, l’altra lo stoccaggio di rifiuti provenienti da terzi. Lamenta, di conseguenza, la violazione del diritto di difesa, essendosi trovato nella condizione di non potersi difendere su fatti estranei all’originaria imputazione, e il travisamento della relativa eccezione, superata dalla Corte di appello con l’affermazione secondo cui è evidente che nel caso di specie ricorrono entrambe le fattispecie.
1.3.Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione carente e/o mancante circa l’omesso accertamento della intenzione manifesta di disfarsi dei beni, oggetto di specifico motivo di appello.
1.4.Con l’ultimo motivo, deducendo la cessazione dello stato di emergenza, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., la  mancata applicazione dell’art. 2, cod. pen ..
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
3.Secondo quanto emerge dalla lettura delle sentenze di primo e di secondo grado, il 24 aprile 2009 fu effettuato un controllo presso un’area recintata, estesa 4/5000 metri quadri, al cui interno erano stoccati <<rifiuti costituiti in larga parte da camion ed autoarticolati in disuso ed occupanti una porzione di circa 500 mq.>>. Per poter accedere al sito fu necessario attendere l’intervento del Marinelli al quale l’area fu successivamente restituita dopo essere stata bonificata.
3.1. Tanto premesso, il primo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono infondati.
3.2. Osserva al riguardo il Collegio che:
3.2.1. la questione relativa alla legale rappresentanza della società proprietaria dell’area è mal posta, rilevando, ai fini penalistici, la concreta riferibilità della condotta materiale al suo autore, nel caso di specie non irragionevolmente desunta dalla effettiva e concreta disponibilità dell’area stessa dove erano ricoverati i mezzi della quale l’imputato ha dimostrato di avere la signoria (e certamente il possesso) ponendo in essere comportamenti che, nel loro complesso (apertura della recinzione, presenza sul luogo del sequestro, bonifica e restituzione), attuano facoltà corrispondenti a quelle del diritto di proprietà e che in ogni caso dimostrano il dominio finalistico dell’azione;
3.2.2. la dedotta necessità di attingere esclusivamente alla visura camerale quale mezzo di prova privilegiato della legale rappresentanza, oltre a violare il principio del libero convincimento del giudice, che è svincolato, nel processo penale, da prove tipiche e precostituite, è comunque generica, non avendo mai l’imputato, nemmeno in appello, contestato di essere davvero il legale rappresentante della società né giustificato in altro modo il titolo del possesso dell’area, ben potendo rilevare, al di là di qualifiche formali, l’effettivo potere gestorio dell’ente, nemmeno contestato dal ricorrente, quale strumento di attribuzione della responsabilità penale (sopratutto in assenza di elementi contrari mai emersi, né allegati, né sottoposti alla valutazione dei giudici di merito);
3.2.3. la natura di rifiuti dei veicoli non è seriamente contestabile avuto riguardo alla chiara descrizione che ne fa il giudice di primo grado che li qualifica, senza mezzi termini, come <<veicoli fuori uso> > (o <<in disuso>>) perché in stato di abbandono ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. d), d.lgs. 24 giugno 2003,  n. 209 e dei quali peraltro l’imputato non ha mai, nemmeno nei motivi di appello, dedotto una diversa destinazione;
3.2.4. lo stato di abbandono in cui versa il veicolo esonera il giudice dalla necessità di indagare l’intenzione del detentore, posto che deve essere considerato “fuori uso” in base alla disciplina di cui all’art. 3 del D.Lgs. n. 209 del 2003, sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privo delle targhe di immatricolazione, anche prima della materiale consegna a un centro di raccolta, sia quello che risulti in evidente stato di abbandono, anche se giacente in area privata (Sez. 3, n. 40747 del 02/04/2013, De Mariani, Rv. 257283; Sez. 3, n. 22035 del 13/04/2010, Brilli, Rv. 247625; Sez. 3, n. 33789 del 23/06/2006, Bedini, Rv. 232480; Sez. 3, n. 21963 del 04/03/2005, D’Agostino, Rv. 231639);
3.2.5. peraltro quando una cosa corrisponde, come nel caso di specie, alle caratteristiche di rifiuto normativamente stabilite, è onere dell’interessato fornire la prova rigorosa della sussistenza dei presupposti per escludere tale natura o comunque fruire di un regime più favorevole, secondo un principio generale applicato da questa Corte in tema di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, Lazzarini, Rv. 265839), di deposito temporaneo di rifiuti (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, Favazzo, Rv. 264121), di terre e rocce da scavo (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato, Rv. 263336), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014, Aloisio, Rv. 262159), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari, Rv. 262129; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall’art. 258 comma 15 del D.Lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, Minghini, Rv. 258860), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali (Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, Bastone, Rv. 244784);
3.2.6. nel caso di specie, le allegazioni difensive in sede di appello erano, sul punto, decisamente generiche sicché l’eccezione di omessa motivazione non è affatto decisiva;
3.2.7. quanto all’erronea applicazione dell’art. 2, cod. pen., questa Corre ribadisce che la previsione incriminatrice dell’art. 6, primo comma lett. d) del d.l. n. 172 del 2008, avendo natura di norma eccezionale e temporanea, è assoggettata alla disciplina di cui all’art. 2, quinto comma cod. pen. e pertanto si applica ai fatti commessi durante il suo periodo di vigenza, anche se sono  giudicati quando è cessata la situazione emergenziale da essa presupposta (Sez. 3, n. 3718 del 08/01/2014, Matei, Rv. 258318).
4. E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso.
4.1. L’art. 6, comma 1, lett. d), d.l. n. 172 del 2008, recita: «<chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza dell’autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritte dalla normativa vigente è punito: 1) con la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni, nonché con la multa da diecimila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; 2) con la pena della reclusione da uno a sei anni e con la multa da quindicimila euro a cinquantamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi>>.
4.2. L’art. 6, comma 1, lett. b), stesso d.l., recita: <<i titolari di imprese ed i responsabili di enti che abbandonano, scaricano o depositano sul suolo o nel sottosuolo in modo incontrollato e presso siti non autorizzati o incendiano i rifiuti, ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee, sono puniti con la reclusione da tre mesi a quattro anni se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la reclusione da sei mesi a cinque anni se si tratta di rifiuti pericolosi>>.
4.3. Appare evidente che il legislatore emergenzialeha tenuto distinte, a fini sanzionatori, la condotta dell’abbandono e del deposito incontrollato di rifiuti da quella della raccolta non autorizzata.
4.4. La rubrica imputa al ricorrente, come visto, di aver <<operato il deposito incontrollato>> dei rifiuti, erroneamente intitolando il fatto ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. d), d.l. n. 172.
4.5. Il Tribunale ve lo riconduce non in base ad una diversa ricostruzione del fatto bensì sull’erronea considerazionegiuridica che solo lo stoccaggio di rifiuti provenienti da terzi, piuttosto che i propri, integri l’attività di raccolta. L’assunto è palesemente errato: è infatti ben possibile che anche il deposito incontrollato abbia ad oggetto rifiuti prodotti da terzi.
4.6. La Corte di appello, errando a sua volta, supera l’eccezione difensiva della violazione dell’art. 521, cod. proc. pen., sostenendo la sostanziale equivalenzadelle due condotte (deposito e raccolta) e, di conseguenza, la natura non decisiva dell’eccezione. La considerazione sarebbe senz’altro corretta se fosse stato contestato il reato di cui all’art. 256, d.lgs. n. 152 del 2006, ma errata, come visto, secondo il legislatore dell’emergenza che tiene ben distinte le due condotte.
4.7. Ora non v’è dubbio che l’attività di raccolta di rifiuti, come definita dall’art. 183, comma 1, lett. o), d.lgs. n. 152 del 2006 (prelievo, cernita e raggruppamento per il trasporto), è attività ben diversa dal <<deposito
incontrollato>> (a sua volta diverso dal <<deposito temporaneo>>, come definito dalla successiva lett. bb della stessa norma).
4.8. Non v’è dunque alcuna corrispondenza, nemmeno sul piano naturalistico, tra il fatto così come contestato (deposito incontrollato) e quello ritenuto (raccolta di rifiuti) e ciò a prescindere dalla considerazione che la rubrica imputi formalmente la violazione dell’art. 6, comma 1, lett. d), d.l. n. 172 del 2008, dovendosi a tal fine aver riguardo alla condotta così come descritta (si veda sul punto anche Sez. 3, n. 3115 del 16/11/2005, Costanzo, Rv. 233421).
4.9. Stando alla descrizione del fatto, secondo quanto emerge dalle sentenze di merito, non v’è dubbio che la condotta attribuita all’imputato integri proprio il contestato reato di deposito incontrollato di rifiuti, sanzionato – però – dall’art. 6, comma 1, lett. b), d.l. n. 172 del 2008.
4.10. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli, limitatamente al trattamento sanzionatorio che dovrà adeguato alla corretta qualificazione giuridica del fatto (così come da sempre contestato).
4.11.Nel resto il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
Qualificata la condotta ai sensi dell’art. 6, lett. b), d.l. n. 172 del 2008, annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio che ridetermina direttamente nella misura di tre mesi di reclusione.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 08/09/2016